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    L'oratorio dei giovani /2. Una descrizione globale e modello di cambiamento



    (NPG 1989-04-59)


    1. Una descrizione generale dell'oratorio

    Offrire una descrizione generale, che abbracci le varie forme dell'oratorio, può essere presuntuoso.
    Tuttavia sembra uno sforzo importante, perlomeno per suscitare un ulteriore dibattito.
    La descrizione segue uno schema descrittivo per un'organizzazione sociale. Distingue fra i fini istituzionali, la struttura organizzativa, il processo o metodo formativo, i partecipanti.

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    L'ORIZZONTE CULTURALE E DI FEDE

    L'oratorio è una istituzione formativa di natura ecclesiale, radicata in una originale scuola di spiritualità e azione pastorale, che riconosce a se stessa uno specifico compito formativo delle nuove generazioni, con la volontà di rivolgersi a «tutti i giovani», soprattutto alle fasce popolari a disagio nel partecipare alla società e alla Chiesa e nel darsi una identità personale.
    Prima che un insieme di muri, un intrecciarsi di attività e di regole organizzative, l'oratorio è una spiritualità ecclesiale, un originale modo di vivere ispirato al vangelo, che trova il suo nucleo centrale nell'accogliere e dare un senso alla vita nella sua dimensione quotidiana. È insieme un modello pastorale che scommette sull'intima continuità, tra crescita autenticamente umana e crescita evangelica, e percorre una originale via educativa alla fede.
    Attraverso interventi sul piano culturale ed interventi sul piano religioso, l'oratorio offre ai giovani i contenuti e le energie necessarie per accogliere in modo consapevole e responsabile la propria esistenza a farne dono agli altri, fino a riconoscere in Gesù l'immagine dell'uomo perfetto, e nella sua vita per la causa del Regno di Dio l'orizzonte in cui collocare la propria esistenza e le vicende dell'intera umanità.
    L'oratorio vede l'educazione umana e l'educazione alla fede in continuità, perché entrambe generano l'unica fede nella vita radicata nel Regno di Dio, ma anche autonome tra loro.
    L'oratorio distingue e integra le due attività. Mentre sottolinea il valore umanizzante della fede evangelica, dà spazio ad attività di formazione sociale e culturale capaci di raggiungere tutti i giovani, anche quelli che faticano a riconoscersi nella fede ecclesiale. La formazione umana per l'oratorio è un'azione che già realizza, anche se non per intero, la sua passione evangelizzatrice.
    In certi casi sa che le concrete situazioni chiedono di limitarsi alla sola educazione umana. Non per questo l'oratorio ritiene di aver smarrito la sua passione evangelizzatrice.

    I FINI ISTITUZIONALI

    L'oratorio persegue dei fini irrinunciabili, fondamento della sua esistenza. Essi non sono a discrezione di nessuno, neppure dei responsabili di un oratorio e degli stessi giovani. Superano le persone, e queste non possono manipolarli. Escludere tali fini istituzionali è snaturare l'oratorio e pertanto renderlo inutile.
    Essi sono insiti nella storia dell'oratorio e vengono attualizzati nel tempo dall'interazione con l'ambiente sociale ed ecclesiale, in particolare con le istituzioni che lo legittimano e gli assegnano una particolare funzione, come la comunità parrocchiale e la chiesa diocesana, la famiglia e la scuola, gli enti pubblici che presiedono alla politica giovanile.
    L'oratorio riconosce positivamente i legami che ha con la realtà circostante. Esso non è un'organizzazione privata, frutto della buona volontà di alcuni, ma è espressione di una comunità cristiana e, più in generale, di un ambiente sociale.
    I fini istituzionali in cui l'oratorio si riconosce sono riconducibili alla funzione di animazione culturale e religiosa dei giovani.
    L'oratorio non difende e non offre ai giovani un'immagine di uomo e di credente definita nei particolari e da mettere in pratica adeguandosi ad essa. Non ha un suo progetto di uomo e di cristiano alternativo ad altri, ma offre soltanto alcune linee fondamentali di spiritualità e alcune mediazioni culturali.
    A partire da esse i giovani possono entrare criticamente e creativamente in contatto con i vari progetti in circolazione nella Chiesa e nella società, e assumere le energie, le informazioni necessarie per darsi un'identità ed elaborare un progetto di uomo e di cristiano.
    L'oratorio intende abilitare i giovani a diventare soggetti dei processi formativi in cui sono immersi, fino a maturare una consapevole, critica, responsabile capacità di scelta, e quindi esercitare la libertà di coscienza nelle vicende umane.
    Interagendo con i processi formativi già in atto, in primo luogo l'oratorio riconosce a se stesso un compito di risocializzazione dei giovani, cioè di trasmissione dei valori e delle regole sociali che delineano la cultura e la vita cristiana in un ambiente umano.
    L'oratorio mantiene rapporti positivi e costruttivi, anche se critici, con l'ambiente circostante. Non spinge a opporsi né a integrarsi passivamente, ma a radicarsi in modo critico e creativo nel vissuto sociale ed ecclesiale, come condizione per maturare un'identità personale.
    L'oratorio, in secondo luogo, riconosce a se stesso una specifica funzione ri-educativa. C'è educazione dove si aiutano le nuove generazioni, man mano che vengono assimilate le informazioni sociali e religiose, a dare risposte personali alle sfide della vita.
    La funzione di animazione rende l'oratorio un'istituzione con un'originale autonomia formativa. In quanto luogo di mediazione critica e creativa tra giovani e valori, vive in una continuità discontinua con le istituzioni a cui fa riferimento e con le quali collabora.
    Non è il sostituto della famiglia o della parrocchia, ma un luogo dove si abilita all'incontro critico e creativo con le proposte sociali e religiose.
    Nella funzione di animazione attenta a formare le coscienze giovanili, l'oratorio ritrova la sua legittimazione nella società e nella Chiesa. Mentre adempie un compito a loro nome, proclama la sua autonomia formativa.

    LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA

    L'oratorio ha una specifica struttura organizzativa.
    Al suo interno è un'organizzazione, quasi un organismo vivente in cui i soggetti interagiscono influenzandosi a vicenda ed influenzati dal tutto, costituita dalle relazioni tra le persone.
    Tali relazioni sono strutturate in un triplice cerchio.
    Il primo cerchio è costituito dall'associazione libera e spontanea dei giovani in gruppi di interesse e/o di amicizia. Non c'è oratorio dove non c'è una pluralità di gruppi. Al loro interno i singoli vengono abilitati a darsi un'identità personale percorrendo un originale cammino formativo.
    Il secondo cerchio è costituito dal rapporto tra giovani e adulti/animatori che si costituisce ed evolve in un cammino quotidiano condiviso insieme. L'oratorio è animato dalla relazione educativa fra adulti e giovani. Solo in tale relazione infatti, spesso in modo implicito, ci si scambiano i valori essenziali per dare vita all'oratorio e a se stessi.
    Il terzo cerchio è costituito dalla partecipazione dei gruppi all'elaborazione e attuazione di un progetto di animazione complessiva dell'oratorio. Si chiede ai giovani di animare se stessi animando l'oratorio, progettare se stessi progettando l'oratorio, elaborare uno stile di vita personale dando vita a un ambiente animato da valori significativi per la loro generazione e ancorato alla grande tradizione dell'oratorio.
    Questo triplice cerchio di relazioni è vissuto alla luce di alcuni valori che formano il clima o l'ambiente dell'oratorio. Tra questi possono essere messi in evidenza l'accoglienza gratuita, lo scambio a livello di conferma reciproca e di valori, l'ottimismo che si esprime nel gioco e nella festa come nell'entusiasmo per le diverse attività, un positivo atteggiamento verso la cultura convinti che tra umano e cristiano è possibile un'integrazione critica e creativa, il servizio in modo che l'oratorio sia animato dai giovani e aperto a tutti.
    Il clima oratoriano si incarna in regole organizzative che facilitano la vita comunitaria e la canalizzazione delle energie dei singoli e dei gruppi per fare dell'ambiente un luogo formativo. L'oratorio coniuga spontaneità e regole che aiutano a canalizzare le energie in vista di un bene personale e collettivo. Emergono ruoli e compiti, modi di procedere nel decidere e gestire il potere, atteggiamenti da privilegiare e appuntamenti da rispettare nel rapporto con le persone e le proposte culturali e religiose.
    L'oratorio si caratterizza come organizzazione anche nel rapporto con l'ambiente circostante. Non solo attiva uno scambio (ben sapendo che non è possibile altrimenti), ma lo considera di vitale importanza per la sua sopravvivenza e per la formazione dei giovani. Verso di esso mantiene un rapporto di valorizzazione critica, che di volta in volta porta i giovani ad assumere i suoi contenuti, opporsi a forme valoriali che solo a prima vista promuovono l'uomo, collaborare per individuare nuovi valori.
    Il rapporto con l'ambiente è segnato sempre dal criterio dell'educativo. Si assumono valori perché siano di aiuto ai giovani, si restituiscono valori rielaborati con i giovani come forza innovativa nella società e nella chiesa.

    I PARTECIPANTI

    Fra le istituzioni ecclesiali, l'oratorio è una delle più «aperte» al mondo giovanile. Esso vuol raggiungere tutti i giovani. I suoi destinatari privilegiati sono i ceti popolari e le masse giovanili dei vari ambienti sociali e culturali.
    L'oratorio ha un soglia selettiva in entrata relativamente bassa. Al limite è sufficiente sentire interesse per la musica o voler giocare a pallone, se vissuti come domanda implicita di relazione capace di evolversi verso traguardi che verranno concordati insieme, nel rispetto della libertà di ognuno.
    Per fare parte dell'oratorio, pertanto, la condizione essenziale non è condividere tutti i valori ecclesiali e culturali, ma esprimere una sofferta anche se povera tensione educativa, nei linguaggi e nelle forme concretamente possibili alle diverse fasce giovanili L'essenziale è l'apertura, magari implicita, ad un sofferto cammino educativo. C'è oratorio dove si realizza una sequenza magari frammentata dell'evento educativo: una comunicazione tra mondo del giovane e mondo dell'educatore, in modo che entrambi, sorretti da un germe di fiducia reciproca e disponibilità ad arricchirsi del mondo dell'altro, compiono un piccolo passo verso una fede nella vita più consapevole, appassionata, responsabile.
    All'oratorio, a diversità della scuola e della famiglia, si viene liberamente e ci si associa in modo spontaneo, a seconda degli interessi e/o delle amicizie.
    All'entrata non è richiesto di essere già credenti e, ancor meno, di riconoscersi pienamente nella chiesa e nelle sue istituzioni e norme di vita. Mentre si rivolge a tutti, l'oratorio pone come discriminante di voler partecipare lealmente alla sua animazione e di farsi carico, in modo sempre più consapevole e libero, della propria esistenza, instaurando una comunicazione positiva con gli altri giovani e con gli animatori.
    In questa disponibilità alla comunicazione, l'oratorio intravvede un primo, anche se debole e povero, riconoscimento dell'appello grande che è la vita, e una risposta che, in forma misteriosa ma reale, è già risposta alla venuta del Regno di Dio in Gesù di Nazaret.
    L'abbassare il tasso di selettività può comportare all'oratorio una certa confusione, perché vengono ad incontrarsi modi di pensare e di agire espressivi di subculture giovanili e di diversi livelli nella maturazione della fede. Possono nascer conflitti. Ma l'oratorio vive in questo una grande scommessa educativa: far convivere giovani che si trovano in fasi diverse di un medesimo cammino o itinerario di fede, in modo che quanti hanno maturato scelte culturali e religiose si sentano responsabili degli altri, fino a sviluppare un processo di animazione tra gli stessi giovani.
    L'oratorio non è tuttavia senza confini, quasi che tutti possano entrarvi. Il rapporto con l'oratorio può venire a termine. Lo può richiedere la chiarezza e stima reciproca, e la stessa corretta percezione del limite educativo dell'oratorio. Pur volendo essere per tutti i giovani, l'oratorio non è in grado di risolvere i problemi umani e di fede di tutte le fasce giovanili.
    Alcuni si trovano a disagio all'oratorio, e preferiscono ritrovarsi come gruppi élitari o associazioni e movimenti a specifica identità cristiana. Altri giovani, quelli a forte disagio ed emarginazione sociale, normalmente non trovano un aiuto adeguato in un'azione formativa di tipo preventivo come quella dell'oratorio, ma richiedono un sostegno di tipo terapeutico.
    In altri casi invece prevale la chiarezza di un rapporto educativo che aiuta a fare scelte libere e responsabili, in modo da diventare soggetti della propria formazione, fino a separarsi amichevolmente quando non ci fosse più una comune area di condivisione di valori. Il valore della libertà di coscienza è un bene grande e incommensurabile.
    Dell'oratorio non fanno parte, evidentemente, solo i giovani.
    Alla base dell'oratorio e delle sue variegate realizzazioni sta sempre la passione evangelizzatrice di uomini e donne che, sull'esempio di Gesù e dei diversi fondatori di oratori che lo Spirito ha suscitato nella Chiesa, si pongono a servizio della salvezza dei giovani intesa come crescita globale dei giovani e della loro fede nella vita.
    L'oratorio è dato dall'insieme delle interazioni tra giovani, con domande esplicite e attese sconosciute a loro stessi ma gridate silenziosamente, e adulti credenti che intendono far toccare con mano la loro fede nella vita nel nome del Cristo risorto, fino a che anche i giovani diventino capaci, per dono dello Spirito e per libera scelta personale, di una simile fede, dove trovano risposta le loro attese più profonde e dove si aprono orizzonti impensabili.

    IL PROCESSO FORMATIVO

    L'animazione dell'oratorio dà vita a un originale processo formativo i cui elementi essenziali sono: il contesto formativo, il modello di apprendimento, le attività distintive, l'elaborazione del progetto e la sua realizzazione, l'itinerario, l'animatore.
    Il processo formativo dell'oratorio è caratterizzato anzitutto dal contesto o ambiente immediato in cui avviene, che trova il suo punto qualificato nell'invito a partecipare alla sua animazione. I giovani non vengono invitati a consumare esperienze, ma a essere produttori e, prima ancora, «decisori» di esperienze come della vita complessiva dell'oratorio.
    In vista della costruzione dell'identità personale e della scelta di fede, l'o ratorio propone ai giovani di interagire con le diverse proposte culturali e religiose assumendo alcuni filtri selettivi, capaci di regolare il flusso delle comunicazioni. Essi sono riconducibili alla criticità verso ogni informazione, alla significatività che cerca la sintonia tra informazioni e domande personali autentiche, alla responsabilizzazione per cui un messaggio viene accettato solo se fa appello a una risposta personale libera e attiva.
    Allo stesso tempo l'oratorio propone ai giovani di identificarsi in alcuni valori o temi generatori capaci di far coagulare i molteplici messaggi culturali e religiosi e elaborare uno stile di vita. L'oratorio non offre un progetto d'uomo, magari alternativo ad altri, ma propone dei temi generatori come, ad esempio, avere fede nella vita, considerare la persona umana soggetto di una dignità inalienabile e assoluta, procedere in modo progettuale (perché solo quando si elaborano progetti con l'aiuto dell'intelligenza e della fede e li si realizza, si sperimenta veramente l'essere umano), accogliere l'appello di ogni azione e darvi risposta nel quotidiano come luogo di un misterioso dialogo con Dio e una misteriosa partecipazione alla venuta e alla costruzione del Regno di Dio.
    Il processo formativo oratoriano si caratterizza per il modello di apprendimento. Il soggetto, prima che il singolo, è il gruppo come un insieme unitario capace di abilitare i giovani a divenire come uomini e credenti.
    L'oratorio rifiuta il lavoro educativo in massa. Allo stesso tempo, non si riduce a una somma di rapporti educativi a tu per tu. Il vero soggetto educativo è il gruppo. Nel gruppo i giovani interagiscono al punto da scatenare energie affettive che danno ad ognuno la forza per apprendere e confrontarsi, oltre che all'interno, con i contenuti e i valori culturali e religiosi. Il gruppo, visto nel suo evolversi nel tempo, viene animato perché le diverse tappe psicologiche diventino altrettante tappe di conquista di obiettivi formativi culturali e religiosi.
    Nel fare questo si procede in modo esperienziale, dando vita ad attività che portano a toccare con mano i contenuti e i valori e a rielaborarli fino a maturare convinzioni personali espresse in linguaggi concettuali e simbolici.
    L'oratorio non si limita a coinvolgere in attività o anche a farle animare dai giovani. Esse presuppongono e insieme conducono all'elaborazione e realizzazione di un progetto complessivo di animazione in cui i giovani sono protagonisti e responsabili.
    L'elaborazione e realizzazione del progetto, alla luce di fini istituzionali e delle concrete domande giovanili, la strada attraverso cui i giovani apprendono a progettare se stessi come uomini e credenti.
    L'apprendimento ha luogo nello svolgimento delle attività distintive dell'oratorio, riconducibili a tre nuclei: il gioco e la festa, la catechesi e la preghiera, le attività di promozione sociale e culturale.
    Sono tutte attività del tempo libero, ma hanno la pretesa di non chiudere i giovani al suo interno, bensì di abilitarli ad arricchirsi di contenuti e valori in grado di trasformare l'intera esistenza, compreso il tempo occupato.
    L'atteggiamento con cui l'oratorio guarda allo sport e al teatro, come pure al gruppo amicale in cui prevale il gusto dello stare insieme, è diverso da quanti vi vedono solo attività di relax. Per l'oratorio il tempo libero è una grande sorgente di energie educative e un originale laboratorio formativo.
    Le tre attività distintive non vanno pensate a se stanti, ma come un solo sistema, in modo che i giovani e i gruppi, pur costruendosi a partire da una delle attività, le esercitino tutte. Solo così l'oratorio esprime tutto il suo potenziale educativo. Come non si capisce l'oratorio senza una proposta catechistica e spazi e tempi di preghiera, così non lo si capisce senza il gioco e senza le attività di servizio.
    Diverse tra loro, sono di pari dignità ed importanza, perché tutte aiutano a costruire l'unica identità e fede.
    Nello svolgere le sue attività l'oratorio utilizza molte risorse.
    Risorse fisiche, ad incominciare da particolari spazi e ambienti, risorse tecniche e informazioni culturali e religiose che continuamente assume dalla società e dalla chiesa, risorse economiche che richiedono di spendere per i giovani tempo e denaro.
    Ma la risorsa principale di un oratorio sono le persone, quanti ne fanno parte: giovani e adulti. All'oratorio ci sono dei responsabili, ci sono dei tecnici e degli esperti, ma ci sono soprattutto animatori a contatto quotidiano con i gruppi, ispirati e sostenuti dalla loro passione evangelizzatrice che li porta ad essere formatori di coscienze.


    2. Ripartire dall'oratorio: è possibile un cambiamento?

    «Ripartire dall'oratorio» è scommettere sul suo carisma pastorale oggi, ma anche postulare un cambiamento non sempre facile, soprattutto là dove la sclerotizzazione è avanzata.
    Non bastano alcune pennellate superficiali di vernice.
    Occorre progettare e attuare un profondo cambiamento. Ma di quale cambiamento si tratta?
    Offriamo alcuni spunti.
    Un oratorio raramente inizia da capo. Ha sempre dietro di sé una storia originale e caratteristica legata a fatti e a persone, eventi straordinari e tradizioni formatesi lentamente.
    Ripartire «con» l'oratorio o rifondarlo richiede di fare i conti proprio da questa storia coagulatasi in una determinata cultura.
    Un oratorio è una data struttura fisica (dei muri, delle aule, dei cortili) e relazionale (dei rapporti tra adulti e giovani, tra giovani e giovani, tra diversi gruppi). Ma non si comprende un oratorio se si dimentica che è animato da una cultura, che ne è per così dire la colla.
    Essa rappresenta la sua memoria e raccoglie i suoi simboli, linguaggi e slogan caratteristici, rituali, manifesti di valori, proposte spirituali, stili d'azione codificati, personaggi carismatici dei quali, a distanza di anni, si continuano a raccontare la gesta.
    Sono gli elementi che l'oratorio tende a trasmettere alle nuove generazioni, affinché le utilizzino come reti linguistiche nel percepire la realtà e nel valutare i fatti, nell'elaborare progetti e verificarne i risultati. Sono questi elementi, prima che le stesse strutture e le relazioni interpersonali, ad essere rifiutati o sottoposti a revisione critica quando i giovani hanno problemi che l'oratorio non afferra e quando la soluzione proposta appare inadeguata. Ogni generazione giovanile si scontra così con la sua cultura e la mette in discussione.
    In questa situazione si trovano gli oratori oggi. Sotto l'urto della nuova domanda formativa dei giovani e del cambiamento pastorale nella chiesa, l'oratorio non può limitarsi a riproporre il suo passato e le sue gloriose origini. Così si vota alla sclerotizzazione e si candida alla morte. Deve aprirsi al cambiamento ed evolversi.
    Il possedere un passato glorioso non è indice di sclerotizzazione, anzi.
    Un oratorio con una forte cultura e una storia, anche se dovrà attraversare momenti burrascosi, è maggiormente in grado di affrontare il cambiamento e mutare per rimanere se stesso. Nella sua lunga storia ha visto alternarsi successi e crisi, e non teme il presente.
    Ma come avviarsi al cambiamento?
    Esso deve coinvolgere una rifondazione culturale.

    ASSUNTI DI BASE, PROGETTO, PROGRAMMI D'AZIONE

    Se si entra in un oratorio, ci si trova di fronte un ambiente caratteristico, con una sua architettura e stile costruttivo, programmi di attività, regolamenti, rapporti molteplici tra persone e gruppi, modi di fare privilegiati.
    Sono le attività e i programmi d'azione a breve termine che lo regolano, là dove non si vive proprio alla giornata. Si fanno riunioni e raccolte carta, si prepara un campeggio o una scuola di preghiera, ci si riunisce per fare i programmi e verificarli.
    Descrivere come un oratorio costituisce il suo ambiente e quali programmi d'azione sta realizzando, è facile. Sono dati che balzano agli occhi, ma complessi da decifrare. Pur vedendo tante cose non si comprende la logica sottostante, il collegamento tra i programmi, il «perché» l'oratorio si comporti in quel modo.
    Per analizzare questo perché, bisogna risalire ai valori in circolazione, individuabili parlando con i giovani e gli educatori e soprattutto ricorrendo al progetto di oratorio in quegli anni. Esso è il piano complessivo, elaborato dai presenti, che presiede i programmi d'azione in vista di un fascio di obiettivi, fissati a partire da valori da tutti esplicitamente riconosciuti.

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    Ma neppure l'esame dei valori espliciti e del progetto esistente permette di accedere alle ragioni profonde che animano un oratorio. Le ragioni ultime dello stile e del clima sono ai più sconosciute o di fatto rimangono nascoste o inconsce. Vale il principio: «Si è sempre fatto così!» che sembra giustificare ma non spiega.
    Per accedere alle ragioni profonde occorre fare un passo in avanti e scendere ad un terzo strato o livello, dopo quello dei programmi d'azione e del progetto, per arrivare agli assunti impliciti o valori di base. Sono questi a muovere l'oratorio anche se sono inconsci e dati per scontati fino a non farci più caso.

    IL CIRCOLO VIRTUOSO

    Ogni cambiamento deve operare anzitutto su questi assunti di base e ripercorrere il tragitto della loro formazione o «cerchio virtuoso».
    Esiste una legge delle organizzazioni sociali secondo cui esse tendono all'imprinting, cioè a mantenere inalterati nel tempo i valori impliciti o fondamentali che sono stati conferiti loro dai fondatori. Solo raramente rinunciano o rinnegano tali valori e, se lo fanno, è in modo transitorio per poi tornare alle origini.
    Anche per gli oratori gli assunti di base hanno origine dai loro fondatori, in una situazione di «stato nascente».
    All'inizio c'è il fondatore o il gruppo dei fondatori i quali, scommettendo su un insieme di credenze e intuizioni operative circa l'educazione e i giovani, hanno dato vita all'oratorio, spesso in contrasto con il modo solito di operare nella chiesa. Si pensi a don Bosco e alle sue battaglie per difendere e consolidare il suo modo di stare con i giovani.
    Nel momento in cui le intenzioni del fondatore carismatico hanno successo, coinvolgono altre persone che le condividono e le utilizzano, anche dopo la sua morte, per mantenere vivo l'oratorio. Quelli che hanno ricevuto l'eredità dell'oratorio sentono il bisogno di difendere le intuizioni carismatiche e vi si identificano con forza. Da una parte le mitizzano e dall'altra ne consolidano i processi formativi o competenza distintiva. In questo modo ottengono un effetto positivo: l'esercizio nel tempo rafforza la competenza nel mettere a frutto le intuizioni del fondatore e l'oratorio diventa più efficiente. Acquisisce una competenza distintiva sempre più riconosciuta e una efficienza nell'esercitarla.

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    Ad un certo punto, con il trascorrere del tempo, i valori elaborati nel momento di stato nascente diventano indiscutibili e dati per scontati.
    Essi entrano a far parte dell'inconscio dell'oratorio che vive sempre più al livello del progetto e dei valori espliciti, oppure si limita a passare da un programma d'azione all'altro.
    Ma sono questi assunti impliciti o valori di base inconsci a guidare di fatto un oratorio attraverso i simboli, le immagini, i racconti privilegiati. Sono dei valori mitici. Il successo avuto crea una sorta di «campo politico» che funziona come mappa esplicatrice della realtà, ad uso dei partecipanti, per facilitare il lavoro. Ora gli assunti di base sono depositati nello strato più intimo e profondo della memoria collettiva dell'oratorio. Fanno parte della storia e sono accettati implicitamente. Sono presupposti non disponibili ad alcuna manipolazione. Chi li mette in discussione è considerato deviante o ignorante e viene emarginato.
    Si realizza così il circolo virtuoso in cui si genera la vita di un oratorio.

    DAL CIRCOLO VIRTUOSO AL CIRCOLO VIZIOSO

    Normalmente il circolo virtuoso può proseguire il suo accumulo positivo di cultura a tempo indefinito. In un tempo di evoluzione sociale ed ecclesiale lenta, con semplici aggiustamenti sul piano dei programmi d'azione e senza quasi ritoccare il progetto, l'oratorio risulta facilmente efficiente ed efficace.
    I problemi cominciano (come si è verificato negli anni di sfaldamento della civiltà cristiana, del Concilio e della secolarizzazione) quando l'oratorio incontra difficoltà inedite perché l'ambiente sociale, ecclesiale e culturale e gli stessi giovani sono fortemente mutati.
    In questo caso il circolo virtuoso rischia di trasformarsi in circolo vizioso: l'oratorio finisce per ripetere in modo passivo le attività, i programmi, i progetti tradizionali, sicuro perlopiù che essi sono ancora significativi. Sospinti inconsapevolmente dagli assunti impliciti, si nega l'inadeguatezza dei processi formativi. Si attribuisce ad oltranza l'insuccesso a cause contingenti interne, oppure a fonti esterne non domabili, senza mettere in discussione la cultura dell'oratorio e i suoi tre strati di assunti, progetto e programmi d'azione. Si cercano alibi e capri espiatori, si ripetono in modo compulsivo le azioni di sempre, aumentano le tensioni relazionali, si dissolve il clima di fiducia e l'impegno dei singoli.
    In questo caso l'oratorio rischia continuamente di scomparire, pur essendo ricco di risorse e attività, oppure sopravvive ai margini dei veri problemi giovanili, sociali, ecclesiali. In effetti, e qui sta la vera ragione della crisi, ogni movimento è vincolato. Si crede di pensare e agire con la massima libertà, mentre ci si muove negli invisibili confini segnati dagli assunti di base, i quali per il modo con cui sono formulati o perché effettivamente sono incapaci di abbracciare nuove prospettive (si pensi alla teologia del Concilio), anziché aprirsi ai nuovi problemi, bloccano ogni movimento inedito.
    Quegli assunti che dovrebbero dare la spinta e le energie portano alla morte.
    Neppure il ripetuto insuccesso induce ad esplorare rotte diverse da quelle consentite dai valori di base e dal campo simbolico che orienta la lettura della realtà e il progetto degli interventi. Anche oggi molti oratori muoiono pur di non cambiare, continuando a proclamare la bontà dalle loro intuizioni e la cattiveria dei tempi.
    L'oratorio, come ogni argomentazione sociale, difficilmente impara dalle esperienze negative.
    I problemi vengono negati e fatti naufragare. Chi dirige un oratorio o vi è coinvolto attivamente da troppi anni, a causa di una stretta fedeltà alla memoria e alla sua storia, è impossibilitato a cogliere i problemi. Tocca a persone che appartengono a subculture interne e non dominanti, oppure ai nuovi arrivati o anche a nuovi responsabili che arrivano dall'esterno, cercare adeguate soluzioni ai problemi.
    È necessario cambiare, ma a quale livello?

    I LIVELLI DEL CAMBIAMENTO

    Il cambiamento apparente

    Un primo tipo di cambiamento è quello apparente. A contatto con nuove sfide l'oratorio si rende conto che un cambiamento è necessario, ma convinto della bontà del suo operare limita gli sforzi ai programmi di azione. Il cambiamento non tocca il progetto e tanto meno, dato che sono quasi sconosciuti o mitici, gli assunti di base.
    L'oratorio scatena la sua fantasia e cerca nuove strategie di aggancio, investe in nuove attività sportive e culturali che pensa gradite ed educative, sceglie la strada dell'efficienza nel qualificare i suoi animatori.
    Ma il cambiamento risultante è solo apparente, perché tutto si riduce a scegliere fra alternative simili compatibili con il progetto e i valori indiscussi.
    Il cambiamento apparente non è negativo ma superficiale, in quanto non intacca gli strati profondi della cultura dell'oratorio. Se un'attività sportiva (giocare a calcio) non è più gradita, la si sostituisce con un'altra (giocare a pallavolo). È probabile che alcuni giovani vengano richiamati da questa sostituzione.
    Il cambiamento apparente punta all'ottimizzazione delle risorse, adattando il progetto alle varie situazioni giovanili con nuovi programmi d'azione. Ma né gli assunti di base né la sostanza del progetto vengono modificati. Solo si esprime il potenziale d'azione della cultura dell'oratorio.
    In realtà non è più tempo di sostituire un programma d'azione con un altro e scatenare la fantasia su quali nuove iniziative avviare.
    Si rischia l'esaurimento inutile delle energie. Le sfide richiedono nuovi progetti e una nuova energia che possono provenire solo dalla riscoperta della memoria carismatica e dalla sua riformulazione e arricchimento con nuovi valori.

    Il cambiamento antagonista

    Nel momento in cui il cambiamento apparente, si rivela insufficiente, si aprono due strade innovative: la strada del cambiamento antagonista e quella del cambiamento incrementale.
    La prima è la strada della rivoluzione culturale gestita da gruppi di controcultura interni o esterni all'oratorio, portatori di valori antagonisti rispetto a quelli presenti.
    Un cambiamento rivoluzionario lungo la strada dell'oratorio può darsi, e in questi anni lo si è avuto, dove i dirigenti hanno sposato valori segnati dal radicalismo antagonista o integrista rispetto all'umano e alla cultura.
    Del cambiamento rivoluzionario si fa promotrice una minoranza che contesta l'attuale impostazione, a partire da una esperienza fondamentale di conversione o rinascita globale (dentro o più facilmente fuori dell'oratorio), che le ha permesso di trovare alcune intuizioni generatici e di innescare processi di ristrutturazione complessiva.
    Dietro il concetto di innovazione antagonista si nasconde un tradimento dell'oratorio, intendendo con queste parole il rifiutare e modificare radicalmente non solo i programmi d'azione o i progetti ma anche gli assunti di base. Ad una cultura se ne vuol sostituire un'altra che non ha alcuna pertinenza con l'oratorio e la sua storia. L'oratorio viene svenduto e occupato da valori e progetti che hanno niente a che fare con esso. La nuova cultura è antagonista della precedente e l'oratorio perde la sua identità. C'è il rischio di distruggere le persone, creare confusione e paurosi eclettismi, sovrapporre spiritualità e stili formativi. Un grande patrimonio sociale e ecclesiale viene distrutto.

    Il cambiamento incrementale

    Rimane percorribile una terza strada, quella in cui, di fronte alla sfida di situazioni inedite, l'oratorio si ristruttura rielaborando i valori tradizionali e inserendo nuovi valori, diversi ma integrabili con quelli precedenti. Non si rinnega la originale cultura dell'oratorio, ma si procede per allargamento del ventaglio delle opzioni.
    Il cambiamento comincia dalla verifica degli assunti di base dati per scontati e considerati mitici. Si procede ad elencare i valori e a delinearne la struttura attraverso un lavoro storico, per poi attivare una «ermeneutica dell'inespresso».
    Gli assunti di base, magari formulati in linguaggi teologici e culturali vecchi e sorpassati, facilmente non hanno esaurito il loro potenziale espressivo. Facendo interagire i dati culturali odierni, con i dati della tradizione, si attua una fecondazione che permette di arrivare ad una sintesi, che non è accostamento di vecchi e nuovi valori, ma espressione o riespressione di vecchi valori in quanto capaci di generarne nuovi.
    È probabile che l'oratorio attraversi un periodo più o meno lungo di confusione e di crisi, perché la discussione dei valori impliciti mette sotto processo anche i progetti e i programmi d'azione. Tutto sembra sotto processo. Ma in questa confusione, opportunamente guidata, l'oratorio può rigenerarsi, senza limitarsi al livello dei programmi d'azione compatibili con il vecchio progetto e con gli assunti impliciti.

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    Ogni cambiamento dell'oratorio comporta un cambiamento che attinge alla sua memoria storica, alla sua spiritualità e al suo stile educativo e pastorale. Come è possibile che un oratorio che si richiama a don Bosco tradisca il sistema preventivo? Ma non ha senso ripetere il linguaggio di don Bosco senza impegnarsi a ridirlo in nuovi linguaggi alla luce delle nuove sfide. Un appassionante e creativo lavoro permetterà invece di far esprimere agli assunti di base ispirati a don Bosco nuovi e impensati valori. Solo l'attualizzazione del sistema preventivo permette di arrivare a nuovi progetti e a trovarsi di fronte programmi di azione più estesi o diversi rispetto al passato.
    La vera fedeltà all'oratorio non è quella di quanti ripetono il passato con modifiche superficiali, né quella di chi lo svuota dal di dentro per sostituirne i valori, ma quella di chi si adopera per far esprimere alla sua tradizione nuove potenzialità, attraverso l'incontro fecondo e purificatore con l'oggi.

    L'ORATORIO IMPARA DALLE ESPERIENZE POSITIVE

    Ogni nuovo valore può entrare nel patrimonio dell'oratorio solo se percorre nuovamente il circolo virtuoso nelle sue diverse fasi. Non basta proclamare nuovi astratti valori. Occorre avere successo concreto nell'applicarli in un situazione o esperienza pilota e subito rielaborarla.
    Perché questo sia possibile vanno rispettate tre condizioni.
    C'è cambiamento incrementale (e non rivoluzionario) quando i nuovi valori a cui ci si appella non sono antagonisti rispetto ai valori espliciti e soprattutto impliciti così come emergono dalla tradizione dell'oratorio.
    Intanto, dopo un successo momentaneo, facilmente i nuovi valori vengono rigettati e rifiutati, perché l'organizzazione tende a tornare alle sorgenti per rinnovarsi e non invece a lasciarsi conquistare da fuori.
    In ogni caso, pensare che nuovi valori, magari di successo in altri contesti e ispirati a spiritualità significative per l'attuale momento culturale, possano sostituire i vecchi, è aver perso quel radicamento nella storia dell'oratorio.
    Ci sono valori impliciti che possono essere riformulati, arricchiti, attualizzati, ma mai abbandonati. Sono le sorgenti a cui si abbevera chi crede nell'oratorio.
    Il cambiamento avviene solo in presenza di esperienze collettive di successo, di esperienze pilota che sono riuscite a dare risposte alle incertezze del momento, sollecitando i valori depositati nella memoria dell'oratorio a esprimere nuove ricchezze.
    Al successo si può arrivare per la fantasia e la determinazione operativa di un leader o di un gruppo o per una serie di circostanze casuali che determinano una nuova «esperienza fondamentale» da cui riparte il processo creativo. Ma è importante che esso venga assimilato, liberato dall'emozione e dal fascino del singolo evento, in forma razionale come successo collettivo di quanti credono nell'oratorio.
    Una condizione essenziale è allora che gli oratori siano disposti ad apprendere gli uni dagli altri, ma non in modo emotivo, bensì filtrando l'esperienza vissuta e teorizzandola dentro nuovi valori e progetti.
    Questo porterà a passare dal vissuto ad una sua simbolizzazione e mitizzazione fino a delineare un nuovo campo simbolico che orienta la lettura dei problemi e le possibili risposte di chi vuole dare vita ad esperienze simili.
    In ogni caso, senza il successo qualsiasi proposta di cambiamento verrà guardata con sufficienza e ansia, come quando il cambiamento viene proposto in forma astratta, attraverso lezioni, documenti, regolamenti.
    Il futuro degli oratori è nascosto non in documenti ma in esperienze profetiche che spesso non vengono riconosciute e valorizzate. Mentre non impara dalle esperienze negative, l'oratorio impara invece dalle esperienze positive.
    Ma il successo non basta, se non vien razionalizzato retrospettivamente e ricostruito in modo mitico ed emblematico.
    Piuttosto che rifarsi alla storia passata per giustificare le nuove proposte, bisogna interpretare gli eventi recenti facilitando l'inserimento dei valori emersi in quelli già esistenti e da tutti riconosciuti. Così si promuove la nascita di un «mito» dell'oratorio.

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