Proporre la fede
ai giovani oggi
Una forza per vivere
I vescovi del Québec
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VIE DA ESPLORARE
In un tempo in cui troppi giovani
trovano difficile vivere,
e sentono addirittura disgusto per la vita,
la fede nel Dio della vita
è inseparabile dalla fede nella vita.
I tempi cambiano, ma le vie che conducono al centro del mistero rimangono press'a poco sempre le stesse. Sono le vie che generazioni di uomini e di donne che ci hanno preceduti hanno percorso tante volte prima di noi, trovando le stesse aperture e urtando contro gli stessi ostacoli.
Queste vie di iniziazione sono molteplici. C'è anzitutto la via della vita, con le sue soddisfazioni e le sue fragilità. C'è la via del servizio. La via della Parola condivisa tra i credenti. La via della preghiera interiore. La via del pane spezzato in memoria del Risorto.
Ai giovani conviene proporre questo insieme di vie. Come vie di iniziazione, cioè vie di introduzione, di primo contatto, di primo apprendimento. Come altrettante vie di accesso possibili all'esperienza cristiana.
La via della vita dolce e amara
Dio si rende vicino anzitutto al centro della vita, al centro delle storie personali di ciascuno. «Questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica» (Dt 30,14). Il mormorio di questa Parola si sente attraverso gli avvenimenti, il film della vita. La vita, sempre meravigliosa e fragile nello stesso tempo. Meravigliosa come lo splendore della creazione. Ma anche fragile, come la salute. La vita è sempre, nello stesso tempo, dolce e amara. Dolce come la felicità di vivere, come i nostri affetti. È amara, come le difficoltà di vivere, come la violenza e la durezza di tanta gente.
I giovani non sfuggono a questa esperienza della vita sotto il suo duplice aspetto, dolce e amaro. Esperienza della gioia di vivere, di crescere, di giocare, di scoprire, di servire, di riuscire. Ma anche esperienza delle lacrime, del lavoro, della solitudine, della violenza, del fallimento, delle famiglie sfasciate, del dolore, dei lutti, della povertà, dell'avvenire incerto. Attraverso le gioie e le sventure, i giovani hanno bisogno di provare e di conservare il gusto di vivere. Devono scoprire che la vita, anche se può essere dura, resta buona nonostante tutto ed è veramente meglio della morte.
Il «dramma spirituale» di cui si parla a proposito dei giovani nasce in questa «crisi del credere», che supera largamente il solo ambito religioso. Troppi giovani arrivano con difficoltà o non arrivano affatto a credere nella vita, a credere nell'amore, a credere negli adulti significativi, a credere nell'avvenire. Come potrebbero allora arrivare a credere in Dio?
È dunque importante accompagnarli sulla via della loro vita, per allargare il campo delle loro aspirazioni, per aiutarli ad accogliere insieme tanto la bellezza che la durezza dell'esistenza. In un tempo in cui troppi giovani trovano difficile vivere e sentono addirittura disgusto per la vita, la fede nel Dio della vita è inseparabile dalla fede nella vita.
La via del servizio reso
È la via dell'esperienza dell'aiuto reciproco, del gesto di compassione, della mano che rialza e sostiene. È la via che apre al senso sociale, all'impegno per la solidarietà e la giustizia. Oggi questa esperienza del servizio – di qualunque genere sia: sociale, comunitario, sportivo, umanitario, ecclesiale – si rivela spesso un inizio e uno stimolo nel cammino morale, spirituale e religioso dei giovani.
In questo tempo di discorsi logori e parolai, specialmente a scuola e nei media, i giovani si dimostrano particolarmente sensibili ai fatti, alle azioni. Attraverso il servizio concreto, imparano a superarsi, intuiscono o scoprono la trascendenza, il «sacramento del fratello». «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40).
La via della parola condivisa
È la via della parola presa, appresa, liberata. espressa, ascoltata, scambiata. Per la crescita umana, questa esperienza della parola è assolutamente primaria, perfino costitutiva della persona. È il motivo per cui gli infanti provano tanto gusto nell'imparare a parlare, i bambini chiedono continuamente «perché?», e gli adolescenti passano tanto tempo a «stare insieme» con gli amici «proprio per parlarsi». L'esperienza della parola con i «padri» e i «pari» è fondamentale per l'identità personale e la comunione.
Non sorprende allora che anche nell'esperienza cristiana la parola abbia un posto privilegiato. Essa scaturisce da sempre alla confluenza dell'esperienza umana e della presenza attiva di Dio. Accolta anzitutto al centro della propria vita, scambiata nella fraternità delle sorelle e dei fratelli credenti, sentita attraverso i racconti biblici dei primi testimoni della fede, proclamata e meditata nelle riunioni di preghiera, la Parola incessantemente convoca, interpella, illumina, riconforta, rilancia.
L’importante che i giovani possano fare questa esperienza della parola che li fa ritornare a se stessi, mentre scoprono la Parola di Dio che risveglia, spinge avanti, libera, guarisce. L'apprendimento di questo dialogo tra la parola umana e la Parola di Dio suppone un contatto abbastanza frequente e soprattutto significativo con la Bibbia, in un contesto di fraternità veramente sentita.
La via della preghiera interiore
È la via dell'interiorità, la via del cuore. Nonostante le apparenze, forse è la via più frequentata. Sondaggi recenti indicano che sette giovani su dieci affermano di pregare, mentre la maggioranza non frequenta le chiese.
La preghiera è spesso la pratica intima primaria, quella che lo Spirito fa sorgere dal fondo del cuore, talvolta molto prima di altre attività. L anche la pratica più vitale, quella che talvolta viene conservata molto a lungo dopo che le altre sono state dimenticate. La preghiera nutre, insegna ad attingere al proprio pozzo, alla propria sorgente.
Cominciare a pregare è frutto di un insegnamento. Si può parlare di iniziazione alla preghiera. All'inizio, il bambino prega balbettando invocazione o parole familiari che sente dall'adulto. Poi la preghiera rassomiglia a grida lanciate verso Dio, con frasi imparate, ricevute dalla tradizione: «Grazie, vieni in nostro aiuto, abbi pietà di noi». Poco per volta, diventa come una via per rendersi responsabile della propria vita. Occasione per raccogliersi, per accogliere la vita, con le sue ombre, le sue deficienze e i suoi pesanti silenzi. Occasione per raccontare la propria vita davanti a Dio, di fermarla un momento, di riceverla da lui e pregustarne l'eternità.
La via del pane spezzato
È la via che porta a Emmaus. La via dell'incontro attorno ai segni del Risorto. È l'esperienza della vita riletta e raccontata alla luce della sua Parola e dei suoi gesti, della vita illuminata e celebrata nella certezza della sua vicinanza, della sua Presenza. È l'esperienza del Signore che ci raggiunge e ci accompagna sulle nostre vie umane: della nascita, della crescita, dell'amore, del perdono, della malattia, della morte.
È l'esperienza degli incontri sacramentali, che punteggiano l'esistenza credente, come i tempi forti, i «punti d'acqua» situati alle svolte strategiche della vita, come fermate e oasi di riposo e di intimità, ove si ristorano le forze per continuare il cammino. È l'esperienza del rito e della festa che ritmano la vita, la ravvivano, la celebrano, la rendono celebre.
Tra questi segni, il più eminente è l'Eucaristia, segno e memoria di Gesù che offre la sua vita per la salvezza del mondo e ordina ai discepoli: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,19). Perciò, nell'iniziazione cristiana, si è sempre dato un posto importante alla riunione comunitaria per condividere la Parola e il Pane in memoria di Gesù.
Tuttavia conosciamo le difficoltà dei giovani a «ritrovarsi» nelle nostre Eucaristia, cioè alla Messa festiva. Come superare quelle che a loro sembrano frasi fatte, letture difficili o riti stereotipati? La sfida è di aprire con loro uno spazio simbolico ove la loro parola si scopra in sintonia con la Parola di Dio, ove i loro occhi si aprano sul mistero di una vita offerta e da offrire, per amore, come un invito alla lode. Bisognerebbe fare in modo che, ogni volta, questi incontri iniziatici segnassero una tappa o un pezzo di vita di cui i giovani potessero conservare un ricordo luminoso e ispiratore.
Con guide adatte
Proporre la fede, oggi come ieri, significa invitare i giovani a impegnarsi sulle vie dell'esperienza cristiana. Significa fare i primi passi, tratti di strada con loro. Significa creare un clima, un ambiente che dia loro il gusto di credere e il desiderio di continuare.
A questo scopo occorrono guide adatte. Uomini e donne che conoscano le vie che abbiamo ricordato prima, che le abbiano percorse, che ne sappiano le gioie e le difficoltà. Guidare o iniziare, è sempre portare su una strada seminata di ostacoli, assicurando che conduce a buon fine, che è stata ottima per noi. Significa segnare le tappe, stabilire le pause, rivedere il cammino percorso, misurare la distanza che resta da superare.
Occorrono guide che sappiano proporre qualcosa di inedito, di nuovo. In un contesto di mutamenti culturali e di declino dei riferimenti tradizionali, la fede viene sempre meno intesa e accolta come una tradizione, un'eredità. Viene vista sempre più come una proposta, una scoperta da fare, una ricerca da intraprendere. È stato questo l'invito di Gesù ai suoi primi discepoli: «Venite e vedrete» (Gv 1,39). Di qui la necessità di guide coraggiose che osino affrontare oggi il rischio di invitare i giovani a qualcosa di nuovo, di aspro talvolta, ma profondamente liberatore.
Ci vogliono guide che propongano una forza per vivere. Ma la proposta non può essere rivolta unicamente alla ragione o alla memoria. Non intende soltanto trasmettere un messaggio o certe convinzioni. Si riferisce alla felicità di esistere, al senso e alla fortuna di vivere. Propone di fare l'esperienza di una vita vissuta sotto l'ispirazione e la potenza dello Spirito. Scioglie le tensioni, tranquillizza, mira a far «vivere in abbondanza» (cf Gv 10,10). È quanto scrive l'evangelista Giovanni all'inizio della sua prima lettera, quando vuole riassumere i suoi tre anni di cammino con Gesù: «Ciò che i miei occhi hanno visto, ciò che ho sentito, ciò che ho toccato con le mie mani. La Vita si è fatta visibile e io ve l'annuncio. Perché la vostra gioia sia completa» (cf 1 Gv 1,1A).
Come avvicinare i giovani a questa proposta di un Vangelo che dà la forza di vivere? Mediante l'incontro con persone delle quali il cuore, la testa, la carne e lo spirito sono stati attraversati da un Lieto Messaggio che li ha messi in cammino e che li mantiene in ricerca. Persone che li inviteranno, implicitamente ed esplicitamente, a fare un tratto di cammino nella stessa direzione. Non si tratterà necessariamente di grandi testimoni o di astri della fede. Saranno per lo più persone vicine, credenti ordinari che oseranno dire le loro ragioni di vivere e di sperare, malgrado tutto. Per i giovani, saranno i loro genitori, i parenti, cristiani e cristiane della parrocchia, amici, educatori e animatori, compagni e compagne di movimenti, e molti altri testimoni che potranno incontrare anche per caso nella scuola, nei luoghi di divertimento, nei loro viaggi.