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    La religione popolare



    Una «scheda» redazionale di introduzione su materiale di Vito Orlando

    (NPG 1987-03-21)


    Da quasi un ventennio, ormai, anche in Italia, la religione popolare è diventata oggetto di studio scientifico e di molteplici interessi, certamente anche a motivo del disagio che ha accompagnato le profonde trasformazioni verificatesi nella società negli ultimi tempi, sia a livello sociale che culturale e religioso.
    Le prospettive di analisi non sono tuttavia univoche o chiaramente definite.
    Dipendono perlopiù dalla collocazione ideologica di chi se ne occupa, dalle situazioni locali esaminate o dagli obiettivi perseguiti.
    Del resto, risulta complessa anche la realtà che si intende descrivere e interpretare.
    Già le prime discrepanze si appuntano sul concetto stesso di «religione., e non mancano neppure sulla definizione e delimitazione di «popolare», a seconda che intervengano sociologi o etnologi o storici.
    Su alcuni aspetti costitutivi si può comunque riscontrare un accordo di base.

    La «natura» della religione popolare

    Sono tre i dati di fondo che intersecano il fenomeno della religione popolare: essi ne toccano gli aspetti sociali, culturali e religiosi.
    La religione popolare è un modo di vivere in cui fede e cultura si sono fuse in una mentalità in sé coerente e integrata, dai tratti sapienziali, in cui l'esperienza religiosa risulta luogo di elaborazione dei significati profondi a partire dai quali cercare risposte ai problemi concreti del vivere.

    La dimensione religiosa
    La religione popolare va anzitutto riferita alla dimensione religiosa della vita umana: essa esprime la tendenza dell'uomo a dare garanzie alle situazioni problematiche attraverso rapporti immediati col soprannaturale, col quale si entra in contatto nel «sacro». Il rapporto col sacro della religione popolare assume spesso i caratteri di «umanizzazione del divino., per avvicinarlo maggiormente alla realtà quotidiana. In questo tende a «distaccarsi» da forme religiose più astratte e impersonali, e talvolta a opporsi alle forme «ufficiali» e istituzionalizzate nella chiesa, dando forma a conflittualità e tensioni.
    Ogni forma popolare religiosa è una realizzazione legata alle tradizioni culturali di un popolo in un ambiente.

    La dimensione socio-culturale
    Il riferimento all'ambiente sottolinea l'aspetto socioculturale della religione popolare, cioè le funzioni e i significati che essa assume e le forme di espressione caratteristiche, specie negli ambienti rurali. Le persone, prive della possibilità di una costruzione teorico-razionale sistematica di tipo religioso, trovavano nella visione religiosa e nei gesti concreti l'orizzonte da cui attingere risposte e significati per la vita, per i rapporti sociali, i comportamenti, i progetti, le identità. La religione popolare era luogo di creazione e trasmissione della cultura e dell'identità personale e so- ciale, tipica di un popolo, di un ambiente.
    In un unico processo si entrava a far parte di un popolo e ci si iniziava alla religione. I contenuti religiosi non erano facilmente distinguibili da quelli socio-culturali. Nelle manifestazioni religiose l'identità religiosa e culturale veniva confermata e rafforzata. La fedeltà alla tradizione diventava garanzia della conservazione religiosa e sociale. In questo contesto tuttavia non si possono sottacere le varie strumentalizzazioni della religione popolare, sia ai fini del controllo e dominio sociale, sia come canale di protesta o di scarico delle tensioni.

    Le caratteristiche della religione popolare

    Elenchiamo qui di seguito alcune modalità che la religione popolare ha assunto nel tempo, coniugando cosi sempre più strettamente vita personale e sociale e visione religiosa.

    L'esperienziale
    Una prima caratteristica è l'aspetto esperienziale e di costume della religione popolare. L'efficacia del ricorso al sacro di fronte alle insicurezze e necessità quotidiane mette il sacro e ogni cosa che vi si riferisce al centro dell'esperienza della persona e di un popolo. Sia i momenti forti che quelli ordinari vengono attraversati e ricuciti nel ricorso e nel legame ad «appuntamenti» sacri.
    Questa caratteristica sottolinea due tratti tipici. Il primo è l'atteggiamento pragmatico (e dunque non sempre dotato di coerenza) nell'uso del sacro: basta che il ricorso «funzioni» di fronte ai problemi concreti. Il secondo è la tendenza alla standardizzazione dei comportamenti religiosi fino a diventare rituali intoccabili: se questo «funziona» cosi, cosi deve essere ripetuto. Ogni novità è pertanto vista con sospetto, come un rischio che non vale la pena di tentare, anche perché indicherebbe un inizio di «rottura nell'appartenenza».

    Il meraviglioso
    Una seconda caratteristica è l'aspetto del «meraviglioso-miracoloso. e delle mediazioni. Il meraviglioso, il miracolo diventa il linguaggio-segno della presenza e potenza del divino, un divino magari ravvicinato mediante l'intercessione dei santi. Viene cosi garantita una presenza «immediata», e insieme la familiarità e l'appartenenza: le rappresentazioni, le immagini, i luoghi di culto diventano garanzia di presenza divina e impegno di fedeltà dell'uomo. L'invocazione di aiuto, il ricorso ai mediatori, il bisogno del miracolo sono espressi in un rapporto che si tende a vivere all'insegna della «transazione., del «do ut des». L'intervento del divino occorre meritarlo, «provocarlo. (talvolta - in coincidenza con posizioni di tipo magico - forzarlo). Non bisogna leggere troppo in questa direzione i comportamenti devozionali (come si è sovente tentati di fare); tuttavia bisogna riconoscere che la «transazione» costituisce parte integrante della concezione religiosa popolare.

    Il festivo
    Un'altra caratteristica è l'aspetto festivo della religione, legato molto ai ritmi del tempo e della vita collettiva. Sono tempi della rigenerazione e della risignificazione della vita in quanto fanno rivivere alla comunità gli «eventi fondatori». La festa è il cuore della religione popolare: in essa la sua natura religiosa, sociale e culturale, il bisogno delle mediazioni e del meraviglioso si esprimo- no nella ricchezza simbolico-celebrativa. La festa accompagna poi tutte le manifestazioni popolari (processioni, visite ai santuari, pellegrinaggi) che diventano cosi concrete riaffermazioni di identità e appartenenza, occasione di inserimento delle nuove generazioni e «celebrazione» della vita in un orizzonte religioso.

    Il devozionale
    Un'ultima caratteristica si riferisce all'assorbimento personale e collettivo della religione popolare nella devozione, espressa nel linguaggio dell'emozione e del sentimento. La devozione diventa cosi la modalità soggettiva di espressione del comportamento religioso come «tensione» al divino, e assume spesso aspetti di purificazione, di penitenza, di mortificazione. Tutti questi dati «al positivo», tuttavia, vanno contemperati, associati anche ad aspetti problematici della religione popola- re. E facile coglierne l'ambivalenza nelle forme esasperate, oggi soprattutto, dato il contesto socio-culturale che delegittimizza ogni ambito sacrale. Ciò non toglie però che nella religione popolare vi siano aspetti di grande ricchezza. Da riscoprire anche per l'oggi. O perlomeno da rivisitare.


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