Renato Cursi
(NPG 2020-01-2)
Ripensare l’Europa. Questo è il compito che si è proposto il dialogo ad alto livello intrapreso più di due anni fa, in occasione del 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma, dai rappresentanti della Chiesa Cattolica, a partire da Papa Francesco, da una parte, e i rappresentanti delle istituzioni europee, dall’altra. In questa occasione, il Santo Padre si interrogava su quale potesse essere il contributo cristiano al futuro del progetto europeo. Un progetto che, notoriamente, da diversi anni attraversa un momento difficile della sua storia. Nel suo discorso, Papa Francesco suggerì di ricostruire insieme l’Europa a partire da due fondamenta e cinque mattoni. Le due fondamenta erano la persona e la comunità. I cinque mattoni erano invece il dialogo, l’inclusione, la solidarietà, lo sviluppo e la pace. Come interagisce la Pastorale Giovanile italiana ed europea con questo progetto edilizio?
La costruzione europea non è un assoluto, né un fine in sé stesso. Persino gli Stati stessi che si sono impegnati nel progetto di Unione Europea le hanno fissato dei limiti di competenza. Non è opportuno, pertanto, aspettarsi soluzioni onnicomprensive da questa realtà. Tuttavia, si tratta di un progetto importante, capace di incidere sulle vite dei cittadini dei Paesi coinvolti, a partire proprio dai giovani. Per fare un esempio, tra i tanti possibili: secondo i tratti che istituiscono l’Unione Europea, l’educazione non è una competenza dell’Unione, bensì una competenza dei suoi Stati Membri. Eppure, sono molte le decisioni prese in seno alle istituzioni europee che incidono in un modo o nell’altro sui processi educativi dedicati ai giovani europei, come nel caso del progetto Erasmus+.
Appare chiaro, allora, come sia opportuno dialogare con gli altri attori chiave di questo progetto per contribuire a ripensarlo, assicurandosi che non manchi a questo sforzo un contributo propriamente evangelico. La Chiesa cattolica è presente a Bruxelles e specificamente presso le istituzioni europee in varie forme. Al livello più alto e ufficiale, figurano certamente la Nunziatura Apostolica presso le Comunità Europee e la COMECE, la Commissione che rappresenta le Conferenze Episcopali dei Paesi Membri dell’Unione Europea. Insieme a questi grandi attori, tuttavia, una serie di realtà di ispirazione cattolica collegate a ordini religiosi, comunità, movimenti e associazioni, anche giovanili, sono presenti a Bruxelles per offrire un loro contributo alla costruzione di questo edificio europeo.
Ciò non dovrebbe peraltro apparire come qualcosa di strano o di nuovo. Questo progetto di integrazione europea, infatti, venne intrapreso all’alba del secondo dopoguerra del secolo scorso, in maniera particolare proprio da personalità ispirate dalla comune fede cristiana. Il fatto è che, come riconosceva lo stesso Papa Francesco nel suo discorso ai partecipanti al dialogo Rethinking Europe, viviamo “in un tempo in cui il volto dell’Europa è sempre più connotato da una pluralità di culture e di religioni, mentre per molti il cristianesimo è percepito come un elemento del passato, lontano ed estraneo”.
Eppure questa ispirazione è lì ancora oggi, anche quando sembriamo non vederla. Come nel caso della bandiera dell’Unione Europea. Fu infatti Arsène Heitz, designer francese cattolico molto devoto a Maria (cf. Ap 12,1), a proporre il disegno della bandiera blu con una corona di dodici stelle gialle, che rimangono dodici al di là del numero dei Paesi Membri dell’Unione Europea. Tale bandiera ufficiale venne adottata dalle Comunità Europee nel 1955, peraltro proprio l’8 dicembre di quell’anno. Intraprendiamo dunque questo percorso per capire come la Pastorale Giovanile può interagire, dando e ricevendo, con la costruzione europea in corso a Bruxelles e in tanti altri cantieri d’Europa, certi di avere una buona parola da dire ai giovani europei e a chi è chiamato a decidere del loro presente e futuro.