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    Educatore professionale in Oratorio


    Laboratorio dei talenti 2.0 /10

    A cura del T.E.C.O. (Tavolo Educatori Cooperative Oratori)

    (NPG 2019-07-67)


     

     

    A Brescia il campetto dell’Oratorio è sempre preso d’assalto e Giovanni lotta ogni giorno con un gruppetto di ragazzini che non ne vogliono sapere delle regole del calcio.
    A Parma Lucia sta preparando le scenette del Grest con alcune ragazze, mentre a Perugia Andrea è alle prese con i permessi da richiedere per fare la festa finale dell’oratorio estivo… È un dato di fatto: moltissimi oratori si avvalgono della figura dell’educatore retribuito! Chi per tutto l’anno per accogliere i ragazzi durante la settimana, chi solo per le attività estive, chi per attività sociali come il doposcuola, chi per accompagnare i ragazzi nei cammini di fede.
    Il lavoro di questi educatori è organizzato in diversi modi. Alcuni sono assunti direttamente dalle parrocchie, ma molti prestano il loro servizio attraverso appalti a cooperative.
    Alcune cooperative, principalmente del nord Italia, si sono radunate nel TECO che vuole essere un tavolo di condivisione, del pensiero e delle prassi sul lavoro professionale educativo e formativo negli oratori.
    Il suo obiettivo è sostenere l’esperienza attuale individuando delle linee di progetto future.
    Lo fa rappresentando le cooperative che scelgono di lavorare con imprenditorialità, con una riflessione costante sui temi pedagogici-pastorali e con un investimento prevalente sull’oratorio.
    È dal lavoro quotidiano dei nostri educatori, dall’incontro delle cooperative attorno a questo tavolo che nascono alcune riflessioni che vogliamo condividere in queste pagine.

    Investire sull’educazione non è più rimandabile

    «Educare è un lavoro complesso e delicato, che non può essere improvvisato o affidato solo alla buona volontà»[1], questo affermano i vescovi nel documento che contiene gli orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020.
    Educare è sempre stata una sfida affascinante e difficile, e oggi più che mai non può essere lasciata al caso. È necessario essere preparati e competenti: non a caso anche una recente legge dello stato (legge 205/2017 commi 594-600) ha stabilito che per educare occorre acquisirne i titoli universitari necessari.
    Anche l’oratorio non può sottrarsi a questo compito perché, come scrive don Michele Falabretti “alzare le competenze educative è un dovere almeno tanto quanto prendersi cura di allargare o restaurare gli spazi fisici dell’incontro, adeguandoli perché l’oratorio si faccia casa per le giovani generazioni. In questo senso, non è più possibile affidarsi soltanto alla buona volontà del volontariato: da una parte perché il tempo a disposizione (in un mondo dove la vita è sempre più frenetica) è sempre meno per tutti; dall’altra perché non si può più godere di quel clima di condivisione diffusa di valori che portava l’educatore, un tempo, a essere una sorta di “ripetitore” di ciò che nella famiglia, nella società, nella chiesa tutti riuscivano a condividere. Figure di educatori stabili e competenti, dunque, non sono un accessorio di lusso; ma vanno considerati come un investimento importante”[2].
    L’educatore professionale aiuta, sostiene e valorizza anche il preziosissimo impegno gratuito dei tanti volontari impegnati negli oratori, perché “la gratuità non significa (tout court) che non si viene retribuiti: la gratuità ha a che fare anche con una retribuzione che comprenda un modo, uno stile particolare attraverso il quale si svolge la professione. Per questo la compresenza di figure professionali e volontarie, ha in sé delle ragioni di grande buonsenso”[3].
    Uno stile e un modo di lavorare che parte dai due presupposti fondamentali del lavoro dell’educatore professionale: la relazione e la progettualità.
    Relazione è la parola chiave per coinvolgere l’intera comunità nel processo educativo dei più giovani.
    Infatti, la titolarità dell'azione educativa, da anni ormai si dice che appartenga all'intera comunità cristiana. Noi del TECO affermiamo questo con forza e aggiungiamo che, anche la “direzione” dell’oratorio, deve rimanere in capo alla comunità cristiana.
    Questi principi fondamentali pongono l'educatore professionale in una costante situazione di interdipendenza: il dialogo continuo, il mandato da chiarire sempre, la gestione della responsabilità sempre da rimandare ai bisogni dei ragazzi e alle scelte della comunità costituiscono le qualità fondamentali delle figure educative retribuite.
    Se una comunità vuole educare le giovani generazioni, deve considerare “l’oratorio un sistema educativo piuttosto complesso dove si attuano azioni che sono strettamente confessionali (la catechesi, i momenti di preghiera, i ritiri spirituali) e ne promuove altre che prevedono la presenza di ragazzi che non appartengono alla comunità cristiana e molte volte non ne condividono la fede. Queste iniziative sono definite da uno “stile” cristiano proprio per l’attenzione, l’accoglienza e la cura di tutti.
    Il confine non è sempre netto, e questo chiede all’oratorio di costruire un sistema educativo integrato: anzitutto al suo interno (declinando e definendo bene le proprie attività) e poi nei suoi rapporti con l’esterno, con le altre agenzie educative del territorio. È evidente a tutti che questo chiede figure con competenze educative specifiche in grado soprattutto di progettare coinvolgendo tutte le risorse presenti nella comunità e coordinando le persone perché il progetto non si perda per strada. Tutto questo chiede all'educatore professionale una grande capacità di mettersi in rete e di essere persona capace di tessere relazioni”[4].
    La relazione educativa promossa da una comunità che si concretizza grazie alla professionalità di un educatore e alla generosità dei volontari porta ad attivare molteplici iniziative rivolte ai giovani: dalla catechesi allo sport, dal doposcuola al teatro, dalle attività estive ai pellegrinaggi. Tutte queste attività devono essere pensate, organizzate e gestite partendo dai bisogni dei giovani di quel territorio: in una parola devono essere progettate.
    La comunità cristiana deve proporre un progetto educativo con obiettivi ben chiari e realizzabili, deve valutare le metodologie da applicare, deve avere ben chiari gli strumenti e le risorse, tra le quali l’educatore professionale, e deve poi mettersi sempre in discussione proponendo una verifica attenta, sincera e schietta capace di indicare le direzioni successive e non perdere mai lo sguardo sui ragazzi e sui loro bisogni.
    L’educatore, professionista della progettazione pedagogica, si affianca alla comunità per sostenerla in questo processo non facile per i nostri oratori che rischiano sempre di assemblare una serie di attività in modo disordinato e casuale.
    Attorno al progetto educativo condiviso tra oratorio e educatore entra in gioco la struttura cooperativa che è portatrice di originalità e competenza pedagogica. Essa costituisce una comunità educante che esprime i propri talenti e la propria ricerca su fronti molteplici e in situazioni differenti (pensiamo ai temi legati alle nuove tecnologie, alle dipendenze, al lavoro di rete, alla multiculturalità). Da qui l’enorme ricchezza di esperienza che ne può derivare anche per l’oratorio e a supporto dell’educatore professionale. Inoltre, la presenza all’interno di una cooperativa di più figure professionali (pedagogisti, psicologi, educatori esperti, formatori…) permette di attivare dei percorsi di supervisione, di lavoro d’équipe e di formazione iniziale e permanente sia per gli educatori professionali sia per l’oratorio e i volontari che lo animano. La formazione permanente oggi riveste un ruolo fondamentale, in una società in rapida transizione, ci sono fenomeni che continuamente mutano e al tempo stesso incidono fortemente sulle giovani generazioni. Entrare in relazione con una cooperativa significa non solo ricevere un aiuto pedagogico attraverso una presenza educativa, ma entrare in un sistema di apporti contenutistici e metodologici per la formulazione di una proposta educativa adatta all'oggi. Romano Guardini dice: “la più potente forza di educazione consiste nel fatto che io stesso, cioè io educatore, in prima persona, mi protendo in avanti e mi affatico a crescere. Sta proprio qui il punto decisivo. È proprio il fatto che io lotto per migliorarmi che dà credibilità alla mia sollecitudine pedagogica per l’altro”[5]. La cooperativa chiede ad un educatore di investire tempo ed energia “affaticandosi a crescere”, ma può supportare e formare anche la comunità che ha la responsabilità progettuale ed educativa e deve investire in formazione e farsi provocare da ciò che la formazione produce, in termini di messa in discussione di prassi consolidate e innovazione educativa e pastorale.
    Costante ricerca e innovazione educativa, formazione continua e costante, capacità progettuale, con queste caratteristiche l’Oratorio può diventare profezia di un Welfare generativo e di comunità, che confida nelle persone e nella ricerca del bene comune. L’oratorio così sarà sempre di più la frontiera educativa di una Chiesa in uscita, alla ricerca delle periferie esistenziali che necessitano di una creatività pedagogica e di una continuità relazionale di cui la comunità cristiana, i volontari, l’educatore professionale supportati dai professionisti di una cooperativa possono farsi carico.
    Quindi al centro della relazione tra parrocchia, educatore professionale e cooperativa ci starà un progetto condiviso che riguarda alcune attività sulle quali stabilire intrecci collaborativi molto ampi. Dalla solidità del progetto dipende la chiarezza dei ruoli: dell’educatore, anzitutto, ma anche della cooperativa a cui appartiene, del prete, dei volontari, del consiglio parrocchiale o di oratorio, dei gruppi, associazioni o servizi coinvolti.
    Noi del TECO siamo coscienti che la riflessione sulla figura dell’educatore professionale in Oratorio sia ben avviata e che sta crescendo in moltissime diocesi italiane, ma siamo altrettanto convinti che il cammino è ancora lungo. Sentiamo ancora titubanza e preoccupazione intorno a questa figura, ma come abbiamo spiegato in queste righe e come affermiamo da tempo la chiesa non appalta il servizio educativo delle giovani generazioni e le cooperative non vogliono gestire gli oratori; l’educatore professionale non è il “direttore dell’Oratorio”, non è il sostituto del prete dell’Oratorio perché il ruolo del sacerdote non è sostituibile, il volontariato e la gratuità non vengono meno.
    L’educatore e le cooperative si affiancano al lavoro degli oratori per sostenerne il cammino e per portare competenza e professionalità.
    Siamo contenti di ciò che si sta muovendo in diverse diocesi italiane e continuiamo a chiedere ai servizi di pastorale giovanile di aprire spazi di riflessione e confronto con le parrocchie e le cooperative perché le sempre più frequenti richieste che giungono dagli oratori trovino risposte progettuali e sostenibili.

     

    NOTE

    [1] Conferenza Episcopale Italiana, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, 4 ottobre 2010, n. 29
    [2] A. Augelli, A. Malandri, Ma che lavoro fai? Ambivalenze e peculiarità dell'educatore professionale di oratorio, La Scuola.
    [3] Ib.
    [4] Ib.
    [5] R. Guardini, Persona e libertà. Saggi di fondazione della teoria pedagogica, La Scuola, Brescia 1997, p. 221.


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