Giuseppe Betori
(NPG 1994-07-6)
Dentro un progetto di evangelizzazione
Se si vuole capire, apprezzare e quindi utilizzare correttamente il Catechismo dei giovani /1 (CdG/1) Io ho scelto voi, occorre entrare nella storia dei catechismi e della catechesi della Chiesa in Italia dopo il Concilio.
Solo così si possono comprendere motivi e intenzioni che stanno dietro a questo e agli altri testi del Catechismo per la vita cristiana, così da rendersi capaci di tradurne le potenzialità nella concretezza della vita pastorale. Non si tratta di fare «archeologia», ma di inserirsi in un cammino ecclesiale, per condividerne le istanze e svilupparlo con creatività, ma anche con coerenza.
È indubbio che il Concilio segna una svolta per la vita pastorale delle nostre comunità e per la catechesi in modo particolare: ritorno più consapevole e organico alle fonti, riconquistata centralità cristologica, rifondazione teologica dell'attenzione al destinatario, dialogo aperto alle scienze e alle culture, ecc. Inoltre, con il finire degli anni '60, in forza del crescente peso del momento comunionale creato dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI), si inserisce nella vita delle comunità cristiane del nostro paese una struttura di proposta e di coordinamento pastorale, che diventa riferimento primario della progettazione pastorale, anche là dove si sceglie di ignorarla o perfino di osteggiarla.
Se dunque oggi in Italia la costruzione, di una esperienza di fede che voglia dirsi autenticamente ecclesiale non può edificarsi senza entrare in dialogo e senza accogliere gli stimoli che provengono dalla proposta pastorale e catechistica della CEI, appare doveroso conoscerla almeno nei suoi caratteri fondamentali, per cogliere, al di là delle singole proposte, lo spirito che la anima. Questo spirito, a livello pastorale, trova un punto di sintesi nella scelta di porre l'evangelizzazione al centro della vita e dell'azione delle comunità cristiane. È una scelta che si è andata coerentemente sviluppando in questi anni, con le accentuazioni che caratterizzano rispettivamente gli anni '70, '80 e '90, da «evangelizzazione e sacramenti» a «comunione e comunità» fino a «evangelizzazione e testimonianza della carità», attraversate a loro volta dalle sollecitazioni, più orientate al rapporto chiesa-mondo, dei convegni ecclesiali «evangelizzazione e promozione umana» e «riconciliazione cristiana e comunità degli uomini».
Va maturando in questi anni la coscienza di dover superare una pastorale di cristianità, che dà per scontata l'adesione alla proposta di salvezza e si preoccupa solo di gestire il suo sviluppo; che pensa di potersi affidare ad un contesto culturale omogeneo all'annuncio di fede e si preoccupa solo di consolidarlo. Tale quadro è stato ormai intaccato dal fenomeno della secolarizzazione, con i suoi aspetti positivi e negativi, tra la conquista della legittima autonomia delle realtà secolari e la riduzione della fede a fatto puramente privato perfino non compatibile con le esigenze della razionalità moderna.
Prenderne coscienza porta ad interrogarsi su come ricostruire le possibilità stesse della vita di fede nell'oggi della storia. È in questi termini che la Chiesa italiana si interroga su come accogliere l'invito che viene dal Concilio ad un rinnovato annuncio del vangelo all'uomo contemporaneo: è l'istanza che percorre il magistero degli ultimi papi, dalla Evangelii nuntiandi alla Redemptoris missio.
Nell'orizzonte dell'evangelizzazione va collocato anche il catechismo Io ho scelto voi. Pur essendo uno strumento propriamente catechistico, esso vuole tener conto di questa situazione di scarto tra messaggio e contesto storico in cui si colloca. Ancor più, il CdG/1 vuole proiettarsi su una visione dell'esperienza cristiana come realtà che deve continuamente rigenerarsi alle fonti evangeliche per attingere coerenza e propositività. L'istanza evangelizzatrice non è legata infatti soltanto alle contingenti situazioni storiche, ma viene riscoperta come carattere costitutivo di una esistenza cristiana, personale e comunitaria, che voglia ritrovare la perenne freschezza delle origini.
La catechesi che questo catechismo vuole servire presuppone, dunque, una Chiesa in forte dialogo-confronto con un mondo, il quale ha per lo più dimenticato le radici cristiane dei valori che lo permeano e assume in genere atteggiamenti di difesa e di sospetto di fronte all'istituzione ecclesiale e alle sue proposte; di qui la presenza nel CdG/1 di uno sforzo interpretativo del mondo giovanile e dell'intento di abilitare ad una utilizzazione ermeneutica della parola di Dio nei confronti della storia. In questa catechesi uno spazio non indifferente viene riservato all'appropriazione delle categorie fondamentali storico-salvifiche della fede cristiana, in vista di una identità che deve continuamente misurarsi con il cambiare delle culture; di qui il primato che nel nostro catechismo viene riservato alla dimensione cristologica ed insieme a quella ecclesiale che ne è la mediazione. La figura di adolescente credente che questa catechesi intende aiutare a maturare è caratterizzata da una forte spinta missionaria e testimoniale; di qui, nel CdG/1, la ricerca di promuovere non solo l'appartenenza ecclesiale, ma anche il concreto inserimento in un mondo in cui diventare positivi protagonisti.
Per educare alla vita di fede
All'interno di questo progetto di evangelizzazione, la catechesi si è riservata fin dall'inizio un compito specifico: di iniziazione, educazione e accompagnamento della vita di fede. Si può addirittura affermare che questa prospettiva precede quella della evangelizzazione e per diversi aspetti ne provoca la cosciente assunzione. Basta ricordare che, pur preparato da importanti momenti di confronto e riflessione, il documento della CEI su Evangelizzazione e sacramenti porta la data del 12 luglio 1973, quando da ben sette anni erano ormai definite le linee del rinnovamento catechistico che trova espressione e riferimento anzitutto in Il rinnovamento della catechesi (RdC), il documento-base della catechesi del 2 febbraio 1970, e poi nei diversi catechismi, pubblicati a partire dal maggio 1973.
I caratteri fondamentali di questo progetto catechistico sono riassunti nella Lettera, con cui i vescovi nel 1988 hanno riconsegnato alle comunità cristiane 11 rinnovamento della catechesi, ribadendo la validità delle sue scelte.
Si tratta anzitutto di promuovere una catechesi «per una mentalità di fede». In questa formula si esprime il passaggio da una catechesi incentrata sulla dottrina della fede e sulla acquisizione mediante un insegnamento, ad una catechesi che inizia ed abilita alla vita di fede mediante un processo di educazione. Le ragioni di questo orientamento, che trova autorevole riscontro sia nel Direttorio catechistico generale (n. 21 ) che nella Catechesi tradendae (nn. 18 e 25), sono così espresse al n. 30 de Il rinnovamento della catechesi: «La catechesi è esplicazione sempre più sistematica della prima evangelizzazione, educazione di coloro che si dispongono a ricevere il Battesimo o a ratificarne gli impegni, iniziazione alla vita della Chiesa e alla concreta testimonianza della carità».
Da questa impostazione nasce la configurazione del processo catechistico come itinerario permanente, con caratteristiche di sistematicità, gradualità ed essenzialità: non si tratta di dare tutto e subito, confondendo le esigenze della completezza con le pretese della esaustività, dimenticando che solo la permanenza e la progressività possono assicurare l'adeguata interiorizzazione di quanto viene proposto.
Sempre derivata dall'esigenza di educare la mentalità di fede appare un'altra caratteristica del progetto catechistico italiano: promuovere l'integrazione tra fede e vita, mediante gli obiettivi, tra loro organicamente collegati, della conoscenza della verità in vista dell'assunzione di atteggiamenti evangelici, capaci di alimentare concreti comportamenti di «vita nuova».
Il catechismo Io ho scelto voi si inserisce in questa prospettiva e ne vuole essere una traduzione efficace per l'età dell'adolescenza. Questo vale anzitutto per l'organicità del percorso: appare veramente difficile isolare questa o quella pagina del CdG/1 come momento esaustivo di conoscenza di una verità; il concetto di itinerario, di cammino, su cui si apre e si chiude il testo, non è una pura figura letteraria, ma il presupposto per l'acquisizione corretta di contenuti che insieme vanno maturandosi nella gradualità della proposta.
Lo stesso si può dire per il processo di integrazione tra fede e vita: nessuna verità viene proposta per se stessa, nessuna proposta viene fatta per una pura conoscenza; lo scopo dell'itinerario è proprio quello di far emergere le potenzialità vitali della verità evangelica e la sua natura storica; al termine del cammino non sta un giovane che sa di più, ma un giovane che è e che vive di più. Appare pertanto evidente che solo all'interno di un concreto progetto educativo possono emergere le potenzialità del catechismo, e che sarebbe veramente riduttivo confinarlo in una funzione puramente conoscitiva.
Centralità cristologica
L'altra scelta caratterizzante il progetto catechistico italiano è senza dubbio il cristocentrismo. «Centro vivo della fede è Gesù Cristo»: «scegliendo Gesù Cristo come centro vivo, la catechesi non intende proporre semplicemente un nucleo essenziale di verità da credere; ma intende soprattutto far accogliere la sua persona vivente, nella pienezza della sua umanità e divinità, come Salvatore e Capo della Chiesa e di tutto il creato» (RdC, 57 e 58).
Anche in questo caso ci si muove all'interno di un'ottica coerente con il magistero della Chiesa universale. Basta ricordare quanto afferma la Catechesi tradendae: «Al centro stesso della catechesi noi troviamo essenzialmente una persona: quella di Gesù di Nazareth, unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità', il quale ha sofferto ed è morto per noi ed ora, risorto, vive per sempre con noi... L'oggetto essenziale e primordiale della catechesi è... 'il mistero di Cristo'... Lo scopo definitivo della catechesi è di mettere qualcuno non solo in contatto, ma in comunione, in intimità con Gesù Cristo» (CT, 5).
L'accesso al mistero di Cristo passa poi attraverso l'ascolto e il confronto con le fonti della fede, in particolare con la Scrittura, la Tradizione, il Magistero. Mediante l'incontro con Cristo ci si apre al mistero trinitario di Dio, alla dimensione misterica della Chiesa, alla comprensione stessa dell'uomo come mistero. Cristologia, teologia, ecclesiologia e antropologia si intrecciano tra loro, non però in modo casuale: il mistero di Cristo è anche principio ordinatore dell'accesso alla verità, per una sua presentazione integra e completa, ma anche organicamente strutturata in funzione del principio della gerarchia delle verità.
Il catechismo Io ho scelto voi dà particolare evidenza a questa centralità cristologica. La esprime anzitutto nel proporre l'incontro con Cristo come snodo di ogni suo capitolo, secondo una disposizione che non è soltanto temporale ma anzitutto logica: in Cristo trova compimento l'attesa e la ricerca dell'uomo e da lui prende avvio ogni autentico rinnovamento dell'esistenza e della storia. Se l'architettura del CdG/1 è tale da permettere e addirittura favorire una ricostruzione dei vari passaggi con una successione diversa delle fasce in cui si articola ogni capitolo, resta però primario il ruolo fondante della fascia cristologica. È un ruolo che andrà in ogni caso rispettato: in Cristo e nell'incontro con lui si decide ultimamente della fede e quindi della sua educazione.
C'è però anche da osservare che questa centralità cristologica non è posta in alternativa alla dimensione ecclesiologica: il Cristo che viene presentato è il Cristo che la fede della Chiesa propone e testimonia nella sua predicazione, così come ce lo attestano le Scritture. Inoltre, il tracciato cristologico trova la sua naturale continuità nel cammino ecclesiologico cui è immediatamente collegato: la Chiesa non è altro da Cristo; essa è la continuità della sua presenza nella storia.
L'esigenza di affermare con coerenza e continuità il principio cristocentrico si estende nel CdG/1 fino all'impostazione della stessa professione di fede: il termine ultimo del percorso catechistico, la «redditio», nelle parole e nella vita, di ciò che è stato «traditum», consiste in una espressione che vede come soggetto fondamentale la persona di Gesù Cristo. Questo vale per la professione di fede al termine di ogni capitolo, che si configura anzitutto come una risposta alla domanda di Gesù: «Voi, chi dite che io sia?», a cui fanno da risposta tre affermazioni che dall'autotestimonianza di Gesù passano a considerare la Chiesa e il cristiano, sempre però in chiave cristologica. Anche la dossologia che chiude questi paragrafi finali dei diversi capitoli pone al suo centro la figura di Cristo. Un discorso simile e se si vuole, più accentuato va fatto anche per la professione di fede conclusiva dell'intero CdG/1, giocata sul duplice registro dell'«historia Christi» e dell'incontro attuale del giovane con il Cristo mediante il suo Spirito nella Chiesa.
Se insistiamo nel porre l'accento sulla impostazione cristocentrica delle professioni di fede del catechismo, non lo facciamo per sopravvalutare il loro ruolo: sappiamo bene che l'itinerario è assai più del pur importante momento di sintesi. E però anche vero che proprio nel far sintesi si possono individuare le strutture portanti dell'intero cammino. Tutto ciò vale ovviamente non solo per il testo scritto, ma anche per la catechesi viva: anche in essa è nei vari momenti di sintesi (confessanti, celebrativi, testimoniali, ecc.) che si può verificare a quali fondamenti si è affidata la stabilità dell'intero edificio della consapevolezza della fede.
Catechesi di comunità
Abbiamo già visto come il Cristo che la catechesi presenta è il Cristo annunciato nella e dalla Chiesa. Ma la realtà ecclesiale entra nel progetto catechistico italiano con ancor più ampie ragioni e potenzialità. Alla base sta la convinzione che la missionarietà non è un attributo estrinseco della Chiesa o una sua attività, magari delegabile a qualcuno, ma appartiene al suo stesso essere: «Tutta la Chiesa è missionaria, in forza della stessa carità con la quale Dio ha mandato il suo Figlio per la salvezza di tutti gli uomini» (RdC, 8). E al centro di questa missione sta il servizio della Parola, che «è l'esercizio della missione profetica di Cristo, che continua nella Chiesa» (RdC, 10). Di questa Parola, di cui è al tempo stesso «discepola e testimone» (RdC, 14), la Chiesa è responsabile, e lo è come comunità: «Nella Chiesa ogni credente è, per la sua parte, responsabile della parola di Dio. Ognuno riceve lo Spirito Santo per annunciarla fino alle estremità della terra» (RdC, 12).
Queste convinzioni teologiche fondamentali stanno alla base di una concezione della catechesi come compito che coinvolge tutta la comunità cristiana. In quanto parte del servizio dell'annuncio della parola di Dio, la catechesi è un'azione che coinvolge tutta intera la comunità. Questo, anzitutto perché la fede che si comunica è la fede che la comunità ha accolto e professa. In secondo luogo in quanto il cammino che la catechesi propone è un cammino di inserimento nella vita della comunità e di scoperta del ruolo originale che ciascuno ha nella vita della comunità stessa. E, ancora, di tutta la comunità e dei suoi membri ha bisogno chi si incammina sulla strada della propria maturità di fede. In questa luce va letta la nota affermazione del documento-base, secondo cui «prima sono i catechisti e poi i catechismi; anzi, prima ancora, sono le comunità ecclesiali. Infatti come non è concepibile una comunità cristiana senza una buona catechesi, così non è pensabile una buona catechesi senza la partecipazione dell'intera comunità» (RdC, 200).
Alla luce di queste considerazioni va valorizzata l'esistenza con cui il CdG/1 presenta il ruolo della comunità nel cammino di crescita nella fede dell'adolescente. Tre sottolineature meritano di essere fatte, per evidenziare l'importanza della dimensione comunitaria secondo questo catechismo.
Anzitutto la comunità è vista come il luogo in cui si realizza concretamente l'itinerario catechistico e la struttura che di fatto lo sostiene. Nella sua mediazione più concreta essa è rappresentata dal gruppo giovanile; ma al di là di questa pur importante concretizzazione, tutto il primo capitolo del catechismo tende a far uscire, fuori dal suo isolamento il giovane, perché approdi non ad una qualsiasi aggregazione, ma a una esperienza di comunione in cui possa ritrovare le tracce della presenza del Cristo.
Consapevole che non ogni gruppo è esperienza di Chiesa deve essere anzitutto il catechista; la scoperta che un gruppo può diventare esperienza di Chiesa costituisce a sua volta una delle mete del cammino di fede dell'adolescente. Appare pertanto importante una giusta valorizzazione del capitolo 1 del testo, non solo e forse non tanto come introduzione temporale all'itinerario catechistico, ma piuttosto come punto di confronto della sua autenticità, da utilizzare nel corso del cammino, come strumento di verifica.
La scoperta della comunità e del ruolo di ciascuno in essa costituisce ovviamente il contenuto fondamentale della quarta fascia di ogni capitolo e si articola nei diversi capitoli, sottolineando di volta in volta i temi dell'appartenenza, della comunione, della corresponsabilità, ecc. Un posto particolare all'interno di questa scoperta è riservato però alla vita liturgica e in specie alla vita sacramentale. Il fatto che la vita liturgica sia evidenziata nelle schede non deve far pensare ad una emarginazione; al contrario, il passaggio dal testo in cui essa è pur presente alla scheda dovrebbe aiutare a scoprire la centralità del momento liturgico nella vita comunitaria. Questa dall'evento sacramentale ha la sua origine e verso di esso tende come sua massima espressione. L'educazione alla vita liturgica diventa così un passaggio obbligato per una corretta iniziazione alla vita ecclesiale.
Nell'ambito dell'ecclesialità della catechesi va ricondotta anche la prospettiva vocazionale e missionaria che caratterizza Io ho scelto voi. Proprio questa prospettiva, per certi aspetti, potrebbe anzi essere considerata il contributo tipico del CdG/1 all'iniziazione ecclesiale dell'intero Catechismo per la vita cristiana della CEI. Il capitolo quinto dedicato specificamente alla scelta vocazionale e le fasce finali di ogni capitolo, che introducono ad una missionarietà testimoniale nella Chiesa e attraverso la Chiesa, sono i due punti di riferimento più importanti al riguardo. Ma tutto il tessuto espositivo del CdG/I vive in questa finalizzazione a convertire la ricerca di «protagonismo» da parte dei giovani in coscienza di un servizio da rendere, secondo un progetto che tutti accomuna nella Chiesa e nella storia.
Fedeltà a Dio e all'uomo
«Fedeltà a Dio e fedeltà all'uomo» (RdC, 160): è questo un altro degli slogan ben conosciuti del progetto catechistico italiano, ma anche una delle sue intuizioni più cariche di significato. La formulazione potrebbe indurre a qualche interrogativo, per chi volesse vedere in essa la faticosa ricerca di comporre tra loro due fedeltà reciprocamente escludentisi.
Chi pensa questo ha un'idea del tutto sbagliata di chi è il Dio dei cristiani e di chi è l'uomo per lui e alla luce della sua rivelazione. Le parole che seguono immediatamente nel documento-base bastano a chiarire ogni equivoco: «Non si tratta di due preoccupazioni diverse, bensì di un unico atteggiamento spirituale, che porta la Chiesa a scegliere le vie più adatte, per esercitare la sua mediazione tra Dio e gli uomini. E l'atteggiamento della carità di Cristo, Verbo di Dio fatto carne» (RdC, 160). Che la causa di Dio e quella dell'uomo non siano tra loro divergenti lo mostra appunto l'incarnazione del Figlio di Dio e il suo assumere la causa dell'uomo proprio come risposta fedele alla volontà, alla causa del Padre. Dice Gesù: «lo faccio sempre le cose che gli sono gradite» (Gv 9,29); e avverte che la volontà del Padre, ciò che a lui è gradito, si rivela nel fatto che egli «ha mandato il Figlio nel mondo... perché il mondo si salvi per mezzo di lui» (Gv 3,17).
Questa unica fedeltà incarna, a livello di attenzione metodologica, la volontà di aderire alla rivelazione di Dio non solo nei contenuti che essa propone, ma anche nelle modalità in cui si è espressa. Sono infatti i caratteri propri della «pedagogia divina» quelli che il progetto catechistico invita ad assumere e a far propri: nella dinamica del dialogo, nell'incontro interpersonale, nell'attenzione ai tempi della crescita e nell'accettazione delle regole della progressività.
Anche in questo aspetto, tipico del progetto catechistico in cui si colloca, il CdG/1 apporta un suo originale contributo. In questa prospettiva va anzitutto colta la funzione delle prime due fasce di ogni capitolo, quelle dedicate rispettivamente a risvegliare gli interrogativi dell'adolescente e a dare una prima forma compiuta a tali domande attraverso il modo con cui esse vengono assunte e proposte nella storia della salvezza vetero-testamentaria. È importante che si esca, al riguardo, dalle ormai vecchie dispute tra catechesi antropologica e catechesi biblica. Le prime due fasce dei capitoli non giustappongono due metodi catechistici. Al contrario, proprio attraverso lo stretto collegamento che si stabilisce tra loro, vogliono mostrare come dal profondo dell'uomo nascano attese che sono le stesse della parola di Dio e al tempo stesso come l'incontro di Dio con l'uomo si radichi in un circuito dialogico che caratterizza già la sua esistenza storica.
Questa circolarità dialogica, che si propone come traduzione della fedeltà a Dio e all'uomo, riemerge anche in un altro dei momenti tipici di questo catechismo: le pagine dedicate all'educazione alla preghiera. Ci troviamo anche in questo caso di fronte ad un apporto originale del CdG/I nella globalità del progetto catechistico e, insieme, incontriamo qui una delle provocazioni più interessanti per l'età adolescenziale. Educare alla preghiera, in tutte le sue diverse forme, non è accumulare modelli devozionali sulla testa dei giovani, ma aiutare a scoprire proprio nella preghiera una possibilità di uscire da se stessi e instaurare il più alto dei dialoghi, quello in cui la fatica dell'ascolto e della parola è il certificato più sicuro del valore di una comunicazione non scontata.
Ma il dialogo del cristiano non ha solo una dimensione verticale; esso si esercita anche verso i fratelli, in cui pure il Padre si fa incontro a ciascuno di noi. In questa prospettiva giocano un ruolo importante le pagine della professione della fede e le ultime due fasce dei capitoli, dedicate alla testimonianza. Dire la fede ai fratelli e vivere la fede con loro e per loro fa entrare in un circuito di reciproco arricchimento, in cui ciò che è stato consegnato e accolto viene riconsegnato come esperienza e convinzione vissuta.
Non da soli: il catechista
Il cammino formativo che il catechismo propone non si fa da soli. Abbiamo già detto che esso ha un luogo concreto di sviluppo che è la comunità. Ma, nella comunità, colui che si impegna a compiere il tragitto verso una più piena maturità deve incontrare qualcuno che sia al tempo stesso compagno di viaggio e testimone della verità che viene consegnata.
La figura del catechista appare essenziale mediazione perché i testi non rimangano tali e perché la comunità non venga percepita come una realtà indistinta e impersonale. Il progetto catechistico italiano non è soltanto un quadro ben ordinato di finalità e modalità di annuncio; tanto meno è soltanto un insieme di testi che propongono contenuti organicamente ordinati ed esposti con attenzione pedagogica; esso è anche movimento di catechisti, di uomini e donne che prendono coscienza di una ministerialità nella Chiesa e se ne assumono il carico non sempre facile e gratificante.
Le caratteristiche di maestro, educatore e testimone richieste alla figura del catechista possono essere colte come una «provocazione» nell'ambito della pastorale giovanile, che ben conosce un'altra e complementare figura, quella dell'animatore. Non so se sia giusto che ogni animatore debba anche assumersi il ruolo di catechista o se si debba pensare - almeno dove ciò è possibile - a ruoli e figure diversificate, da collegare insieme nella rete dei rapporti di un gruppo. È certo però che non può mancare, nelle modalità proprie dell'età, il momento della proposta autorevole di una verità che fa liberi, il momento in cui la verità viene percepita come vera libertà e quindi realizzazione delle attese più autentiche, il momento in cui questa verità viene proposta come vivibile e vissuta nella concretezza di una esistenza. Perché si diano questi momenti è necessaria la presenza del catechista o dell'animatore-catechista.
Io ho scelto voi racchiude queste esigenze soprattutto nelle prime pagine, che introducono all'itinerario vero e proprio, e che sono una guida anzitutto per il catechista, un richiamo alle motivazioni che ne devono sorreggere l'opera, una sobria indicazione del progetto che deve perseguire.
Ma tutta la proposta del testo attende la mediazione del catechista per potersi incarnare nella vita e nella storia concreta di un adolescente e di un gruppo. Si tratta di una mediazione particolarmente necessaria nel contesto dell'età adolescenziale dove le parole hanno bisogno spesso di tradursi in «gergo» e in ogni caso in «gesto» per essere significative. In questo senso la pagina del catechismo il più delle volte potrà essere il punto di approdo e non di partenza di un cammino iniziato dal dialogo con qualcuno che di quella pagina ha prima nutrito la propria consapevolezza di fede e la propria coerenza di vita.
La proposta del catechismo diventa proposta per i catechisti; proposta all'intera pastorale giovanile, perché ne riscopra il ruolo e ne aiuti la formazione. Essi non potranno pensarsi staccati da tutti gli altri ministri della Parola e specialmente dai catechisti delle altre età. Attraverso la concretezza delle persone si potrà favorire anche la coerenza di un progetto catechistico e pastorale che non può frantumarsi in settori separati. E, alla fine, mediante il collegamento dei catechisti con le altre figure ministeriali nella comunità, la stessa catechesi smetterà di essere separata e si ricongiungerà con tutte le diverse dimensioni della vita cristiana e con tutte le diverse vie liturgiche, testimoniali, ecc. con cui sa si edifica.