PG e vita consacrata /5
Rossano Sala
(NPG 2016-01-69)
In questa puntata della rubrica dedicata al rapporto tra pastorale giovanile e vita consacrata, cerchiamo di approfondire quali sono le “vie d’uscita” vocazionali della giovinezza che portano alla vita cristiana adulta. In questo articolo si parte dalla necessità di ancorare ogni chiamata al sacramento unificante del battesimo; si arriva poi ad una breve esplicitazione dei tre stati fondamentali di vita del cristiano; si conclude poi con una citazione sintetica, che dovrebbe dare una chiara idea della posta in gioco.
La piattaforma battesimale di ogni chiamata particolare
Una pastorale giovanile “in uscita” ha il compito di accompagnare i giovani verso la vita adulta. Ora, se l’infanzia è caratterizzata dalla meraviglia e la fanciullezza dalla necessità di sperimentare il mondo, se l’adolescenza porta con sé la bellezza della libertà con le sue contraddizioni e la giovinezza il coraggio e la fatica di osare il proprio sentiero, la vita adulta è caratterizzata come il tempo del servizio e della fedeltà nell’amore a Dio e al prossimo. Ogni autentica vocazione nella Chiesa non può che essere segnata da questo duplice marchio di servizio e fedeltà nell’amore e all’amore:
La vocazione all’amore è assoluta, non tollera alcuna eccezione, è di tale necessità che il non adempimento di questa vocazione equivale ad un assoluto andare in rovina. Dunque non c’è nessun dubbio: noi ci siamo per amare, amare Dio e amare il prossimo, e chi vuole indovinare il senso dell’esistenza deve fermarsi a questa semplice frase, dal cui centro si espande luce in tutte le oscurità della vita. E l’amore, che è il destino a cui siamo chiamati, non lo è in una qualche forma misurata, limitata, ristretta forse corrispondentemente alle nostre deboli energie umane. Non una parte soltanto della nostra vita deve venire occupata dall’amore, mentre le parti rimanenti possono essere occupate in qualche altro modo; non un periodo soltanto della nostra vita deve essere consacrato all’amore, mentre gli altri periodi potrebbero forse essere dedicati a noi stessi. Il comandamento è universale, e precisamente in una forma concreta, che richiede e riserva per sé tutto della nostra natura: “Con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze”. Il comandamento non ha dunque in alcun modo riguardo, così come viene enunciato, per la capacità di adempierlo. L’importante è solo che esso venga adempiuto; come esso possa venire adempiuto è una seconda questione, che non tocca la prima[1].
Tale piattaforma vocazionale di amore e santità è consegnata a ciascuno di noi attraverso il battesimo, che offre a tutti i credenti l’orizzonte condiviso dell’esistere e la grazia per poterlo realizzare. Proprio attraverso il battesimo, ciascuno di noi muore con Cristo e con Cristo risorge, entrando nel suo orizzonte di vita, che è quello della dedizione a Dio e al prossimo: con il battesimo ciascuno è chiamato a fare propri lo stile e i contenuti della vita del Signore Gesù. Dobbiamo allora prima di tutto riconoscere che il battesimo è la piattaforma vocazionale condivisa da tutti i cristiani, perché esso offre le coordinate fondamentali per comprendere e soprattutto per vivere l’esistenza cristiana nella sua pienezza, che è sempre la santità.
Partendo da questa prospettiva integrale, unificata dalla grazia battesimale, diventa più facile impostare la questione delle diverse vocazioni nella Chiesa in forma integrata, perché tutte le diverse chiamate non possono che essere al servizio dell’unico amore di Dio e del prossimo, e non possono che essere presenti in germe in tutti e in ciascuno: ogni singolare vocazione cristiana porta con sé una determinata accentuazione che non è mai in concorrenza o in contraddizione con altre vocazioni, ma che si pone invece al loro servizio in vista di una sempre maggiore pienezza di amore.
I diversi stati di vita adulta nella Chiesa
Ora a noi però qui interessa come il comandamento dell’amore possa essere adempiuto nella vita cristiana di un adulto: detto in forma semplice, quali sono concretamente nella Chiesa le vie ordinarie per vivere in pienezza l’esistenza cristiana. È da riconoscere che sono sostanzialmente tre gli stati di vita del cristiano.
Prima di tutto vi è la vocazionale laicale, determinata in tutto e per tutto dal matrimonio come chiamata all’amore coniugale e al servizio alla vita. Ben sintetizza il recente sinodo dei Vescovi dedicato proprio alla famiglia:
Nel corso dei secoli, la Chiesa non ha fatto mancare il suo costante insegnamento sul matrimonio e la famiglia. Una delle espressioni più alte di questo Magistero è stata proposta dal Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes, che dedica un intero capitolo alla promozione della dignità del matrimonio e della famiglia (cf. Gaudium et Spes, 47-52). Esso ha definito il matrimonio come comunità di vita e di amore (cf. Gaudium et Spes, 48), mettendo l’amore al centro della famiglia, mostrando, allo stesso tempo, la verità di questo amore davanti alle diverse forme di riduzionismo presenti nella cultura contemporanea. Il "vero amore tra marito e moglie" (Gaudium et Spes, 49) implica la mutua donazione di sé, include e integra la dimensione sessuale e l’affettività, corrispondendo al disegno divino (cf. Gaudium et Spes, 48-49). Inoltre, Gaudium et Spes 48 sottolinea il radicamento in Cristo degli sposi: Cristo Signore “viene incontro ai coniugi cristiani nel sacramento del matrimonio”, e con loro rimane. Nell’incarnazione, Egli assume l’amore umano, lo purifica, lo porta a pienezza, e dona agli sposi, con il suo Spirito, la capacità di viverlo, pervadendo tutta la loro vita di fede, speranza e carità. In questo modo gli sposi sono come consacrati e, mediante una grazia propria, edificano il Corpo di Cristo e costituiscono una Chiesa domestica (cf. Lumen Gentium, 11), così che la Chiesa, per comprendere pienamente il suo mistero, guarda alla famiglia cristiana, che lo manifesta in modo genuino[2].
Risulta evidente che la famiglia, essendo il luogo originario della vita, dell’umanizzazione e della formazione cristiana, rimane una base insostituibile per ogni altra vocazione cristiana e per la comprensione fondamentale dei rapporti tra Cristo e la Chiesa (cfr. Ef 5,21-33).
In secondo luogo vi è nella Chiesa lo stato di vita sacerdotale, che manifesta una particolare chiamata a rendere presente la persona di Cristo nel suo agire salvifico per tutti gli uomini, soprattutto attraverso la grazia dei sacramenti. Il ministero sacerdotale è caratterizzato dall’amore a Cristo e dal servizio all’edificazione della sua Chiesa nel tempo e nella storia. Per comprendere questo mistero è necessario ancora una volta comprendere il legame tra Cristo e Chiesa:
In quanto mistero, infatti, la Chiesa è essenzialmente relativa a Gesù Cristo: di Lui, infatti, è la pienezza, il corpo, la sposa. È il “segno” e il “memoriale” vivo della sua permanente presenza e azione fra noi e per noi. Il presbitero trova la verità piena della sua identità nell’essere una derivazione, una partecipazione specifica ed una continuazione di Cristo stesso, sommo e unico sacerdote della nuova ed eterna Alleanza: egli è un’immagine viva e trasparente di Cristo sacerdote. Il sacerdozio di Cristo, espressione della sua assoluta “novità” nella storia della salvezza, costituisce la fonte unica e il paradigma insostituibile del sacerdozio del cristiano e, in specie, del presbitero. Il riferimento a Cristo è allora la chiave assolutamente necessaria per la comprensione delle realtà sacerdotali[3].
Nella rappresentanza diretta di Cristo si gioca la vocazione e la grazia sacerdotale: così colui che è chiamato in questa via ha il compito particolarmente esigente di vivere la coerenza tra gli atti di Cristo che egli è chiamato a manifestare quotidianamente e la sua vita concreta.
Infine vi è la chiamata alla vita consacrata, che è da comprendere nell’ottica di una chiamata particolare che si concentra sulla riproposizione della concretezza della vita e della persona di Cristo: si tratta di una radicalizzazione del battesimo che si raccoglie attorno ai tre voti evangelici, che non sono altro che il modo concreto in cui il Signore Gesù ha vissuto tra noi: obbedienza, povertà, castità. Tale sequela e imitazione “più da vicino” della vita di Cristo è realizzata in una multiformità straordinaria lungo la storia della Chiesa: vita contemplativa e attiva, vita eremitica e cenobitica, servizio agli ammalati e impegno educativo, annuncio missionario del Vangelo e approfondimento culturale sono stati e continuano ad essere le frontiere della vita consacrata. Una particolare concentrazione sulla contemplazione adorante del mistero di Cristo, sulla profezia di fraternità e sul servizio radicale sembrano essere le caratteristiche che oggi meglio rispecchiano i cammini di rinnovamento della vita consacrata.
Una sintesi mirabile da meditare attentamente
L’esortazione apostolica Vita consecrata ha un passaggio decisamente felice e riassuntivo di ciò che siamo andati dicendo in questa “seconda puntata” della rubrica “Pastorale giovanile e vita consacrata”:
L’uguale dignità fra tutte le membra della Chiesa è opera dello Spirito, è fondata sul Battesimo e sulla Cresima ed è corroborata dall'Eucaristia. Ma è opera dello Spirito anche la pluriformità. È Lui che costituisce la Chiesa in una comunione organica nella diversità di vocazioni, carismi e ministeri e vocazioni alla vita laicale, al ministero ordinato e alla vita consacrata si possono considerare paradigmatiche, dal momento che tutte le vocazioni particolari, sotto l'uno o l'altro aspetto, si richiamano o si riconducono ad esse, assunte separatamente o congiuntamente, secondo la ricchezza del dono di Dio. Esse, inoltre, sono al servizio l'una dell'altra, per la crescita del Corpo di Cristo nella storia e per la sua missione nel mondo. Tutti nella Chiesa sono consacrati nel Battesimo e nella Cresima, ma il ministero ordinato e la vita consacrata suppongono ciascuno una distinta vocazione ed una specifica forma di consacrazione, in vista di una missione peculiare. Alla missione dei laici, dei quali è proprio «cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio», è fondamento adeguato la consacrazione battesimale e cresimale, comune a tutti i membri del Popolo di Dio. I ministri ordinati, oltre a questa consacrazione fondamentale, ricevono quella dell'Ordinazione per continuare nel tempo il ministero apostolico. Le persone consacrate, che abbracciano i consigli evangelici, ricevono una nuova e speciale consacrazione che, senza essere sacramentale, le impegna a fare propria — nel celibato, nella povertà e nell'obbedienza — la forma di vita praticata personalmente da Gesù, e da Lui proposta ai discepoli. Pur essendo, queste diverse categorie, manifestazione dell'unico mistero di Cristo, i laici hanno come caratteristica peculiare, anche se non esclusiva, la secolarità, i pastori la ministerialità, i consacrati la speciale conformazione a Cristo vergine, povero, obbediente[4].
NOTE
[1] H.U. von Balthasar, Gli stati di vita del cristiano (Già e non ancora 307), Jaca Book, Milano 19962, 22-23.
[2] “Relatio Synodi” della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi: “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione” (5-19 ottobre 2014), n. 17.
[3] Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Pastores dabo vobis del 25 marzo 1992, n. 12.
[4] Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita consecrata del 25 marzo 1996, n. 31.