Elementi

per una organizzazione

del post-cresima

Luciano Meddi


Presentiamo, anche se un po' datato ma sempre valido, un prezioso articolo su uno dei temi che maggiormente toccano i catechisti e le comunità cristiane: il dopocresima dei ragazzi. Ma è sempre così ovvio che tale sacramento sancisce l'uscita dei nostri adolescenti dalla chiesa e dalla pratica religiosa? Come progettare un percorso virtuoso che permette il proseguimento del cammino di fede con tutti gli impegni legati, di appartenenza, maturazione, impegno?
L'Autore, un amico e collaboratore di NPG offre alcune suggestioni al riguardo...

Dove collocare il post-cresima nel panorama pastorale? Se cerchi informazioni nei testi di catechetica o nei dizionari di pastorale, non trovi molte indicazioni; mentre se ne parli con i parroci o i responsabili della pastorale catechistica di una concreta comunità scopri che il termine è tranquillamente usato e che il problema relativo è molto sentito e oggetto di approfondimenti e di interesse. Chi sbaglia?, la riflessione teorica o la prassi pastorale? Cosa c'è dietro questa diversità? Come è possibile definire questa attività pastorale? Quali elementi organizzativi tenere presenti?

1. GLI ESITI DELLA ESPERIENZA CRISMALE

L’organizzazione della pastorale crismale attuale viene collocata all’interno del processo di iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi che termina con l’età preadolescenziale (12-14 anni) e fa riferimento all’itinerario catechistico del volume Sarete miei testimoni.
Questo itinerario si snoda attorno alle tematiche proprie della teologia del sacramento della confermazione e si pone come obiettivi di condurre i ragazzi “in una prospettiva storico-salvifica, a scoprire il disegno di Dio” come dono di comunione manifestato in Cristo, come progetto a cui collaborare per mezzo dello Spirito nella vita della comunità ecclesiale e come evento da celebrare (Presentazione, 4).
Tuttavia la prassi catechistica incontra diverse difficoltà ad usare questo testo e perseguire tali obiettivi perché è molto lontano dalla vita dei ragazzi che sono ormai alla soglia della preadolescenza o già la vivono pienamente. Per questo molti operatori pastorali portano avanti il tentativo di ritardare la presentazione specifica della esperienza crismale e si rivolgono al catechismo dei ragazzi (Vi ho chiamato amici) e al primo volume dei giovani (Io ho scelto voi) come riferimento per impostare i rispettivi itinerari. All'interno di questo itinerario più vasto e rispondente alla età dei ragazzi pongono anche il cammino di preparazione alla cresima (15-17 anni).
Si cerca, in altri termini, di dare risposte alla richiesta di educazione religiosa in termini di pastorale dei ragazzi più che sul versante della specifica preparazione sacramentale. Vengono sottolineate tematiche legate al gruppo, alla trasformazione del proprio vissuto personale (il cambio preadolescenziale), alla crisi di fede, alla riscoperta di Cristo in termini più personali e progettuali.
L'obiettivo in questo modo viene ad essere la scoperta di essere chiamati a vivere il momento della preadolescenza e della prima adolescenza a partire dal dono del Vangelo, all’interno della propria comunità
Lì dove questo passaggio non avviene, cioè dove ci si attiene rigidamente all’itinerario kerigmatico del catechismo crismale, si osserva più frequentemente il fenomeno dell'abbandono sacramentale ed ecclesiale. Dopo la cresima: il nulla o, ancora per poco, la frequenza domenicale e qualche confessione. Come mai non ha inciso né la catechesi e neppure il sacramento?
Gli esiti incerti della attuale organizzazione della cresima e della relativa pastorale e catechesi si manifestano in modo più grave nel tipo di ragazzo-cristiano che le parrocchie educano con la loro organizzazione. Con molta difficoltà si può incontrare un ragazzo che sia stato educato al colloquio personale con Cristo, che sappia cominciare a leggere la propria vita in termini vocazionali e a partire dal Vangelo, che abbia maturato una appartenenza iniziale alla missione ecclesiale, etc., attraverso il percorso crismale. Hanno semplicemente fatto un sacramento, l'ultima tappa della loro troppo povera iniziazione[1] .
Consapevoli di questa evidente situazione molte comunità parrocchiali hanno dato vita ad una ulteriore offerta educativa, il post-cresima, non tanto per la coscienza di un progetto di catechesi permanente ma piuttosto per vedere realizzata almeno in parte la speranza di una generatività più congrua di quella ottenuta attraverso l'organizzazione sacramentale. Per questo il termine, che a prima vista sembrerebbe sottolineare una aggiunta a qualcosa di già maturato, nella realtà esprime quasi sempre un re-inizio: un ricominciare.
Il tratto fenomenologico più evidente di questa offerta pastorale è il suo carattere di gratuità.
· Gratuità da parte della comunità perché non ha altri interessi che la maturazione del ragazzo (e non ad esempio il sacramento) e da parte di chi partecipa in quanto partecipa per quello che l'attività propone: la formazione religiosa.
· Questa situazione di libertà pedagogica modifica il tipo di partecipazione da parte dei ragazzi ma anche la relazione educativa messa in campo dai catechisti: non esiste più il sottile e quasi nascosto rapporto di obbligo proprio della catechesi sacramentale.
· Non essendoci nulla da avere, nessun permesso da conquistare, non si può costruire nessuna pedagogia del ricatto (se non...allora) tipica di molta catechesi dei ragazzi.
· Non è più necessario continuare ad illudersi con la prospettiva di ottenere almeno una qualche socializzazione religiosa. Non essendoci nessun tempo stabilito (due anni, tre anni etc.) è più facile superare la situazione di partecipazione con riserva mentale e/o inculturazione formale nella fede della chiesa.
Il post-cresima rischia di essere il primo e vero momento di iniziazione del ragazzo. Anche per questo riguarda pochi. Deve essere questo, quindi, il punto di partenza adeguato per comprendere e costruire l’attività pastorale chiamata: post-cresima.
Tuttavia non sono poche le incongruenze in cui i "dopo-cresima parrocchiali" spesso cadono proprio a motivo della novità del superamento dell'impostazione catechistica tipica del corso catechistico e del modello scolastico della sua organizzazione.
Alcune offerte educative sono troppo sbilanciate sul versante dell'interessamento dei ragazzi (attività, animazione, poca disciplina, frammentarietà di programma, etc. ) per cui alla fine non viene svolta nessuna attività educativa e come spesso capita, dopo un iniziale entusiasmo, l'iniziativa muore.
· In altri casi l'offerta è centrata sull'offerente: vice parroco, animatore, particolarmente brillanti.
In queste situazioni si realizza una dipendenza emotiva e una relazione narcisista per cui il gruppo o viene abbandonato quando mancasse il leader (e proprio per questo l'educatore non dovrebbe svolgere questo ruolo) oppure non permette la crescita umana e cristiana dei partecipanti.
· Una terza serie di offerte si qualificano per la loro selezione di attività: solo catechesi, o preghiera, o attività di servizio. In questi casi è facile che il post-cresima realizzi una selezione estrema dei partecipanti, raccogliendo i ragazzi "portati" in una attività, ma che con difficoltà sappia svolgere il servizio ecclesiale di maturazione della fede e della progressiva esperienza della globalità del fatto cristiano.
· Da ultimo iniziano a comparire offerte educative caratterizzate da forte narcisismo e difesa dalle paure della relazione umana. Il gruppo offre sicurezza e rifugio ma non introduce alla missione ecclesiale e alla maturità umana.

2. IL POST-CRESIMA COME ESPERIENZA CATECUMENALE

La divaricazione a cui venivo accennando all'inizio è più profonda di quanto sembri e rimanda (anzi, pone interrogativi) all'attuale sistema di iniziazione in uso nelle nostre comunità parrocchiali.
Da diverso tempo (in Italia 1978) esiste un modello di iniziazione cristiana, il RICA, che viene disatteso in diversi aspetti. Innanzitutto in riferimento ai destinatari. Infatti si parla di IC in riferimento agli adulti e all'interno di un processo comunitario definito. Si parla poi di ragazzi in età scolare; mentre la prassi si accanisce a voler iniziare alla vita cristiana in età sempre più infantile.
Ma ancora di più viene disatteso il modello catechistico (catecumenale) indicato anzi definito "normale" per ogni catechesi[2] . Sia in ordine ai gradi da rispettare: evangelizzazione, catechesi, mistagogia. Sia agli obiettivi: educazione alla vita cristiana, inserimento nel mistero pasquale. Sia nell'equilibrio pedagogico tra catechesi e sacramenti. Sia per quanto riguarda i soggetti educativi e le verifiche presacramentali.
Nella prassi pastorale, quindi, non ci troviamo più nella situazione di iniziare il convertito, ma di dover convertire colui che è stato iniziato. E questa situazione assume sempre più l'immagine di una “rincorsa” dietro il cliente che si è sdegnosamente allontanato dalla agenzia educativa un po' più seria delle altre.
Al post-cresima devono, quindi, essere affidati compiti che sono propri della maturazione della fede in età adolescenziale e di recupero della iniziazione. E' allo stesso tempo: mistagogia, nuova tappa di iniziazione, catecumenato per adolescenti e formazione permanente.
Mistagogia ovvero esperienza che segue il sacramento (della cresima) e che tuttavia non si è vissuto con piena coscienza, libertà e adesione personale.
Nuova tappa di iniziazione per il fatto che l'età a cui si riferisce porta con sé naturalmente l'esigenza di progettare se stessi anche in termini di vita religiosa. Anzi è possibile affermare che solo con il sorgere della età adolescenziale si può parlare davvero di adesione personale alla fede intesa come progetto di vita per cui, il più delle volte, è proprio nel periodo e nella esperienza ecclesiale del post-cresima che si gioca l'iniziazione al vangelo e alla missione della comunità ecclesiale[3], per cui il post-cresima deve assumere i tratti della iniziazione o della tappa conclusiva della iniziazione.
Catecumenato potrebbe indicare il tentativo di pensare questa azione pastorale in modo globale capace cioè, di realizzare un vero apprendistato della fede[4] in tutte le sue dimensioni della vita cristiana.
Formazione permanente dovrebbe sottolineare la necessità di una catechesi che sappia dare risposta alle esigenze culturali (nel senso dello spessore vitale) proprie delle diverse situazioni e questo per il fatto che ogni età ha necessità di essere evangelizzata e, ancora di più, ogni situazione di vita deve essere illuminata dalla parola di Dio.
Pensare il post-cresima in questi termini, quindi, richiede una serie di competenze pastorali e catechistiche che, oggi, vengono generalmente definite stile catecumenale o di iniziazione cristiana.
I tratti di tale proposta sono ormai definiti[5]. Catecumenato è:
· un periodo di formazione prolungato nel tempo che
· ha per obiettivo l'inserimento nel mistero pasquale e quindi nella dinamica della propria della esperienza di fede di Gesù a servizio della missione ecclesiale
· inteso come apprendistato della vita cristiana
· in stretta connessione con i sacramenti della iniziazione cristiana
· in collaborazione con tutta la comunità cristiana.
Quali possono essere gli elementi organizzativi propri del post-cresima con obiettivi di vera iniziazione alla fede?

3. PERCORSO DI UN POST-CRESIMA.

Pur nella varietà di impostazioni e di esperienze si possono delineare alcune indicazioni unitarie per una organizzazione del post-cresima che tenga presente le caratteristiche di re-iniziazione e catecumenato a cui si veniva accennando.

1. L'inizio
Dopo la celebrazione del sacramento della confermazione solitamente gli animatori e il parroco invitano i ragazzi a continuare l'esperienza educativa (qualche volta assicurando che non si tratta di fare il catechismo come prima!). Questa fase assume il volto di una vera iscrizione o reiscrizione alla catechesi. Si preparano inviti, si contattano telefonicamente i ragazzi, si organizza una festa, si presentano gli animatori, si chiarisce il tipo di proposta. In questo contesto può capitare che si presentino ragazzi che non hanno ricevuto il sacramento per loro scelta o abbandono del cammino precedente o per altri motivi. Può essere che vengano ragazzi di altre parrocchie o altre esperienze religiose.
Anche per questo l'animatore si trova davanti al problema di quale tipo di accoglienza realizzare, che livello educativo proporre ai ragazzi, che impostazione di comunicazione etc.

2. La rifondazione del gruppo
Comunque avvenga l'iscrizione appare subito chiaro che occorre procedere per la rifondazione del gruppo. Il nuovo gruppo nasce dalla confluenza dei gruppi-classe precedenti; possiedono tradizioni e comportamenti diversi; i ragazzi si conoscono appena; l'impostazione rigida dei percorsi catechistici della cresima non permette una vera conoscenza e interazione per il fatto che molti ragazzi non desideravano partecipare alla catechesi etc...
La rifondazione necessita di tempo e attività specifiche. Feste, autopresentazioni, attività di conoscenza e di aggregazione possono essere aiuti inizialialmente ma non superano le difficoltà che gli animatori incontrano: appartenenza frammentata, non chiarezza di motivazione, comunicazioni sotterranee forvianti (i sottogruppi) o interrotte, veti comunicativi incrociati, incapacità a gestire il lavoro comune (visto che manca la pressione che nasce dal dover fare la cresima).
La rifondazione delle gruppo ha bisogno di almeno 2 anni e comporta per il catechista pazienza e abilità da acquisire: il controllo della comunicazione, dello stile, delle motivazioni, delle proposte di lavoro, della gradualità di crescita dalle singole persone, dei contesti di provenienza. Etc.

3. Modelli generali
In senso stretto il post-cresima è la proposta che "artigianalmente" le parrocchie fanno ai propri ragazzi all'esterno delle proposte organiche (ma spesso solo ospitate dalle parrocchie) presentate dai movimenti e le associazioni[6] . Tuttavia i post-cresima si ispirano alle grandi intuizioni sperimentate nel campo ecclesiale. Le grandi agenzie che si occupano dei ragazzi (e che normalmente non hanno la preoccupazione del conferimento del sacramento) organizzano, infatti, i loro percorsi secondo scopi specifici.
L'ACI insiste maggiormente sulla formazione della personalità cristiana e la maturazione progressiva del laicato intesa come idoneità a svolgere la missione della chiesa. Gli Scouts mirano alla formazione permanente e integrale del ragazzo sottolineando lo sviluppo dell'autonomia, della responsabilità e il suo inserimento nella società inteso come servizio. In questo contesto si parla di offerta educativa di frontiera (dove non si chiede espressamente l'adesione al Vangelo).
Anche gli Oratori cercano di mantenere unite le caratteristiche di formazione umana e religiosa intesa come offerta di formazione e di presenza educativa nel territorio in cui vive la parrocchia.
Magari cercando di individuare un nucleo di ragazzi più disponibile al servizio ecclesiale (Milano).
I medesimi problemi di configurazione generale hanno i gruppi informali di post-cresima. Cercano una mediazione tra la formazione (umana e cristiana) e la funzione di socializzazione (luogo per i ragazzi) con l'aggiunta delle difficoltà derivanti dalla mancanza di infrastrutture adeguate e tradizioni affermate.
In positivo il post-cresima dovrebbe mantenere il carattere di "luogo aperto e disponibile" a diverse esperienze e appartenenze tuttavia è necessario che progressivamente si configuri come "vero luogo educativo" e come tale percepito e presentato; con una definizione progressivamente chiara dei confini di appartenenza al gruppo (distinguendo bene ad esempio tra gruppo e comitiva) e tra i diversi gruppi di post-cresima tra loro; fino ad arrivare al concetto e alla prassi di comunità giovanile entro la quale organizzare percorsi e itinerari diversificati.
Consiglierei inoltre di non cedere alla tentazione di articolare i gruppi sulla base delle attività ma sempre in funzione degli obiettivi educativi: al centro del gruppo ci devono essere le persone e la loro progressiva passione per la loro crescita e maturazione umana e religiosa. Gioco, attività sportiva, feste, uscite, comitiva etc. sono attività e non finalità del gruppo e come tali possono avere anche diversità di partecipazione. Comunque non sono il motivo per cui si propone il postcresima e per cui si impegna un animatore.

4. La discussione attorno agli obiettivi
Ho già discusso in questa rivista le diverse proposte educative[7]e le conseguenti mete formative presenti in Italia,oggi. Riassumendo la questione in termini di aree di obiettivi si possono delineare in questo modo:
- area dell'accompagnamento dello sviluppo della persona e dei suoi dinamismi in quanto frutto dell’evangelizzazione e condizione dello sviluppo e maturazione della fede intesa come progetto di vita e motivazione dell'esistenza (RdC 52);
- area della sequela di Gesù Cristo riproposta secondo l'età a modo di proposta di evangelizzazione (cfr. il problema della cattiva iniziazione a cui si accennava sopra) e comunque capace di avviare l’iniziale progetto di vita in senso solidale e cristologico. In questo contesto è necessario rileggere la proposta della catechesi antropologica, esperienziale e liberatrice;
- area della appartenenza ecclesiale: questa avviene attraverso l’esperienza di vita di gruppo all’interno della comunità. La qualità e quantità delle relazioni tra i partecipanti, tra i gruppi e il resto della comunità determinato questo orizzonte
- area della esperienza di preghiera: l'introduzione al silenzio, alla interiorizzazione del messaggio evangelico, alla amicizia con Dio-Trinità, alla esperienza della verbalizzazione della propria fede, ne sono alcune componenti. Non meno importante l'educazione alla celebrazione e in primo luogo la partecipazione eucaristica.
- area della progressiva disponibilità per il servizio sia interno al gruppo-comunità sia come preparazione alla collaborazione del progresso del mondo e della missione di solidarietà, giustizia, fraternità propria della comunità ecclesiale.
Si deve notare che in questo senso la nuova edizione del catechismo Io ho scelto voi offre delle possibilità che oltre il valore in sé della proposta, sono significative proprio per la loro articolazione. Ogni capitolo infatti è articolato secondo una progressione che va dall'analisi della vita all'incontro con Cristo, la comunità, la preghiera, la testimonianza.
La difficoltà maggiore che si avverte nella pratica è la parcellizzazione degli obiettivi. Da dove cominciare? cosa sottolineare? cosa privilegiare? Suggerisco di tenere sempre strettamente unite le dimensioni proprie dell'educazione della fede: risposta ai bisogni-aspirazioni (RdC 52) [appartenenza e comunicazione, bisogni dell’età evolutiva, etc.] e annuncio esplicito della proposta di vita cristiana [la prassi di Gesù, il servizio, la relazione personale con Dio-Trinità].
Tale questione apparirà più evidente a livello di articolazione degli itinerari. Va tuttavia superata la logica dell’isolamento: sola catechesi o sola preghiera o solo servizio.

5. La dimensione sacramentale
Alcune proposte insistono nell’affidare a questo momento della pedagogia religiosa la centralità di due sacramenti: l’eucarestia e la penitenza (pensati come vero centro sacramentale di un itinerario di reiniziazione adolescenziale[8]). Sicuramente il problema educativo si pone. Sia in termini di sostegno alla vita sacramentale in questa età, sia nei termini di un “punto di riferimento sacramentale” che renda significativo e celebri lo sforzo di cammino di fede dei ragazzi. In questo contesto si pone il problema dell’età della cresima e il valore liturgico di alcune esperienze di “riconsegna della fede” come, ad es., la celebrazione per la Professione della Fede (Milano).

6. Il modello generale di animazione
Sul versante delle metodiche si possono ugualmente segnalare alcuni interrogativi a cui dare risposta:
- quale itinerario? Questo termine significa globalmente: strada, cammino, serie ordinata di tappe.
Per molti il termine significa semplicemente il precedente “catechismo”; per altri esso vuol significare il passaggio ad una catechesi capace di inglobare sia la dimensione liturgica che quella testimoniale. Tuttavia si pongono almeno due questioni. Innanzitutto itinerario deve far riferimento alla questione della analisi degli obiettivi in stretto riferimento ai bisogni educativi dei destinatari e non solo alle intenzionalità della istituzione educativa. In secondo luogo si pone la questione dei tempi ovvero la necessità di non articolare gli itinerari solamente secondo i mesi dell’anno o i tempi liturgici ma soprattutto a partire dal raggiungimento degli obiettivi medesimi.
- quale apprendimento? Allo stesso modo si indaga la questione del modello di formazione proposto ai ragazzi. Esiste ancora diffuso un modello centrato sulla trasmissione delle informazioni sostenuto dal convincimento che la dimensione cognitiva sia fattore centrale della dinamica della personalità e delle decisioni degli individui. Bisognerà affiancare a questa convinzione l’esperienza che rivendica un ruolo importante alla dimensione affettiva e alla pressione di gruppo nel processo di decisione della persona.
- quale relazione educativa? Diverse esperienze mostrano la necessità di un educatore “giovane” per la vicinanza ai destinatari ma anche la problematicità che questo comporta in termini di equilibrio di relazione e di dipendenza che si stabilisce con il gruppo. Si crea comunque una sosta di pariteticità o compromesso educativo che non permette il crearsi della corretta asimmetria educativa. È ancora molto difficile la presenza di adulti o, meglio, di una pluralità di figure educative capaci di assolvere tutti i ruoli del percorso educativo.

4. OLTRE IL POST-CRESIMA.

È mia ferma convinzione che si debba cominciare a pensare la pastorale dei ragazzi in termini di pluralità di itinerari e forme di educazione religiosa. È dunque necessario superare la logica del conferimento della cresima in forma omologa per tutti (stessa età, itinerario, etc.). Anzi potrebbe essere utile pensare la richiesta-offerta della cresima come vera possibilità di un rinnovato modello di catecumenato ecclesiale[9] in un determinato omento della vita delle persone: in collegamento con le gradi scelte della vita (15-21 anni); non in forma di re-iniziazione; in continuità con uno dei sacramenti dell’iniziazione; nella logica della pedagogia della fede.

 

NOTE

[1] A tale proposito si usa chiamare la cresima “sacramento dell’abbandono” (Mons. Chiarinelli).

[2] Presentazione all'edizione italiana, n. 1)

[3] GIANETTO U., Iniziazione cristiana in Dizionario di Catechetica, Torino, LDC, 1986, 346; cfr. ES (1973) n. 90.

[4] ALBERICH E., Come e quando si diventa cristiani in Italia oggi. Per un ripensamento del processo di iniziazione e maturazione cristiana. Problemi e proposte pastorali in Orientamenti Pedagogici 193,1986,1, 102-113.

[5] AG 14, RICA 2, GEVAERT J., Per un approccio corretto al tema "Diventare cristiani oggi" (Quadro dei problemi e chiarificazione terminologica) in Diventare cristiani oggi. Per un rinnovamento dell'itinerario di iniziazione e maturazione cristiana. Problemi e proposte pastorali, Torino, LDC, 1983, 7-22; UCN, Nota per.l’accoglienza del catechismo per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi,7 (1991); cfr. MEDDI L., Generare credenti. La complessa realtà pastorale della Iniziazione Cristiana in Insieme Catechisti-Dossier 41,1991,4, 2-14.

[6] ACI, Progetto Giovani, Roma, AVE, 1988.ACR, Progetto ACR, Roma, AVE, 1981; AGESCI (Associazione Guide e Scouts cattolici), Dalla promessa alla partenza. Il Progetto unitario di catechesi, Milano, Ancora, 1983; BROVELLI F. (a cura), Comunità cristiana: la cura per ragazzi, adolescenti e giovani. L’Oratorio oggi, Milano, Ancora, 1991; DELPIANO M., Pastorale dei preadolescenti. Ragazzi, educazione alla fede e comunità cristiana, Torino, LDC, 1991; DELPIANO M., Quale catechesi con i preadolescenti? Un modello come proposta in Note di pastorale giovanile 10,1991, 13-21; DE VANNA, Adolescenti e scelta cristiana. Gli adolescenti nella chiesa del post-Concilio. Per un progetto pastorale, Milano, Ancora, 1992.

[7] MEDDI L., Adolescenti, Chiesa e pedagogia della fede in Via, Verità e Vita 42,1993,144, 30-37.

[8] FLORISTAN C., Il catecumenato, Città di Castello, Borla, 1993, 31.

[9] Tentativi descritti in BROVELLI F., Per una valutazione del dibattito e delle esperienze di iniziazione cristiana in AA.VV., Iniziazione Cristiana. Problema della chiesa oggi, Bologna, EDB, 1976, 167-219; BOROBIO D., El catecumenado, modelo de la catequesis de adultos. El pueto del Catecumenado y la catequesi en los procesos iniciaticos actuales in Teologìa y Catequesis 2,1982,193-211; più articolato in Proyecto de iniciacion cristiana, Desclee, Bilbao, 1980.