Non stare alla finestra /3
Tebaldo Vinciguerra
(NPG 2018-07-68)
«Il libro della natura è uno e indivisibile e include l’ambiente, la vita, la sessualità, la famiglia, le relazioni sociali, e altri aspetti»
(Papa Francesco prendendo spunto da Benedetto XVI)
Non si può pretendere, in un articolo, di trovare tutto lo scibile su un argomento vasto e complesso quanto lo è l’“ecologia”, e per giunta collegato a numerosi altri argomenti – giacché «tutto è collegato» ripete Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ (LS). Alcuni elementi sono, qui, inevitabilmente dati per acquisiti, e alcuni collegamenti dati per scontati. Costituiscono il punto di partenza della riflessione che qui si propone, sintetizzabile nelle seguenti premesse:
- La fede ci porta a essere concreti; i principi che scaturiscono dal Vangelo esortano all’azione, sono incompatibili con l’indifferenza o la rassegnazione[1].
- Ci sono (almeno alcuni) giovani con un significativo livello di consapevolezza sulle questioni ecologiche e le loro implicazioni e, più generalmente, circa ciò che concerne il bene comune, la res pubblica, una cittadinanza attiva. Pertanto, è improbabile che operatori di pastorale giovanile (PG), nello svolgimento del loro servizio, si trovino in compagnia di giovani completamente ignoranti, insensibili, impermeabili alle questioni ecologiche. Non ha senso, dunque, preoccuparsi più di tanto di trovare uno spunto convincente per avviare una discussione, e nemmeno temere che l’immaginario giovanile sia confinato a temi esotici quanto lontani, del tipo “il massacro delle balene, il destino degli ultimi elefanti”. Tutti coloro che, in Italia, si impegnano in un movimento giovanile sono verosimilmente in grado di capire benissimo che situazioni di danno ambientale esistono, che sono anche preoccupanti, e talvolta davvero “vicine” (non concernenti, cioè, solo “gli altri”). Capiscono che il danno all’ambiente è collegato a questioni di salute, di società, di legalità, di interessi economici. Basta riflettere ai casi più famosi (quali Ilva, la Terra dei Fuochi e Seveso), oppure a quelli più ricorrenti (avvelenamento dell’acqua con chimici o idrocarburi, frodi agroalimentari, bracconaggio, polemiche in merito alla malagestione di rifiuti o alle malattie derivanti dall’esposizione di persone a uranio o onde particolari).
- Esistono svariate possibilità di organizzarsi[2] per un maggiore impatto, per stimolarsi vicendevolmente, per mettere insieme le capacità, le risorse e le idee: i giovani lo sanno! Chi vuol darsi da fare, rimboccarsi le maniche, non sta mica alla finestra. I tentativi sono molti, anche se non tutti acquisiscono visibilità, né tutti avranno un impatto durevole, migliaia di follower o creeranno lunghe cordate.
- Senza rimettere in causa quanto scritto qui sopra, può darsi che l’operatore di PG si trovi talvolta in contatto con qualche giovane che, sì, sta alla finestra, disinteressato, disincantato, rassegnato. Oppure con giovani del suo gruppo che testimoniano della loro tristezza poiché alcuni loro coetanei stanno alla finestra, e magari sorridendo chiedono «ma chi te lo fa fare?». Un operatore di PG si trova dunque non solo a dover accompagnare chi già si è messo le scarpe, ma talvolta anche a preoccuparsi di chi giace steso sul divano, davanti alla finestra o allo schermo. Quell’operatore deve tenere a mente un elemento – riaffermato di recente dal Santo Padre, con le sue consuete metafore – cioè che i giovano sono bravissimi a stimolare i loro coetanei, a mettere loro le scarpe[3].
- C’è materiale in abbondanza (online) per chi ha la volontà e la curiosità di informarsi[4] e cercare o proporre buone idee da replicare. Esistono, oramai, molti enti (associazioni, amministrazioni, università, centri della Chiesa) in tutto il territorio che possono intervenire per dibattiti, suggerimenti, conferenze sulle tematiche ecologiche. Ci sono canali per informare, denunciare, allertare.
- Ogni tanto, è benvenuto un approfondimento dell’etimologia del concetto “ecologia”, senza lasciarsi distrarre dal fatto che alcuni studiosi considerino (non senza ragione) troppo vaghe le più ricorrenti e comunemente accettate definizioni di “ecologia”.
Ciò premesso, ecco i due capisaldi della nostra riflessione: iniziare dall’ecologia per una conversione, e iniziare dall’ecologia per la coerenza.
Iniziare dall’ecologia per una conversione
La preoccupazione per lo stato del pianeta e degli ecosistemi è oramai diffusa: una consapevolezza che travalica culture, religioni, fazioni politiche. Che spazia dai vertici internazionali specializzati, alla ricerca universitaria, ai settori industriali e finanziario, a quello dei media – inclusi pubblicità e film.
Wall-E (2008) è un film di animazione. È insolito che un film adatto a giovanissimi inizi in un contesto così drammatico, distopico[5]. Come si è arrivati alla situazione iniziale? È davvero inverosimile come scenario? Quali sono gli esempi di come l’umanità abbia fallito sia dal punto di vista ecologico sia dal punto di vista sociale/relazionale?
Avatar (2009) è un film di avventura. Permette due tipi di interrogativi. Il primo: cercare analogie tra l’arrogante comportamento della ditta che estrae minerale sul pianeta Pandora, da una parte, e il comportamento di multinazionali in zone povere sul nostro pianeta, dall’altra parte; riflettendo così sul ruolo di chi difende gli interessi particolari di una minoranza che controlla i capitali, che è in grado di determinare e imporre «ciò che va fatto a qualsiasi costo». Il secondo tipo di questionamento, invece, lo vedremo più avanti.
Tale consapevolezza deve anche far capire – semmai fosse necessario – che l’ambiente non è una “entità esterna”, con la quale possiamo scegliere di avere o meno rapporti. E non bisogna adottare un approccio unicamente utilitaristico[6] della natura, cioè preservarla «quel tanto che basta per evitare conflitti o rivolte, o per permettere uno sviluppo meramente economico (…) quel tanto che basta per non incorrere in multe, per apparire “verdi”»[7]. Ammiriamo, piuttosto, il valore intrinseco della natura indipendentemente dall’uso che ne vorremmo fare[8]. Siamo creature tra le creature[9], abbiamo molto da imparare dalle leggi della natura[10], e dipendiamo strettamente dal buono stato della casa comune, dei suoi ecosistemi, degli oceani, dei suoli. Chi ne ha l’occasione contempli gli splendidi mosaici del Ciclo della Creazione nel Duomo di Monreale: diventa graficamente palese quanto scritto nella Genesi, ossia che inizialmente è stato disposto da Dio tutto il necessario (astri e luce, terra ferma, acqua, biodiversità, …) affinché la vita umana divenisse possibile, il necessario da cui dipendiamo. Il danno ambientale ha dunque ripercussioni serie sulle società umane. D’altro canto, le questioni ecologiche hanno innumerevoli “risvolti sociali” attinenti alla vita in comunità, alla giustizia, all’equità, all’economia e alla governance[11]. Per esempio: le delocalizzazioni di attività inquinanti o pericolose da svolgere in zone più povere, dove l’ambiente e la manovalanza godono di minore protezione; un’agricoltura intensiva, fortemente collegata col settore chimico e marketing, sorretta da sussidi e una politica liberale aggressiva, che minaccia innumerevoli piccoli produttori di cibo; i problemi causati dalla speculazione irresponsabile e cinica, dalla mafia e dalla corruzione; i problemi causati dalla corruzione che si sviluppa attorno all’estrazione e al commercio di risorse minerali o energetiche; i forti squilibri nel tenore di consumo di risorse naturali (o nel footprint) tra i più abbienti nelle società dei Paesi maggiormente industrializzati e l’immensità di persone che abita i Paesi più poveri e le zone più povere di quelli ricchi; la conseguenza di alcuni inquinamenti, che colpiscono persone che non li hanno causati. E via dicendo. Insomma, la consapevolezza di una necessaria giusta relazione con la natura porta inevitabilmente alla consapevolezza di una necessaria giusta relazione con gli altri. Per questo, scrive Papa Francesco, «un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (LS § 49). C’è un collegamento che va fatto. Questo collegamento può essere sottoposto alla considerazione di chi, purtroppo, “sta alla finestra”.
«Ma io non c’entro nulla!»
«Non è detto. Con quello che consumi, mangi, scegli per divertirti o per vestirti…»
«Tanto, “io”, non ne risento le conseguenze negative!»
«Non è detto. Se vogliamo proprio addentrarci nelle considerazioni più pragmatiche, da una parte, le ripercussioni sulla tua salute potrebbero già esser in atto a tua insaputa, o non tardare. Dall’altra parte, non c’è da sentirsi più di tanto spensierato in un pianeta scarificato da inquinamenti, risentimenti e inuguaglianze, dove tanti sventurati vedono sul loro schermo la promozione e l’adozione, altrove, di una vita agiatissima, fatta di sprechi e consumo, che loro possono solo sognare.»
«Beh… sarà ma non ci posso fare nulla!»
«Non è detto. Parliamone!»
Proponiamo la concretezza. La LS è molto propositiva e concreta: offre molti esempi di convivialità, e di solidarietà. Tutti i “piccoli gesti”[12] (a livello individuale o collettivo) sono importanti, come una palestra di virtù.
Si tenga presente che «le modalità con cui l’uomo tratta l’ambiente influiscono sulle modalità con cui tratta se stesso e, viceversa. Ciò richiama la società odierna a rivedere seriamente il suo stile di vita che, in molte parti del mondo, è incline all’edonismo e al consumismo, restando indifferente ai danni che ne derivano», scriveva Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate (CIV § 51).
La consapevolezza di una necessaria giusta relazione con gli altri porta dunque alla consapevolezza di una necessaria giusta relazione con se stessi.
Ci sono leggi nella natura, una “grammatica” negli ecosistemi, ed «è necessario che ci sia qualcosa come un’ecologia dell’uomo» (CIV § 51). Bisogna capire la persona, il suo sviluppo, ciò che costituisce il suo ecosistema e ciò che favorisce la sua crescita. Ci si deve qui soffermare sul concetto “sviluppo umano integrale”. CIV era dedicata proprio allo sviluppo umano integrale, e LS propone l’ecologia integrale. Già Paolo VI, nell’enciclica Populorum progressio, aveva spiegato che l’autentico sviluppo «deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo» (§ 14).
La sollecitudine dei Papi per lo sviluppo umano integrale indica un mezzo e, al contempo, una finalità[13]. Si sviluppano tutti gli aspetti della persona trovando pienezza di senso, per una crescita in umanità. La ricerca del bene comune mira a soddisfare al meglio quelle condizioni che permettono sia alle collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente[14]. «A che scopo passiamo da questo mondo? Per quale fine siamo venuti in questa vita? Per che scopo lavoriamo e lottiamo? Perché questa terra ha bisogno di noi? (…) Occorre rendersi conto che quello che c’è in gioco è la dignità di noi stessi» (LS § 160).
Baden Powell ha scritto e illustrato il libro per adolescenti Rovering to success (1922). Quel grande educatore mise in guardia contro i finti volti del successo (per esempio riporre la felicità nella ricchezza, nell’alcool o nel gioco), incoraggiando ad andare verso la felicità, verso il compimento di se stessi, e il servizio. Cosa rende i giovani davvero felici? Quali sono i «presupposti di una vita buona e significativa»[15]? Quali sono le cose più importanti – sul lungo termine – e le cose più urgenti? Quante e quali di queste cose sono collegate in qualche modo alla natura? Quali portano verso l’interiorità, verso quello che c’è nel profondo della persona? Perché Dio ti ha messo nel giardino?
Si pensi anche al lavoro dei medici: tumori, malnutrizione, problemi respiratori o di fertilità possono essere causati anche dai danni arrecati all’ambiente. Gli esperti della sanità possono testimoniare che «malattie rare sono conseguenze della malattia che noi facciamo all’ambiente»[16]. Possono altresì testimoniare di altre patologie: depressione, stress, burnout, dipendenze da sostanze o da contenuti allo schermo, ansia… il benessere di una persona è veramente una questione integrale, olistica.
Siamo all’ultima tappa di quello che retrospettivamente appare un percorso di conversione e di riconciliazione. Giovanni Paolo II spiegava che il peccato è un elemento di divisione: «divisione fra l’uomo e il Creatore, divisione nel cuore e nell’essere dell’uomo, divisione fra gli uomini singoli e fra i gruppi umani, divisione fra l’uomo e la natura creata da Dio»[17]. Sono quattro le rotture da sanare, per questo il Papa propone come modello San Francesco, lui che le aveva sanate, vivendo «in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso» (LS § 10).
La consapevolezza di una necessaria giusta relazione con se stessi, alla quale siamo giunti, può portare alla consapevolezza di una necessaria giusta relazione con Dio. Il libro della natura e la scienza portano verso il Creatore, verso Colui che ha avviato questo grande progetto di amore. Senza quest’ultima relazione, non si realizza l’“integralità” della persona.
È venuto il momento di affrontare il secondo interrogativo suscitato dalla visione di Avatar, che concerne quella super-intelligenza naturale, il grande spirito Eywa che guida i “gentili selvaggi azzurri”, custodisce memorie e comanda gli animali! Una simile entità è compatibile con l’escatologia cattolica, con la visione cattolica della creazione? Con una speciale responsabilità da parte degli esseri umani?
Per quale motivo Benedetto XVI scrisse: «è contrario al vero sviluppo considerare la natura più importante della stessa persona umana. Questa posizione induce ad atteggiamenti neopagani o di nuovo panteismo: dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, non può derivare la salvezza per l’uomo» (CIV § 48) e Francesco, a sua volta, ha messo in guardia contro il biocentrismo? (cf. LS § 118).
Va inoltre ricordato che la spiritualità, assiemi agli autentici valori religiosi, fornisce la motivazione per l’impegno, per il cambiamento e per la perseveranza[18].
Iniziare dall’ecologia per la coerenza
L’ecologia ambientale porta a riflettere sull’ecologia integrale che include anche l’ecologia umana.
Paolo VI, alludendo agli spettacoli immorali e alla pornografia, chiedeva (proprio nei primi anni 1970 in cui le preoccupazioni ambientali si diffondevano, ma era anche l’epoca in cui si manifestava la tendenza alla “decostruzione” sociale) «dove è l’ecologia umana?»[19]. Da allora, il concetto “ecologia umana”, sotto la penna dei Pontefici[20], viene aggiornato nella consapevolezza delle sfide di ciascuna epoca, e acquisisce progressivamente una maggiore completezza e autorevolezza. Descrive l’ecologia della persona, la sua natura, il suo ecosistema. Una sana ecologia umana esige la comprensione del corpo umano e dei suoi significati. Tra questi citiamo:
- la destinazione al dono e al reciproco donarsi[21] (e non all’accaparramento né allo sfruttamento o al mercimonio, che possono prendere varie sfaccettature);
- la trasmissione della vita e l’apertura alla vita come dono (non come il frutto di una programmazione, di un progetto di dominazione, che possono prendere varie sfaccettature) e, più generalmente, le questioni di bioetica;
- la relazionalità con gli altri e con l’ambiente[22] (una vera relazionalità, incompatibile con quella che Papa Francesco chiama “cultura dello scarto”, non una relazionalità mondana e superficiale “da social network”, o intrisa di relativismo);
- la consapevolezza del “limite” (siamo creature limitate, non tutto quello che possiamo tecnicamente fare, o che vogliamo fare, è legittimo, in quanto ogni persona «possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere. L’uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé. L’uomo non crea se stesso. Egli è spirito e volontà, ma è anche natura, e la sua volontà è giusta quando egli rispetta la natura, la ascolta e quando accetta se stesso per quello che è»[23]).
Da tutto ciò scaturiscono implicazioni negli ambiti della vita in società, della sessualità e della famiglia, della medicina, della bioetica, dell’«ecologia sociale»[24].
È alla moda essere “bio”, sano, naturale. Si vogliono spesso acquistare prodotti non collegati a microplastiche, a interferenti endocrini, all’uso d’idrocarburi. Bisogna però ragionare anche in termini di ecologia umana e sociale.
Un pannello fotovoltaico prodotto da manodopera schiava è accettabile?
Quali forzature non-naturali[25] (in atto o previste per un futuro prossimo) si possono discernere, denunciare, combattere?
Cosa ci ispirano i protagonisti del film The Island, thriller fantascientifico (2005)?
Cosa pensare del modo di organizzare le nascite, e dunque la società, nel romanzo Il nuovo mondo (1932)? Sembra inverosimile?
Si leggano i paragrafi LS § 102-105 e 131 sulla tecnologia. Il Papa osserva «Mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene, soprattutto se si considera il modo in cui se ne sta servendo» (§ 104) e subito cita alcuni esempi. È possibile dare altri esempi?
Tutto è connesso. Lasciato il davanzale della finestra (questo almeno vale per chi indugiava, guardando da lassù lo spettacolo senza osare scendere nella mischia, o forse nemmeno accorgendosi di cosa c’è in ballo poiché la sua finestra è annebbiata dal relativismo), il giovane è chiamato all’impegno coerente: chi s’interessa all’ecologia ambientale deve proseguire il proprio ragionamento e impegno, considerando anche l’ecologia integrale e quella umana. Davvero, «è necessario che, su questi temi, l’impegno dei cristiani sia coerente, specialmente nei nostri anni che costituiscono “il tempo più forte del riduzionismo antropologico”»[26].
Anche nei vari gruppi e uffici può essere così. Che gli appassionati dell’ambiente si adoperino anche per la vita, per i nascituri, per le persone con handicap. Che i paladini della trasparenza, della governance, della democrazia partecipativa e della responsabilità aziendale aderiscano alle iniziative di chi si occupa di teologia e liturgia. Che chi s’impegna per il matrimonio cristiano e per la famiglia contribuisca all’esplicitazione della cura che le famiglie devono avere per la natura, oppure vada alla serata organizzata da chi riflette alle nuove minacce tecnologiche. E via dicendo.
Conclusione
L’ecologia s’interessa alla natura dei singoli ma anche agli ecosistemi, alle relazioni, al susseguirsi delle generazioni e degli eventi. Si ragiona, cioè, in termini di organizzazione, di interazioni e di strutture articolate. Il Catechismo della Chiesa parla anch’esso di «strutture di peccato» (§ 1869). L’espressione si adatta bene alle tematiche ecologiche: se un produttore inquina,… se il funzionario si lascia corrompere e non sanziona,… se il grossista è determinato ad approvvigionarsi in merce a basso costo anche calpestando i diritti umani e la tutela dell’ambiente… se l’investitore vuole un guadagno economico il più elevato e veloce possibile, rimanendo indifferente dinnanzi a ciò che viene calpestato… se lo scienziato accetta di tacere gli effetti collaterali negativi della nuova tecnologia… se la pubblicità incoraggia lo spreco e il sovra-consumo, anche di prodotti non necessariamente utili o migliori di altri… se ci sono strategie di crescita incentrate precisamente sullo spreco e sulla fornitura incessante di prodotti (ghiotti in minerali e in energia) presto obsoleti, che non sono più compatibili coi nuovi programmi… Ebbene, si è davvero in presenza di strutture di peccato. Per fronteggiarle, servono strutture virtuose, di grazia, di riconciliazione e di guarigione, di ecologia ambientale, umana, sociale, integrale. Sono queste le strutture che l’operatore di PG deve proporre ai giovani.
NOTE
[1] Cf. i primi paragrafi della Costituzione pastorale Gaudium et spes, e il quarto capitolo dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium.
[2] Creando o unendosi a iniziative ecclesiali, un’associazione, un progetto lanciato da compagni di master, un gruppo di rover, una start up.
[3] Francesco, Discorso ai giovani in occasione del viaggio apostolico in Cile, 17 gennaio 2018.
[4] Anche solo leggendo sussidi prodotti dall’Organizzazione dell’ONU per il cibo e l’agricoltura (FAO) e dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP).
[5] Quel film è comunque ben inserito in una consolidata gamma di pellicole catastrofiste che ci promettono futuri angoscianti.
[6] Approccio utilitaristico che può appartenere sia ad ambientalisti difensori della natura, sia a imprenditori che la vedono solo come un insieme di giacimenti.
[7] Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Energia, Giustizia e Pace, LEV 2013, p. 87.
[8] Cf. LS § 140.
[9] Parlando di “ambiente” o di “environment”, si è quasi istintivamente – nel subconscio – sospinti a preoccuparsi per una cosa che ci circonda, un contesto, un’ambientazione, uno scenario nel quale uno si trova, sì, ma senza farne parte. Invece, i termini “creato” e “natura” non hanno questo effetto distanziante: siamo parte della natura e del creato.
[10] Anche per questo è così importante la contemplazione (cf. LS § 85). Aldo Leopold, pioniere statunitense della conservazione della natura, scriveva di una “malattia spirituale” che colpisce chi non possiede una fattoria: cioè credere che la colazione venga dal negozio.
[11] La visione della pellicola Domani (2015) consente di apprezzare numerosi di questi risvolti.
[12] Cf. LS § 211-213, 231.
[13] Lo “sviluppo sostenibile”, promosso in molti ambienti, in fin dei conti è un “solo” mezzo (soddisfacente o insoddisfacente, efficace o meno, non è questo il punto). Sviluppo di cosa esattamente? Soddisfare quali “necessità” delle varie generazioni? Quali parametri adottare?
[14] Cf. Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, § 164.
[15] Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana, 27 maggio 2010.
[16] Francesco, Discorso alla Conferenza Internazionale “La cultura della salus e dell’accoglienza al servizio dell’uomo e del pianeta”, 19 novembre 2015.
[17] Esortazione post-sinodale Reconciliatio et paenitentia, § 23.
[18] Cf. LS § 216.
[19] Udienza generale, 7 novembre 1973.
[20] Il concetto appare decenni prima, in ambito universitario (demografia, conservazione della natura, sociologia…) e con un’accezione ben diversa da quella del magistero cattolico.
[21] Cf. Giovanni Paolo II, Udienza generale, 29 aprile 1981.
[22] Cf. LS § 155.
[23] Benedetto XVI, Discorso al Parlamento federale tedesco, 22 settembre 2011.
[24] LS § 142; Giovanni Paolo II, enciclica Centesimus annus § 38.
[25] Concepire gli uteri in affitto, far nascere bambini come pezzi di ricambio oppure per coppie dello stesso sesso, programmare la nascita di un bambino “à la carte” con determinati parametri... Se Paolo VI parla di pornografia chiedendosi dov’è l’ecologia umana, forse la pornografia è (considerando ciò che propone e che implica) una sorta di “inquinamento umano”? Fin dove arriveranno le teorie e le esperienze orientate all’eugenetica, all’avvento di un “uomo aumentato” e affrancato dai propri limiti?
[26] Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Terra e Cibo, LEV 2015, § 91. Sulle questioni di bioetica, tecnologia, famiglia ed ecologia umana, cf. anche § 92-96, 109-111.