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    Giovani e spazio domestico: un rapporto in trasformazione



    Valerio Corradi

    (NPG 2016-04-71)


    Vecchie e nuove periferie

    A livello di senso comune il termine periferia rimanda, sul piano spaziale, a luoghi lontani e marginali rispetto ad aree centrali e ben individuabili di una città o di un territorio. Al contempo esso richiama dimensioni sociali, culturali, economiche e relazionali problematiche. Alle periferie si associano così valutazioni sostanzialmente negative, esse possono divenire infatti luoghi in cui l’essere ai margini della città diviene metafora dell’essere ai margini della società, se non del tutto esclusi[1].
    Osservando la città contemporanea ci si rende conto che in realtà i due aspetti (fisico e sociale) risultano solo parzialmente sovrapposti, tanto che oggi si vanno creando periferie sociali ed esistenziali anche nelle zone centrali della città e non è scontato che ciò che è “periferico” sul piano spaziale sia sempre peggiore, meno appetibile o meno apprezzabile di ciò che è “centrale”. Dobbiamo quindi essere sempre più consapevoli che non necessariamente i tratti negativi e anomici si registrano con l’allontanamento fisico da un centro ben definito. Si può essere periferici rispetto alla vita sociale anche abitando nel centro di una città così come si può soffrire di solitudine e isolamento nel bel mezzo di una folla.
    Riflettendo sull’origine di queste nuove forme di perifericità, si può notare che uno dei fenomeni particolari degli ultimi anni è che molte forme di de-socializzazione si vanno generando all’interno di uno degli ambiti in cui ci si sente più al sicuro, ovvero nello spazio domestico. Da sempre, nella nostra cultura, la casa è un luogo che simboleggia stabilità e protezione. Essa “si configura come elemento fondamentale intorno a cui l’individuo costruisce il proprio sé […] e costituisce l’elemento cardine della sua identità”[2]. La casa è lo spazio che fa da sfondo alla quotidianità e alla biografia dei singoli e delle famiglie.
    Negli ultimi decenni sembra però essersi diffuso un nuovo modo di concepire e di abitare lo spazio domestico che predilige la privatizzazione, il ripiegamento su di sé e un limitato coinvolgimento con la realtà sociale esterna. Alla base sembra esserci un processo di “individualizzazione dell'abitare” che fa diventare le abitazioni dei frammenti a sé stanti, chiusi e possibilmente isolati. In questo quadro l’abitare si sostanzia nella separazione fisica dai vicini, nel non coltivare relazioni di prossimità, nella ricerca di abitazioni isolate e ben protette e nella mancanza di un senso di appartenenza al luogo.
    Il dato di partenza da cui muovono le successive riflessioni è rappresentato dalla crescente importanza che sta assumendo questo “nuovo” spazio domestico e questa nuova forma dell’abitare nella vita di adolescenti e giovani.
    Si ritiene che oggi, tra le “periferie” dei giovani, vadano infatti segnalati anche e soprattutto gli spazi domestici, caldi, ultra-protettivi e iper-tecnologici da un parte ma anche privi di regole e permissivi dall’altra, dove spesso si trascorre una quotidianità segnata da insignificanza e da comportamenti a rischio. Appare evidente che in una città come quella contemporanea, insicura, priva d’identità, di un progetto e nella quale gli spazi pubblici sono anonimi, iper-vigilati e pervasi dalle culture dell’iper-consumo, la casa diviene un luogo anomico, indulgente e isolato nel quale spesso si risvegliano atteggiamenti regressivi, aggressivi e infantili, e dove trovano sfogo tensioni e conflitti accumulati all’esterno[3].

    La casa privata come luogo di ritrovo

    Il soffermarsi sul rapporto tra giovani e spazio domestico sembra un’operazione che prende in considerazione un aspetto marginale della vita dei giovani. Si tratta, infatti, di un aspetto apparentemente contro-intuitivo pensando alla diffusa rappresentazione dei giovani come generazione mobile, dalla elevata disponibilità a trasferirsi, a viaggiare e aperta al cambiamento. Tuttavia, a sostegno della forse mai persa centralità della casa ci sono alcune evidenze empiriche che è opportuno ricordare.
    Da una parte, è un dato strutturale della società italiana il persistente contatto dei giovani con l’ambiente domestico familiare data l’elevata permanenza dei giovani nella famiglia d’origine ancora per molto tempo dopo l’adolescenza, con il 62,3% dei 18-34enni che vivono in casa con i genitori (1° posto in UE, Istat 2015).
    Dall’altra parte le case private, da spazio della “costrizione” di una fase interlocutoria del percorso di vita, sono diventate sempre più spazio “d’elezione” anche nella quotidianità. La fascia tra i 14 e i 24 anni è quella che trascorre mediamente più tempo in casa con persone che non rientrano nella cerchia dei parenti (Indagine multiscopo, Istat 2008). Questo significa che la casa è uno dei principali luoghi dove si manifesta la socialità dei giovani tanto da assumere, in alcuni casi, un’importanza superiore a quella dei locali del divertimento, delle piazze e dei vari centri di aggregazione del territorio.
    Inoltre la casa è il luogo privilegiato per esplorare le possibilità offerte dalle nuove tecnologie e quindi della partecipazione ad arene virtuali che stimolano la socialità online. Le ricerche della Società italiana di pediatria sulle abitudini e sugli stili di vita degli adolescenti (anni 2011/12 e 2013/14) mostrano che 3 su 4 di loro naviga in Internet, a casa e da soli, quasi la metà tra le proprie mura domestiche chatta con chi capita, senza interessarsi dell’età dell’interlocutore, e la maggioranza desidererebbe incontrare le persone conosciute in chat.
    In merito al primo aspetto segnalato, non è il caso in questa sede di aggiungere un altro contributo alle già molte riflessioni[4] sulla “sindrome del ritardo” che porta molti giovani italiani a rinviare di continuo il momento dell’uscita dalla famiglia di origine e dell’assunzione di ruoli adulti. Sappiamo infatti che esso è correlato a più livelli alla situazione economica, ad alcuni fattori culturali e a motivazioni individuali.
    Più interessante è forse soffermarsi sul cambiamento che interessa spazi e modalità di vivere la socialità tra le giovani generazioni che sembrano riconoscere una nuova centralità proprio allo spazio domestico.
    Recenti rilevazioni sottolineano come accanto all’incremento dell’importanza di bar/pub e discoteche, tra i luoghi di ritrovo principali abbiano assunto una certa rilevanza le case private.

    corradi casa

    In particolare durante il periodo adolescenziale, nel corso della settimana un crescente numero di ragazzi dichiara di ritrovarsi con gli amici in private abitazioni, e di trascorrere qui, spesso in assenza di figure adulte, il proprio tempo. Nei fine settimana o in occasioni particolari la casa diventa di frequente, per loro, lo scenario per organizzare feste, incontrare o mettersi in contatto con amici. Si tratta di una tendenza che possiede una leggera connotazione di genere. Infatti, se per i maschi i centri sportivi e i bar rappresentano un contesto amicale ancora importante, per le femmine luoghi per coltivare l’amicizia tendono invece ad essere i locali e proprio le case private.
    La vita sociale dei giovani non è quindi solo quella “esteriore” e visibile negli spazi pubblici ma essa trova forma anche in spazi privati e interni che sono ricercati per motivi di necessità ma anche per le opportunità che consentono e che non sono ritrovabili altrove. La casa diventa inoltre un contesto nel quale, anche individualmente, i giovani di oggi dichiarano (tutto sommato) di stare bene, di sentirsi a proprio agio.

    Casa, clima familiare e comportamenti a rischio

    Questa non scontata centralità della casa, soprattutto nella vita degli adolescenti, richiede alcuni approfondimenti per comprendere dinamiche spesso trascurate dalle riflessioni sulle giovani generazioni.
    Pur non sostenendo tesi deterministiche, quel che appare evidente è che l’abitazione con le sue connotazioni materiali (forma, collocazione, estetica, privacy, isolamento dall’esterno ecc.) e simboliche (regole, immagini mentali, opportunità tecnologiche ecc.) dà un contributo alla costruzione dell’identità dei suoi abitanti e quindi anche di quella dei giovani.
    Un semplice esempio di questo condizionamento è dato dalla soglia dell’abitazione che per gli adolescenti (e non solo) diviene spesso uno “spartiacque comportamentale”[5] che una volta varcato implica l’assunzione di comportamenti diversi rispetto a quelli tenuti fuori come ad es. a scuola, con gli amici o nei diversi luoghi frequentati esterni durante la quotidianità. Tale scarto tra spazio interno ed esterno fino qualche decennio fa era sfavorevole alla “libertà” degli adolescenti e dei giovani, per cui la casa era il luogo delle regole, dell’educazione e di relazioni asimmetriche con le figure genitoriali. Tale connotazione faceva sì che all’adolescente fossero associate l’immagine del “bravo ragazzo” tra le mura domestiche ma che appena possibile assumeva il ruolo di girovago, ovvero di colui che “sopportava” la normatività dell’ambiente domestico aspirando però ad altro e cercando di allontanarsene alla prima occasione alla ricerca di nuove esperienze.
    Oggi questa immagine del rapporto tra adolescenti e casa va ridefinita anche a fronte delle trasformazioni che hanno riguardato la famiglia.
    Sembra che lo spartiacque comportamentale si sia ribaltato al punto che in molte situazioni l’abitazione diventa il luogo prediletto dai ragazzi perché più permissivo e sicuro di quelli esterni. Dal punto di vista formale la casa rimane lo scenario per eccellenza della socializzazione primaria promossa dalla famiglia ma è promotrice di aspettative sociali e d’istanze educative meno intense di quelle di qualche anno fa.
    La predilezione per la casa da parte degli adolescenti di oggi si lega al loro inserimento in un clima familiare che proprio in questo luogo si avverte profondamente mutato. Un tempo la casa era il luogo delle regole e della socializzazione a un sistema valoriale che aveva il suo perno in una struttura familiare ben chiara e autorevole. Oggi la casa è spesso un contesto a bassa normatività, uno spazio della negoziazione tra adolescenti e adulti che porta a compromessi al ribasso e a limitare le richieste verso l’altro. Nel peggiore dei casi l’abitazione diventa il luogo del conflitto manifesto o latente tra i genitori che spesso si traduce (a causa di un non elaborato senso di colpa) in una totale accondiscendenza verso i comportamenti e le richieste dei figli.
    La casa come rifugio diventa luogo del consumo spesso smodato di prodotti e immagini e della fuga nelle relazioni virtuali. Un luogo della passività dove spesso si innescano spinte regressive che contrastano col processo di maturazione personale.
    Insieme ad altri luoghi la casa diviene il luogo per eccellenza dove si esprime l’ambivalenza della condizione adolescenziale odierna. Non deve allora stupire che siano in aumento i comportamenti trasgressivi e devianti tra le mura domestiche
    Da una ricerca (Doxa-Istituto Superiore della Sanità, 2007) sui giovani e il fumo emerge che fumano 1,2 milioni di ragazzi tra i 15 e i 24 anni (il 22,5% dei maschi e il 17,3% delle femmine) (stime) e che il 70,1% fuma a casa. Dal X Rapporto sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza si apprende che una percentuale pari al 18,9% ammette di fumare canne in ambienti domestici, in particolare a casa di amici. Lo stesso Rapporto segnala la diffusione tra gli adolescenti di forme di rigetto della vita pubblica e che portano a evitare qualsiasi coinvolgimento sociale chiudendosi tra le mura domestiche. Si tratta di un “disturbo” che viene denominato in ambito psichiatrico Hikikomori, letteralmente “stare in disparte, isolarsi” e che si traduce in vita sedentaria, uso smodato di videogame e televisione e instaurazione di relazioni virtuali tramite Internet.
    Un’ultima provvisoria notazione riguarda il modo di abitare la propria casa che richiama il modo di abitare il proprio territorio. Spesso i giovani vivono la propria casa come se questa fosse un’entità isolata dal resto del territorio. La crescente individualizzazione dell’abitare fa sì che molti giovani vivano in un territorio senza appartenervi ovvero senza sentirsi parte di esso in termini di conoscenza e di coinvolgimento alle sue attività. Facilmente tra le mura domestiche si assiste alla chiusura in una propria dimensione o all’interno di cerchie ristrette che non sempre favoriscono la maturazione personale.

    Costruire una nuova spazialità educativa domestica

    Le riflessioni avviate nelle pagine precedenti costituiscono un invito a sviluppare ulteriori approfondimenti sul rapporto tra giovani (in particolare adolescenti) e spazio domestico. L’inedita centralità della casa nella socialità delle odierne nuove generazioni non può infatti essere liquidata come dato ovvio o trascurabile. Lo spazio domestico è elemento imprescindibile della relazione educativa e come tale richiede una intenzionalità pedagogica che contrasti l’isolamento, le spinte a un’eccessiva privatizzazione dell’esistenza e nel complesso tutte quelle derive anomiche che danno luogo ai comportamenti a rischio. La casa eletta come “luogo di ritrovo” è uno degli esiti del declino degli spazi pubblici, dell’inadeguatezza dei luoghi di aggregazione, del cambiamento delle relazioni genitori-figli, delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie, ma anche un ambito privilegiato nel quale comprendere molte delle attuali “periferie esistenziali giovanili” e sul quale agire per orientare i giovani a un rapporto equilibrato aperto e propositivo con la città, il territorio e i diversi ambiti di partecipazione sociale.

    NOTE

    [1] Cfr. Tacchi E.M., Problemi e prospettive dell’integrazione sociale nelle aree urbane deboli, in Cesareo V., Bichi R. (a cura di), Per un'integrazione possibile. Periferie urbane e processi migratori, Franco Angeli, Milano 2010
    [2] Corigliano E., Tempo, spazio, Identità. No Place Like Home, Franco Angeli, Milano 1991, p. 52
    [3] Leone G., L’uomo, la città, l’ambiente, Utet, Torino, 1999, p. 80
    [4] Cfr. Istat, Generazioni a confronto: come cambiano i percorsi verso la vita adulta, Roma 2014
    [5] Leone G., L’uomo, la città, l’ambiente, Utet, Torino, 1999, p. 80


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