Presenza femminile nella chiesa oggi


Maria Teresa Bellenzier

(NPG 1984-7-8)


La presenza femminile nella chiesa, fatto costante nella storia millenaria di essa, ha oggi caratteristiche che la pongono al tempo stesso su una linea di continuità e di innovazione profonda, sotto l'influsso dei mutamenti intervenuti nella vita sociale e culturale di oggi, ma anche alla ricerca di più solidi ancoraggi alle verità fondamentali dell'essere cristiani.
Le prospettive aperte dal Concilio Vaticano II, e il fermento che ne è seguito, rappresentano un elemento di cui sono ancora da sviluppare appieno le conseguenze, specie per quanto riguarda la donna. Del pari sono da valutare gli influssi che anche sull'universo femminile cristiano ha avuto il discorso femminista, e soprattutto la sua divulgazione (equivalente spesso a tradimento) a livello dei mass media, e i suoi approdi politici e legislativi.
Tutto ciò si coniuga poi con le esigenze, le aspirazioni e gli atteggiamenti dei giovani attuali.
Occorre allora una preliminare ricognizione conoscitiva di quella che è l'attuale presenza femminile nella comunità ecclesiale, prima di indicare le condizioni per far sì che questa sia luogo effettivo di formazione, occasione adeguata per un impegno operativo da parte delle giovani donne.
Se davvero la chiesa riuscisse a cogliere e mettere pienamente a frutto l'apporto femminile, ciò avrebbe indubbiamente anche un valore esemplare per l'ambito civile, familiare, scolastico, laddove la donna non è ancora in grado di trovare con serenità e chiarezza i modi per dare il suo miglior contributo. Ma avrebbe soprattutto il valore incomparabile di rendere possibile a tanta parte della chiesa di trafficare bene i suoi talenti.

UN MUTAMENTO IN ATTO

La presenza in una realtà comunitaria ha anzitutto. anche se non esclusivamente, un aspetto numerico. E tutte le statistiche hanno sempre segnalato una maggior presenza femminile sia a livello di pratica religiosa che a livello di scelte impegnate (più religiose che religiosi, maggior presenza femminile in gran parte delle associazioni e movimenti). Si tratta tuttavia di una realtà in movimento, e non certo nella direzione più consolante.
Anche se ancora oggi le donne vanno a messa e si accostano ai sacramenti in misura maggiore degli uomini, lo scarto è sempre minore, specie ai livelli più giovani e più istruiti, laddove il calo numerico in valori assoluti, rispetto alle generazioni femminili più adulte, è considerevole.

Quale tipo di presenza nella chiesa?

Più che il sesso, appare significativo l'appartenere o meno a gruppi e associazioni. Così almeno risulta da una delle indagini più recenti ed ampie svolte in proposito,[1] da cui risulta che agli effetti di avere una determinata visione della vita e della fede conta più di fatto di far parte o no di gruppi strutturati, che non l'essere uomini o donne.
Fra i giovani non aggregati però si ha una maggiore diversificazione fra risposte femminili e maschili. Le donne rispondono un po' più secondo l'immagine tradizionale di una religiosità femminile; privilegiano i valori familiari e affettivi, pregano e hanno una pratica religiosa superiore ai coetanei; sono però anche più numerose nel rifiuto di ogni fede e nell'ateismo.
Per quanto riguarda poi i compiti svolti all'interno della comunità ecclesiale dai «giovani impegnati» non appare più così netta la ripartizione tradizionale di ruoli e ambiti di attività. Più che al sesso ritenuto più idoneo per determinate attività, ci si rivolge alla disponibilità e possibilmente alla competenza e alle capacità specifiche. Ovviamente la situazione cambia molto da luogo a luogo, ma il fatto di una simile varietà di casi sta a indicare che non vengono usati gli stessi schemi di un tempo.
Quello che è mancante è invece una valutazione specifica su quanto è mutato e sta mutando nelle donne e nell'immagine sociale della donna.
Un simile lavoro di coscientizzazione è stato finora quasi totalmente assente nella comunità ecclesiale. Le lodevoli eccezioni non hanno fornito sufficiente impulso ad un lavoro di riflessione e di approfondimento senza il quale qualunque mutamento rischia di restare epidermico e formale, lasciando immutate mentalità e modelli comportamentali che riaffioreranno ogni volta che ci si sentirà meno condizionati dalle novità di «moda» al momento.
Oggi si parla meno della condizione femminile, e meno si punta il dito accusatore sulle cause socioculturali (ampiamente presenti anche nella tradizione ecclesiale) degli aspetti svantaggiosi di tale condizione. È quindi possibile che si riaffermino modelli e impostazioni di vita di tipo «tradizionale»; soprattutto a livello delle più giovani, che non vivono per il momento sulla propria pelle i nodi irrisolti del problema, in quanto ne sono stati superati molti aspetti marginali che per le loro coetanee di dieci-quindici anni fa costituivano invece difficoltà con cui scontrarsi quotidianamente. Vi è però, in tal modo, il rischio di subire i mutamenti senza esserne protagoniste. Se non si cerca di conoscerli e interpretarli, non si può essere in grado di prevedere, e per quanto possibile gestire, quelli futuri.
Qualcosa di simile avviene per ciò che riguarda più ampiamente la posizione dei laici nella chiesa. È innegabile che a seguito del Vaticano II si è giunti ad una più vasta e significativa presenza laicale in tutti quei campi che non siano di esclusiva competenza dei ministeri consacrati. Tuttavia, in molti casi, i laici hanno fatto strada più per necessità di cose che per convinzione ragionata (vedi carenza dei quadri sacerdotali). E quando si tratta di laiche, ciò è ancora più evidente. Prima di compiacersi per le posizioni eventualmente raggiunte, c'è da esaminare e mettere in luce, quanto ancora è rimasto allo stato di affermazione teoriche o di semplice auspicio.

L'influsso dei fattori culturali

Ma nella vita dei cristiani, specie dei più giovani, c'è anche da fare i conti con il rilevante peso del clima culturale e della situazione sociopolitica in cui viviamo. Fenomeno, questo dell'influsso della società e della cultura laica, non certo nuovo, ma che come sempre pone dei complessi problemi di indagine, interpretazione e scelte conseguenti.
Siamo in un momento di debolezza o di totale assenza di ideologie «forti»: in crisi quelle di ieri (il progresso scientifico-tecnologico illimitato, la fideistica attesa di un rivoluzionario mutamento del sistema), non ancora sufficientemente consapevole e salda la legittimità della richiesta politica di una migliore qualità della via. Da molti elementi l'oggi appare caratterizzato dall'emergere della soggettività, per cui si dà valore prioritario al significato che l'agire assume per la persona. Ma, al tempo stesso, la crescente potenza dei meccanismi sociali, della scienza e della tecnica, sono una concreta e incombente minaccia per il protagonismo dell'essere umano, il quale può a ragione finire col sentirsi un impotente ingranaggio di un apparato onnipotente. Donde il diffuso atteggiamento di indifferenza e rassegnazione nei confronti degli ambiti (politica soprattutto) da cui dipendono le scelte decisive per la vita, o addirittura la sopravvivenza dell'umanità.
Sballottato fra queste due prospettive (massima importanza data alla soggettività, e impossibilità quasi totale di dare un apporto personale efficace alla costruzione del futuro umano) l'individuo è facilmente tentato dalla cultura radicale dei bisogni, in cui l'unica legge d'azione diventa l'assicurare alle esigenze e alle pulsioni individuali una piena e spontanea espansione per un loro completo e rapido soddisfacimento. Donde il riflusso nel privato, il chiudersi rassicurante in cose, atteggiamenti e certezze che non devono confrontarsi con i grandi problemi e le grandi sfide della storia, ma possono essere gestite nel ristretto ambito del qui e subito, poiché la stessa idea di futuro (e quindi di progettualità, responsabilità, impegno) suscita reazioni di rigetto.

NUOVI TEMI FEMMINILI SVILUPPO INCERTO

Tutte queste considerazioni riguardano la donna in modo e misura tutta speciale.
L'enfasi posta sulla soggettività, la contestazione di confini troppo netti tra personale e politico, la rivendicazione di spazi per la creatività, l'espressività e la qualità dei rapporti interpersonali, questi ed altri temi propri del discorso neofemminista, in qualche modo giunti a toccare tutto l'universo femminile, suscitando se non altro disagio e irrequietezza, hanno tutti indubbie potenzialità innovative, ma il loro sviluppo positivo e costruttivo è tutt'altro che certo. Nell'ambito ecclesiale poi è ancora molto carente un serio lavoro di riflessione sui valori e disvalori in gioco.
Ci si ferma in genere alle facili deplorazioni per i più evidenti e macroscopici esiti negativi del femminismo e più in generale della cultura attuale. Si denuncia - è vero - la pericolosità del declino di valori considerati dal cristiano irrinunciabili; o quella di un'etica dell'intenzione che finisce per negare il valore intrinseco dell'azione, trascurando quindi di tener presenti le conseguenze oggettive che ogni comportamento ha nei rapporti interpersonali.
Ma raramente si riesce ad andare al di là della denuncia (che troppo spesso diventa semplicemente condanna).
Tutto ciò produce nei giovani una frequente reazione di fastidio nei confronti di discorsi che vengono subito etichettati come «moralistici».
E la crisi di fondo che le giovani generazioni vivono circa il rapporto fra norma morale e coscienza (laddove l'appello alla coscienza può diventare un alibi per i comportamenti più comodi e deresponsabilizzati) non risparmia i cristiani né tanto meno le cristiane: ed è proprio in questo secondo caso che essa si manifesta con una carica esplicitamente rivoluzionaria.

LA SFIDA DELL'EDUCAZIONE

Ancora una volta quindi appare necessario prendere consapevolezza della realtà con cui si ha a che fare. Non per concludere con rassegnazione che le cose ormai stanno così, ma per avere validi fondamenti per una prospettiva operativa.
Prendiamo, ad esempio, il rapporto della donna con le tematiche della famiglia, del lavoro e della sessualità.
Ogni indagine in materia dimostra che esso è mutato sensibilmente rispetto a pochi anni or sono.
Matrimonio, maternità e casa da accudire non occupano più il posto preminente nelle prospettive delle giovani, mentre il significato del lavoro va ormai ben al di là dell'essere strumento per l'indipendenza economica o di sostegno per la famiglia. Quanto alla sessualità, è il campo in cui più evidenti e radicali sono i mutamenti da parte delle donne, sia sul piano del significato che le si attribuisce, sia sul piano dei comportamenti.
E se da questo quadro emergono più elementi di preoccupazione che di compiacimento, occorre però guardarsi dagli allarmismi esasperati che provocano facilmente reazioni di tipo integralista e intollerante. Occorre, al contrario, centrare ogni opera educativa sul futuro, e non su una tendenziale riproposta del passato. Solo così infatti si possono scoprire attività e possibilità inesplorate che sono nella persona umana, uniche risposte adeguate alla continua sfida che la novità dell'oggi ci presenta. Sfida che acquista un particolare valore per il cristiano.
Credere e dimostrare concretamente che non si vuol essere a rimorchio della storia, accettando a denti stretti ciò che essa riserba, quando invece è richiesta la capacità di cogliere ed evidenziare i semi di salvezza e di redenzione che sono presenti in ogni realtà umana.
Così è anche per la realtà-donna, per tutta la problematica ad essa connessa, che va capita e sceverata nei suoi vari aspetti, per farli evolvere in una prospettiva propositiva, e non più soltanto critica e diagnostica. La questione si pone allora in questi termini: su quali linee impostare un progetto educativo che aiuti la donna ad essere nella chiesa membro consapevole e vivo, trovando il suo posto e trafficando con impegno il suo talento? E tutto questo senza delineare un modello femminile da raggiungere, né aggiornare semplicemente gli schemi tradizionali di una spiritualità femminile o di ruoli ecclesiali femminili.
La responsabilità della comunità ecclesiale sul piano educativo appare chiara: in parte essa è anche supplenza date le carenze evidenti e profonde di altre agenzie educative (genitori spesso inadeguati alle difficoltà attuali del compito educativo, scuola quasi sempre limitata ad una funzione informativa). Ma soprattutto essa deriva dalla necessità di formare una solida base umana su cui l'esperienza di fede si inserisca con modalità e caratteristiche proprie, e non come puntello a carenze psicologiche di sicurezze e di autonomia; rischio tuttora presente nella realtà ecclesiale, anche se non solo per le donne.


NOTE

[1] Cf Giancarlo Milanesi (a cura di), Oggi credono così, LDC, Leumann 1981 e il commento di questo aspetto dei suoi risultati in: M.T. Bellenzier, Religiosità al femminile, NPG 3/1983.