I mendicanti di senso
Il XXI secolo si apre con la fine degli "assoluti terrestri":
ecco le basi per un dialogo fra credenti e non credenti
Dario Antiseri
Il positivismo (con tutte le varianti "materialistiche"), l'idealismo e il marxismo costituiscono i tre movimenti filosofici con cui si è aperto il nostro secolo. Tre movimenti filosofici che, con argomentazioni diverse, hanno divinizzato e assolutizzato l'uomo - proibendo in tal modo ogni spazio della fede. Per i materialisti la trascendenza è illusione; per i positivisti Dio e un'ipotesi inutile; per l'idealismo la fede è in funzione della ragione , nel senso che le verità di fede sono soltanto rappresentazioni mitiche di cui va scoperto il nocciolo razionale. In Marx la questione della fede viene spinta ancora più avanti: la fede in Dio non è semplicemente un'ipotesi inutile o una illusione o un mito - per il marxismo la fede in Dio è dannosa, è una malattia da cui l'uomo deve liberarsi. "La lotta contro la religione - scrive Marx - è la lotta contro quel mondo di cui la religione è la quintessenza spirituale. La religione è l'oppio del popolo". E non solo per Marx la religione è dannosa; lo è pure per Freud, il quale vide nella religione "una nevrosi ossessiva universale". Dio divenne un Dio importuno sia per i marxisti sia per molti psicoanalisti. Così come, in linea generale, lo è per l'ateismo esistenzialista, per esempio, di Sartre, Merleau-Ponty o Camus. L'uomo - ha scritto Sartre - "è una passione inutile"; e "noi non abbiamo né dietro a noi, né dinanzi a noi, in un dominio luminoso dei valori, delle giustificazioni o delle scuse. Siamo soli, senza scuse". Avversari degli esistenzialisti, ma ugualmente atei, gli strutturalisti, i quali in nome di una "ragione nascosta" hanno negato libertà umana e trascendenza divina. E alla domanda "che cosa si può sperare?" Jacques Lacan ha risposto: "non si può sperare assolutamente niente. Non vi è alcuna specie di speranza". E nessun senso hanno creduto di scorgere nei concetti e negli asserti metafisici e religiosi i neopositivisti viennesi. "Né Iddio né alcun diavolo - ha lasciato scritto Rudolf Carnap - potranno ma darci una metafisica". E sarà A.J. Ayer a sentenziare che i dogmi di fede, al pari delle teorie metafisiche, "sono soltanto materiale per lo psicanalista".
Queste prospettive hanno inteso proibire lo spazio della fede. Difatti, se il positivismo fosse vero, la fede in Dio sarebbe allora semplicemente un'illusione che il progresso scientifico presto eliminerà; se fosse valido il materialismo dialettico, allora la fede in Dio sarebbe alienazione; se il neopositivismo fosse nel giusto, il credente allora avrebbe scambiato non-sensi per verità assolute. E così via. Dunque: assoluti terrestri quali proibizioni dell'Assoluto trascendente. Un sapere assoluto è un uomo assoluto; e l'uomo assoluto si crede capace di autosalvezza o in grado di negare ogni speranza: l'"uomo assoluto" pensa di poter fare sprezzantemente a meno del Redentore.
Ebbene è proprio questa presunzione di autosalvezza che la filosofia contemporanea, nelle sue punte sicuramente più avanzate ha devastato. E nella progressiva opera di demolizione degli "assoluti terrestri" hanno mostrato la loro efficacia gli strumenti concettuali forgiati nell'arsenale epistemologico-ermeneutico. Così, tanto per esemplificare, è stato Karl Popper ad assestare il colpo decisivo allo scientismo: le teorie scientifiche sono e restano smentibili; i discorsi non scientifici, quali le teorie filosofiche, non sono affatto insensati (come pretendevano i neopositivisti); il cervello non spiega la mente; il determinismo è falso; falso è il conseguente fatalismo - e il futuro resta aperto alle nostre scelte e al nostro impegno di cittadini liberi e responsabili in una società aperta. Hans Georg Gadamer ci ha fatto capire che noi leggiamo il mondo con un linguaggio fatto di concetti non assoluti, di a-priori temporalizzati, per cui non paiono più possibili quei grandi racconti che pretendevano esibire fundamenta inconcussa. Contro lo pseudo-razionalismo di quanti, come i marxisti, si sono creduti in possesso di leggi ineluttabili della storia, si è battuto non solo Popper, ma anche Friedrich A. von Hayek - premio Nobel per l'economia nel 1974 - il quale, insistendo sulle inevitabili conseguenze inintenzionali delle azioni umane intenzionali, è giunto a concludere in una prospettiva anticostruttivistica, che "l'uomo non è e non sarà mai il padrone del proprio destino".
All'interno di un siffatto orizzonte teoretico, alla luce di una contingenza umana razionalmente riconquistata, riemerge più irreprimibile che mai la domanda metafisica: perché l'essere piuttosto che il nulla. Domanda metafisica che trova il suo nervo scoperto nella sofferenza e, in maniera "costrittiva", nella sofferenza innocente, e nella sofferenza degli innocenti. La domanda metafisica - precisa Norberto Bobbio - "è una richiesta di senso, che rimane senza risposta o, meglio, che rinvia ad una risposta che mi pare difficile chiamare ancora filosofica". La filosofia non salva. La filosofia può portare a perdizione, può condurre anche ai Gulag e ai Lager - ma non salva . Ed esattamente "perché le grandi risposte non sono alla portata della nostra mente, l'uomo - è ancora Norberto Bobbio a parlare - rimane un essere religioso, nonostante tutti i processi di demitizzazione, di secolarizzazione, tutte le affermazioni della morte di Dio, che caratterizzano l'età moderna e ancor più quella contemporanea".
Il nostro secolo si è aperto con filosofie sicure che i fatti del mondo e gli uomini siano tutto , il tutto - della realtà - e si chiude con la più lucida consapevolezza circa la contingenza umana. In tal modo è stato ricostruito quello spazio della fede, dove è possibile l'opzione religiosa che sola ci consente, tra l'altro, di sperare che il carnefice non abbia l'ultima parola sulla vittima innocente. E va ribadito con insistenza che la distruzione degli assoluti terrestri non è e non va in nessun modo scambiata con la vittoria del nulla, del nulla di senso, vale a dire del nichilismo. Per questo non si sarà mai grati abbastanza a quei pensatori i quali ci hanno insegnato che l'uomo non è il padrone del senso, che è un mendicante di senso. E che ci han fatto capire che "ormai solo un Dio ci può salvare". La mancanza di senso si risolve nell'angoscia, in quella "malattia mortale" che per Kierkegaard era la disperazione. E "la coscienza angosciata - affermava Kierkegaard - capisce il cristianesimo, come un animale affamato; se gli metti davanti un pezzo di pane o di pietra capisce che l'uno è da mangiare e l'altra no; a questo modo la conoscenza angosciata capisce il cristianesimo". E qui due soli pensieri dall'Enciclica Fides et ratio. "Le vie per raggiungere la verità rimangono molteplici; tuttavia, poiché la verità cristiana ha un valore salvifico, ciascuna di queste vie può essere percorsa, purché conduca alla meta finale, ossia alla rivelazione di Gesù Cristo". "La ragione non può svuotare il mistero d'amore che la Croce rappresenta, mentre la Croce può dare alla ragione la risposta ultima che essa cerca".