Mediazione politica e associazioni educative


Mario Pollo

(NPG 1988-07-15)


Mai come in questi tempi la politica ha goduto di così scarsa considerazione e di così scarso prestigio. Eppure mai come in questa epoca la politica appare alla coscienza comune come una funzione essenziale al governo dei sistemi sociali odierni. C'è in ogni persona la consapevolezza che la elevata complessità di questi sistemi sociali non consente il loro governo che attraverso una efficiente funzione politica.
Questo paradosso affligge la coscienza delle persone che sentono in modo più lucido ed acuto la responsabilità della partecipazione alla vita sociale. Infatti mentre da un lato l'etica spinge queste persone verso l'impegno sociale e politico, dall'altro la stessa etica le fa ritrarre per non essere coinvolte nel degrado morale della politica. Il risultato di questa spinta contraddittoria è sovente una sorta di paralisi che porta molte persone a rifugiarsi nell'isola del privato e della microsocialità dei rapporti primari.

ALCUNE PREMESSE SU POLITICA E ASSOCIAZIONI

Per fortuna oggi sta emergendo una nuova, ma dal cuore antico, dimensione della politica che consente di sfuggire alla attrazione paralizzante del paradosso cui si accennava prima.

Una definizione di politica

Le definizioni più vecchie propongono la politica come: «l'arte o la scienza di governare uno Stato e di regolare le sue relazioni con gli altri Stati» (cf N. Tommaseo, Dizionario della lingua italiana).
Le definizioni più recenti, specialmente quelle che provengono dagli studi sociologici, arricchiscono e ampliano il significato di politica, attraverso il ricorso all'espressione «sistema politico». Con questa espressione si intende solitamente «l'insieme delle azioni e delle istituzioni sociali che hanno la funzione di dirigere una collettività verso scopi condivisi dai membri» (T. Parsons).
Secondo definizioni ancora più recenti il sistema politico è «costituito da quelle attività, istituzioni ed organizzazioni che mantengono o tendono a ribaltare un determinato assetto del potere politico e determinate sue regole, e sono a tale funzione precipuamente dedicate, distinguendosi dal resto della società, lo stato, i governi, i partiti, i sindacati, le associazioni e i gruppi di pressione» (Enciclopedia di filosofia, Milano 1981).
Questa definizione fa comprendere come il governo di una società complessa non sia concentrato in una sola istituzione o in una sola funzione ma, bensì, come esso sia diffuso in tutte le aggregazioni sociali il cui scopo sia di natura collettiva.
Il concetto di sistema politico è, da questo punto di vista, quello che consente di comprendere meglio il dominio dell'azione politica in una società complessa contemporanea. Esso consente perciò di dire che la politica non è più solo l'arte del principe, ma quella attività democratica che consente alle persone di partecipare, guidando o seguendo non importa, alla realizzazione di scopi che siano condivisi almeno da una parte dei membri della società. È politico, quindi, tutto ciò che conserva o che modifica le regole del gioco sociale, i valori che le ispirano ed i comportamenti che le esprimono.
Questa affermazione non vuole affatto negare che esistano diversi livelli di efficacia e di potere politico nel sistema sociale, per cui non tutte le azioni politiche possono essere collocate sullo stesso piano, ma solo ribadire che ogni azione collettiva, o individuale orientata al collettivo, ha una qualche efficacia politica.
Applicando rigorosamente le conseguenze di questa osservazione non si può non rilevare la cooptazione alla politica che il concetto di «sistema politico» fa nei confronti dell'associazionismo. Ma prima di sviluppare coerentemente questa constatazione è necessaria l'esplorazione della dimensione etica della politica e del suo significato per l'individuo che la esprime.

Una definizione di politica prendendo spunto da Max Weber

Il grande sociologo tedesco Max Weber ha fornito una delle più interessanti definizioni di politica dal punto di vista etico. Essa dice che l'azione politica nasce dalla sintesi di due morali: quella di responsabilità e quella di convinzione.
L'espressione «morale di responsabilità» indica la morale che nasce dall'esigenza di tenere conto dei vincoli, dal punto di vista del potere, che l'azione politica incontra per realizzarsi. In altre parole essa è la responsabilità che chi la promuove si assume in ordine alla sua realizzazione concreta.
L'espressione «morale di convinzione» indica, invece, la necessità che chi promuove l'azione politica ha di mantenersi fedele ai valori ed agli ideali in cui crede. Ciò significa che l'azione politica deve essere svolta in modo che risulti fedele al sistema di valori e di credenze che scaldano il cuore della persona e, perciò, alla utopia individuale e collettiva in cui si identifica.
Secondo Weber la politica, per essere efficace, deve essere un delicato punto di equilibrio tra i valori del potere e quelli dell'utopia. Se l'utopia non fa i conti con il potere, genera una pericolosa e illusoria forma di integrismo. Allo stesso modo se il potere non fa i conti con l'utopia, dà vita ad un pragmatismo privo di senso che non sia quello di un mortifero utilitarismo.
La politica è un fatto etico globale perché sollecita la persona a giocarsi in tutte le dimensioni in cui si articola la sua responsabilità di essere cosciente e perciò libero ed autonomo. La politica non è né il sognare ad occhi aperti, né la sola azione tesa ad acquisire, conservare ed aumentare il potere. È invece vera politica sognare una realtà che è concretamente realizzabile nel dominio dello spazio-tempo della storia.
Mettendo insieme la definizione di «sistema politico» con quella di «politica in senso etico», si può tentare di individuare una definizione politica utile per il ragionamento che qui dovrà essere svolto.
La politica può essere intesa come quell'azione tesa a dirigere una società verso gli scopi condivisi dai suoi membri che si manifesta, contemporaneamente, sia a livello di valori e di principi ideali sia di distribuzione del potere sociale. Questa azione, come si è visto, può essere condotta attraverso particolari forme di organizzazione sociale tra cui rientra a pieno titolo quella della associazione.
In una società complessa quale la nostra, è escluso che l'azione politica possa essere efficacemente compiuta nella dimensione prettamente individuale. Infatti i gesti individuali per essere efficaci debbono collocarsi all'interno di una qualche forma di organizzazione sociale efficace ai fini politici. La politica non può più essere semplicisticamente intesa come la partecipazione dei singoli cittadini alla vita della Polis. Questa partecipazione deve essere mediata da appartenenze o di tipo istituzionale o di tipo associativo.

La crisi della rappresentanza politica in Italia oggi

Parlare della crisi che attraversa il sistema della rappresentanza politica in Italia è divenuto talmente abituale da apparire banale, addirittura un luogo comune. Eppure non si può sviluppare un ragionamento che parli di politica senza dedicare un minimo di analisi a questo fenomeno.
Questa crisi si manifesta attraverso la progressiva distanza psicologica tra l'individuo e il sistema sociale, tra i cittadini e le istituzioni, tra i governati ed i governanti e, infine, tra le regole che presiedono la vita privata dell'individuo e quelle invece che definiscono e guidano il comportamento di chi governa il sistema politico.
Uno degli effetti più evidenti di questa crisi è il perdurare di quel fenomeno che è stato definito «ritorno al privato» e «riscoperta della soggettività», e che consiste nel ricercare esclusivamente nel mondo quotidiano dei rapporti personali, il senso e lo scopo del proprio agire. Oppure nell'esercitare la conoscenza di se stessi, della realtà solo attraverso il filtro della propria intimità psicologica e di quella delle persone con le quali si vive il quotidiano.
Una manifestazione patologica di questo lo si ha in quel misto di narcisismo e di corporativismo che guida i comportamenti delle persone nella ricerca del soddisfacimento dei propri bisogni.
Osservando questi comportamenti si nota che si è oscurato quasi completamente da parte della maggioranza delle persone il senso di appartenenza al sistema sociale, il senso cioè dell'esistenza di una appartenenza sociale al di fuori dei rapporti faccia a faccia.
In questo quadro solo i bisogni personali, o quelli delle persone vicine, acquistano valore. I bisogni delle persone con cui non si hanno rapporti personali ma solo rapporti astratti attraverso le reti del sistema socio-politico, non sollecitano la responsabilità personale.
Allo stesso modo è limitata la percezione della propria appartenenza al sistema politico che appare di proprietà e sotto la responsabilità esclusiva della cosiddetta classe politica.
In questa situazione si rivelano inefficaci e deludenti le ideologie, i sistemi di valori e le convinzioni che avevano segnato la vita politica degli anni precedenti.
Nella società italiana contemporanea paiono mancare progetti, proposte e valori politici in grado di collegare le persone, in modo solidale, alla vita del sistema sociale. D'altronde gli stessi partiti e gli stessi sindacati sono vittime di questa situazione. Infatti il loro comportamento è quasi esclusivamente ispirato da logiche di potere e, perciò, sovente appare come poco coerente e soprattutto privo di futuro, non fondandosi su alcuna progettualità, su alcun sogno di convivenza umana.
Il pragmatismo appare come l'unica logica praticabile nell'agire politico. La morale di convinzione ha lasciato completamente il campo alla morale di responsabilità.
Il risultato pratico di questa situazione è quello per cui nessuna organizzazione tipicamente politica (istituzioni, partiti e sindacati) gode di una piena e forte legittimazione: e quindi la sua capacità di rappresentare i cittadini appare alquanto limitata.

Il ruolo politico delle associazioni

Mentre si verifica questa crisi di legittimazione dei partiti e delle organizzazioni sindacali, si assiste a un fiorire veramente rigoglioso dell'associazionismo.
Non c'è ambito della vita sociale in cui non si manifestino delle forme associative. Questo vale per la vita economica, per quella religiosa, per quella culturale, per quella sportiva e del tempo libero.
Questa vitalità dell'associazionismo nel nostro paese dimostra che esso non sta subendo la crisi di legittimazione che stanno subendo le più classiche organizzazioni del sistema politico. Eppure anche l'associazionismo è un soggetto del sistema politico. Sulla base di questa constatazione qualcuno arriva oggi a sostenere che l'associazionismo è il nuovo soggetto della politica, il luogo cioè da cui è possibile muovere per rifondare una meno inquinata vita politica in Italia.
Al di là che si condivida o meno questa impostazione, rimane il fatto che molte persone percepiscono l'associazionismo come la forma più efficace e rispondente ai loro bisogni e alla loro concezione del mondo di partecipare alla vita sociale e, quindi, più o meno direttamente alla vita del sistema politico.
In molte associazioni non vi è la crisi di valori e di progettualità che segna, invece pesantemente i partiti e le organizzazioni di tipo sindacale. Nelle associazioni si può ancora sognare un sociale non determinato in modo esclusivo dalle regole del potere e dei suoi «sacerdoti» .
Questa situazione per molti versi originale della vita italiana comporta necessariamente che le associazioni e i loro responsabili prendano coscienza del proprio ruolo politico, al fine di governarlo in modo più efficace e coerente ai loro obiettivi e, soprattutto, di non sprecare una felice opportunità storica.
Troppe associazioni oggi fanno politica senza saperlo.

LE DUE DIMENSIONI DELL'AZIONE POLITICA DELLE ASSOCIAZIONI

L'azione politica delle associazioni si manifesta a due distinti livelli: quello della vita del sistema socio-politico in cui è inserita e quello interno che riguarda i propri aderenti.
Pur essendo strettamente collegate ed interdipendenti, le due azioni possono essere analizzate separatamente, soprattutto ai fini di una maggiore chiarezza espositiva, trattandole come due dimensioni distinte dell'agire politico delle associazioni.

La dimensione interna

Ogni associazione, al di là del suo scopo, vive secondo un particolare modello organizzativo, e quindi secondo una certa concezione dei rapporti tra le persone, dei valori e dei fini del loro stare insieme.
Attraverso il modello organizzativo interno ogni associazione esemplifica la concezione di convivenza sociale di cui è portatrice. Ad esempio, una associazione che sia strutturata secondo un modello organizzativo fortemente centralizzato e gerarchizzato, difficilmente potrà essere credibile come associazione che persegue la partecipazione democratica e il decentramento, almeno da parte di chi ne conosce la vita interna.

Il ruolo dei laici nelle associazioni

Se questa riflessione è corretta, ne consegue che ogni associazione che mette al centro la partecipazione dei laici alla vita del sistema sociale attraverso una qualche dimensione di questi, deve garantire ad essi la possibilità di esprimere compiutamente la propria partecipazione alla vita interna in senso propositivo, e non solo - come spesso accade - in senso ricettivo di proposte elaborate dall'alto.
D'altronde, se una associazione ha tra i suoi obiettivi prioritari la partecipazione alla vita del territorio, come può realizzarla se non dando voce alla presenza dei laici che la formano?
Il laico, che vive la propria fede nella storia quotidiana del sistema sociale, che in questa storia ricerca la speranza della propria salvezza oltre che la propria realizzazione umana personale, è intessuto, è fatto dal territorio che abita. Lui stesso, nella sua cultura, nei suoi valori, nei suoi atteggiamenti e nelle sue idee e opinioni, è portatore della vita sociale che si esprime nel territorio.
La piena partecipazione del laico, ovvero la sua espressione umana compiuta nelle dinamiche interne alla associazione, è la condizione necessaria, anche se non ancora sufficiente, ad una piena sintonia tra l'associazione e il territorio. Anzi, attraverso la valorizzazione della esperienza quotidiana storica del laico, l'associazione può agire nel territorio per mezzo dei comportamenti, dei pensieri, delle opinioni e degli atteggiamenti individuali del laico che ha assunto l'associazione come suo gruppo di riferimento.
Accanto a queste argomentazioni, che hanno un sapore un po' utilitaristico, vi è quella invece di fondo, che il laico è il soggetto autentico della politica e delle espressioni organizzative in cui essa si dice. Un laico eterodiretto nella dimensione del politico è una figura penosa ed inefficace. Specialmente quando a dirigerla vi è la presunzione di chi non vive in ogni istante la storia del quotidiano.
Lo stesso discorso fatto per il territorio può essere riproposto per la cultura, laddove si riconosca che la cultura è quel meccanismo produttore e conservatore di pensieri, di comportamenti, di valori, di manufatti, di idee e di leggi, che consente ad una società di conservare e di far evolvere la propria identità e, quindi, la propria particolare comprensione della realtà e del senso del mondo.
La cultura è l'organo di senso che consente alle persone umane che abitano una certa società di comprendersi, riconoscersi e di comprendere e riconoscere gli altri insieme al mondo naturale. La cultura guida l'individuo nel difficile rapporto con se stesso e con la realtà circostante. Senza la cultura la persona umana non potrebbe sviluppare nessun adattamento costruttivo con la realtà e, forse, non potrebbe sviluppare nemmeno la sua individualità.
Come la semiologia della cultura ha evidenziato, la cultura si conserva e si modifica per mezzo dei rapporti di comunicazione che avvengono tra le persone che la vivono. Ogni atto di comunicazione modifica e riproduce la cultura che lo ha reso possibile. Il luogo di riformulazione della cultura, prima di essere il mondo dei sapienti, è il mondo della gente comune, della banale vita quotidiana.
Il laico semplicemente con il suo vivere quotidiano partecipa o alla conservazione o alla regressione o alla evoluzione della cultura. Questo suo partecipare alla cultura nel quotidiano può trovare, anzi deve trovare, nella associazione il suo momento critico di coscientizzazione e di revisione.
Infatti le persone normalmente non percepiscono il ruolo che svolgono coi loro atti comunicativi nella produzione della cultura sociale. Sovente partecipano a formulazioni della cultura che, se ne fossero coscienti, rifiuterebbero, perché contrarie alla loro visione del mondo; e, magari, sono convinte che quella cultura l'hanno prodotta altri, magari i potenti. Invece anche loro hanno contribuito, nel loro piccolo, a produrla.
Rispetto a questo l'associazione dovrebbe svolgere la funzione di luogo della presa di coscienza del ruolo delle persone come produttrici di cultura, e dovrebbe perciò aiutarle a orientare la loro azione nel quotidiano verso obiettivi coscientemente scelti e formulati.
È chiaro che oltre a questa azione interna l'associazione persegue - e questo lo si vedrà tra poco - l'obiettivo di trasformare con la propria azione esterna, in quanto associazione, la cultura sociale.
Il laico trova nell'associazione, quindi, il luogo dove può dare consapevolezza, forma e potere alla propria azione debole di produttore di cultura nel quotidiano.
Una associazione, di matrice ecclesiale, che non desse uno spazio al laico, rischierebbe di essere separata dai luoghi e dai tempi in cui si produce la cultura umana.
Concludendo questa riflessione sulla dimensione interna, si può dire che la prima azione politica, rispetto ai temi del collegamento con il territorio ed alla cultura che in esso si elabora, da parte di associazioni educative, viene compiuta offrendo una reale dimensione partecipativa, espressiva e di autogoverno alla componente laicale, unitamente alla possibilità di maturare una comunicazione critica nel terreno della cultura. D'altronde se non ci fossero i laici le associazioni non avrebbero motivo di esistere.

La dimensione esterna

Se le associazioni, come si è visto, hanno un ruolo politico rilevante da giocare nella attuale situazione del sistema sociale italiano, è chiaro che esse - oltre che al loro interno - devono proiettare la loro azione direttamente nel cuore della vita e dell'organizzazione del sistema sociale.
Una associazione infatti non è un gruppo terapeutico, che assolve la propria funzione agendo sui suoi membri, ma uno strumento di auto-organizzazione, da parte di un certo numero di componenti il sistema politico della società, che deve consentire il raggiungimento di un determinato insieme di obiettivi connessi alla vita e all'organizzazione del sistema sociale.
Questo significa che le associazioni debbono agire nelle, verso e con le istituzioni. Che debbono ricercare la loro quota di potere, anche economico, necessaria per ottenere i risultati necessari alla loro sopravvivenza. Che debbono partecipare, magari da una posizione critica, ai processi di trasformazione e di conservazione della struttura e della cultura del sistema socio-politico nel quale operano.
Questi obiettivi appaiono propri della missione ecclesiale del laico. Infatti se è vero, come afferma l'Apostolicam Actuositatem (n. 7), che: «Tutte le realtà che costituiscono l'ordine terreno come pure la loro evoluzione e il loro progresso, non sono soltanto mezzi con cui l'uomo può raggiungere il suo fine ultimo. Esse hanno un valore proprio, collocato in esse da Dio, sia che le consideriamo in se stesse, sia che le prendiamo in considerazione come parti di tutto l'ordine terreno: "E Dio vide tutte le cose che aveva fatto, ed erano molto buone" (Gen 1,31)...
I laici debbono assumere come loro compito il rinnovamento dell'ordine terreno. Alla luce del Vangelo e del pensiero della Chiesa, spinti dalla carità cristiana, devono agire in questo campo direttamente e concretamente. Come cittadini, devono cooperare con gli altri cittadini, usando la loro specifica competenza e assumendo la responsabilità in proprio. Cerchino essi in ogni cosa e in ogni luogo la giustizia del Regno di Dio.
L'ordine terreno deve essere rinnovato in maniera che, nel rispetto integrale delle sue leggi, divenga più conforme ai principi superiori della vita cristiana, e sia adattato alle condizioni diverse dei luoghi, dei tempi e dei popoli.
Tra le opere dell'apostolato dei laici nel rinnovamento dell'ordine terreno, ha un posto preminente l'azione sociale dei cristiani. Il Concilio desidera che venga estesa a ogni settore dell'ordine terreno, anche a quello della cultura».
Lo stesso decreto al n. 19 parla delle associazioni affermando che: «Le associazioni non sono fini a se stesse, ma devono servire a compiere la missione della Chiesa nel mondo. (...) I laici hanno il diritto di fondare associazioni, di dirigerle, e di iscriversi a quelle già esistenti, salva la dovuta relazione con l'autorità ecclesiastica».
La dimensione apostolica che il Concilio Vaticano II affida ai laici e alle loro associazioni è chiaramente politica, in quanto, come il decreto afferma esplicitamente, ad essi è affidato il compito di modificare l'ordine terreno.
Modificare l'ordine terreno significa trasformare le istituzioni, gli equilibri del potere, le forme della vita sociale e la cultura che le governa.
Di fatto significa agire politicamente. In questo confronto il laico, organizzato nelle associazioni, gioca sino in fondo il suo impegno di cristiano.
Al laico non viene affidata la fuga dal mondo, ma il duro lavoro quotidiano dentro la rete delle trame che intessono la distribuzione del potere e dei valori del sociale.
Il laico afferma l'amore, attraverso cui è riconosciuto come cristiano, dentro la partecipazione attiva alla vita sociale. Il sociale è la croce, e perciò la speranza, del cristiano che attraversa il mondo nello stato laicale.

I QUATTRO OBIETTIVI COMUNI DELLE ASSOCIAZIONI EDUCATIVE

Dei quattro obiettivi che qui saranno descritti rapidamente, i primi tre appartengono alla dimensione esterna dell'azione delle associazioni, mentre il quarto è tipico della dimensione interna. È chiaro che questi quattro obiettivi non esauriscono affatto gli obiettivi delle singole associazioni, specialmente per ciò che riguarda il terreno specifico della loro azione. Essi sono però la struttura portante che meglio caratterizza la loro appartenenza al discorso ecclesiale di trasformazione dell'ordine terreno.

Dare forma istituzionale alle espressioni socio-culturali dei giovani

In un contesto sociale in cui ai giovani viene sempre di più riservato un ruolo di consumatori della produzione di beni e di modelli da parte degli adulti, il proporsi di portare le espressioni socio-culturali all'interno delle dinamiche del sistema politico è un'azione controcorrente estremamente importante. Importante perché trae il giovane dal limbo in cui è collocato e lo chiama a compartecipare da protagonista alla vita del sistema sociale e politico in cui è inserito, senza attendere il passaggio ai ruoli della società degli adulti.
È questa una azione che oltre a produrre benefici effetti sulla vita dell'intero sistema sociale, offre al giovane la possibilità di una concreta formazione all'esercizio della responsabilità e quindi dei propri diritti e doveri di cittadino, aprendo però l'espressione giuridica al superamento dell'amore.
Inserire oggi nella dinamica sociale la cultura e le istanze dei giovani significa avviare processi di trasformazione profondi dell'equilibrio del sistema sociale, innescando nel contempo la produzione di nuovi valori.

Promuovere il volontariato

Quando il Concilio sollecita i laici del sistema politico è un'azione contro un impegno concreto nel sociale, sottolinea anche che il terreno privilegiato di questo loro impegno dovrebbe essere la carità. Infatti il più grande comandamento della legge è amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come se stessi. Dell'amore verso il prossimo Cristo ha fatto il suo comandamento personale, e lo ha arricchito di un senso nuovo. Si è identificato con i fratelli, divenendo l'oggetto di questo amore. Ha dichiarato infatti: «Tutte le volte che avrete fatto queste cose a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l'avrete fatto a me».
Cristo, quando ha preso la natura umana, ha unito a sé tutta l'umanità, l'ha trasformata nella sua famiglia. E ha fatto della carità il segno distintivo dei suoi discepoli («Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se vi amate a vicenda»).
In questi tempi la carità ha assunto i nomi della solidarietà e del volontariato. Infatti, nonostante lo sviluppo economico e sociale, anche nel cuore delle società opulente il dolore e l'ingiustizia gridano ancora il loro scandalo.
Le forme della solidarietà organizzata attraverso lo stato sociale non sono sufficienti a garantire una vita degna per ogni uomo. L'assistenza pubblica non basta a combattere il cancro della sofferenza e dell'infelicità. È necessario che questa funzione solidaristica dello stato sia affiancata da attività la cui origine è solo nell'amore e la cui logica è interamente sottratta allo scambio economico o utilitaristico.
Queste attività, solitamente dette di volontariato, sono le risposte di amore, di vicinanza e di speranza date da persone che si sono lasciate interpellare dalla sofferenza umana. Il volontariato, se esercitato attraverso l'associazione, è un modo per portare dentro la logica burocratica del sistema politico la logica umanizzante dell'amore.
Trasformare l'ordine temporale significa anche umanizzare la macchina astratta e tendenzialmente burocratica del sistema sociale. Il volontariato è azione sociale e politica, perché cambia sia le realtà umane che la struttura attraverso cui si articola il sistema politico. Fare volontariato è però anche vivere una potentissima esperienza educativa personale per i giovani che hanno la fortuna di praticarlo.
Anche questo obiettivo, pur essendo collocato nella dimensione esterna ha, come il precedente, anche dei riflessi molto forti nella dimensione interna.

Promuovere la cultura

Come si è già visto, la cultura è in rapporto diretto con la comunicazione, e quindi ogni atto comunicativo tende a conservarla, modificarla o distruggerla.
Questa affermazione sottintende però la constatazione che la cultura esiste solo negli atti comunicativi. Si può infatti affermare che la cultura esiste, in quanto tale, solo allo stato potenziale, e che la sua manifestazione concreta avviene solo nei singoli atti comunicativi ed è perciò sempre parziale.
Questo legame diretto tra cultura e comunicazione evidenzia il carattere di «sistema vivente» della cultura; di organismo, cioè, in continua trasformazione, non importa se verso l'evoluzione o verso la regressione.
Questa concezione, ancorché vera, consente di superare la visione di una cultura simile a un magazzino in cui è depositato, in strati successivi, il sapere sociale. Questa concezione archeologica della cultura, ancora dominante purtroppo in molte istituzioni educative, ha l'effetto nefasto di far pensare che la cultura possa essere modificata solo da chi può inserire nuove cose, o toglierne qualcuna vecchia, nel magazzino.
Solo chi ha le chiavi del magazzino - intellettuali, scienziati, politici, industriali, finanzieri, responsabili religiosi, ecc. - può partecipare alla gestione della cultura sociale.
Per fortuna la realtà umana segue proprie leggi che sono differenti da queste, un po' aristocratiche ed elitarie.
La cultura umana vive attraverso ogni persona che la abita, anche attraverso la più umile e povera, anche attraverso la più marginale e svantaggiata. Tutti partecipano al gioco di trasformazione/conservazione della cultura umana. È chiaro che qualcuno gioca con più potere e ricchezza di altri e influisce maggiormente alla sua trasformazione/conservazione, almeno nel breve.
Nel lungo periodo le cose sono meno evidenti, e c'è una sorta di riequilibrio e, sovente, la proposta più povera emerge dalla marginalità per divenire dominante. Non è questa forse la logica della Croce?
Quest'ultima constatazione non deve esimere però il cristiano dall'impegnarsi nel quotidiano per cercare di essere tra coloro che, anche nel breve, influiscono maggiormente nelle trasformazioni della cultura.
La strada dell'associazionismo è, indubbiamente, una di queste, e forse è una delle più efficaci ed incisive.
Questo significa che le associazioni devono essere soggetti attivi e protagonisti di una politica culturale, di una politica, quindi, di comunicazione sociale sia nelle relazioni umane faccia a faccia, che in quelle istituzionali e di massa.
Credo sia superfluo sottolineare il ruolo specifico del laico in questa dimensione. Questo significa che le associazioni debbono produrre nuova cultura oltre ad impegnarsi a farla circolare.
E produrre cultura significa produrre nuovi valori, nuovi stili di vita e nuovi strumenti di sopravvivenza materiale e spirituale. Fare sport, in modo diverso, ad esempio, significa produrre e far circolare cultura. Educare ad un uso diverso del tempo rispetto alle proposte della società di massa, significa produrre nuova cultura. Educare ad un uso critico e creativo degli strumenti di comunicazione sociale significa, di fatto, introdurre profonde innovazioni nel meccanismo riproduttivo della cultura contemporanea.
Ogni associazione educativa ha un suo specifico modo di intervenire nella politica culturale.

Formare i propri aderenti

Il quarto obiettivo, tipico della dimensione interna della vita delle associazioni, è a prima vista il meno «politico» di tutti. Eppure, a ben guardare, esso si rivela il più «politico» di tutti.
Infatti una concezione matura di formazione propone al giovane un percorso di crescita centrato non solo sul sapere, ma sul saper fare.
Grazie ai contributi dell'animazione culturale, è ormai maturata la consapevolezza che la formazione deve riguardare non solo i processi cognitivi delle persone, ma anche i loro processi affettivi e di socializzazione.
Formare vuol dire, perciò, abilitare il giovane a vivere in modo più autentico il rapporto con se stesso, con gli altri e con l'ambiente sociale e naturale in genere, oltre naturalmente a fargli acquisire nuove informazioni e capacità operazionali.
Formare vuol dire quindi intervenire anche nel modo di rapportarsi al sistema politico, alla cultura e all'economia da parte del giovane.
Ma non solo. Vuol anche dire, per poter raggiungere questi obiettivi formativi, fargli sperimentare dall'interno della associazione l'azione collettiva di trasformazione della realtà sociale, culturale e politica nella quale egli vive.
Questo significa che una vera formazione richiede la partecipazione attiva e critica ai processi attraverso cui si manifestano sia la conservazione che l'evoluzione del sistema sociale.
La formazione può avvenire solo all'interno di una associazione che declini sino in fondo il proprio ruolo politico, la propria presenza esterna nel sociale segnata da fini di trasformazione evolutiva della realtà.
Questo motivo fa dire che anche una dimensione interna come la formazione si gioca in gran parte nella dimensione esterna. Il ruolo politico appare dunque preminente nella vita globale dell'associazione.
La formazione è poi una variabile strategica, anche nella dimensione interna, perché traduce la fiducia nella educabilità piena di ogni situazione e di ogni persona.
Fiducia nella redimibilità di ogni persona nonostante gli abissi che questa può avere toccato sul piano morale.
Fiducia che attraverso la formazione può essere sviluppata nelle persone una vita più autenticamente aderente ai principi che sono alla base dell'identità cristiana.
Senza un adeguato progetto educativo, nessuna associazione può sperare di essere uno dei soggetti promotori della trasformazione del mondo, e non solo uno dei passivi recettori di modelli di persona e di vita quali sono elaborati dalla cultura dominante.
Gli statuti e le scelte organizzative delle associazioni dovrebbero manifestare questa consapevolezza in modo chiaro.