Il gruppo dei preadolescenti: luogo della relazione educativa


Mario Delpiano

(NPG 1994-07-68)


Abbiamo più volte parlato del gruppo dei preadolescenti, ne abbiamo in passato offerto anche una tipologia; abbiamo studiato l'evoluzione del ciclo vitale del gruppo, dopo aver sottolineato e verificato l'importanza che ragazzi e ragazze attribuiscono ad esso; inoltre è stata analizzata la preziosa funzione che il gruppo viene ad assolvere nel processo di avvio dell'elaborazione dell'identità preadolescenziale.
Con questo contributo torniamo a parlarne dal punto di vista educativo e pastorale. In particolare il nostro interesse è quello di comprendere e riconfermare come il gruppo e l'operare in gruppo diventa una scelta discriminante e qualificante sia dal punto di vista dell'educativo, entro il preciso modello delineato dall'animazione, sia dal punto di vista di una pastorale dei preadolescenti che intenda prendere sul serio fino in fondo le esigenze dei processi educativi all'interno della comunicazione culturale.
Dunque la scelta del gruppo luogo educativo dentro una pastorale dei preadolescenti in stile di animazione.
È quanto mai opportuno allora operare una delimitazione del tema per far emergere pienamente il senso dell'intervento riferito al gruppo di preadolescenti.

Dal punto di vista dell'animazione

Ci interessiamo del gruppo dei preadolescenti dal punto di vista della prassi educativa.
Da questa prospettiva parlare di gruppo vuol dire assumere il tema all'interno di un quadro di riflessione progettuale.
Anzitutto di gruppo dei preadolescenti si parla del punto di vista dell'analisi della situazione, tra domande e ricerca di gruppo da parte dei ragazzi e offerte di esperienza di gruppo da parte della comunità educativa ecclesiale.
Poi di gruppo se ne può parlare per esprimere, direttamente o indirettamente, la preoccupazione sull'obiettivo. Ecco allora la tematizzazione del saper «star insieme con gli altri», della capacità di identificarsi ma anche di separarsi da un contesto vitale; elementi tutti che trovano posto nelle aree d'obiettivo che si riferiscono alla solidarietà e all'identità socio-relazionale e all'alterità.
Oppure anche a livello dell'itinerario di educazione alla fede: allora la tematizzazione del gruppo trova posto, per esempio e non solo, nell'area dell'appartenenza ecclesiale; da questo punto di vista «saper fare e stare in gruppo» per l'animazione dei preadolescenti è soprattutto problema di meta educativa da raggiungere, più che da un dato di partenza da dare per acquisito.
Ancora, di gruppo si può riflettere, sempre in termini progettuali, in quanto «risorsa metodologica» per assicurare il conseguimento degli obiettivi educativo-pastorali.
In questo senso ci riferiamo alla «scelta del gruppo» come scelta qualificante di metodo della pastorale in stile di animazione, per dire un certo modo di organizzare e di mettere insieme le risorse e di far comunicare i molteplici soggetti, anch'essi risorsa da valorizzare e da metter in gioco, per produrre il cambiamento ipotizzato nella formulazione degli obiettivi.
Gruppo diventa allora «una certa modalità» di far interagire i differenti soggetti, prendendo le distanze al contempo sia dalla scelta di massa che dalla scelta individualistica dell'a-tu-per-tu con l'educatore.
Va ribadito che la scelta del gruppo, anche se non rappresenta ancora «il cuore del metodo» di una pastorale dei preadolescenti in stile di animazione, tuttavia lo contiene al suo interno. Il cuore del metodo è infatti un evento che in parte sfugge ad ogni predisposizione delle risorse, e che denominiamo con il termine di «relazione educativa», l'evento (un incontro tra persone) che viene intessuto tra soggetti diversi che si comunicano esperienza di vita e comunicano sull'esperienza stessa.
La scelta del gruppo nella pastorale dei preadolescenti rappresenta allora il contesto relazionale entro cui si dà l'accadimento-evento della relazione educativa nell'incontro delle differenze.

GRUPPO: IN CHE SENSO? PER UN MODELLO

C'è modo e modo di parlare di scelta del gruppo a livello metodologico.
Le precomprensioni e le coordinate culturali che guidano il pensare e il parlare di gruppo come scelta metodologica, sono quelle della visione sistemica propria dell'animazione culturale.
Occorre anzitutto precisare che cosa è e come viene definito il gruppo da questa prospettiva.
La concezione sistemica dell'animazione culturale ci sollecita a pensare il gruppo come sistema aperto di comunicazione all'interno dello scambio simbolico della cultura sociale. Questo vuol dire che il gruppo non è dato dalla somma delle parti, cioè dalla somma delle caratteristiche dei suoi elementi, i membri del gruppo; esso è una molteplicità di elementi che agiscono e operano come un tutt'uno, un'unica realtà, altra e nuova rispetto ai singoli e alla loro somma.
Questa realtà unica, fatta di elementi molteplici che interagiscono tra loro, è appunto il gruppo come «insieme di elementi in connessione», sistema, rete di relazioni.
Tale sistema inoltre non è isolato e chiuso, bensì agisce e opera verso l'esterno con il quale entra in connessione in un sistema più ampio: il sistema sociale, o meglio i sottosistemi sociali, per esempio i sistemi-ambiente educativi.
Inoltre lo scambio verso l'esterno e l'interno del sistema gruppo viene regolato dalla comunicazione culturale (il sistema simbolico).

Oltre la funzione strumentale

Definito in questo modo che cosa si intenda per gruppo nella nostra prospettiva, è fondamentale un secondo chiarimento: esso riguarda la funzione che viene attribuita al gruppo nella scelta del metodo educativo-pastorale.
Vogliamo andare oltre la semplice funzione opportunistica e strumentale del gruppo, che ordinariamente l'educazione e la pastorale considerano.
In questo caso il gruppo serve ed è ritenuto essenziale perché offre all'educatore l'opportunità di instaurare una relazione «a tu per tu» con i singoli ragazzi.
In questo caso la funzione (strumentale) del gruppo consiste nell'assicurare le opportunità e la possibilità di un incontro tra l'educatore e i singoli, dal momento che la scelta di massa non favorisce più tale incontro e l'educatore non riesce più a raggiungere uno per uno i singoli sul territorio, né può ridursi a rincorrerli.
Nella prospettiva strumentale è il gruppo lo strumento che dovrebbe permettere di realizzare oggi ciò che in passato forse l'educatore riusciva ad ottenere anche senza di esso. In ogni caso il gruppo in funzione strumentale è sempre visto come qualcosa che rinvia oltre se stesso, un ponte verso l'educatore e la sua relazione con i singoli.
Non è questa la funzione che attribuiamo al gruppo quale scelta di metodo in stile di animazione. Intendiamo invece andare ben oltre la funzione meramente strumentale che viene ad esso attribuita.
Nella nostra prospettiva invece vediamo il gruppo come «soggetto» e non solo insieme di soggetti; il gruppo viene considerato come «luogo educativo», e non mera opportunità di incontro; esso è il «luogo in cui si dà l'evento della relazione educativa», anche se, affinché ciò avvenga, è irrinunciabile la presenza e la funzione dell'animatore.

Alcune distinzioni necessarie

Una volta definita la concezione di gruppo e la sua funzione, dobbiamo invece fare i conti con il tipo di gruppo.
Alcune ulteriori distinzioni e precisazioni si rivelano davvero preziose per delimitare la proposta.
Queste distinzioni si riferiscono alla tipologia strutturale: qui si deve operare la distinzione tra gruppo primario e secondario, tra gruppo formale e gruppo informale. La pur necessaria distinzione tra gruppo primario e gruppo .secondario evidenzia la differenza di accento tra un gruppo centrato sulle relazioni tra i membri (gruppo primario) e un gruppo centrato sul compito, sulle attività e le cose da fare (gruppo secondario).
Nella nostra prospettiva la scelta educativa del gruppo implica la ricerca della primarietà del gruppo e l'importanza prioritaria da dare alle relazioni e alla loro qualità.
Dal confronto con la situazione di fatto del modo di far gruppo dei preadolescenti, emergerà così un primo dato problematico ed una sfida al metodo stesso. La seconda tipologia è quella tra gruppo formale (più o meno strutturato e o istituzionalizzato) e gruppo informale o spontaneo. La scelta educativa implica appunto la possibilità di avere un gruppo in cui la strutturazione delle relazioni e la dinamica della comunicazione siano gestiti consapevolmente dai membri e la distribuzione del potere e dei ruoli avvenga nella forma più democratica.
Anche qui la scelta di una gestione del gruppo che spinga al di là, cioè oltre, dell'informalità, come di fatto esige una conduzione educativa, evidenzierà un secondo nodo-sfida e richiederà un'ipotesi di soluzione.
Infine la distinzione che appare più importante ed euristica dal punto di vista metodologico, di strategia educativa appunto, da operare per la descrizione e comprensione del gruppo e della sua dinamica, è quella tra livello formale e livello informale della rete di comunicazione (struttura relazionale) del gruppo, di ogni gruppo.

L'ESPERIENZA Dl GRUPPO DEI PREADOLESCENTI

Nel progettare la scelta metodologica del gruppo dobbiamo anzitutto tener conto della modalità con cui i preadolescenti oggi vivono l'esperienza del gruppo così come delle risposte che l'esperienza di gruppo offre a determinati bisogni del preadolescente.
Su questo argomento abbiamo offerto abbondanti materiali più volte in passato. Richiamiamo a questo punto e puntualizziamo solo alcuni tra i nodi problematici dell'esperienza di gruppo di fatto vissuta dai preadolescenti.
- Riconosciamo anzitutto come significativo dato di partenza, assolutamente fuori discussione, il forte bisogno consapevole elaborato e perciò la notevole domanda di gruppo da parte della quasi totalità dei preadolescenti di oggi: e ciò indipendentemente dal riscontro della effettiva possibilità loro offerta di aggregarsi per saturare tale bisogno in reali esperienze di gruppo.
- Alla elevata voglia e ricerca di gruppo si aggiunge il dato, molto sostenuto dal punto di vista quantitativo (riguardante un buon due terzi dell'universo dei soggetti), che documenta l'effettiva esperienza di gruppo, non importa di che tipo e di quale livello di strutturazione, che i preadolescenti oggi fanno; a ciò si aggiunge, documentato dalle ricerche, l'esistenza di una variegata tipologia di esperienza gruppale oggi fruita dai preadolescenti e, al di là del gruppetto informale, spontaneo, degli «amici ed amiche del giro», il notevole grado di strutturazione e la forte centratura sul compito (le attività e le cose da fare) da parte di tanti gruppi di preadolescenti.
- Ribadiamo inoltre dal punto di vista qualitativo la funzionalità soggettiva, ma a volte anche la disfunzionalità, del gruppo in relazione a determinati bisogni del preadolescente (a ciò rinviamo ad un punto seguente). Il gruppo, soprattutto il piccolo gruppo, meglio ancora se informale, diventa «una realtà per me», e la scelta di esso è connotata di una rilevantissima funzionalità propriocentrica: il preadolescente cerca anzitutto e primariamente il gruppo come conferma di sé, attraverso gli altri che fanno da specchio e acquistano la funzione di potenziamento-espansione dell'io. La componente allocentrica, il decentramento verso l'altro, la capacità di vivere la reciprocità anche nel rispecchiamento e nella conferma dell'altro, diventano soprattutto una meta da conseguire e una condizione del gruppo da costruire nel corso del suo ciclo vitale.
- Siamo consapevoli di dover tener conto inoltre, in positivo ed in negativo, del forte peso condizionante (in certi casi anche pregiudicante ulteriori scelte di appartenenza gruppale) della esperienza di gruppo istituzionalizzato e obbligato, cui i preadolescenti oggi sono sottoposti.
Questa esperienza, senza cedere a demonizzazioni preconcette, oggi veramente predominante, strutturante l'esperienza di gruppo lungo la preadolescenza, è quella che si configura come esperienza del «gruppo come classe scolastica e classe di catechismo», per citarne due tra i maggiori esempi; ma è anche l'esperienza del «gruppo-scuola» di calcio, o di che altro...
Si tratta sempre di un gruppo dove la vita del ragazzo si eclissa o viene eclissata!
Da qui gli interrogativi: perché ciò avviene'? Di che tipo di gruppi si tratta'? Cosa avviene al loro interno?
La risposta ci sembra possa essere ritrovata nel fatto che in queste pur differenti esperienze di gruppo si verifica un eccesso di strutturazione, di formalizzazione dei rapporti, di accentuata affermazione della differenza tra adulto, e ragazzi, con notevole e rigida definizione dei ruoli e rinnovata dominanza dell'adulto; con una elevata disattenzione alla gestione del livello informale, cioè dell'affettività, dei conflitti, dei bisogni psicosociali espressi o inespressi dei soggetti.
In questi tipi di gruppo appare manifestamente determinante la presenza e la funzione dell'adulto, pur entro figure molteplici e molto differenti tra loro: un adulto con il suo potere di posizione e l'uso che ne fa (difesa dalla paura dello «stato selvaggio» e della perdita del controllo della situazione) in funzione strutturante e organizzante.
Ciò impone una rilettura critica dell'atteggiamento degli adulti, della loro presenza e funzione e della funzione stessa del gruppo nelle istituzioni educative.
Il peso greve di questo tipo di esperienza, peraltro protratta notevolmente nel tempo, condiziona dunque notevolmente la nostra scelta di metodo. Con l'esposizione dei preadolescenti a questo tipo di esperienza, bisogna fare i conti e operare in direzione di una vera e propria disintossicazione attraverso una decostruzione simbolica dell'esperienza.
- Un ulteriore dato importante, col quale fare i conti, è l'esperienza della pluriappartenenza: cioè il dato della appartenenza del preadolescente di oggi o più gruppi, distesi nell'arco di tempo della sua vita quotidiana: dalla famiglia al gruppo-classe, dal gruppo-squadra al gruppo amicale, al gruppo di catechismo... Si tratta di un'esperienza di pluralismo culturale e di offerte formative collocata e vissuta sia come ricca gamma di possibilità di percorsi d'identità (percorsi di differenziazione), sia come esposizione alla frammentazione soggettiva in un conflitto di appartenenze e nel rischio della loro insignificanza.
Ma il rischio maggiormente incorso nell'esperienza di pluriappartenenza è quello del consumismo dell'esperienza di gruppo, e di conseguenza dell'appartenenza con riserva e superficiale, senza il coinvolgimento positivo in nuovi giochi di identificazione e di strutturazione, insieme al prevalere, nella maggior parte di esperienza di gruppo non informale, di una medesima «matrice» adultocentrica.
Da qui un interrogativo: voglia di gruppo con la presenza di adulti al suo interno o piuttosto noia e stanca per gruppi di questo tipo in preadolescenza?
- Occorre infine anche tener presente l'esperienza sommersa, spesso misconosciuta, quando non negata dal mondo degli adulti, del gruppo informale, dei preadolescenti Al riguardo sorge un interrogativo: costituisce esso «l'ultima riserva indiana» di libertà e autogestione dei ragazzi, o anche esso è diventato spazio di colonizzazione e di invasione del mondo adulto, rivestito e legittimato con pretese educative?
Alcune cose sentiamo però di doverle e di poterle affermare al riguardo.
Anche l'esperienza di gruppo informale non è immune, anzi appare maggiormente esposta all'innesco di meccanismi perversi, per lo più inconsci, quali l'emarginazione, la dipendenza totale, l'aggressività, il dominio dispotico del più forte Questa lettura critica ci suggerisce perciò che, in qualsiasi esperienza di gruppo dei preadolescenti, occorre fare i conti con questi dinamismi, affinché ci sia e si dia un gruppo educativo
Di qui la necessaria attenzione da assicurare al livello informale, oltre che al livello formale e strutturato, di ogni gruppo di preadolescenti; di qui l'attenzione alla distanza-congruenza tra i due livelli e alla differenza di organizzazione della rete di comunicazione tra essi.
Ciò che infatti può avvenire «diseducativamente» in un gruppo informale, come gioco inconscio di dinamiche perverse, può avvenire anche nel livello informale (il non-detto, il non-gestito consapevolmente) nel gruppo strutturato e formale come la classe, la squadra, il gruppo associativo...

QUALE GRUPPO IMMAGINIAMO? UN MODELLO

Indichiamo quelle che riteniamo le scelte educative di fondo del fare gruppo, e di conseguenza il modo con cui pensiamo di organizzare le risorse del gruppo in quanto risorse di rete relazionale e di dinamica della comunicazione al suo interno.
Rappresentano il modo con cui assumiamo, a livello metodologico, il fenomeno della dinamica e della comunicazione di gruppo dentro una progettazione educativa di esso come snodo e organizzazione delle risorse.
Si tratta di alcune scelte e di alcune condizioni educative che il gruppo dei preadolescenti deve poter assicurare.

La scelta del «gruppo primario»

Il primo tratto del gruppo educativo che intendiamo delineare è quello di qualificarlo come gruppo primario o. se si vuole, nel quale la qualità dominante sia quella della «primarietà».
Il modello che ipotizziamo ha come prima scelta qualificante quella di puntare alla formazione di gruppi di preadolescenti di tipo primario.
Siamo d'altronde ben consapevoli che i gruppi che si istituiscono con la presenza di adulti e all'interno degli ambienti educativi non sono ordinariamente, soprattutto all'inizio, di tipo primario; in genere negli ambienti educativi si costituiscono gruppi di ragazzi e ragazze di tipo secondario. Essi infatti sorgono e si strutturano a partire da una qualche attività, da un qualche compito operativo di apprendimento, da un qualche interesse per delle cose da fare che l'ambiente propone, quale offerta educativa.
D'altronde, gli stessi gruppi informali che sorgono tra i preadolescenti non sono mai direttamente ricercati dai soggetti per la qualità delle relazioni faccia a faccia e per una profonda e consapevole dinamica interpersonale di comunicazione; sono anch'essi gruppi qualificati dalla ricerca della compagnia e dell'incontro attorno a delle particolari attività, che rispondono spesso ad interessi spontanei, di tipo ludico, esplorativo, di avventura o di autonomia.
La scelta che proponiamo e che costituisce la nostra scommessa di metodo è appunto quella di considerare la formazione iniziale del gruppo di tipo secondario come il «punto di partenza» per una evoluzione del gruppo stesso verso una qualità della comunicazione che possegga i caratteri e le note della primarietà: un gruppo cioè in cui diventi progressivamente più importante «il come», e dunque lo stile di gruppo e della comunicazione al suo interno, che non «il che cosa»; dove l'accento sia sempre più posto sulla qualità delle relazioni interpersonali faccia a faccia, che non sulla mole di attività e di imprese da realizzare per quanto avventurose e creative; dove venga coltivata la capacità di autocentrarsi sulle qualità delle relazioni e sulla rete della comunicazione intessuta, e non solo la capacità di verificare e di misurare la qualità di realizzazione del compito; dove non ci si curi solo o prevalentemente di abilitare i membri a verificare e misurare le proprie acquisizioni in termini di capacità operative sulle cose o sulla realtà, ma anzitutto e prioritariamente si abilitino i membri a misurare e verificare le proprie competenze comunicative, e quelle relazionali in modo del tutto particolare.
Perciò pensiamo ad un gruppo che:
- divenga mondo vitale, entro il quale la comunicazione assuma le qualità affettivo-emotive, relazionali e simbolico-valoriali profonde, proprie degli altri mondi vitali della vita quotidiana del preadolescente;
- accetti e accolga come risorsa positiva la presenza di un educatore (l'animatore) che si faccia carico, perciò ne assuma consapevolmente e formalmente la responsabilità, del compito e della funzione vitale sopra delineata; e dunque si ponga come garante dell'evoluzione del gruppo verso questa sua qualificazione fondamentale.

Le «qualità» di questo gruppo

Proviamo ad indicare le qualità che questo gruppo deve avere, agli occhi del preadolescente anzitutto:
- deve essere un gruppo caricato di stima dal ragazzo e dall'ambiente. Il fattore «prestigio sociale» del gruppo proposto ai preadolescenti risulta essere una variabile importante di cui tener conto. Il gruppo per il preadolescente deve apparire come una cosa e un appuntamento importante, da non perdere.
L'interrogativo è: che cosa assicura prestigio ad una proposta di gruppo per i preadolescenti?
Crediamo di poter rispondere: l'«avventura» che propone e che la sua rappresentazione sociale evoca; quindi la sua visibilità sociale, la sua capacità di «far rumore»; inoltre l'attività e le cose che si fanno e destano interesse e fascino; la storia del gruppo con le sue avventure condensate in una memoria sociale; la sua rappresentazione simbolica, soprattutto all'esterno... Ma anche tutta una serie di dati «interni», rilevabili anzitutto da dentro, come la capacità di creare identificazione e senso di appartenenza.
- Un'altra qualità che il gruppo deve possedere è la seguente: deve essere un gruppo che sviluppi e coltivi gli interessi che afferrano maggiormente i destinatari. Un gruppo che risponda alla «curiosità», al bisogno di elaborare risposte alle domande di vita, alla voglia di scoperta del mondo, alla voglia di sperimentare e di poter raccontare quel che si è scoperto insieme. Proprio per questo non può essere e ridursi ad un gruppo settoriale, alla monocultura dell'interesse specifico, al monolinguismo, bensì accogliere e fare spazio a tutti i bisogni e interessi dei ragazzi, anche a quelli non detti e non tematizzati .
Un gruppo che, pur assumendo un punto di partenza, sia in grado di permettere al preadolescente di ricuperare il gusto e la responsabilità su tutta la propria vita. Non dunque un gruppo di quel determinato sport, di quella specifica ed esclusiva attività espressiva, ma un gruppo che, pur muovendo da essa, accolga e abbracci tutta la vita dei preadolescenti, e non solo uno spicchio di essa.
- Ancora un'altra qualità: un gruppo che, proprio perché fatto dai preadolescenti, parta dal fare e dal fare insieme, dal fare con un progetto d'azione e con una intenzionalità comune, ma che assicura ai ragazzi di passare dal fare all'essere, dall'attività al vivere un'esperienza. Infine un gruppo in cui si possa «esprimere» quel che si fa e si vive, all'interno del quale sboccia il gesto (dire con il corpo) e la parola dei ragazzi nelle sue mille forme, per far sapere, per dire e raccontare, prima a se stessi e poi a tutti, per riempire le orecchie della gente... di quel che si è fatto e vissuto insieme.

LE CONDIZIONI

È però importante indicare le condizioni che permettono l'attivazione dei processi del gruppo primario nel gruppo dei preadolescenti. Parliamo appunto di attivazione di processi di tipo primario, dal momento che il gruppo dei preadolescenti in ambiente educativo è il più delle volte, come sopra abbiamo rilevato, un gruppo, più o meno strutturato, di tipo secondario. Allora, immaginare un modello vuol dire anche, dal punto di vista metodologico, ipotizzare una sua trasformazione e un cambiamento di qualità al suo interno, in modo da assicurare le qualità della comunicazione che lo facciano avvicinare a quello di tipo primario.
La domanda di partenza è: come un gruppo di preadolescenti può divenire «mondo vitale» grazie anche alla presenza e alla compagnia di un animatore?
Occorre anzitutto fare i conti con i bisogni del preadolescente che sospingono i nostri destinatari alla ricerca di un contesto relazionale caldo con i suoi coetanei.
Sono una serie di bisogni che si possono denominare evolutivi (di controdipendenza, autosperimentazione e verifica di sé, di instaurazione di nuovi legami affettivi e nuova intersoggettività...); bisogni di tipo proattivo, che sospingono il soggetto oltre se stesso, verso un cambiamento che oltrepassi la situazione rassicurante del suo presente; bisogni perciò che spingono il sistema di personalità ad una modifica del suo equilibrio.
Ci sono poi, in concomitanza con i primi, bisogni protettivi, rassicurativi, integrativi, inclusivi, finalizzati alla conferma dell'equilibrio esistente di volta in volta assicuratosi dal sistema.
Per questo il preadolescente ha bisogno di essere al contempo «attivato» e «rassicurato». In questo senso il gruppo, indipendentemente da una qualche scelta di progettualità educativa, si presenta già di fatto come percorso di risposta ed elaborazione di alcuni bisogni, anche se senza garanzie.

Un modello di appartenenza

Una seconda condizione da ridefinire e ripensare è il tipo di appartenenza al gruppo: immaginiamo un modello a cerchi concentrici, entro i quali, in posizioni anche diversificate e dinamiche, vengono a ritrovarsi i diversi membri, senza marcate distinzioni di confini di dentro/fuori. Il sentirsi parte del gruppo non può significare necessariamente per tutti i componenti il vivere l'attrazione e la forza centripeta nella stessa misura e nella stessa modalità.
Ogni componente ha bisogno di sentirsi parte di un mondo vitale, anche se non è disposto a coinvolgersi di più oltre lo standard medio che regola coesione e conformità. Importante è concepire e di conseguenza operare in maniera tale che lo standard che indica il senso medio dell'appartenenza si evolva progressivamente verso forme sempre più coinvolgenti di responsabilizzazione e di partecipazione.
Una terza condizione da illustrare è quella della presenza dell'animatore nel gruppo con la identificazione della sua funzione (un adulto con un progetto) nella elaborazione delle risposte ai bisogni e alla costruzione del gruppo attorno ad una meta. Occorre pensare la funzione dell'educatore nel gruppo non come quella di fornire delle risposte che saturino dei bisogni, quanto invece quella di assicurare una «comunicazione in gruppo» tale che ciascun preadolescente venga riconosciuto dal gruppo nel suo sforzo di crescere e di divenire autonomo, spinto a valorizzare le energie di crescita, rassicurato e confermato nel suo divenire, e stimolato a liberare il nuovo.
Richiamiamo due rischi in cui può incorrere il gruppo:
- quello che in esso vengano attivati processi relazionali che riecheggiano la dipendenza e la passività;
- quello di non tener conto del «freno», del senso del limite, del «bisogno di contenimento», cioè di incanalamento e di orientamento di tutto quel nuovo di vita che ognuno si porta dentro e nel gruppo sente di poter liberare.

I PROCESSI E LE DINAMICHE

Descrizione del tipo di gruppo e indicazione di alcune condizioni non sono certo elementi sufficienti per delineare la nostra scelta di metodo.
Proprio perché il gruppo è un sistema dinamico e aperto, è soprattutto importante pensare al suo cammino evolutivo e ai processi che si sviluppano al suo interno: le interazioni, la rete di comunicazione e il tipo di strutturazione dei rapporti e i ruoli, i livelli della comunicazione, il processo di definizione delle norme, la gestione del potere, la leadership, la definizione del progetto di azione e la cultura del gruppo, la conflittualità e la coesione.
Qui non intendiamo descrivere e affrontare tutto ciò che accade in un gruppo; bensì sottolineare alcuni elementi strategici che vanno presi in considerazione per l'intervento educativo.

Il gruppo in divenire

Una prima considerazione riguarda il ciclo evolutivo del gruppo dei preadolescenti: esso, nei gruppi dell'ambiente educativo, prende il via ordinariamente da una situazione iniziale di dipendenza dalla figura affascinante ed aggregante dell'animatore che appare come un leader carismatico; esso è perciò facilmente caratterizzato dal prevalere di processi comunicativi di tipo verticale su quelli orizzontali.
I nodi della fase iniziale di un gruppo di preadolescenti con un animatore sono i seguenti:
- aggregare, far gruppo, perché? per quale motivo? attorno a che cosa? La capacità aggregante della proposta di gruppo, tra aspettative spesso non dichiarate dei singoli e progetto sul gruppo proposto da un educatore, è un problema di fondamentale importanza all'inizio;
- la coesione minima da assicurare perché i ragazzi non si volgano altrove: l'animatore, all'inizio di una proposta educativa di gruppo, è sempre ordinariamente la sorgente implicita della coesione. È lui, con la sua proposta affascinante di stare insieme, la calamita della coesione, dal momento che i membri a lui fanno credito di fiducia e a lui rivolgono le aspettative;
- la strutturazione della comunicazione: con lo sviluppo della interazione la rete di comunicazione tende inizialmente a strutturarsi a «raggiera», perché centrata sulla figura dell'animatore, con presenza a volte di microstrutture di comunicazione tra i membri che si conoscono; la definizione dei ruoli: spesso rimangono polarizzati, semplificati, impliciti. e ripropongono i ruoli assunti o attribuiti nella scuola o nel gruppo informale. I ruoli sono di tipo valutativo e indicano la polarità delle diverse dimensioni: il buono e il cattivo, il bravo e il disturbatore; il simpatico e l'antipatico;
- l'organizzazione: si registra una certa passività e una dipendenza dalla figura di potere costituita.
Altre sono invece le caratteristiche della fase avanzala del gruppo che ha già percorso un buon tratto del suo ciclo evolutivo:
- quanto alla coesione: l'animatore assolve sempre ad una funzione essenziale, anche se la coesione si fonda più sul confronto e sulla condivisine delle esperienze di crescita, delle attività e dei valori condivisi, delle mete comuni conseguite, della storia comune;
- quanto alla comunicazione: si forma una struttura più allargata di canali comunicativi che permette maggior scambio tra i membri;
- in riferimento ai ruoli: essi appaiono più orientati sul compito, più sfumati e meno rigidi, frutto anche di contrattazione e non solo di attribuzione;
- l'organizzazione è indicata dalla maggior attività e iniziativa dei preadolescenti: si cerca di progettare, realizzare, elaborare;
- la struttura informale si consolida dal momento che affiora alla consapevolezza la dimensione affettiva del gruppo, che acquista un posto sempre più rilevante e fa da fondale allo scorrere della vita.
Abbiamo indicato solo punto di partenza e fase avanzata di sviluppo; altrove abbiamo sviluppato l'intera dinamica del ciclo vitale del gruppo.
Quello che qui interessa è sottolineare come il consolidarsi della storia del gruppo e del suo ciclo vitale permette di rendere sempre più esplicita e matura la qualità educativa del gruppo stesso.
La stessa risorsa gruppo non va dunque assunta dentro un modello statico, ma dinamico, perché la realtà ci dice come esso è tutto un divenire, attraverso delle fasi anche fisiologiche.
Tuttavia il suo delinearsi come mondo vitale segnato dalla primarietà e dal calore dei rapporti non è l'esito automatico o quasi di un'evoluzione, bensì il frutto del convergere di tutta una serie di fattori che trovano la loro unificazione attorno al progetto che il gruppo si dà (il sogno di gruppo e la sua realizzazione sempre parziale) e attorno alla qualità della comunicazione che un animatore è in grado di assicurare con la sua presenza e con il suo intervento «mediatore» realizzato attraverso interventi differenti (filtro, specchio, amplificatore, decompressore...).

Gruppo informale e livello informale del gruppo

Le cose fin qui dette e la nostra preoccupazione di permettere al gruppo dei preadolescenti, che ordinariamente in ambiente educativo tende a strutturarsi come gruppo di tipo secondario, di acquisire le qualità della «primarietà», ci portano invece a prestare attenzione al gruppo informale (quello spontaneo, non perturbato dalla presenza degli adulti) e più ancora al livello informale di ogni gruppo, specie se di tipo secondario.
La domanda di partenza potrebbe essere la seguente: che cosa capita in un gruppo informale, spontaneo, di preadolescenti'?
Si potrebbe rispondere nel seguente modo: tante sono le cose che accadono in un gruppo informale e spontaneo, e per lo più esse accadono senza che i membri siano consapevoli di quel che accade e dei fattori che ne condizionano la dinamica.
Non è nel nostro intento la demonizzazione del gruppo spontaneo di ragazzi e ragazze; esso è una riserva del tutto privata di esperienza e di comunicazione, che forse è bene che tale venga considerata e custodita dagli adulti.
Ciò non toglie tuttavia che essa non possa essere attentamente osservata e guardata con simpatia e disincanto.
Quello di cui siamo fermamente convinti è che il gruppo informale non possa rappresentare il modello da assumere nella nostra scelta metodologica del gruppo dei preadolescenti in ambiente educativo ed ecclesiale.
L'educatore può favorire e valorizzare il sorgere di aggregazioni spontanee di ragazze e ragazzi nell'ambiente educativo; può sollecitarne l'apporto costruttivo nell'ambiente; ma siamo anche consapevoli che, proprio quando esso viene inserito ed assunto «in condizioni educative», esso viene assunto ad un nuovo livello di evoluzione (non più spontanea e lasciata allo scatenarsi incontrollato delle spinte vitali), cioè al livello di gruppo educativo, e perciò non più «solo informale».
Ma vogliamo anche ribadire la presa di distanza da una tanto ingenua quanto idealizzata concezione del gruppo spontaneo tra preadolescenti. In questo tipo di gruppo infatti ad un certo grado di spontaneità ed immediatezza della vita (espressione di relazioni, sentimenti, passioni, bisogni, impulsi...) si accompagnano spesso anche processi di emarginazione, di esclusione, di dominazione e conseguente dipendenza imposte, ben lungi dall'essere educativi e liberanti. Nel gruppo informale spontaneo si assiste anche ad una riproposizione acritica di ruoli stereotipi sociali e di modelli dominanti assunti dai membri in maniera del tutto inconsapevole ed acritica. In questo senso il gruppo dei preadolescenti può evolvere spontaneamente verso una dinamica più tipica di un clan mafioso o di una banda dominata dal capo, che non da un piacevole gruppo di amici e di amiche. Anzi alcuni casi recenti di cronaca documentario il rischio di involuzione perversa di qualsiasi dinamica spontanea, lasciata a se stessa per disinteresse della società adulta.

Una attenzione privilegiata al livello informale

Quello che ora ci sta particolarmente a cuore è il far luce sulla modalità della comunicazione nel livello informale di qualsiasi gruppo di ragazzi e ragazze che si costituisca e venga riconosciuto in ambiente educativo.
Questo sì, appare un «mondo sommerso» di rapporti e di eventi, particolarmente interessante e dinamico, da assumere come risorsa profonda del gruppo, come dato di fatto e come scelta, e da valorizzare quale potenziale educativo.
Diventa molto importante a questo livello cogliere le modalità e i contenuti della comunicazione dei preadolescenti al livello informale.
Il primo elemento sul quale focalizzare l'attenzione dell'educatore è il seguente: la comunicazione.
Proprio per questo essa è anzitutto comunicazione simbolica: cioè comunicazione attraverso i corpi e l'esteriorità dei corpi (i volti anzitutto) e si riferisce alla «apertura affettiva» all'altro e agli altri. Dunque essa è sempre segnata da valori positivi o negativi, mai neutri.
A questo livello i preadolescenti comunicano con il corpo che agiscono con gli altri, più che con le parole; e, attraverso di esso, «mettono in scena» (agiscono) i loro vissuti, le paure e le attrazioni, le aspettative e i bisogni, le domande e le risposte, i conflitti verso gli altri e verso l'altro in genere.
Con un'immagine possiamo dire che quanto vien detto con il corpo rappresenta «il fondale della scena» (dunque il contesto rispetto ad un testo) sulla quale si succedono i dialoghi, i messaggi verbali, la grande «rappresentazione della vita» che la comunicazione nel gruppo rende possibile.
L'educatore deve poter prestare la massima attenzione e privilegiare questo livello della comunicazione in gruppo; esso infatti si pone come «metacomunicazione», cioè livello di interpretazione di ciò che viene detto, verbalizzato, proclamato ufficialmente nella comunicazione formale in gruppo.
Questa attenzione implica, oltre che la capacità di decodifica dei messaggi «agiti col corpo» (i codici affettivi), la capacità di comunicare a questo livello con il gruppo, attraverso il proprio corpo e il proprio agire.
Ciò diviene la condizione imprescindibile di una comunicazione autentica ed affettiva che, in un certo senso, offre validazione a quanto viene «detto e scambiato» verbalmente. Il linguaggio del corpo agito è dunque un aspetto qualificante della comunicazione di gruppo tra preadolescenti e con il gruppo e l'educatore, e tra i preadolescenti e l'educatore.

LIVELLO CULTURALE: UN GRUPPO PER FARE SINTESI

Con la definizione del compito-funzione del gruppo in termini di «fare sintesi» si intende anzitutto il fare i conti con un dato problematico dell'esperienza di gruppo dei preadolescenti, e proporre di conseguenza una via d'uscita.
Il dato consiste nel fatto che il preadolescente vive una pluralità di appartenenze di gruppo nella vita quotidiana. Entro quel reticolo di esperienze più o meno «vitali» si inserisce la proposta educativa che la comunità ecclesiale va elaborando, non con la pretesa di fare terra bruciata e di porsi come sostitutiva ad esse, bensì con l'intento di assicurare una possibilità di «sintesi vitale» tra tutto il materiale simbolico dell'esperienza; quasi un principio di «polarizzazione» dell'esperienza di vita per sintetizzarla e organizzarla entro una figura di senso compiuto.
Un interrogativo allora è il seguente: nella proposta pastorale il gruppo che intendiamo proporre è un altro gruppo ancora, uno in più rispetto agli altri, con le caratteristiche che ci stanno a cuore, perciò capace di assicurare la sintesi che altri non assicurano, oppure la proposta intende sollecitare a rivedere la qualità di queste diverse esperienze di fare gruppo, perché siano un po' più vicine al mondo vitale?
La risposta va in questa seconda direzione. Noi ci interessiamo e a noi sta a cuore la qualità dell'educativo in qualsiasi esperienza di gruppo.
È questa qualità vitale che crediamo debba qualificare ogni tipo di proposta con i preadolescenti.
È chiaro tuttavia che questa è la proposta del tipo di gruppo che noi rivolgiamo anzitutto alla comunità ecclesiale: al fare gruppo con i preadolescenti in parrocchia e in oratorio, nella scuola cattolica come in ciascuna pur diversificata esperienza aggregativa ed associativa.

La qualità di un gruppo «che fa sintesi»

Un secondo interrogativo è il seguente: quale è questa «qualità di sintesi» che il gruppo è chiamato ad acquisire? e che cosa deve avere al suo interno un gruppo perché sia in grado di favorirla? Questo interrogativo prende in considerazione più da vicino il tipo di gruppo da realizzare, in una situazione di pluralismo anche di appartenenze oltre che di proposte.
Vogliamo fare un gruppo «forte» in un tempo di appartenenze deboli? E cosa è che qualifica un gruppo «forte»? La coesione, la pressione di conformità o l'identificazione non strumentale e non superficiale? Cerchiamo forse un gruppo «totalizzante» in un momento in cui per lo più l'adesione al gruppo è sempre più selettiva e strumentale, perciò l'appartenenza e l'identificazione appaiono sempre più deboli, parziali e con riserva?
Una prima soluzione che sentiamo di poter escludere è quella di pensare il gruppo dei preadolescenti come «gruppo di riferimento» rispetto ai «diversi gruppi di appartenenza». Questa ipotesi può apparire valida e corretta quale esito dell'esperienza di appartenenza per adolescenti e giovani, ma non per i preadolescenti.
Per questo un gruppo che aiuta a fare sintesi nel pluralismo delle culture e delle proposte non può consistere per i preadolescenti in un gruppo di riferimento soltanto. Il gruppo che «fa sintesi» è quella particolare esperienza di appartenenza che fa sì che esso non sia un gruppo come tanti altri: lo è nella misura in cui anch'essi assicurano la qualità dell'appartenenza vitale; non è come gli altri, nella misura in cui quelli non sono vissute come appartenenze vitali.

L'appartenenza vitale è capace di far fare sintesi

Perché sia garantita questa qualità nel gruppo, i preadolescenti devono anzitutto poter «fare esperienza», e con ciò intendiamo l'esperienza di vita misurata sui loro bisogni e sul tentativo di dare risposta ad essi attraverso l'incontro con il mondo delle cose, degli oggetti, degli altri, della natura, anzitutto nel loro spessore di materialità.
In secondo luogo l'esperienza deve venire elaborata, lavorata con degli strumenti particolari (i linguaggi) per tramutarsi in «vissuto»; occorre dunque «simbolizzarla» fino ad accorgersi di ciò che produce e modifica dentro, a prendere coscienza di quello che si vive in profondità; a sentire, gustare, e poi anche riflettere, «pensando insieme» quel che si vive.
Solo in questo modo il vissuto viene interiorizzato ed espresso linguisticamente, ridisegnato dentro un mondo simbolico che dà a pensare, e diviene capace di orientare (attraverso atteggiamenti nuovi da acquisire e consolidare) il soggetto nel mondo sociale e in quello culturale. Solo così i preadolescenti imparano ad «abitare il mondo», cioè la realtà ordinata secondo il sistema simbolico.
Anche nel gruppo dei ragazzi allora deve poter nascere e svilupparsi una «cultura di gruppo» (fatta dunque di segni e significati, simboli e senso), condivisa e consapevole al gruppo stesso.
Essa diventa tematizzazione consapevole delle qualità che la vita si dà e assume nell'esperienza concreta del gruppo deve poter passare da «quello che si fa insieme» alle «qualità» (come e perché) con cui lo si vive insieme.
Da questo processo di interiorizzazione del mondo si realizza la sintesi di gruppo, la cultura di gruppo che poi i singoli membri potranno personalmente rielaborare, anche se solo in un secondo momento e a frammenti; il preadolescente infatti non è un adolescente che già vive in unità l'esperienza dentro una identità culturale.
In tal modo la cultura viene elaborata a frammenti e, ricomposta nel mosaico del gruppo, diventa il filtro di lettura, di interpretazione e di regolazione della prassi di vita del gruppo e dei singoli dentro ma anche fuori.
Ma, riprendendo il primato del non-verbale sopra descritto, occorre anche ribadire che la «sintesi vitale» va assicurata prima di tutto a quel livello del cambiamento che noi intendiamo privilegiare in educazione, e che si chiama atteggiamento, livello degli atteggiamenti, cioè vita come «relazione con l'altro».
Tale sintesi vitale potrà rivelarsi anche il luogo in cui il preadolescente può imparare a sperimentare un primo livello di integrazione tra vita e cultura, tra fede e cultura, tra fede e vita.