Che cosa ci comunicano
le lacrime?
Non intendo ora parlare delle lacrime, come conseguenza di una malattia, ma delle lacrime che rinascono dal taedium vitae, dal male di vivere, dalla nostalgia, o dalla malinconia.
Ci sono lacrime che fanno male, e lacrime nutrite di dolcezza, lacrime amare, e lacrime che leniscono le ferite silenziose dell'anima, lacrime che germogliano nella scia di ricordi lieti e dolorosi, e lacrime di gioia, come quelle rivissute da Blaise Pascal nelle sue indicibili testimonianze mistiche.
Le lacrime ci mettono in comunicazione con gli altri e ci chiedono non di rado aiuto; ma quando ci incontriamo con una persona che piange, che cosa avviene in noi? Quali parole abbiamo nel cuore, quali emozioni ci sono in noi, e quali sguardi sgorgano dai nostri occhi? Conosciamo i gesti (stringere una mano, o fare una carezza, impalpabile come un sospiro), che possano smorzare il dolore dell'anima?
Le lacrime, se sono sincere, sono la testimonianza di una vita interiore delicata e sensibile, e dovremmo saperle accogliere nelle loro gentili e umane risonanze.
Nelle Confessioni, non si può non leggerle almeno una volta in vita, sant'Agostino descrive con parole strazianti il morire della madre, e le lacrime che le hanno accompagnate. Ne vorrei citare alcuni frammenti: «Le chiudevo gli occhi, e una tristezza immensa si addensava nel mio cuore e si trasformava in un fiotto di lacrime. Ma contemporaneamente i miei occhi sotto il violento imperio dello spirito ne riassorbivano il fonte sino ad essiccarlo. Fu una lotta penosissima», e ancora: «Ma cos'era dunque, che mi doleva dentro gravemente, se non la recente ferita, derivata dalla lacerazione improvvisa della nostra così dolce e cara consuetudine di vita comune?»
Rivolgendosi allora a Dio egli diceva: «Privato di lei così, all'improvviso, mi prese il desiderio di piangere davanti ai tuoi occhi su di lei, su di me per me; lasciai libere le lacrime che trattenevo di scorrere a loro piacimento, stendendole sotto il mio cuore come un giaciglio, su cui trovò riposo. Perché ad ascoltarle c'eri tu, non un qualsiasi uomo, che avrebbe interpretato sdegnosamente il mio compito».
Sono parole che si leggono con grande inesausta emozione, e come una preghiera.
All'eloquenza delle lacrime ha dedicato parole straziate Jean-Loup Charvet, storico dell'arte e musicologo francese, in un suo bellissimo libro. Ne vorrei stralciare alcuni frammenti:
«Immobili nella loro caduta, le lacrime partecipano a un movimento che non è più quello della terra. Non cadono mai veramente; o meglio raggiungono il loro obiettivo prima di essere cadute. Non tratteniamo le lacrime, sono loro che ci trattengono. Esse parlano scorrendo verso un altrove che è già oltre la loro esistenza. L'istante delle vere lacrime è quello dell'incontro tra la leggerezza della luce e il peso dell'ombra», e ancora, con immagini struggenti: «Le lacrime esistono al di là della luce, al di là della pesantezza, e persino al di là del silenzio. È allora che piangiamo per davvero lacrimae verae. Da questa eloquenza silenziosa nasce una conversazione infinita. Parola sensibile, parola necessaria e impossibile, la lacrima ha questo di paradossale: più è discreta, più significa, e più sfiora, più cí tocca nel profondo. Stranamente silenziosa, chiaramente visibile, risolutamente sospesa, è una scrittura che esiste solo nelle sue cancellature».
La fenomenologia delle lacrime, il loro significato umano e spirituale, la loro donazione di senso, la loro dignità, il loro sgorgare da un infinito dolore dell'anima e la loro friabile apertura alla speranza rinascono luminosamente dalle pagine umbratili e luminose, metaforiche e misteriose, di sant'Agostino e di Charvet: sono pagine che non si possono leggere senza sentirle vicine al nostro cuore, e alle nostre quotidiane esperienze di vita.
Ma ci sono lacrime che salgono al cielo, come diceva Rilke, e che talora sono più durature del bronzo: la splendida immagine è di Emily Dickinson. Mi auguro che conosciate le sue poesie di una indicibile bellezza: sono un balsamo nelle ore del dolore e della solitudine.
(Eugenio Borgna: Apro l'anima e gli occhi. Coscienza interiore e comunicazione, Interlinea Novara 2021, pp. 39-42)