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    Alla radice dei valori. Una meditazione biblica



    Cesare Bissoli

    (NPG 1990-07-12)


    «Fra poco farò qualcosa di nuovo.
    Anzi ho già cominciato.
    Non ve ne accorgete?» (Is 43, 18-19).

    Oggi, nel giorno del Signore, il giorno della novità assoluta della resurrezione «per non morire più» (Rom 6, 9), vorrei andare alla radice dei valori che andate esplorando, cogliendo la matrice profonda di ogni valore, così come la prospetta il «grande Codice», la Bibbia, all'uomo di ogni tempo, anche di questo nostro tempo.
    Procederò per tre tappe.
    - Rifletteremo su come la storia, questa nostra storia che a noi sembra fatta di eterni e sconsolati ritorni («niente di nuovo sotto il sole», per dirla con il disincantato Qohelet 1, 9), in realtà è solcata da lampi e gemiti (i dolori del parto, annota Paolo in Rom 8, 22), tale da apparire come grembo fecondo e ininterrotto delle novità di Dio nel mondo.
    - La seconda tappa ci porta a ritrovare la segnaletica e le componenti che costituiscono tali novità.
    - La terza tappa riguarda i criteri di riconoscimento che garantiscono la bontà della nostra lettura.

    LA STORIA, IL GRANDE GREMBO DELLE NOVITÀ DI DIO

    Noi credenti moderni, nel vortice di una frammentazione esasperata del tempo, delusi dalla memoria e impauriti dalla profezia, siamo invitati a considerare una verità abituale ai primi cristiani, a Paolo, ai grandi Padri della Chiesa, e probabilmente perduta ed oscurata oggi: la storia profana, quella di tutti noi, del mondo, non è affatto spregevole e di poco conto, anzi è l'unica che abbiamo e ha sufficientemente svolgimento drammatico, per non tenere gli occhi aperti. Quindi occorre capirla, entrare nei risvolti, coglierne le offerte potenziali, i segni di marcia, soprattutto oggi che visioni storiche globali (come il marxismo) sono giunte al capolinea. Ebbene, con un originale contributo di grosso spessore umano, la fede cristiana ritiene che la storia profana si fa dentro e sotto un progetto di Dio, chiamato per questo analogicamente storia della salvezza, cui quella profana è vitalmente collegata. Quella di Dio non è un'altra storia, ma un altro modo di intendere questa nostra storia, vista come la «casa comune» (Gesù ama parlare del campo del mondo di cui Dio è il seminatore, Mt 4). Di tale storia la Bibbia dice le coordinate di fondo, il punto di partenza e l'esito finale, e su di essa chiama il credente a investire intelligenza e libertà. Parliamo della Bibbia, perché essa ne è il documento fondamentale; in se stessa un singolare segmento di storia profana (un nulla sull'arco dei secoli e millenni), che però si è autocompresa, alla luce delle grandi azioni di Dio, come cantiere della sua storia di salvezza, diventando così finestra aperta sul mistero di Dio e sul suo piano da realizzare nel nostro. Ora, una componente originale dell'intelligenza cristiana della storia sulla base della Bibbia, sottolinea come questa nostra storia sia come un utero pregno di valori nuovi, carichi di inedito positivo, la cui considerazione ed interiorizzazione ha una triplice rilevanza: dona respiro alla fede, apre ad un umanesimo della speranza, impegna nella trasformazione della casa comune, che è il mondo, secondo unità di valori che continuamente incalzano, tanto che fare i conti con il Dio biblico significa trovarsi confrontati non tanto con la mano a battersi il petto per i propri errori passati, ma con il corpo proteso in avanti a percepire traguardi nuovi e fare nuove corse. Due autori sintetizzano pienamente il pensiero della storia come «grembo fecondo», il Secondo Isaia e S. Paolo, entrambi significativamente vicini ad epoche turbate e di ripiegamento: di fronte alla schiavitù babilonese il profeta dell'AT, di fronte al terribile scenario di decadenza del mondo greco romano Paolo. Anzitutto uno stupendo testo del Secondo Isaia, l'anonimo discepolo di Isaia che dovette far fronte alla schiavitù di un popolo, alla degradazione della dignità dell'uomo. Si tratta di Israele, prigioniero in Babilonia nel VI sec. a.C. Il dubbio che Dio non fosse capace di modificare la situazione era lì, vecchio di sette secoli prima, quando il popolo era prigioniero tra il faraone e il mare e pareva che vincesse il faraone (Es 14): gli «aguzzini, prendendoli in giro, chiedevano canti di gioia» e loro, disperati, dovevano appendere ai salici le cetre mute (Sal 137). Ebbene, il profeta dà uno scossone alla loro stanchezza, e quando il loro futuro era più appesantito da ricordi dolorosi che confortato da speranze, prorompe con questo inno, sintesi rivelativa di come la storia profana, la loro triste e infeconda storia profana, fosse fermentata dalla storia di Dio:
    «Io sono il Signore vostro Dio, il Santo. Io ho creato Israele e sono il vostro re. Io ho aperto una via nel mare, una strada tra acque profonde; ho fatto partire carri e cavalli, esercito e soldati. Essi sono a terra, non possono rialzarsi; si sono spenti come un lumino e si sono consumati. Ora io vi dico: Non pensate più ai fatti trascorsi, non badate più al passato. Fra poco farò qualcosa di nuovo, anzi ho già cominciato, non ve ne accorgete? Costruirò una strada nel deserto, farò scorrere fiumi nella steppa. Persino le bestie selvagge, sciacalli e struzzi mi loderanno, perché avrò fatto scorrere acqua nel deserto, e fiumi nella steppa per dissetare il mio popolo che ho scelto. E questo popolo che ho plasmato per me celebrerà le mie lodi» (Is 43, 15-20).
    Paolo invece ha di fronte a sé lo scenario sconvolgente di morte di un impero, di una cultura, di un modello di uomo. Rom 13 è la danza della morte. Poi arriva il Cristo, il nuovo Adamo (Rom 5), e la storia riprende vigore come il grembo di una giovane donna:
    «Sappiamo bene che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo lo Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo» (Rom 8, 22-23).

    LE COMPONENTI DELL'AZIONE INNOVATRICE DI DIO NELLA STORIA

    Alla domanda dunque circa cosa fa Dio nella storia, possiamo rispondere che egli opera secondo una strategia di novità, quindi di cambio, di semina, di germinazione, di provvisori raccolti, di parto. Un Dio attivo per una storia dal segno aperto all'innovazione positiva. Sia il Secondo Isaia che Paolo pongono in risalto una scala di valori, che toccano da vicino l'esistenza, in cui se si bada al contesto si notano facilmente il mondo dell'uomo, ma anche quello delle bestie, del cosmo tutto; di tali mondi si preconizza un cambio che ha l'orizzonte della mondialità, la sintesi della pace, la purezza dell'ecologia nativa, le connessioni tra le persone, così vitali come la giustizia e la solidarietà. Ma ancora meglio, questi testi che esprimono uno svolgimento storico ci inoltrano a ritrovare le coordinate che esprimono le novità di Dio nella nostra storia. Sono come tre osservatori, che permettono una visione globale del progetto di Dio, attraversano i due Testamenti e sorreggono come pilastri la vicenda dell'uomo:
    - uno riguarda l'inizio e la fine della storia: è l'osservatorio della «creazione», che va dal «giardino» della Genesi ai «cieli nuovi e terra nuova» dell'Apocalisse;
    - il secondo riguarda il cammino nella storia: è l'osservatorio di «Abramo», e va da una patria alla patria migliore, coinvolgendo i figli di Abramo, il popolo di Dio prima e dopo Gesù (Eb 11);
    - il terzo riguarda il passaggio decisivo da una situazione ad un'altra: è l'osservatorio dell'«Esodo» ebraico e della Pasqua di Gesù.

    L'evento di creazione

    La prima componente profetica che la storia della salvezza riverbera sulla nostra storia è data dal pilastro che è l'evento di creazione. Abituati a leggerla come fatto cosmico, statico e chiuso (nella mentalità di molti un cumulo di pietre sarebbe più creazione che la fertile fantasia creativa della vita»), ci sfugge il profondo dinamismo di novità, di profezia aperta che la creazione esprime. Eccone alcuni tratti, per noi interessati alla qualità ecologica del mondo.
    Per l'uomo biblico la creazione segna il passaggio, più che dal nulla filosofico all'essere, dal caos al cosmo o mondo (mundus: pulito, ordinato: Gen 1); dal niente come orrore del vuoto, segno della siccità esasperata ed infeconda (la steppa bruciata dal vento di oriente di Gen 2, 4 ss) alla confortante presenza della vita nel giardino. E ciò non si compie nella piacevole facilità di un giochino, ma nella potenza straripante della Parola che mette in riga il Tohu e Bohu, il Tehom, l'esercito celeste, onorato come Dio (il Dio sole in Egitto) tanto era non padroneggiabile. La creazione sarà la matrice feconda di ogni fecondità e novità.
    Possiamo vederci questi esistenziali.
    - La realtà è positiva, anche se amara, anche se deforme. È più forte, è vittoriosa di queste contraffazioni, che del resto sono posteriori, provocate dal peccato. Esserci è meglio che non esserci, anche quando l'esserci è oscurato dal malessere.
    - Il valore della creazione è tale non perché c'è una volta per tutte (archeologia), ma perché ciò che è iniziato continua ad esserci fino alla fine (escatologia). Essa rappresenta il codice genetico del mondo. La nascita di un bambino è l'alba della creazione che si compie.
    - Dall'evento della creazione veniamo a conoscere la novità assoluta e centrale del tempo dell'uomo (non per niente il suo giorno, il sesto, è quello più vicino al giorno di Dio, il settimo, la sua vigilia, così come nel suo essere l'uomo è l'immagine di Dio), ed il tempo dell'uomo e della donna; forse una delle sorprese che solo oggi possono realizzarsi, dopo duemila anni di patriarcalismo, eppur di sussulti di splendida protesta femminile consegnata nelle figure di Sara e di Maria.
    - Nessun uomo viene all'esistenza per caso: egli è sempre termine nuovo dell'amore creativo di Dio, sua geniale trovata.
    Qui raggiungiamo il primo anello del progetto di Dio che fascia la storia dell'uomo.
    - Il mondo, e la sua storia, non va dato per scontato, né oggetto informe di rapina, ma luogo della sua inesauribile ed inedita rivelazione: «I cieli narrano la gloria di Dio» (Sal 19). Su questo piano ritroviamo come valore quello che è il tesoro del mondo, della madre terra, da conservare e valorizzare, la nostra vocazione ecologica totale. Al cuore del valore ecologico, l'uomo, come uomo e come donna.
    - Di tale valore una testimonianza carica di novità: l'enorme ed ansiosa ricerca scientifica da capire come apertura delle nostre possibilità per volere di Dio. - Due gli atteggiamenti dominanti: lo stupore e il rispetto, il progresso e la contemplazione, i sei giorni di lavoro e il settimo giorno del ringraziamento e del gusto della vita, la festa.

    L'esperienza di Abramo

    Un secondo osservatorio, che fa da pilastro al progetto di Dio, ci permette di conoscere una seconda componente profetica della nostra storia, un altro aspetto dell'inserimento della storia di Dio nella nostra di uomini: è data per noi credenti dall'esperienza di Abramo.
    Abramo è l'uomo che per avere deve cercare, i cui valori sono sotto il segno di un pellegrinaggio verso una patria nuova. Il suo migliore stato è nel suo futuro, e il presente Dio lo fa in promessa. D'altra parte Dio benedice Abramo, gli confida una vitalità grande quanto il mondo (la discendenza, l'autorità, la ricchezza). Dunque un futuro non enigmatico, ma carico di pienezza: è lo shalom, la pace (v. Gen 12-17).
    Qui i riflessi esistenziali sulla concezione della storia come grembo del seme di Dio sono peculiari, tipici della religione ebraico-cristiana.
    Vediamone alcuni.
    - Abramo è il semita, uno spicchio di umanità, viene dopo Adam, l'umanità. È un restringersi del grembo fecondo del mondo. Anzi apparentemente in Abramo impotente e in Sara sterile parrebbe la fine del mondo della vita, sicché il parto dei valori si fa tra dolori sempre più lancinanti, giungendo all'impossibile possibile del padre chiamato a sacrificare il figlio Isacco (Gen 22). È capitato un fatto traumatico, che il credente non dimenticherà mai: la storia di Abramo rivela che ciò è valido nella storia di tutti, per il grave, oscuro mistero del peccato di partenza o di origine, sarà sotto il segno della fatica, e il bene di partenza (il giardino) si propone davanti a noi, meta di una lunga marcia. Il nostro migliore ricordo sarà il nostro futuro.
    - Di qui il senso profondo e robusto del motivo della promessa che costituisce la portata rivelatrice dei Patriarchi: la nostra realizzazione di valori in termini di pienezza sarà nel futuro, in questo senso mai raggiungibile totalmente. Fare valori significa modificare l'uomo. Ebbene: annuncio realistico della visione biblica, l'uomo è ferito e i suoi valori con lui. Tutto ha bisogno di ricreazione, di purificazione, di redenzione. Questi doni della vita, dell'amore, della speranza deposti sulle nostre mani sempre sporche! E quindi il cammino, l'inesauribile pazienza di continuare a costruire i valori che si vogliono, diventano una qualità obbligata di chi crede da cristiano nei grandi valori.
    - Ma Abramo non è solo affermazione del filo rosso del cammino faticoso del beduino verso i prati verdi; giacché la sua condizione di vedere il suo futuro sempre sotto promessa, vuol dire anche che per lui esiste una reale promessa di futuro. Di fatto, perché sa che la sua storia la trova sotto la consegna di una promessa di una storia rinnovata, sigillata dalla fedeltà giurata di Dio in termini di alleanza, egli può banchettare, con il riso della speranza, sotto la tenda (Gen 18) e pensare alla moglie del suo figlio (Gen 24), ai greggi del suo parente Lot (Gen 14), intercedere per i giusti (se ve ne sono a Sodoma e Gomorra) (Gen 18,16-33). Egli è un benedetto da Dio.
    - Questo significa più cose:
    * non solo il creato come natura, ma come storia è sotto la mano di Dio; e con il torbido delle sue azioni sporche (da Sodoma, Gen 19, ad Auschwitz), la storia conosce i lampi della migliore umanità (dall'ospitalità munifica del patriarca Abramo, Gen 18, agli ashram di Madre Teresa a Calcutta);
    * la storia può essere grembo della vita, di valori; anzi non è sotto la maledizione del fungo atomico, ma sotto la benedizione che la vuole terra in cui scorre latte e miele, la terra della pace universale;
    * l'uomo, ogni uomo, porta in sé la benedizione del padre Abramo, per cui può sperare contro ogni speranza (Rom 4), e la sua esistenza è più importante di quello che a lui sembra. Per quanto sporche, è sempre su queste mani che si depone il bene di Dio, come è pur in una stalla che fu deposto il suo Verbo;
    * vorrei richiamare una profezia di altri valori da questo grembo della storia riletto dall'esperienza di Abramo: la storia dei Patriarchi è la storia di fratelli e sorelle, di zii e nipoti, di cognate e cognati, di parenti, di cognate sempre in movimento e in relazione di aiuto tra loro (Esau, Giacobbe, Rachele e Lia, Giuseppe e i fratelli, Sara e Agar, Isacco ed Ismaele, Abramo e Lot, Giacobbe e Labano). Ancora di più: è il momento in cui sono nominati e vivono in rapporto di pace le tante tribù che posteriormente saranno oggetto di fiera inimicizia. Vi è che vi ha letto una pagina profetica per oggi, dove arabi ed ebrei non si riconoscono entrambi quelli che sono, figli della promessa, attraverso Isacco ed Ismaele (Gen 16).
    Qui raggiungiamo un secondo anello, più ristretto ma essenziale, del progetto di Dio che fascia la storia dell'uomo, l'insieme delle sue vicende. Tale storia è sotto una promessa giurata di Dio, promessa di valori di vita e di speranza, faticosi ma reali, dove, per quanto lugubri siano i misfatti e estesa la geografia dei sepolcri, vi è pure una benedizione che conduce il mondo a pienezza.
    - Vi troviamo in filigrana il valore della pace, dello shalom, che vuol dire appunto pienezza di beni, come meta del mondo, pace che si fa per ogni passo che conduce in tale direzione. Pace che nell'intreccio della fraternità e negli incontri tra le diverse tribù (gli arabi venerano Abramo quanto gli ebrei: si veda ad Hebron) diventa certamente valore voluto da Dio, e sia pur con sofferenza, accolto e voluto dal credente.
    - Testimoni eccellenti sono coloro che costruiscono la pace, dirà Cristo: Francesco e Follereau, l'Onu e Lanza del Vasto, quanti credono nella nonviolenza e cercano riconciliazione.
    - Qui allo stupore e al rispetto della creazione si affianca il senso di una consegna operosa: portare il mondo all'approdo della terra promessa. Consegna che si fa insieme pazienza resistente e speranza: in quanto promessa ci troveremo sempre al di qua della soglia delle attese di Dio (di pace, di solidarietà, di giustizia ne dovrà parlare ogni generazione); e, d'altra parte, in quanto promessa benedetta da Dio, avanziamo nella speranza: i valori in fondo avanzano e crescono al ritmo delle nostre speranze, della nostra dedizione ad avere speranza e nel generare speranza. «Con la vostra resistenza salverete le vostre vite» (Lc 21, 19).

    L'evento pasquale dell'esodo

    Un terzo e ultimo contrassegno del grembo fecondo del mondo, dopo la creazione e l'esperienza di Abramo, si manifesta nell'evento pasquale dell'esodo. È il terzo fondamentale osservatorio della storia della salvezza.
    Esso rappresenta il tratto più celebre, nella coscienza ebraico-cristiana, della direzione di marcia della storia e dei suoi valori, punto di raccordo della sommità dell'azione di Dio nel mondo, con Mosè prima e poi con Gesù (Gesù non si paragonerà mai ad Abramo, si dirà insieme figlio e superiore, ma agirà e sarà capito come nuovo Mosè: Vi hanno detto, ma io vi dico: Mt 5, 20), ovviamente su livelli diversi quanto è l'intensità delle due tappe della storia della salvezza. Ebbene l'esodo biblico, lo sappiamo tutti, più che un pellegrinaggio, come nel caso del padre Abramo, rappresenta un passaggio cruciale, largo quanto una fetta di mare o il tempo di un'agonia sulla croce, ma passaggio decisivo, da una condizione a un'altra dai tratti reciprocamente antitetici in misura radicale. L'AT sceglie la categoria del passaggio dalla schiavitù alla libertà; i racconti evangelici dalla morte alla vita; Paolo ai cristiani di Corinto vi aggiunge il passaggio dal vecchio e fatiscente al nuovo vigoroso (1 Cor 5, 7). Converrà aggiungere che, al di là della sponda del mare, i liberati non vi fanno picnic: il deserto grande e terribile li incalza per un cammino che ha la prima vera sosta rinfrancante solo al Sinai. Il Sinai ha dato una nuova direzione alla storia: allora la liberazione viene compresa nella sua radice, come azione di un Dio forte ed amico che stabilisce con il suo popolo tale è ormai la massa dei fuggiaschi un patto di reciproca fedeltà (alleanza): Io sarò il tuo Dio, tu sarai il mio popolo; questo popolo riconoscerà che Dio è il Signore degli uomini liberi e che la sua qualità di popolo libero sta nel servizio di Jahvè, di cui accetta la Torà, i comandamenti della vita (Es 124).
    Qui i riflessi esistenziali sulla concezione della storia come grembo di valori sono tra i più consistenti, tanto che non è valore compiuto raggiunto per un cristiano se non quello che ha fatto un passaggio pasquale, un bagno nel mar Rosso, che ha raggiunto la sommità del Sinai e la collina del Calvario. Specificatamente lo scenario del mondo e della storia attraverso l'Esodo appare segnata almeno da tre lineamenti:
    - ciò che è valore non può esserlo che nell'ordine della libertà, perché la libertà è il più grande valore. Produrre valori di libertà, quindi di liberazione, è l'anelito più vivo della storia, sciogliendo i ceppi di schiavitù che via via, in forza del male oscuro, l'uomo fa verso altri uomini, verso la natura, verso se stesso (si pensi all'enorme ripercussione della liberazione dei paesi dell'est europeo);
    - il valore libertà che sta dunque nel cuore di ogni valore non è produzione autentica dell'uomo. La potenza di un faraone (rappresentazione di Dio per eccellenza nel mondo antico: basta vedere le tombe dei re in Egitto sulla sponda occidentale del Nilo) non può che fare degli schiavi ed opporsi alla loro libertà con mille seduzioni e magie (Es 15). Solo «un Dio ci può salvare», annotava pensosamente Heidegger, il profeta dei tempi moderni dopo l'evento di Auschwitz. I valori nel seno della storia esigono liberazione dalla incombente malvagità del cuore, e solo una legge di vita volutamente accettata, dei punti di riferimento dove Dio è riconosciuto l'unico che «ti ha liberato dal paese di schiavitù e dove tu rispetterai la vita, l'onore, i beni del tuo prossimo a partire dalla vedova, dall'orfano e dal forestiero» (v. Deuteronomio), ebbene solo questi parametri obiettivi, queste Parole di Dio interiorizzate nella coscienza garantiscono il valore della libertà;
    - infine l'evento dell'Esodo ripropone per la prima volta la costituzione di un popolo: tante tribù, etnie, dall'esperienza della comune schiavitù (e quando si è in tanti a star male le possibilità sembrano più difficili) passano alla comune libertà, diventando popolo di Dio depositario della libertà ricevuta per tutti. Le leggi che conseguono all'evento, queste ringhiere della libertà saranno finissime nel rilevare il valore della fraternità e della solidarietà a partire dagli ultimi: la legge del giubileo lo testifica ampiamente.
    Qui raggiungiamo il terzo anello del progetto di Dio che fascia la nostra storia di uomini, apportandovi delle connotazioni essenziali per chi considera la storia grembo fecondo di valori.
    - Essenzialmente si annuncia la dimensione della libertà, che più che valore è la garanzia di ogni valore. E che tale libertà sgorga da un atto di liberazione donato da Dio e corredato di energie che ne mantengono il flusso fresco. Vi si leggono in filigrana valori determinanti per il conseguimento di ogni altro valore:
    * Chi vive al passo con la storia riconosce per esperienza antica che la schiavitù, l'abbrutimento, la perdita di valori è continua tentazione dell'uomo, per lo più facendosi lui oppressore dell'altro. Vi è così nella storia la crescita dei valori e l'escrescenza dei non-valori, come nel cancro. Sono le due correnti, calda e fredda, che si giocano la storia. Il cristiano sceglie di far fare esodo alla storia, di liberarla.
    * Ciò lo porta a recepire che la storia è anche campo di lotta, e le cose belle non vengono per automatismo, ma come impegno esposto a contraddizioni, solitudine, concorrenza da parte di altri progetti. Fino a fare il sacrificio di sé, come Gesù.
    * Non si possono dimenticare i «verbi» di Dio, come quella prima volta in Egitto: «Ho visto le disgrazie del mio popolo in Egitto, ho ascoltato il suo lamento, ho preso a cuore la sua sofferenza, sono venuto a liberarlo dalla schiavitù degli Egiziani, lo farò uscire da quel paese, e lo condurrò verso una terra fertile e spaziosa dove scorre latte e miele» (Es 3, 78). Di qui la percezione acuta di non aver mai a produrre «grida» di oppressi, e di ascoltare invece il lamento di ogni oppresso, ingaggiando un impegno di liberazione come vocazione nativa e acconsentendo a tutte le iniziative che vogliono favorire la libertà.
    * Ciò implica avere il gusto della pulizia interiore come garanzia della libertà, e cioè la capacità di vedere e mantenere la purezza del cuore liberato, la trasparenza della luce che dona la fede, simboleggiata dalle tre albe: l'alba del mondo, quella del passaggio del mare dopo una notte di paura, l'alba della risurrezione di Cristo.
    * Non ce la faremo mai da soli: maturare valori è in fondo salvarli da tante agenzie subdole di contraffazione e di illusioni. La salvezza viene da Dio. Sicché l'esercizio della libertà si fa tanto impegno quanto contemplazione, riflessione sulla Parola di Dio, preghiera.
    - Amiamo vedere come testimoni dell'esodo coloro che aiutano la liberazione dell'uomo: Mons. Romero con il suo popolo aiutato a liberarsi dalla fame, dalle malattie, dall'oppressione; ma ne è testimone anche chi libera il cuore dalla malvagità con l'educazione, con la catechesi, con il sacramento; quanti danno alle persone degli emarginati la grazia di trovare un passaggio alla vita.
    - Qui il contatto con la storia suscita sentimenti di fragilità, anzi di umiliazione, ma suscita anche il coraggio di non avere paura della libertà ricevuta (il cammino nel deserto). Questo è anche il tempo del canto dei salvati (Es 15) e quindi il momento migliore della fraternità e solidarietà, mai così forti come quando ci si sa reduci dallo stesso campo di concentramento e fruitori della stessa salvezza.

    Creazione, Abramo, esodo: oltre l'Antico Testamento

    Vogliamo concludere, superando l'idea che basti l'AT per descriverci il grembo fecondo della storia, la direzione dei suoi valori. In realtà i tre aspetti considerati della storia della salvezza costituiscono i tre pilastri del mondo, la trama vitale del grembo fecondo, con una simmetria originale:
    - il pilastro della creazione, per cui la storia è aperta e buona, lancia la sua gittata sulla conclusione, quando i cieli nuovi e la terra nuova manifesteranno la crescita adulta del mondo. Genesi ed Apocalisse, primo ed ultimo libro della Bibbia, si richiamano come inizio e conclusione; il padre Abramo in cammino verso la promessa è un pilastro del progetto di Dio che si prolunga nel popolo che da Lui discende numeroso come le stelle del cielo. Vi riconosciamo la Chiesa che del padre continua l'avventura della fede fonte di vita e cammino della speranza;
    - l'evento infine dell'esodo ripropone nel grembo della storia il brivido e la vocazione alla libertà: come grazia, come impegno liberatore, come lotta alle suggestive attrazioni della schiavitù, come partecipazione alla potenza della Risurrezione. L'evento di creazione rappresenta dunque l'inizio e l'approdo che la storia della salvezza depone nel grembo della storia profana quale fonte e meta di ogni valore. Abramo pellegrino, e il popolo di Dio con lui e dopo di lui, evidenziano il cammino a cui è chiamata la storia che dagli inizi porta alla meta. L'esodo di Israele e la Pasqua di Cristo rappresentano invece il drammatico e necessario passaggio, per avere il senso delle origini e della meta, e la forza orientatrice del buon cammino.

    CRITERI DI RICONOSCIMENTO

    Abbiamo visto come la storia dell'uomo, bloccata inesorabilmente nelle due dimensioni di spazio e tempo, ha ricevuto da Dio la terza, inaudita dimensione: la profondità, la profondità nei disegni di Dio, del Dio della vita, del Dio che rende fecondo il seno del mondo. Questa «profondità» feconda e inaudita del pensiero di Dio rivelata nel suo ultimo senso dal Verbo stesso di Dio, Gesù di Nazareth, il frutto più alto e decisivo del grembo della storia, fecondato dallo Spirito di Dio. Egli riempie perciò la scena delle decisioni dell'uomo (un brano come l'incontro con il giovane ricco: Mt 19, 16-26 ne è testimonianza incisiva ed impressionante) e con autorità proporre tre «segreti»-criteri con cui leggere il passaggio di Dio nella storia.

    La semente abbondante

    Il primo criterio lo cogliamo da Giov 4, 31-38. In territorio samaritano, tradizionalmente ostile, quindi religiosamente pagano, estraneo al popolo di Dio, Gesù dopo aver colto un significativo fiore di quel campo, la Samaritana, solennemente afferma: «Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura» (4, 35). Egli annuncia con parole usuali, metafore agricole, ma secondo la densità del linguaggio giovanneo dischiude lo sguardo sulla grande messe messianica. Il mondo non è deserto, da quando è venuto il Regno di Dio in Gesù, ma è messe per la mietitura, pane e vino che allietano il cuore dell'uomo. Sono i raccolti della terra rifatta felice dell'Eden, che ha ripreso a maturare l'albero della vita con l'avvento del nuovo Adamo. È il criterio corrispondente al grande evento esistenziale della creazione, rivelativo che essa assume in Gesù il valore di fatto germinale: il Regno di Dio fa, produce messe, raccolto. Come credenti siamo nella condizione non di fare mondi nuovi, ma di coltivare il seme di Dio nel grembo della terra, secondo i pensieri di Cristo.

    Vino nuovo in otri nuovi

    Il secondo criterio lo troviamo in Mc 2, 1822. Gesù incontra persone disposte a riconoscere il cambio del mondo nell'avvento del Regno, come i discepoli del Battista, ma essi sono portati ad accoglierne i segni secondo schemi vecchi. Più che un andare avanti secondo la violenta energia del Regno (Mt 11, 12), come il Padre Abramo, tendono a portare la storia indietro. Gesù reagisce: «Vino nuovo in otri nuovi» (2, 22). Gesù intende esprimere che ciò che Dio produce nel senso del mondo rompe ogni schema, non è riconducibile a forme più o meno razionalizzate, quindi controllabili, di progetti solamente umani. Ha piuttosto la qualità della sorpresa, sia perché ciò che avviene è dono assoluto, sia perché proprio perché dono di Dio oltre gli otri vecchi delle nostre diffidenze, delle nostre paure. Se ha da essere nuovo il futuro del mondo, pensa Cristo, lo sia veramente: quindi invita i discepoli a pensare in nuovo, aprirsi al nuovo, all'inedito. Non significa elogio dell'irrazionalità, del carismatismo (altrove Gesù invita alla saggezza nelle imprese: Lc 14, 2833), ma superamento di una fede angusta, di controllo perplesso di ciò che Dio sta fermentando nell'otre della storia. Si ritrova il senso di un cammino, quello del popolo di Dio, a partire dal padre Abramo, che è cammino se va avanti, verso il futuro, e non crede di costruirselo con astuzie che bloccano i grandi pensieri di Dio.

    Il chicco di grano

    Il terzo criterio è contenuto in Giov 12, 20-36. Gesù è verso la fine della sua stagione terrestre. Egli si trova a riflettere sulla sua missione e sull'imminente esito che Gesù non poteva non prevedere come «ora» dolorosa. Ebbene, allora Gesù afferma: «In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, allora porta molto frutto» (12, 24). Gesù pone in risalto il criterio dell'esodo, della pasqualità. Per realizzare il progetto di Dio nella storia vi è pure una esigenza di fedeltà radicale, che non si smuove nemmeno a fronte delle tante delusioni, di apparenti aborti della storia stessa, di smentite a prima vista schiaccianti dei pensieri di Dio, la sua benedizione delle messi e la novità generosa del suo vino. Ai cristiani in cammino nella storia non sarà risparmiata la vista desolante di carestie e la necessità di degustare acqua insipida e sporca. Vi è sempre un faraone, uno spirito del male ricco di forza abortiva. Credere vuol dire sacrificarsi. I valori evangelici non nascono come noccioline, ma hanno di fronte a sé il palo della croce del Maestro: peraltro risolto positivamente nel mondo nuovo della risurrezione. È facile vedere, nelle parole del chicco di grano che muore e porta frutto, la legge dell'esodo, il passaggio decisivo dal continente, dalla mentalità di schiavitù a quello della libertà. Entro inevitabili conflitti: una fuga di notte, l'insidia dell'avversario, l'apparente silenzio di Dio, una marcia nel deserto, una prestazione di coraggio esigenti e non sempre ben capiti.

    Conclusione

    I valori che contano, nel progetto di Dio testimoniato dalla Bibbia, nascono dal grembo fecondato dalla Parola di Dio, dalle sue decisioni grandi e solenni. Attraverso l'intervento di Gesù, riconosciamo tre cose:
    1. Anzitutto grazie a Lui avviene la fioritura della grande messe del mondo, la restituzione alla sua vocazione di giardino, il compimento del desiderio dell'ecologia totale.
    2. Il cammino che portiamo avanti verso il compimento del mondo nuovo, Gesù garantisce che avviene nella sorpresa sempre nuova dell'azione di Dio che semina germi di shalom, di pace, cioè di riconciliazione degli opposti, di reintegrazione dei divisi, di superamento di barriere, di comunioni di diversi, di unità fra tutti. La novità della giustizia e della solidarietà.
    3. Un passaggio è richiesto all'uomo che accetta il progetto di Dio nel grembo del mondo: decidersi di superare il mare e salire sul monte dei decreti del Signore, per accettare la legge della vita. Questo passaggio è possibile: in Cristo della Pasqua viene offerto a tutti. È un passaggio che sa di croce, ma che sfocia nella risurrezione, nell'esito positivo. Il popolo dei cristiani si lega in comunità di cammino: fa Chiesa. Il loro modo di cercare e fare valori è di offrire come grembo della vita, esperienza di solidarietà, luogo della pace, la propria storia di popolo esperto e credibile.
    E il popolo dei cristiani si dà un memoriale perenne della storia di Dio nella storia dell'uomo, memoriale che ingloba in sé il primo giorno della creazione e l'ultimo della consumazione che rappresenta pure un popolo di pellegrini, che ripropone la legge feconda del chicco di grano: è la Pasqua, l'Eucaristia.
    Ogni cena è annuncio del mondo nuovo: l'ecologia del pane bianco, puro, e del vino genuino, la giustizia dell'uguaglianza a partire dai poveri, la solidarietà della fraternità, una visione cattolica, universale delle cose, la pace come segnale e come consegna finale.


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