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    Il percorso formativo dei “Dieci Comandamenti”


    Catechesi con i giovani /7

    Marcello Scarpa


    (NPG 2021-05-73) 


    Nella nostra società secolarizzata, dove impera il culto della libertà “assoluta”, sciolta da ogni vincolo, non è facile parlare di catechesi, né di “comandamenti”. I giovani, infatti, associano la catechesi al periodo dell’infanzia e all’obbligo di noiose lezioni di “dottrina” cristiana.[1] L’allontanamento dagli incontri catechestici avviene di solito durante il periodo dell’adolescenza, quando si sperimentano nuove forme di libertà e la ragione si confronta con il pensiero contemporaneo, che ha messo da parte l’idea di una “verità” oggettiva su cui indagare per esaltare l’autonomia del “soggetto”, per liberarlo da ogni imposizione, da ogni legge. Il tutto, all’interno di uno scenario socio-culturale caratterizzato dalla crisi della figura paterna, incapace di trasmettere alle nuove generazioni le cifre interpretative dell’esistenza, e dalla frammentazione del sapere, che produce incertezza e «solitudine esistenziale. L’uomo occidentale moderno si ritrova solo, senza punti di riferimento, ad affrontare problemi e situazioni sempre più complessi, privo di un bagaglio di strumenti per affrontare la vita che una volta veniva assicurato dalla tradizione».[2]

    Paradossalmente, «In questo clima culturale di assenza paterna e disorientamento filiale nel quale tutto sembra aspirare a bandire ogni forma di limitazione, si sta diffondendo in Italia, da più di venti anni, un’esperienza di catechesi fondata sui Dieci comandamenti, che sta avendo una popolarità inaspettata, non solo per l’importante numero di partecipanti ma, ancor di più, per l’aiuto esistenziale che molte persone, dalle storie e provenienze più svariate, sperimentano».[3] Viene da chiedersi: come mai nell’epoca del disimpegno e dello spontaneismo un percorso di catechesi a frequenza settimanale su un elenco di proibizioni e limitazioni, comandati da Dio a Mosè e fissati nelle Tavole della Legge, ha un così elevato numero di giovani ascoltatori? Non è difficile trovare la risposta nell’attuale clima culturale, in un tempo di post-verità e fake news, allora «ben venga chi dice le cose in faccia, chi le sa chiamare con il loro nome, chi sa entrare nel tessuto della vita con una chiave di lettura autorevole, chi porta una tradizione millenaria di cui tantissimi sono ignoranti ma che nessuno ignora del tutto perché fa parte del “sottofondo culturale” presente nelle persone più diverse per stile e scelte di vita. Sapere da che parte andare, entrare in possesso del “libretto delle istruzioni” della vita: ecco che cosa spinge la gente a interessarsi ai corsi sui dieci comandamenti».[4]

    Un percorso di catechesi permanente

    Le dinamiche della catechesi con i giovani si svolgono all’interno di un quadro di riferimento teorico suddiviso nei tre momenti di “Primo annuncio”, di “Iniziazione cristiana” e di “Catechesi permanente”.[5] Infatti, si tratta dapprima di annunciare Cristo ai giovani, successivamente di accompagnarli lungo percorsi di iniziazione alla vita cristiana, poi di approfondire con essi i dati di fede lungo un itinerario catechistico sistematico e organico, anche se nella pratica i confini tra le diverse fasi non sono mai così netti. Infatti, il “Primo annuncio” non «sta all’inizio e dopo si dimentica o si sostituisce con altri contenuti che lo superano. È il primo in senso qualitativo, perché è l’annuncio principale, quello che si deve sempre tornare ad ascoltare in modi diversi e che si deve sempre tornare ad annunciare durante la catechesi in una forma o nell’altra, in tutte le sue tappe e i suoi momenti. […] Tutta la formazione cristiana è prima di tutto l’approfondimento del kerygma che mai smette di illuminare l’impegno catechistico, e che permette di comprendere adeguatamente il significato di qualunque tema che si sviluppa nella catechesi».[6]  
    Similmente, in qualsiasi percorso catechistico non può venire meno la dimensione esperienziale del soggetto, che è l’elemento distintivo degli itinerari di iniziazione cristiana, dove si viene iniziati da qualcosa che uno vive, attraverso cui uno passa, che prova, che incontra. La liturgia, ad esempio, introduce all’esperienza della Rivelazione mediante il cammino che organizza, cioè facendo vivere dei gesti, dei movimenti, degli atteggiamenti attraverso cui si fa esperienza del mistero di fede che si celebra. Pertanto, nei percorsi di catechesi permanente, in cui il dato di fede viene approfondito in maniera sistematica, bisogna considerare sia la dimensione esistenziale del soggetto, chiamato a interagire esperienzialmente con il mistero, sia la dimensione kerigmatica dell’annuncio di salvezza inscritto nel contenuto di fede che si sta approfondendo. Il successo del percorso catechistico dei Dieci comandamenti risiede, come vedremo, proprio nella capacità di saper bilanciare in maniera armonica queste tre dimensioni: l’oggettività dell’istruzione che si fornisce nel percorso catechistico, la soggettività dei giovani chiamati a confrontare il proprio vissuto esperienziale alla luce della Parola, l’annuncio della salvezza di cui si può già partecipare nell’oggi della storia.

    Come funziona il percorso dei Dieci Comandamenti

    L’itinerario formativo sui Dieci comandamenti ebbe inizio nella parrocchia romana di santa Maria Goretti quando l’incaricato dei servizi ai giovani don Fabio Rosini «si vide assegnare un gruppo di una decina di ragazzi del dopo cresima, disorientati e senza punti di riferimento. Per loro, nel 1993, cominciano a formarsi le prime catechesi che nel tempo diventarono un vero e proprio percorso della durata di circa un anno e mezzo. Il linguaggio era diretto, capace di entrare nel tessuto della vita quotidiana chiamando per nome i peccati e gli idoli che ci fanno del male, che ci possono far naufragare nella vita».[7] A partire dall’intuizione di un ragazzo (perché invitare sempre le stesse persone? Si può proporre lo stesso percorso anche ai propri amici!), di anno in anno, con la sola forza del “passa parola”, hanno iniziato a partecipare agli incontri giovani in ricerca, adulti “impegnati” desiderosi di approfondire le basi della loro fede, uomini e donne determinati a rilanciare la loro vita di coppia, persone distanti dai precetti della Chiesa.[8]
    La cosa che accomuna tutti, praticanti e non praticanti, è la sensazione di profondo disagio di fronte alla parola “comandamenti”: per gli uni sono fonte di sensi di colpa, di un “non sentirsi mai a posto” con se stessi, per gli altri sono il retaggio di una Chiesa conservatrice e retrograda. Pertanto si tratta, all’inizio del percorso, di sgombrare il campo dalle precomprensioni e dai pregiudizi: infatti i primi tre incontri di catechesi non riguardano direttamente i comandamenti, ma hanno lo scopo di far emergere il senso d’incompiutezza e il desiderio di salvezza che abita in ogni uomo, di far capire che i successivi incontri non saranno erudite lezioni catechistiche, ma l’annuncio di una Parola che non lascerà indifferente il cuore di chi ascolta.[9] Dopo questa preparazione, seguendo il testo del capitolo 20 dell’Esodo, si passa a parlare dei veri e propri comandamenti con alcune precisazioni di carattere storico-biblico.[10] Il primo comandamento, ad esempio, più che dell’idolatria parla di un Dio che, fedele alle sue promesse, libera dalla schiavitù d’Egitto il popolo d’Israele; si scopre, così, che la memoria di un fatto di liberazione è la chiave di lettura per i comandamenti. Siamo idolatri perché diamo importanza alla nostra persona, sostituendo a Dio il nostro “Io”, diventiamo prigionieri di noi stessi, incapaci di aprirci alle relazioni con gli altri. Il momento di spiegazione sistematica del comandamento si intreccia con esempi di vita vissuta che rendono «le catechesi avvincenti e provocatorie. Difficile non identificarsi con questa o quella situazione presa dall’esperienza personale, narrata come testimonianza o come un vissuto reale! Scopri di essere un idolatra al di sopra di ogni sospetto. Quindi, anche tra una risata e l’altra di esempi talvolta grotteschi o ironici, il messaggio arriva chiaro e forte: il primo comandamento sull’idolatria riguarda proprio te! Per tutti i comandamenti si procede con lo stesso tono: si scavalca l’interpretazione semplificata (pur vera) del comandamento di Dio e ne si annuncia il significato profondo, spesso sorprendente».[11] Per evitare che durante gli incontri i giovani siano dei semplici ascoltatori passivi, al termine di ogni singolo comandamento viene messa in atto una prima elementare “scuola di preghiera” «con l’introduzione alla meditazione personale delle Sacre Scritture e alla conseguente condivisione fraterna. Questa scelta metodologica ha il preciso intento di insegnare l’ascolto e la riflessione interiore»[12] e di integrare la dimensione dottrinale della catechesi sui comandamenti con gli aspetti esperienziali e salvifici della Parola di Dio.
    Don Fabio Rosini ha creduto nella “riproducibilità” dell’esperienza dei Dieci Comandamenti e ha coinvolto nel progetto altri parroci, religiosi, laici, che «sono venuti in contatto con queste catechesi. Sacerdoti con temperamenti, formazione, appartenenze molto diverse hanno potuto suonare con strumenti diversi lo stesso spartito nei luoghi più vari».[13] Oggi il percorso dei Dieci Comandamenti è presente in Italia, in quasi 80 diocesi, in Croazia, Polonia, Germania, Spagna, ed è approdato anche nel web, con le registrazioni degli incontri su youtube….E nelle nostre realtà ecclesiali?

    Una proposta per gli ambienti ecclesiali

    Non è certo possibile riproporre l’itinerario dei Dieci comandamenti nei propri ambienti senza averne fatta una certa esperienza. Di seguito, segnalo qualche spunto di riflessione:
    - Per i sacerdoti, religiosi, laici impegnati nella catechesi: attraverso la partecipazione a degli incontri nella propria diocesi sui Dieci comandamenti, si può acquisire un metodo catechistico, e poi riflettere su come proporlo nei propri ambienti educativi.
    - Ai giovani: si tratta di far vivere loro un’esperienza di catechesi attraverso le Dieci Parole. Le occasioni possono essere molteplici; l’importante è comprendere che quando si ha un gruppo di giovani, l’argomento dei Comandamenti può innescare confronti reciprocamente arricchenti e rilanciare nuovi approfondimenti di fede.
    - Agli animatori: con i ragazzi più piccoli, grazie ai video dei Dieci comandamenti caricati su youtube, giovani animatori-catechisti possono reperire molte risorse per delle catechesi sul Decalogo.
    - Per le tante attività di gruppo, formative, di animazione sportiva, musicale, teatrale, di danza, etc., perché non lanciare un messaggio mensile legato ai dieci Comandamenti? Per lo sport, ad esempio, il primo comandamento invita a non costruire idoli (la vittoria a tutti i costi!), ma a ringraziare Colui che dà occasione di vivere gli incontri di squadra. Non potrebbe questo essere un Primo annuncio delle Tavole della Legge in vista di un successivo approfondimento sistematico sui suoi contenuti?

    NOTE

    [1] Cfr. P. Traiani, Il rapporto con la Chiesa, in: R. Bichi – P. Bignardi (edd.), Dio a modo mio. Giovani e fede in Italia, Vita e Pensiero, Milano 2015, p. 94.
    [2] A. Scandurra, Il decalogo nella catechesi. Perché puntare sui dieci comandamenti?, in: “Credere Oggi” 30 (2010) 6, p. 74.
    [3] A. Grazioli, L’io orfano, la Legge e la Grazia. Una proposta di rievangelizzazione nell’Europa cattolica di oggi, in: L. Bianchi – G. Spirito (edd.), Evangelizzazione e rievangelizzazione nell’Europa del XXI secolo, San Leopoldo, Padova 2018, pp. 192-193.
    [4] A. Scandurra, Il decalogo nella catechesi, pp. 74-75.
    [5] Il Direttorio Generale per la Catechesi (DGC nn. 60-73) distingue tre forme fondamentali di catechesi, ciascuna con finalità, contenuti e metodi propri: la catechesi del primo annuncio, la catechesi a servizio dell’iniziazione cristiana, la catechesi a servizio dell’educazione permanente della fede.
    [6] Francesco, Evangelii Gaudium (= EG). Esortazione apostolica sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, Città del Vaticano, 24 novembre 2013, nn. 164.165.
    [7] A. Grazioli, L’io orfano, la Legge e la Grazia, pp. 201-202.
    [8] Cfr. A. Scandurra, Il decalogo nella catechesi, p. 66.
    [9] Cfr. ibidem, pp. 68-69.
    [10] Per lo schema e i contenuti degli incontri, cfr. X. Matoses, I X comandamenti e i 7 segni del vangelo di Giovanni, in: G. Benzi – G. Cavagnari – X. Matoses (edd.), La fonte dell’evangelizzazione. Fondamenti, ambiti ed esperienze di pastorale biblica, Queriniana, Brescia 2018, pp. 178-181.
    [11] A. Scandurra, Il decalogo nella catechesi, p. 69.
    [12] A. Grazioli, L’io orfano, la Legge e la Grazia, p. 213.
    [13] Ibidem, p. 222.


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