Incontri /8
L’incontro con Simon Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni
Roberto Seregni
(NPG 2011-08-2)
In quel tempo, avendo saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea e, lasciata Nazareth, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Il paese di Zàbulon e il paese di Nèftali, sulla via del mare, al di là del Giordano, Galilea delle genti; il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata. Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori.
E disse loro: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedèo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò. Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono. (Mt 4,12-23)
Dopo l’arresto del cugino Giovanni, Gesù esce allo scoperto e dà inizio alla grande avventura della sua missione. Il neo-rabbì sale a Cafarnao e stabilisce proprio qui il suo campo base. La scelta non è per nulla casuale: la regione di Zabulon e Neftali è un territorio di frontiera, luogo di mescolanze etniche, culturali, religiose, guardato con diffidenza dai puritani di Gerusalemme.
Gesù aveva già lasciato tutti a bocca aperta mettendosi in fila con i peccatori nel fiume Giordano per ricevere il battesimo dal cugino Giovanni; in quell’occasione ha iniziato a svelare la novità inaudita del suo stile messianico e – ora – la sorpresa continua.
Forse qualcuno si aspettava che il Messia atteso prendesse in affitto un comodo bilocale con balconata sulla piazza centrale di Gerusalemme…
E invece no.
Delusione. Grande delusione.
Fin dall’inizio Gesù chiarisce che Lui è diverso, irriducibile agli schemi in uso, rivoluzionario – e per certi versi deludente – rispetto a molte delle attese del tempo. Gesù non va in cerca dei primi della classe, ma si dirige dritto nel bronx della Galilea per far risuonare la parola bruciante della conversione e chiamare a sé i suoi primi quattro discepoli. E dove tutti vedono un evento scandaloso, Matteo trova il compimento della profezia di Isaia: «Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce».
Da questo nuovo quartier generale, Gesù inizia la sua predicazione annunciando l’esigenza della conversione e la prossimità del regno dei cieli. Il Rabbì di Nazareth non spiega in cosa consista la conversione, né si dilunga – per ora – a descrivere cosa sia il regno dei cieli, perché tutto quello che sta per avvenire ne è la descrizione più chiara ed esauriente. È nella chiamata alla sequela, e in tutto quello che ne conseguirà, che saranno evidenti la radicalità, l’esigenza della conversione e il significato dell’imminente presenza del regno.
Sulle sponde del lago di Cafarnao, in questa terra guardata con disprezzo dai palazzi dell’autorità religiosa, Gesù chiama i primi quattro discepoli.
Per Simon Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni è un giorno normale, uno dei tanti, nessun dettaglio lascia intuire che quel giorno segnerà una virata decisiva nella loro vita.
Gesù cammina sulle rive del lago e li raggiunge proprio lì, nel luogo del loro lavoro, della loro fatica quotidiana.
Mi ha sempre stupito questa scelta: il primo incontro di Gesù con i suoi discepoli non avviene nella sinagoga o al tempio, e nemmeno mentre i candidati sono assorti in preghiera o concentrati nella lettura di qualche passo delle Scritture Sacre. Gesù chiama i suoi discepoli sulle rive del lago, in pieno lavoro. È in questa cornice che gli ignari futuri discepoli, con ancora le mani callose strette sulle reti della pesca, sentono per la prima volta la voce di Gesù.
Basta una parola: «Seguitemi».
Le reti scivolano via dalle mani e gli sguardi si incrociano.
Così tutto inizia.
Roba da pazzi.
O da Dio.
Ai quattro nuovi discepoli Gesù non espone una dottrina, ma invita a seguirlo. Al centro della loro vita non ci sarà un insegnamento, un ideale o delle norme, ma un incontro, una persona. Il verbo che nel Vangelo caratterizza il discepolo è seguire e non imparare. Certo, in compagnia di Gesù i discepoli impareranno un sacco di cose, ma esse sarebbero sterili e inutili senza la dinamicità della sequela.
Essere discepoli significa seguire Gesù, fare l’esperienza liberante della Sua compagnia, mettersi in ascolto della Sua Parola, lasciarsi raggiungere e ribaltare dalle domande che la Sua presenza fa sorgere nel cuore.
Mi fa riflettere che i primi quattro discepoli siano due coppie di fratelli.
Curioso? Non vi pare?
Chissà quanti pescatori c’erano quel giorno sulle rive del mare di Galilea, e Gesù va a scegliersi proprio due coppie di fratelli!
È così: il Vangelo è un invito alla fraternità, perché questa è la sola condizione con cui è possibile mettersi seriamente alla Sua sequela.
Tutta l’avventura del cammino dei discepoli mostrerà che il superamento delle piccole logiche personali, l’abbattimento dei propri egoismi, lo smascheramento della propria falsa autosufficienza e l’apertura alla nuova logica della fraternità del Regno sono condizioni essenziali della vita evangelica e dell’esistenza del discepolo.
Il morso severo del sale
stringe ancora sulla pelle.
Le mani callose hanno abbandonato
le funi e gli attrezzi del lavoro,
ora si specializzano a stringere
le mani dei poveri,
dei malati, degli abbandonati.
Gli occhi abituati a leggere
le increspature del lago
e a prevedere bonaccia o tempesta,
ora seguono Gesù.
Anche se tutto non è chiaro,
lo seguite.
Anche se le sue parole sono dure,
non ve ne perdete una.
Anche se vi siete allontanati da tutti,
ora – e forse ancora non lo sapete –
avete trovato tutto.