Salvatore Boccaccio
(NPG 1996-04-22)
I Greci chiamano «kronos» l'estensione lineare e quantitativa del tempo nello spazio; in questo contesto si definisce il succedersi delle giornate solari, delle settimane, dei mesi e anche delle ore, dei minuti, dei secondi.
Il tempo per la cultura greca
Ma la cultura greca conosce anche un altro modo di relazionarsi con il tempo ed ha cercato di definirne il contenuto, la qualità, il senso ed ha usato il termine «kairòs» che indica tempo gravido di attesa, ricco di prospettive, invita ad una accoglienza, esige un coinvolgimento.
Kronos è il flusso del tempo che scorre al di là delle possibilità dell'influenza umana, kairòs invece indica spazi e momenti sui quali l'uomo può intervenire con le sue decisioni, con la sua partecipazione.
È uno spazio di tempo assai decisivo per il singolo e per la società che bisogna saper utilizzare con coraggio.
«Oggi tu ti rendi glorioso, oppure perderai la vita trapassato da una lancia» dice Omero nell'Iliade (11, 431).
«Chi manca o sfugge al kairòs distrugge se stesso, va in rovina». È Platone nella Repubblica; mentre Pittaco ammonisce: «Conosci il tuo kairòs»: sono soltanto alcune citazioni per introdurre all'uso che poi la Bibbia ne ha fatto.
Il tempo nella Bibbia
Nell'A.T. tutti i vocaboli sono accuratamente scelti con riferimento a kairòs e non a kronos proprio perché il tempo acquista il suo valore qualitativo a causa dell'incontro tra Dio e l'uomo.
Non è stato un destino misterioso, ma Jahvè, il creatore dell'uomo e di ogni altra realtà che ha dato senso e significato all'esistenza. Egli è il Signore della natura, guida le stelle (Gb 38,32; Sal 104,9), il tempo (Lev 26,4) e la pioggia (Dt 28,12), stabilisce il tempo per la crescita delle piante (Gb 5,26; Sal 1,3; Os 2,9) e degli animali (Gb 39,1).
Anche le feste ed i periodi festivi dell'anno sono tempi e momenti di gioia e riposo, doni particolari di Jahvè (Es 23,14; Dt 16,16...).
Questi momenti non sono determinati solo dai cicli lavorativi dei campi ma, in modo sempre più evidente, dall'operato di Dio in mezzo al suo popolo. Dio infatti, in quanto Signore anche dell'uomo, ne determina la lunghezza della vita (Sir 17,2) stabilendo l'ora della sua nascita (Mi 5,3; Qo 3,2) e della morte (Qo 7,17). Tutti i momenti dell'esistenza umana, carichi di svariate tensioni, sono tempi ricchi di significato e pregnanti della presenza dell'amore di Dio, il Signore, come dice il Canto del Tempo (Qo 3,1 ss.).
Per Israele restare fedeli a Jahvè anche nei tempi di tribolazione è reso più facile dalla fiducia in Lui, che si fonda sulla esperienza storica della quale i Profeti fanno memoria e riferimento. La stessa locuzione «in quel tempo» è un richiamo di grande efficacia e fa convergere lo sguardo su eventi salvifici del passato, tipo i rapporti con Mosè, la uscita dall'Egitto (Dt 1,9.16.18; 2,33...).
Come «quel tempo», anche «questo tempo», che stiamo vivendo è gravido di attenzione ed amore da parte del Signore, dicono i profeti, e non dobbiamo temere perché il Signore prepara cose grandi da questo evento (valga per tutti l'esortazione di Isaia 43).
Nel N.T. il tempo, relazione-con-Dio, acquista un sapore nuovo ed originale per il fatto che, con la venuta di Gesù, ha inizio un kairòs particolare che qualifica tutto il resto del tempo. Marco lo descrive come «l'ora della piena rivelazione che inizia il dominio regale di Dio e si manifesta qui, ora, adesso. Si deve utilizzare il tempo prima che sia troppo tardi: si tratta di vita o di morte» (cf Mc 1,1 ss).
Il tempo-pregnante-di-grazia cioè il kairòs, atteso dai profeti, è diventato realtà in Gesù Cristo (Rom 3, 2-21; Pt 1, 10; Rom 16,25; Ef 3,8; Col 1,26). È iniziato un nuovo tempo: la pienezza-del-tempo!
È il tempo delle scelte fondamentali, il tempo della fede per coloro che sono stati riconciliati (cf Rom 5,11; 13,11).
La fede libera dalla schiavitù del tempo inteso come kronos, affranca dal peso del passato colui che accoglie oggi il dono del perdono.
Il tempo che intercorre tra la venuta del Cristo storico e la Parusia è il tempo di tensione nel quale i cristiani devono essere desti e vigilanti (cf tutto il tema della vigilanza che la Chiesa ci offre nelle ultime settimane dell'anno liturgico che, conducendoci alla festa di Cristo Re, ci offrono l'anticipazione qui, ora, in terra della Gerusalemme Celeste).
Il tempo libero
Un fenomeno a sé stante
Il problema del tempo libero come fenomeno a sé stante, si pone all'attenzione degli studiosi, dei sociologi, dei politici e degli educatori, solo a partire dalla moderna società industriale e post-industriale; ciò tuttavia non vuol dire che non fosse esistito prima anche se con forme e termini diversi. In realtà oggi si verifica un fenomeno nuovo rispetto a quanto accadeva nella società agricola e rurale ove era la vita ad essere esaltata secondo i ritmi produttivi e stagionali, e non c'era un tempo libero e un tempo di lavoro ma si passava da una occupazione dei campi a quella del governo degli animali, ai lavori della fattoria e, magari attorno al camino, alla più distesa occupazione di piacevoli hobbies.
Del resto la Bibbia, a questo proposito, come abbiamo visto, insegna che non si può scindere il tempo libero dal lavoro, ma si devono considerare un tutt'uno a servizio dell'uomo, per la crescita e lo sviluppo della Persona.
Il Dio descritto nella Bibbia è un Dio che lavora e che si riposa, un Dio che si compiace e gode del proprio lavoro e che a sera, dopo l'operato, stima ciò che ha compiuto come cosa buona; un Dio che al settimo giorno cessa da ogni opera e si riposa ed insegna all'uomo a fare ugualmente.
Il Dio della creazione agisce in base alla uguaglianza tra le creature: tutti lavorano e tutti dispongono di tempo libero perché seguono l'esempio di Dio ad immagine e somiglianza del quale sono stati creati (in ebraico «shabat», da cui deriva l'italiano sabato, vuol dire «ha riposato»).
Purtroppo le ferree leggi della produzione, del profitto, della industrializzazione avanzata, l'uso delle nuove tecnologie costringono l'uomo ad un duro impatto col mondo del lavoro che, invece di essere una componente per la sua crescita e per lo sviluppo della sua persona, sempre più sovente diventa il luogo dell'angoscia, del soffocamento, dell'appiattimento... In conseguenza tempo libero, sport, turismo assumono rilievo e significato di fuga dal lavoro, di esorcismo, di liberazione. Non è da interpretare in quest'ottica, ad esempio, la febbre del sabato sera?
È evidente che in tale contesto lavoro e tempo libero sono conflittuali e da qui nascono quelle contraddizioni interne, quell'ambivalenza, quelle esasperazioni che si contendono il cuore dell'uomo a scapito dei valori da perseguire e da conquistare.
Oggi poi il mondo post-industriale ha aperto un ritmo di vita totalmente differente dal recente passato ed il tempo libero diventa addirittura più importante del tempo di lavoro, tanto nella durata quanto nel peso psicologico che gli viene attribuito.
Il rischio però che si corre è che, senza una adeguata educazione, la diminuzione crescente di ore di lavoro faccia aumentare progressivamente quelle di non lavoro che diventano «tempo vuoto», tempo cioè non utilizzato per lo sviluppo dell'uomo.
Certamente gli uomini di oggi hanno più tempo libero di quelli del passato, ma questo non significa che lo sappiano utilizzare; l'aumento della ricchezza e del benessere non si accompagna con l'aumento automatico dell'educazione e della cultura: è indispensabile che ci si faccia carico - a tutti i livelli - di un impianto educativo che miri allo sviluppo integrale della persona e che aiuti l'uomo in questi nuovi modelli e stili di vita ad avere e godere il «tempo libero» e non il «tempo sprecato».
Si tratta di promuovere allora una educazione critica che consenta all'uomo di interpretare la propria vita, la propria identità, le vicende quotidiane... capire e godere che non è più solo il lavoro a riempire la giornata ma che ci sono altri valori altrettanto importanti.
In una parola, comprendere - come insegna il Papa - che il tempo libero è una speciale vocazione: «Il tempo libero è dato a ciascuno di noi per diventare più uomo, per guadagnare di più. Questa è veramente una vocazione, un compito: guadagnare il tempo libero, diventare più uomini, crescere umanamente e spiritualmente. Quali i modi per approfittare del tempo libero? Anzitutto c'è la famiglia: la famiglia aspetta il tempo libero per essere più comunione, per stare più insieme. Poi c'è la Parola di Dio: un momento importante nel tempo libero. Dio con la sua parola aspetta il nostro tempo libero per parlarci di più, per fare festa con noi!» (Giovanni Paolo II, ai giovani del GTC, il 3.IX.1982).
Il tempo libero nelle culture laiche
È evidente che alla proposta cristiana si contrappongono le visioni della cultura liberale e marxista che attribuiscono valenze diversificate al tempo libero.
Il mondo marxista giudicava il riposo come l'appannaggio e la prepotenza della classe agiata; il tempo libero come l'oziosità delle diverse categorie parassitarie della borghesia. Il lavoro invece, liberato dall'oppressione, diventava, nella prospettiva della società socialista, lo strumento costitutivo dell'umanità del lavoratore.
A sua volta la società liberale pone l'accento sul superamento della fatica del lavoro nella prospettiva del progresso tecnologico che libera un numero crescente di ore per lo studio, lo svago, la realizzazione della propria personalità.
Il tempo libero nella esperienza cristiana
Ma tra la visione capitalistica o socialista, il cristiano deve poter fare la sua scelta: non una terza via ma la capacità di coniugare la freschezza del messaggio che porta con le scelte della vita!
Il relax, lo svago, la vacanza non sono alienazione ma strumenti, mezzi; in quanto volta al trascendente, la comunità cristiana sa collegarli ad un concreto agire dell'uomo in funzione della fratellanza e della salvezza.
Anzi, poiché è convinta che tali esperienze sprigionano energie nuove e positive che fanno bene all'individuo e alla società, si deve preoccupare anche che un più gran numero di fratelli possano usufruirne, soprattutto nelle categorie più deboli come i poveri, i malati, i portatori di handicap, gli anziani.
Il cristiano è per diritto nativo proprio colui che sa coniugare la gioia di vivere, la festa della vita, la capacità di incontro festoso con l'altro, la facilità di condividere amicizia e fraternità tutti i giorni della sua vita con il mondo che lo circonda, perché sa di essere «dono del Padre al mondo» (cf Gv 3,16); sa che c'è un tempo per lavorare e un tempo per riposare, un tempo per dormire e un tempo per stare desti (cf Qo 3, 2 ss), ma non è un fatalista, perché sa anche che in qualsiasi situazione si trovi, la sua vocazione è di fare «eucaristia» (cf Col 3,17) cioè comunione con l'uomo e con Dio!
Non è difficile per il cristiano, educato com'è alla teologia dei segni sacramentali, saper poi riconoscere ed interpretare i segni essenziali della vita e volgerli al positivo nell'impegno, nella solidarietà, nella carità; è proprio questo il modo vocazionale di vivere nel tempo libero il relax e la vacanza.
È evidente che quanto appena descritto è l'ideale. In concreto per raggiungere quello standard si deve lavorare molto e compiere un cammino di fede anche perché il problema si ripete per tutta l'esistenza: come cioè coniugare la fede con la vita?
Lo scontro è con il fascino del facile guadagno, del consumismo, del disimpegno; è scontato il fatto che la cultura dominante del riflusso e del frammento lo rinchiuda nelle spire del privato e della relazione negata... ma è proprio questo il motivo per cui la Chiesa italiana si sta battendo per inventare nuove vie di evangelizzazione per queste nuove situazioni.