Lettera ai giovani
Mariano Magrassi - Arcivescovo di Bari-Bitonto
(NPG 1996-94-71)
Il titolo è di S. Giovanni Evangelista. Ma mi permetterai di modificarlo: scrivo a te che mi leggi. Se potessi, vorrei guardarti negli occhi, avvolgere d'amore il tuo volto, chiamarti per nome, conoscere la tua storia e farla mia. Diceva don Bosco, e io lo ripeto con lui: «Basta che siate giovani perché io vi voglia bene». Forse ti ho incrociato qualche volta per strada, oppure dove andavo io tu non c'eri, e dove andavi tu non c'ero io, ma non ho avuto la possibilità di un dialogo. Lo so che una lettera non sostituisce un incontro, ma è l'unico mezzo a mia disposizione, per ora. Poi chissà... forse le nostre strade si incroceranno.
Certo una lettera non è né una predica né un trattato. E' un gesto di amicizia. E come tale, accoglila. Ti scrivo a nome personale e come Vescovo. Sento di dover incarnare l'atteggiamento di Gesù, tutto racchiuso in quelle parole del Vangelo, riguardo al giovane ricco: «Gesù, fissatolo, lo amò» (Mc 10,21). Non un amore fatto di smancerie, ma un profondo desiderio del suo bene. Gli ha indicato la strada. Purtroppo non ha accettato di seguirla. E «se ne andò afflitto» (Mc 10,22). Forse quel velo di tristezza se l'è portato dietro per sempre. Si vive una volta sola: è importante scegliere la strada giusta..
Lo so che oggi è difficile. Forse più di ieri. C'è il capitolo squallido di tangentopoli. Se ti guardi intorno, forse stenti a vedere modelli credibili. E pensi - e io con te - che per cambiare il mondo non servono le chiacchiere e le belle storie. Ci vogliono fatti concreti e persone coerenti. «Il mondo ha bisogno più di testimoni che di maestri» (Paolo VI).
La situazione sociale di oggi non ti offre forse una possibilità di lavoro. E senza lavoro, come potrebbero fiorire i germi di bene che ci sono in te?
Hai forse incontrato adulti che, più che aiutarti a scegliere, hanno cercato di manovrarti e di inquadrarti. E, anche a livello religioso, sembra spesso che vadano in chiesa più per abitudine che per un sincero e profondo bisogno interiore.
Più che valori, la nostra società offre solo distrazioni e evasioni. E allora, i grandi interrogativi della vita non si affacciano più. Non aggiungo altro. Ho fatto solo qualche cenno per dimostrarti che, pur essendo un uomo di fede e un «ottimista impenitente», non vivo con la testa fra le nuvole, ma con i piedi per terra. Eppure ogni mattina io e te insieme dobbiamo dirci: «ecco un nuovo giorno... bisogna ricominciare il cammino». E come farlo senza guardare al futuro con speranza?
«La vita non è facile, ma è felice», direi adattando uno slogan di Paolo VI. Nonostante tutto, io vedo che rimane sempre una bella avventura. Le difficoltà devono tenerci vivi, non spegnere la gioia e la speranza. Qualcuno ha detto: «la vita è come una partita di calcio, in cui perdo per tre a zero, ma sono sicuro di vincere alla fine».
Nel libro di Giobbe si narra di una carovana che viaggia nel deserto. Rimasta senz'acqua abbandona la pista per cercare un ruscello. Ma perde il senso di orientamento, e il viaggio si conclude in tragedia.
Ma occorre scendere al concreto: per non «perdere il senso di orientamento» e per «vincere alla fine», cosa occorre? Lascia che senza pretese ti dia qualche consiglio sia perché ho un po' di anni in più di te, sia perché appartengo alla Chiesa che ha una lunga esperienza alle spalle. Non siamo alle soglie del III millennio dalla nascita di Cristo? Nel Suo vangelo che è bella notizia ci sono alcune certezze, di cui hai bisogno come dell'aria che respiri.
- Anzitutto sappi andare contro corrente. Non è facile, ma è esaltante. Non è per gli imbelli, ma per i forti. C'è oggi una logica dello «sballo»: la ricerca di emozioni forti e sempre nuove, che non ti realizza, ma ti logora. «Usa e getta», «tutto e subito»: sembrano questi i due slogans del consumismo odierno. Si può così ridurre l'uomo a un tubo digerente o a un oggetto da strapazzo. Ricordati che sei persona: con una originalità irripetibile.
- Chiediti se sei giovane nel cuore: certo la giovinezza è un bene in se stessa, «per la stessa verità del suo essere». L'ha detto il Papa ai giovani, undici anni fa, qui a Bari, all'aeroporto. Ma «la giovinezza non è solo una questione di età, ma anzitutto una qualità dello spirito». Ho detto qualità, ma devo spiegarmi in breve. Eccone alcune:
* esuberanza di vita, con energie fresche e creative, come la natura in primavera;
* una vitalità interiore, che prorompe nel generoso dono di sé;
* la disponibilità a compiti inediti: il «nuovo» non spaventa, ma affascina; accettare abitudini stanche è come mettersi l'abito vecchio dei nonni;
* l'eliminazione dal linguaggio della parola «impossibile» e il rifiuto deciso del compromesso.
Potrei continuare, ma ti tedierei. Riassumo tutto in tre parole:
- la capacità di ammirazione e di contemplazione;
- la disponibilità a lasciarsi conquistare da un ideale, anche se arduo;
- la prontezza a donarsi per una cosa in cui si crede.
Vuoi che ti dica anche cosa rende vecchio il cuore di un giovane? La preoccupazione del guadagno: quando i soldi diventano tutto. La fruizione disordinata del piacere. Allora si è legati e irretiti. Sono cose che spengono ogni slancio. Riducono la giovinezza dell'uomo a una cosa cui basta un piccolo fazzoletto di terra.
Non lasciarti vivere, ma fermati ogni tanto per porti le domande fondamentali:
da dove vieni e dove stai andando?
che senso ha la tua vita e che cosa può renderla bella?
che senso ha il mondo e la storia?
che spazio hanno gli altri nella tua vita?
Non importa se non trovi subito la risposta. L'importante è tenere viva la domanda: per non essere un fuscello in balìa della corrente, ma un marinaio che tiene saldo nelle mani il timone della sua barca. E poi, cerca qualcuno che ti aiuti a dare una risposta: «chi cerca, trova»!
La cosa più importante, per me, l'ho lasciata alla fine: cerca di incontrare Cristo, come persona viva, come un amico che ti vive accanto. Ha scritto S. Agostino: «Giovani, cercate Cristo, se volete rimanere giovani». E forse sai quanto lunga e travagliata è stata la ricerca di Agostino, per approdare a Cristo. C'è un libro aureo che ti porta a conoscerlo: il Vangelo. L'hai letto? Ce l'hai sul comodino? E se non t'importa di tutto ciò, è ragionevole rifiutare una realtà prima di conoscerla? Sempre Agostino ha scritto: «Tu ci hai fatto per Te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te». E, una volta che l'hai scoperto, non tenere solo per te la bella notizia. Vai a portarla ai tuoi amici: ciò che ha reso felice te, potrà rendere felice anche altri.
Clemente Alessandrino, un Padre greco del IV secolo, termina così il suo grande trattato Il Pedagogo: «O Gesù Cristo, Dio di quelli che cantano». Sì, un giovane ha una gran voglia di cantare. E se è credente, ancora di più.
Un'ultima cosa, legata alla precedente: nonostante tutto tieni viva la speranza. Il futuro non è una proiezione del presente. E' «ciò che ancora non è mai stato». C'è una primavera nel cuore di ogni inverno. Supereremo questo momento difficile. Dio scrive dritto anche per righe storte.
A costruire questo futuro, tu non mancare all'appuntamento. Abbi fiducia in te stesso, e ancora più in Dio che trasfigura con la Sua grazia il tuo impegno. Preghiera e lotta non devono mai essere separati.
Il cuore umano - il mio, il tuo, degli altri - è più ricco di quanto possa pensare. E' generatore di energie insperate. E' una miniera di potenzialità. Il cuore di S. Francesco ha segnato tutto il suo secolo.
Nei giovani - e dunque, anche in te - è il futuro della Chiesa e del mondo. Dai il tuo apporto originale: il mondo sarà diverso. Sei una risorsa per te, per gli altri, per il mondo intero! Vorrei che questa lettera avesse un seguito. Potrai scrivermi. Nella misura del possibile, potremo incontrarci. E intanto ci unisce la preghiera che non conosce distanze. Sii certo che ti ho scritto solo perché ti voglio bene.
Un forte abbraccio!
9 aprile 1995 - Domenica delle Palme - X giornata mondiale della gioventù
+ Mariano, tuo Vescovo