Incontri /7
L’incontro con Matteo Levi
Roberto Seregni
(NPG 2011-07-2)
In quel tempo, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: “Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?”. Gesù li udì e disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati.Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”. (Mt 9,9-13)
Mi piace pensare che sia lo stesso Matteo a raccontarci di quest’incontro che ha cambiato la sua vita. Mi stupisce la sobrietà che sceglie di usare: una sola frase per dire come il Rabbì di Nazareth gli ha ribaltato l’esistenza, una manciata di parole sono il ricordo che Levi ci consegna per fare memoria della sua vocazione. Chissà quante volte l’apostolo è ritornato con la memoria a quel primo incontro, quante volte è risuonata nelle sue orecchie la prima parola del Maestro, il primo incrocio di sguardi, lo stupore e la meraviglia: “Io? Proprio io?”. Ma Levi non si dilunga, non mette in piazza i suoi sentimenti e i suoi ricordi. Essi sono custoditi nell’intimità incandescente del rapporto con Gesù, sono un mistero di forza e tenerezza che fonda un legame indistruttibile tra il Rabbì e il discepolo.
Certamente Matteo era un tipo guardato con sospetto: non solo raccoglieva le tasse tra il popolo, ma lo faceva in nome dell’invasore straniero e pagano! Era dunque un peccatore pubblico, traditore della sua gente e collaborazionista con i Romani invasori. Più in basso di così, probabilmente, non si poteva scendere…
Proprio per questo mi piace sottolineare che Gesù veda prima di tutto “un uomo” (v. 9). Non un ladro, non un peccatore, non un traditore, ma un uomo. Lo sguardo di Gesù non si ferma all’apparenza, ai fatti riscontrabili, ma sa scandagliare il cuore, intuire le potenzialità nascoste in ciascuno, sbirciare nelle ferite che ciascuno si porta dentro e aprire la vita a nuove possibilità, lanciarla verso prospettive inaudite e mete insospettabili.
Questo è proprio quello che capita a Matteo.
Quando Gesù gli si avvicina, tutti si aspettavano un bel predicozzo, invece no. Il Rabbì, come sempre, sa sorprendere.
E forse, il primo ad essere sorpreso è lo stesso Matteo. L’esattore era già pronto a subirsi una bella paternale, ormai era abituato e una in più non gli avrebbe di certo cambiato la vita.
Invece no. Niente predicozzi. Niente invettive. Niente fulmini e saette. Nessuna condanna lanciata contro l’odiato esattore.
Solo una parola: “Seguimi”.
Dove altri vedono un traditore e un ladro, Gesù vede un discepolo e un amico.
Dove altri vedono un fallimento, Gesù vede una rinascita.
Dove tutti vedono miseria, Gesù vede misericordia.
Dove tu stesso vedi solo un vicolo cieco, Gesù vede una nuova partenza.
Di quale sguardo vuoi fidarti?
Su quale sguardo vuoi scommettere?
Alla chiamata di Matteo segue una bellissima festa. Gesù non mette alla prova le virtù del neo-discepolo con un test sulla sua conoscenza delle Scritture Sacre o con un periodo di digiuni e preghiere, ma lo invita ad una festa. Matteo sarà pronto a seguirLo, ad essere discepolo, a testimoniare quell’incontro che gli ha cambiato la vita, solo se sarà capace di fare festa con Gesù e con i peccatori.
A questa cena, però, ci sono anche i farisei, che – ovviamente – si scandalizzano per la presenza dei peccatori e dei pubblicani.
Poverini: loro non sono proprio capaci di far festa, sono sempre seri, cupi, grigi, tetri, preoccupati. (Forse anche per questo Gesù non li sopporta…)
Poverini: loro sono convinti che l’amore di Dio sia un privilegio per i giusti, per quelli che vivono in ordine, che rispettano tutte le regole della legge e che ricevono – come ricompensa delle loro fatiche – lo stipendio della salvezza.
Poverini: non hanno capito un tubo!
Per Matteo è stata da subito chiara una cosa: Gesù non vuole una chiesa di puri, pii e iper-devoti, ma sogna una comunità di peccatori convertiti alla grazia, di fratelli e sorelle che hanno sperimentato sulla pelle la potenza del perdono e che a loro volta la vivono e la condividono. Gesù non viene per radunare i primi della classe e fondare la chiesa dei perfetti, ma ad annunciare un perdono offerto incondizionatamente a tutti!
L’amore di Dio è un dono gratuito, non il premio per la tua fatica. La vita del discepolo non è la ricerca del merito, ma l’esperienza del gratis di Dio.
Vorrei che ci raccontassi di te, Matteo, di quello sguardo che ha trafitto di luce la penombra della tua quotidianità; di quella parola che ti ha fatto alzare dal banco delle imposte e abbandonare le tue sicurezze; di come il tuo cuore picchiava nel petto il ritmo della rinascita e come hai sentito la tua vita pulsare nelle vene…
Vorrei che ci raccontassi di te, di come tutto è cambiato da quel giorno, di come l’incontro con il Signore ha riempito la tua vita di bellezza e di verità, di come quella prima festa ha inaugurato la tua vita di discepolo…
Poi ci penso, e capisco.
Capisco che tutto questo ce l’hai già raccontato.
Che tutto questo è nel Vangelo che porta il tuo nome.