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    «E si commosse per loro,
    perché erano come pecore senza pastore,
    e si mise a insegnare loro molte cose» (Mc 6, 34)


    La pastorale giovanile

    salesiana

    Don Pascual Chávez Villanueva

    Carissimi confratelli,
    torno alla comunicazione con voi, augurandovi una stagione di grazia nella luce della Risurrezione del Signore Gesù, che con il suo Mistero Pasquale ha riempito di gioia e di speranza la storia. E noi ne siamo testimoni. Questa è la nostra vocazione e missione: camminare “con i giovani per condurli alla persona del Signore Risorto affinché, scoprendo in Lui e nel suo Vangelo il senso supremo della propria esistenza, crescano come uomini nuovi” (Cost. 34).
    Nell’ultimo numero degli Atti del Consiglio Generale (n. 406) vi ho presentato la Strenna per il 2010. Subito dopo vi ho scritto di nuovo per fare un appello alla solidarietà fraterna per i nostri confratelli di Haiti. Dopo la mia visita a questo provato popolo vi ho scritto nuovamente condividendo la mia esperienza e la mia valutazione della situazione, e facendo conoscere a tutti il progetto di ricostruzione. Rinnovo l’espressione di gratitudine per la risposta generosa con cui tutte le Ispettorie si sono rese presenti e per le numerose iniziative delle case ed opere per coinvolgere le comunità educative nell’impegno di dare volto alla Provvidenza, sì da aiutare il popolo haitiano a risorgere dalle macerie, a risuscitare come uomini e donne nuovi.
    Certo, ci sono stati altri avvenimenti di Congregazione importanti e significativi, come l’unificazione delle Ispettorie dell’Argentina il 31 gennaio 2010, ma non mi soffermo a riflettere su di essi, anche perché sempre di più l’informazione di ANS arriva puntualmente e tempestivamente a tutti.
    Passo subito invece alla presentazione di questa lettera. È molto diversa, quanto a genere letterario, dalle tre ultime lettere (quella sul 150° anniversario della fondazione della Congregazione Salesiana [ACG 404], quella per il centenario della morte di don Rua [ACG 405] e quella della Strenna sull’evangelizzazione [ACG 406]), ma è tanto o più importante di esse. In primo luogo perché ha a che vedere con la nostra missione, quella che, come dice l’art. 3 delle Costituzioni, «dà a tutta la nostra esistenza il suo tono concreto, specifica il compito che abbiamo nella Chiesa e determina il posto che occupiamo tra le famiglie religiose». Ma, soprattutto, perché in obbedienza a quanto richiesto dal CG26 stiamo portando avanti un ripensamento della nostra pastorale.
    Penso che la riflessione che si sta facendo nell’UPS, in altri centri di studio della Congregazione e nelle Ispettorie troverà in questa mia presentazione della Pastorale Giovanile Salesiana un punto di riferimento. In effetti, nella lettera raccolgo che cosa si fa in Congregazione e come si dovrebbe fare la Pastorale Giovanile Salesiana. Ma vorrei aiutare a capire il perché.
    La citazione biblica che ho scelto per introdurre questa lettera mi sembra assai illuminante. A differenza del conosciuto brano del capitolo 10 del Vangelo di Giovanni, in cui Gesù si auto-presenta come il Buon Pastore, nel testo di Marco 6, 30-44 abbiamo una manifestazione concreta della mente, del cuore e delle mani pastorali di Cristo.
    Contemplando la folla immensa che lo attende, dice l’evangelista che Gesù «si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose».
    E la sua commozione di buon pastore si esprime prima di tutto nel mettersi ad “insegnare loro molte cose”, e solo dopo nel moltiplicare il pane e sfamare tutta quella gente.
    Ciò vuol dire che per Gesù la prima reazione della compassione pastorale è l’evangelizzazione, inseparabile però dal suo impegno per soddisfare anche i bisogni primari delle persone, come il mangiare.
    Cerco di offrire una visione coerente e chiara dello stato attuale della Pastorale Giovanile Salesiana. Sin d’ora vi dico che questo testo dovrebbe essere oggetto di studio da parte degli Ispettori, Consigli ispettoriali, direttori e formandi. Ho l’impressione che il modello pastorale della Congregazione non sia pienamente conosciuto, e meno ancora assunto, persino nelle Ispettorie più dinamiche e negli agenti pastorali più zelanti. Sono convinto che sarebbe da mettersi in atto un’autentica ‘rivoluzione culturale’ nella Congregazione che, nel contempo, sarebbe una vera ‘conversione’ ai giovani. Mi auguro dunque che la presentazione della nostra Pastorale Giovanile Salesiana venga letta con lo sguardo di Gesù, che ci insegna a vedere ciò che non vedono neppure coloro che lo cercano, vale a dire, l’abbandono, la mancanza di guide in cui i giovani si trovano oggi a vivere. Così la nostra azione educativo-pastorale diventerà rivelazione di Dio, manifestazione che “Deus Caritas est”.

    1. IL CAMMINO DELLA CONGREGAZIONE NELLO SVILUPPO DELLA PASTORALE GIOVANILE SALESIANA DOPO IL CONCILIO VATICANO II

    L’azione educativa e catechistica salesiana si era strutturata seguendo il modello dell’Oratorio di Valdocco, all’interno del quale, per rispondere al bisogno dei giovani, si erano sviluppati una casa per ospitare i giovani senza famiglia o lontani da essa, laboratori di arti e mestieri per insegnare un lavoro, e una scuola per quei giovani che potevano realizzare gli studi letterari o scientifici.
    L’animazione di queste opere venne affidata ad alcune figure che costituivano il nucleo della comunità: il Direttore, centro di unità e guida della comunità nel suo impegno educativo-pastorale; il Prefetto, primo collaboratore del Direttore e anche responsabile dell’amministrazione; il Consigliere, responsabile della disciplina e dell’aspetto accademico e organizzativo; il Catechista, che animava l’aspetto religioso, la formazione catechetica, i gruppi… Questo modello guidò lo sviluppo delle opere educative della Congregazione e restò codificato nelle Costituzioni e Regolamenti fino all’anno 1972.
    Negli ultimi cinquant’anni si cominciò a sentire il bisogno di adeguare questo modello alle nuove situazioni sociali. Si avviò così un cammino di ripensamento e di rinnovamento della pratica educativa e pastorale, che ci ha condotto sino all’attuale modello pastorale.

    1.1 Un lungo percorso

    1.1.1 I primi passi: dal CG19 (1965) al CG21 (1978)
    Il CG19 rappresenta il primo atto di consapevolezza comunitaria nella Congregazione riguardo al cambiamento che si sta operando nell’area giovanile e all’esigenza di riformulare la prassi educativo-pastorale tradizionale. Si incomincia con alcuni ritocchi parziali, ma soprattutto si tenta un primo rinnovamento delle strutture centrali di animazione e governo per renderle più adeguate alla nuova situazione, in fedeltà all’impostazione originaria.[1]
    Fino a quel momento le strutture di animazione e governo della missione della Congregazione si articolavano secondo i principali settori dell’attività: un Consigliere del Capitolo Superiore incaricato per la scuola, un altro per la formazione professionale, il Catechista che coordina l’animazione degli aspetti religiosi e la formazione cristiana… Il CG19 adotta, ad experimentum, fino al seguente Capitolo Generale, una strutturazione d’animazione mondiale che manifesta una visione più unitaria della pastorale salesiana, istituendo il Consigliere per la Pastorale Giovanile che assume la responsabilità dell’animazione di tutti i settori della pastorale salesiana nelle diverse opere.[2] A livello ispettoriale, corrispondentemente, si istituiscono Delegati ispettoriali incaricati per le varie attività con compiti di studio, sviluppo, organizzazione e coordinamento.
    In riferimento ai contenuti della Pastorale Giovanile il Capitolo presenta soltanto alcune priorità: l’Oratorio “opportunamente aggiornato e ridimensionato… perché riesca ad attrarre e servire il maggior numero di giovani, con varietà di istituzioni (centri giovanili, clubs, associazioni varie, corsi, scuole serali)”.[3] Elabora un documento specifico per le Scuole Professionali, chiedendo alle Ispettorie di «istituire una commissione per l’educazione dei giovani lavoratori con compiti di studio, di documentazione e di consulenza al servizio delle case».[4] A livello centrale, sotto la presidenza del Consigliere per la Pastorale Giovanile istituisce una Commissione centrale per l’educazione dei giovani lavoratori.
    Il CG20 (CGS), nel suo sforzo per ripensare la vita e la missione della Congregazione riformula la missione salesiana e i suoi destinatari, riaffermando la “priorità assoluta della Pastorale Giovanile”,[5] presenta gli atteggiamenti pastorali fondamentali che devono guidare i Salesiani nella loro azione pastorale[6] e incoraggia ad aprire la presenza salesiana ai nuovi bisogni dei giovani mediante “nuove presenze” che allarghino gli orizzonti dell’azione pastorale realizzata nelle opere tradizionali.[7] Contemporaneamente, ribadisce la nuova struttura dell’animazione centrale della PG includendola nelle Costituzioni.[8]
    Il CG21, assumendo gli orientamenti del CG20, li ripensa e li sviluppa proponendo i contenuti educativi dentro un quadro di riferimento maturato fino a quel momento; propone le linee fondamentali per un Progetto Educativo-Pastorale che risponda alla nuova situazione dei giovani;[9] ribadisce la stretta integrazione di educazione ed evangelizzazione nel sistema educativo salesiano.[10] Inoltre, impegna le Ispettorie a ripensare il Sistema Preventivo, a studiare la condizione giovanile odierna, ad esprimere in maniera adeguata le finalità, i contenuti e lo stile salesiano nel Progetto Educativo-Pastorale, a costituire e far crescere in ogni opera salesiana la Comunità educativo-pastorale.[11] Questi orientamenti saranno, poi, codificati nelle Costituzioni e Regolamenti dal Capitolo Generale 22.[12]

    1.1.2 Lo sviluppo delle linee del CG21 promosso dal Dicastero (1978-1990)
    Il CG21 aveva impegnato la Congregazione in un profondo rinnovamento della Pastorale Giovanile. Per aiutare le comunità e le Ispettorie a capirlo ed assumerlo pienamente, il Consigliere per la Pastorale Giovanile, D. Juan E. Vecchi, e la sua équipe realizzano un grande sforzo di approfondimento degli elementi fondamentali del Progetto Educativo-Pastorale salesiano e della Comunità educativo-pastorale, offrendo strumenti pratici per guidare la sua elaborazione, per qualificare i programmi educativi e pastorali nelle diverse opere secondo le indicazione dei Capitoli.[13] Attraverso questi strumenti il Dicastero orienta le Ispettorie a conoscere, assumere e sviluppare nella loro situazione concreta le linee centrali del modello della Pastorale giovanile salesiana come una realtà unitaria e organica.[14]
    Bisogna riconoscere che questo sforzo di riflessione, formazione e comunicazione sistematico e globale è seguito dalle Ispettorie in forma piuttosto irregolare. Mentre alcune Regioni e Ispettorie lo assumono e lo sperimentano, altre, per diverse cause, continuano con il modello precedente, a volte soltanto cambiando alcuni nomi. In generale, si percepisce la difficoltà dei confratelli e delle comunità per assumere la nuova mentalità e rinnovare la prassi quotidiana.

    1.1.3 I Capitoli Generali 23 (1990) e 24 (1996)
    In seguito, il CG23 raccoglie il cammino precedente della Congregazione e presenta una proposta unitaria di cammino pastorale che raccoglie organicamente tutti gli elementi fondamentali della Proposta educativa pastorale salesiana.
    Diceva il Rettor Maggiore nella sua relazione al Capitolo sullo stato della Congregazione: «L’area della Pastorale giovanile ha bisogno di una seria nuova considerazione organica e operativa […] Giudicando a livello mondiale, si può dire che l’area giovanile è stata oggetto di incoraggiamenti generali, ma non di spinte strutturali innovatrici, decisive e operative, con applicazione di persone, mezzi e orientamenti obbliganti».[15] Si può affermare che il CG23 costituisce la risposta a questo bisogno: una presentazione unitaria, organica e operativa di tutta la Proposta pastorale salesiana.
    Il Capitolo propone alla Congregazione le linee fondamentali di un itinerario salesiano di educazione alla fede che risponda alla complessa condizione giovanile nei suoi diversi contesti e realizzi nella prassi la sintesi tra educazione ed evangelizzazione che caratterizza il nostro sistema educativo; presenta, in forma dinamica e progressiva, gli elementi centrali delle quattro aree dell’itinerario di educazione alla fede, aree che corrispondono perfettamente con le quattro dimensioni della proposta educativo-pastorale salesiana, cioè, l’area della maturità umana, l’area dell’incontro con Gesù Cristo, l’area dell’appartenenza ecclesiale, l’area dell’impegno per il Regno.[16]
    Il Capitolo sviluppa pure i valori della Spiritualità Giovanile Salesiana, che, come progetto originale di vita cristiana e cammino di santità, costituisce la meta e l’ispirazione che deve guidare e sostenere tutto il cammino di educazione alla fede.[17]
    Oltre a presentare i contenuti, i valori e i passi della proposta, il Capitolo offre anche alcuni orientamenti per renderla operativa: la comunità salesiana, animatrice di una comunità educativo-pastorale, come il soggetto fondamentale della proposta;[18] un’animazione pastorale ispettoriale che favorisca e promuova l’unità organica dei diversi aspetti della pastorale (il Delegato ispettoriale per la Pastorale Giovanile e una sua équipe);[19] l’orientamento vocazionale come elemento qualificante dell’itinerario;[20] l’importanza della comunicazione sociale come cammino e forma attuale per l’evangelizzazione.[21]
    Dopo il Capitolo parecchie Ispettorie s’impegnano con sforzo ed entusiasmo a mettere in atto concretamente nel proprio contesto le indicazioni dell’itinerario di educazione alla fede. Ma sovente la scarsa formazione degli animatori rende poco operativi questi itinerari.
    Il CG24 approfondisce un aspetto centrale del modello pastorale, il suo soggetto fondamentale, la comunità educativo-pastorale, nella quale i Salesiani e i laici condividono lo spirito e la missione di Don Bosco. Alla luce di un’ampia verifica della situazione e del cammino realizzato nella Congregazione, il Capitolo presenta le motivazioni ecclesiali, carismatiche e culturali che invitano ad andare oltre e offre i criteri di azione e gli orientamenti operativi necessari.
    La novità, diceva il Rettor Maggiore alla conclusione del Capitolo, «proviene dall’irruzione dei laici nell’orizzonte salesiano e dall’inserimento della loro esperienza ricompresa nel cuore del carisma».[22] Il Capitolo ci invita a passare dall’accettazione dei laici come semplici collaboratori ad un vero loro coinvolgimento nella missione, da un aiuto operativo ad una vera e propria corresponsabilità, da rapporti prevalentemente funzionali ad una profonda comunicazione interpersonale e di gruppo attorno ai valori della pedagogia e della spiritualità salesiana, e tutto questo con itinerari sistematici di formazione qualificata.
    In questo modo il CG24 ribadisce e approfondisce l’importanza della CEP, come la forma concreta di realizzazione del progetto educativo-pastorale salesiano, coinvolgendo, in clima di famiglia, giovani, educatori, religiosi e laici; definisce il ruolo specifico della comunità religiosa salesiana nell’animazione della CEP e i criteri fondamentali per la formazione pastorale salesiana che deve animarla.[23]

    1.2 I grandi traguardi di questo cammino

    Lungo questo percorso la Congregazione scopre e riafferma alcuni aspetti caratteristici della sua prassi pastorale, che credo importante presentare sinteticamente per capire meglio l’insieme del quadro fondamentale di riferimento della Pastorale Giovanile Salesiana.

    1.2.1 Una percezione sempre più approfondita della nuova situazione dei giovani
    Gli ambienti e i contesti, sociali ed ecclesiali, si sono profondamente trasformati. I giovani vivono nuovi valori e hanno nuovi criteri di vita, che costituiscono una vera nuova cultura; gli anelli tradizionali della trasmissione culturale e religiosa (la famiglia, la scuola, la Chiesa…) si sono indeboliti e sovente sono entrati in crisi. La situazione nella quale si deve attuare l’impegno educativo e pastorale è diversificata e in continuo cambiamento. Non è possibile, dunque, limitarsi a piccoli ritocchi di aggiustamento della prassi tradizionale, né pensare ad uno schema di azione eguale per tutti.
    Con questa coscienza sempre più esplicita si comincia a disegnare una “nuova” presenza salesiana tra i giovani,[24] una “nuova evangelizzazione”,[25] una “nuova educazione”,[26] persino un “nuovo sistema preventivo”.[27] Con queste affermazioni si vuole esprimere il bisogno di ripensare ed approfondire i contenuti e l’impostazione della educazione e pastorale salesiana, in risposta alla nuova situazione dei giovani.

    1.2.2 Uno sforzo di riformulazione dei contenuti e delle modalità educative e pastorali tradizionali
    Le ripetute e pressanti chiamate della Chiesa a rinnovare la catechesi e la formazione cristiana, soprattutto dei giovani inseriti in contesti profondamente secolarizzati, dando priorità all’evangelizzazione e ad un annuncio rinnovato di Gesù Cristo, così come l’esperienza dell’inadeguatezza di molte proposte offerte nei nostri ambienti educativi, fanno sentire l’urgenza di ripensare in profondità i contenuti e le modalità dell’educazione alla fede, in particolare attorno ad alcuni punti fondamentali:

    ● Innanzitutto l’unità e l’integralità della proposta educativo-pastorale, superando la frammentarietà di una prassi che considera la pastorale come un settore (‘l’aspetto religioso’) che si aggiunge agli altri aspetti dell’azione educativa, piuttosto che la qualità che caratterizza tutta la proposta. Pensare l’azione pastorale come unità organica significa vederla come un unico processo nel quale i differenti elementi che lo costituiscono si articolano e si qualificano mutuamente, contribuendo insieme alla realizzazione della stessa finalità, che è lo sviluppo integrale del giovane considerato nella totalità del suo essere.
    Una manifestazione di questa unità è lo stretto rapporto esistente tra le quattro dimensioni della pastorale salesiana (dimensione educativa, dimensione evangelizzatrice, dimensione associativa e dimensione vocazionale) che devono essere pensate e svilupparsi in intimo collegamento, in modo speciale l’educazione e l’evangelizzazione: un’educazione che sviluppa il senso religioso della vita e apre e favorisce il processo di evangelizzazione, e un’evangelizzazione che propone all’educazione un modello di umanità pienamente riuscita e rispetta nel suo sviluppo la dinamica educativa.
    ● Il senso comunitario della proposta salesiana, che nasce da una comunità e crea comunità. La comunità educativo-pastorale, nella quale salesiani e laici condividono lo spirito e la missione salesiana, è il vero soggetto della pastorale salesiana. In questa ampia comunità educativa la comunità religiosa salesiana assume compiti specifici di testimonianza, di animazione, di comunione e di formazione, come afferma il CG24.[28]
    ● Una mentalità progettuale. Malgrado che l’elaborazione del Progetto Educativo-Pastorale fosse già richiesta alle Ispettorie nel 1978,[29] che esso fosse già codificato nei Regolamenti Generali sei anni più tardi,[30] e approfondito da parte del Dicastero con un insieme di orientamenti che chiarivano i suoi contenuti e metodologia, la sua concreta attuazione non è stata facile. Le comunità non riuscivano a capire che si trattava non tanto di elaborare un documento nel quale si presentassero le molteplici attività e interventi che si volevano sviluppare nell’opera educativa, quanto soprattutto di organizzarli e coordinarli in tal modo che costituissero un cammino progressivo verso obiettivi concreti e verificabili, con chiare opzioni di priorità e sequenzialità. Senza questa mentalità progettuale il progetto infatti non riusciva a guidare e orientare la prassi quotidiana.
    ● Uno stile di animazione che esprime nella nuova situazione giovanile alcuni elementi centrali del Sistema Preventivo: uno stile di presenza tra i giovani che privilegia i rapporti interpersonali su quelli istituzionali, un accompagnamento che cura soprattutto di approfondire le motivazioni degli orientamenti piuttosto che il semplice loro adempimento, un intervento che crea comunione e convergenza attorno ad un progetto condiviso più che moltiplicare le iniziative.

    1.2.3 Allargamento del campo di azione in risposta alla nuova situazione.
    Con la crisi delle agenzie educative tradizionali emergono nuovi luoghi e nuove esperienze, che diventano significative per i giovani e capaci di trasmettere valori e stili di vita. Con l’allungamento dell’età giovanile sorgono anche nuove possibilità di formazione e coinvolgimento; un ambiente progressivamente secolarizzato e il moltiplicarsi dell’emarginazione giovanile presentano nuove sfide e aprono nuove possibilità di educazione tra i giovani.
    Per questo si sviluppano dappertutto “nuove presenze” che tentano nuove forme di approccio e d’incontro con i giovani, tanto nell’area dell’emarginazione giovanile, come anche nel campo dell’associazionismo, che matura attorno al 1988 nel Movimento Giovanile Salesiano; sorgono anche Centri di pastorale giovanile e catechesi, iniziative di comunicazione sociale rivolte ai giovani per sviluppare i nuovi linguaggi e campi di espressione giovanile, Centri di spiritualità, una maggiore attenzione al mondo dei giovani universitari attraverso pensionati e centri giovanili per loro, lo sviluppo del volontariato missionario, ecc.
    Se all’inizio parecchie di queste nuove presenze appaiono come giustapposizione e talvolta in contrapposizione con le presenze tradizionali, progressivamente sono assunte dalle Ispettorie e integrate nei loro progetti educativo-pastorali. Più ancora, il tema della “nuova presenza” si estende a tutte le opere, spingendo il rinnovamento della loro prassi pastorale in modo che divengano nuove forme di presenza e di servizio educativo tra i giovani.
    Questo nuovo tipo di presenza richiede un nuovo assetto educativo e pastorale, un nuovo rapporto con la comunità ecclesiale e con il territorio; per questo lentamente, ma senza pausa, le Ispettorie rinnovano le proprie presenze e tentano di renderle più significative (Scuole, Formazione Professionale, Oratori e Centri giovanili…).
    A partire del CG20 avviene un rapido sviluppo delle presenze parrocchiali, che cessano di essere considerate come ‘eccezionali’. E si moltiplicano nella Congregazione; ma questo sviluppo avviene con una notevole difficoltà ad assumere in esse le nuove prospettive e l’identità della pastorale salesiana. Nella sua relazione al CG22 (1984) il Rettor Maggiore manifesta le difficoltà riscontrate per dare alle nostre presenze parrocchiali un volto giovanile e una impostazione coerente con la proposta educativo-pastorale salesiana; il modello operativo di pastorale giovanile e gli itinerari di educazione alla fede non sono stati né esplicitati né assunti.[31]

    1.2.4 Rinnovamento delle strutture di animazione e governo pastorale nella Congregazione e nelle Ispettorie.
    Dal CG19 la Congregazione sente il bisogno di rinnovare le strutture di animazione pastorale. Nella nuova situazione, contrassegnata dall’enorme varietà di contesti in cui operano i Salesiani, non è immaginabile che un medesimo programma o schema operativo possa applicarsi in forma univoca dappertutto. Gli orientamenti e il quadro di riferimento generale devono essere ripresi dalle Ispettorie per adeguarli alla propria situazione, in dialogo con le caratteristiche sociali e culturali del luogo. Per questo è indispensabile sviluppare nelle Ispettorie un sistema di animazione e governo pastorale capace di fare questa riflessione e di accompagnare le comunità locali nella messa in pratica del modello pastorale, assicurando anche un’agile comunicazione con le altre Ispettorie e con il centro della Congregazione.
    L’unità organica della pastorale salesiana esige che ci sia un unico punto di riferimento per tutta la pastorale nelle sue diverse manifestazioni e settori, che sono il Consigliere per la Pastorale Giovanile a livello mondiale e il Delegato per la pastorale giovanile a livello ispettoriale; ad essi compete animare e guidare i diversi settori e ambiti della pastorale nell’unità e nel coordinamento operativo; e per questo accanto al Delegato si richiede la presenza di una équipe che condivida con lui la responsabilità dell’animazione.
    Questa struttura è stata pienamente definita già nel CG23[32] e si è diffusa in tutta la Congregazione. La difficoltà consiste nell’assumere da parte dei confratelli questa importante funzione di animazione pastorale, che non può ridursi ad organizzare alcune attività con i giovani od a coordinare alcuni eventi o settori, ma che deve accompagnare le comunità locali nel loro sforzo per realizzare il modello della pastorale, superando la tendenza al settorialismo e crescendo nella mentalità progettuale e nella dimensione comunitaria della pastorale giovanile. Il Delegato inoltre, con la collaborazione dell’équipe, deve coordinare tutti i settori della pastorale dell’Ispettoria, procurando che in ognuno siano presenti le quattro dimensioni fondamentali della pastorale e si attui una vera convergenza operativa al servizio della stessa missione educativa e di evangelizzazione dei giovani. Questo richiede un Delegato a tempo pieno e con capacità di contatto con le comunità locali e uno stretto collegamento dell’animazione pastorale con il governo dell’Ispettoria, l’Ispettore con il suo Consiglio.
    Questa nuova impostazione non è stata facile da capirsi e soprattutto da mettere in atto in alcune zone, con conseguente eccessiva lentezza nella assimilazione e pratica del modello pastorale. Si è visto che le Ispettorie che contano su un’équipe di animazione pastorale costituita in base a criteri rinnovati, un Consiglio ispettoriale che dedica tempo alla riflessione pastorale, un continuo dialogo e scambio con il Dicastero e con altri organismi intermedi di animazione (Conferenze, Centri nazionali, ecc.) di fatto progrediscono nello sviluppo di una pastorale giovanile salesiana dinamica, significativa e rispondente alle nuove situazioni.

    1.2.5 Il punto focale di attenzione: la qualità dell’azione educativa pastorale
    Un primo sguardo al cammino percorso a partire dal 1970 ci mostra uno sviluppo di tipo prevalentemente estensivo. Ciò era richiesto particolarmente dai nuovi fronti missionari, dai bisogni sociali emergenti, dall’inserimento di forze laicali nelle nostre opere. Per questo è avvenuto un ingrandimento di ogni singola opera e una moltiplicazione delle presenze in quasi tutte le Ispettorie.
    Spesso tale estensione ha finito per produrre una certa dequalificazione nelle comunità, indebolite e oberate da compiti di organizzazione e di gestione; e soprattutto non ha rigenerato le forze come ci si attendeva.
    In questi ultimi vent’anni soprattutto si è insistito sul concentrarsi con preferenza sulla qualificazione dell’azione educativo-pastorale. In non pochi settori della società complessa la qualità si presenta oggi come condizione per essere significativi e anche per generare quantità. Si è tentato dunque di concentrare tutti gli sforzi di animazione sulla qualità, soprattutto in questi aspetti:
    ● non accontentarsi di una pastorale dei primi passi, dell’intrattenimento, delle proposte generiche al grande gruppo o della sola tenuta amministrativa o gestionale delle attività, ma concentrare gli interventi sull’obiettivo della maturazione umana e dell’educazione alla fede, con proposte esplicite e forti, dedicando tempo e risorse a seguire sistematicamente i gruppi e le persone, offrendo diversità di proposte secondo il livello raggiunto…
    ● assicurare un cammino sistematico di evangelizzazione (annuncio di Gesù Cristo) e di educazione alla fede, capace di condurre i giovani all’incontro personale con Gesù e con la Chiesa; educare al senso vocazionale della vita e all’impegno solidale, che susciti e accompagni vocazioni di speciale impegno e consacrazione nella Chiesa e nella Famiglia Salesiana.
    ● sviluppare la dimensione educativa nelle nostre opere e nelle nostre proposte, promuovendo la personalizzazione dei valori e la ricerca del senso cristiano della vita, curando il tipo di cultura che trasmettiamo nei contenuti e nelle metodologie educative adoperate, stimolando l’attenzione e l’accettazione degli altri e la cura del bene comune, dando speciale attenzione allo sviluppo della dimensione religiosa della persona…
    ● coinvolgere con più corresponsabilità e qualificare gli agenti della pastorale, comunità salesiane, laici collaboratori, animatori giovanili, ecc. per renderli capaci di rispondere adeguatamente alle sfide educative e pastorali dei giovani d’oggi e vivere con entusiasmo e dinamismo la missione.
    Queste sono state le preoccupazioni prioritarie nell’animazione pastorale in questi ultimi anni.

    LA SITUAZIONE ATTUALE

    Alla fine degli anni ottanta esisteva un patrimonio di riflessione e prassi pastorale salesiana straordinariamente ricco e consistente, del quale si sentiva la necessità di avere una completa visione d’insieme e di raccoglierne in una sintesi organica e condivisa le linee fondamentali per facilitarne l’assimilazione personale e l’orientamento della prassi. Il Dicastero di Pastorale Giovanile cercò di rispondere a tale necessità offrendo alle Ispettorie e comunità la suddetta raccolta organica e promuovendo in questi ultimi anni un processo sistematico di formazione pastorale, in particolare dei confratelli che hanno responsabilità di animazione e governo, insistendo su alcuni punti che è bene richiamare.[33]

    2.1 Conoscenza e assimilazione del modello di pastorale

    Le diverse Ispettorie e comunità hanno fatto uno sforzo notevole di assimilazione e si sono impegnate per mettere in atto le linee fondamentali del modello pastorale, per rispondere sempre meglio alle nuove esigenze della gioventù. In questo cammino si sono sperimentate alcune difficoltà, come lo scarto tra la quantità di proposte ricevute e la possibilità di attuarle, il diverso ritmo di assimilazione della nuova mentalità pastorale da parte delle comunità e Ispettorie, l’aumento delle richieste e delle necessità che spinge sovente a un’azione dispersa e poco programmata, che lascia poco spazio alla riflessione. Da tutto questo consegue che le Ispettorie riescono ad assimilare e soprattutto a tradurre nella pratica con fatica e in forma limitata gli orientamenti della Congregazione.
    In questi anni si è presentato ed approfondito questo modello pastorale con tutte le équipes interispettoriali di Delegati per la pastorale giovanile, verificando il cammino realizzato, chiarificando gli elementi fondamentali, in particolare la comprensione dell’unità e dell’integralità della pastorale salesiana nella pluralità di opere, servizi e attività, aiutando a superare il settorialismo ancora abbastanza presente. Il modello pastorale si è anche studiato negli incontri di Ispettori nelle Conferenze ispettoriali; si sono accompagnate alcune Regioni e Ispettorie, promuovendo in esse una maggiore conoscenza delle linee fondamentali e un coordinamento pastorale più efficace.
    In questo sforzo di assimilazione, tuttavia, si percepiscono sovente concezioni riduttive della pastorale, come quando questa si riduce all’azione immediata, che favoriscono una visione poco unitaria tra pastorale, vita comunitaria e spiritualità, rendendo difficile vivere l’unità vocazionale e lo sviluppo integrale del “Da mihi animas”.
    La spiritualità salesiana, espressione concreta della carità pastorale, costituisce un elemento fondamentale dell’azione pastorale salesiana: è la fonte della sua vitalità evangelica, il criterio per discernere ed affrontare le sfide quotidiane, la sorgente dell’entusiasmo e della passione apostolica, il fondamento dell’unità di tutti coloro che condividono e collaborano nella missione. «Per noi il ricupero della spiritualità non può essere staccato dalla missione… Perciò diventa inconcepibile e ingiustificabile ritenere che la missione sia un ostacolo per l’incontro con Dio e per coltivare l’intimità con Lui».[34]
    Allo stesso modo, la vita comunitaria non è soltanto un aiuto pratico per l’efficacia dell’azione pastorale, ma costituisce un elemento fondamentale di essa: “Vivere e lavorare insieme è per noi, salesiani, un’esigenza fondamentale e un cammino sicuro per realizzare la nostra vocazione” (Cost. 49). Come ci ricordava il CG25: «il primo servizio che i giovani attendono da noi è la testimonianza di una vita fraterna che diventi risposta al loro profondo bisogno di comunione, proposta di umanizzazione, profezia del Regno, invito ad accogliere il dono di Dio».[35]
    Spiritualità, comunità e azione pastorale esprimono insieme la ricchezza della nostra missione da punti di vista diversi, e devono pensarsi e viversi in continuo collegamento e in profonda unità.

    2.2 Un rapporto più sistematico del Dicastero con le équipes dei Delegati ispettoriali per la PG

    Una strategia importante in questo sforzo è stata di promuovere in tutte le Regioni o gruppi di Ispettorie la collaborazione sistematica dei Delegati ispettoriali con incontri regolari di verifica, studio e programmazione. Il contatto frequente e l’accompagnamento da parte del Dicastero delle équipes ispettoriali ha permesso di orientare l’azione pastorale delle singole Ispettorie secondo l’indirizzo della programmazione del sessennio e promuovere un fecondo collegamento tra loro.
    Per facilitare questo rapporto e dialogo tra il Dicastero e le équipes dei Delegati ispettoriali si è attuata la “Consulta Mondiale” con rappresentanti di tutti i gruppi interispettoriali di Delegati, che costituisce un momento forte di riflessione e di approfondimento su aspetti centrali della pastorale, favorendo l’unità di visione e di orientamento.
    Guardando le singole Ispettorie, si constata che si è capita ed apprezzata maggiormente la funzione di animazione del Delegato ispettoriale e dell’équipe, per esempio nella scelta del Delegato, nella continuità nel servizio, nella verifica e ridimensionamento dell’équipe ispettoriale per renderla più operativa ed efficace, ecc…; si deve tuttavia riconoscere che in alcune Ispettorie si deve ancora rafforzare questa figura del Delegato e il suo ruolo come coordinatore di tutta la Pastorale.

    2.3 Alcuni aspetti del rinnovamento pastorale

    ● Apertura generosa e creativa a nuove frontiere giovanili, soprattutto alle nuove e vecchie povertà (ragazzi di strada, drop-out, immigranti…), al mondo dell’associazionismo giovanile e ai nuovi linguaggi (musica, teatro, turismo…), al volontariato e, in un modo più modesto, ma significativo, nell’area della spiritualità giovanile (case ed équipes di spiritualità giovanile).
    In verità questi settori ancora non sono pienamente integrati nel Progetto delle Ispettorie, trovano difficoltà a coordinarsi con le presenze più istituzionalizzate, come le scuole, le parrocchie, ecc. e sovente la loro gestione ed organizzazione richiedono un tale sforzo che ai salesiani incaricati restano poche energie per curare la qualità e sistematicità della proposta educativa che in esse si offre.
    ● Una rinnovata sensibilità per dare più qualità educativa ed evangelizzatrice alla proposta educativo-pastorale che offriamo nelle nostre opere, attraverso un ripensamento del Sistema Preventivo per adeguarlo alle nuove sfide che presenta il mondo dell’educazione, alle nuove esigenze del lavoro con i giovani a rischio, all’urgenza di rinnovamento dell’evangelizzazione e dell’educazione alla fede.
    Ma questa volontà di rinnovamento trova difficoltà a tradursi in programmi e processi concreti. Di fatto, la nostra pastorale è ancora poco missionaria, cioè presenta una scarsa attenzione al primo annuncio o all’annuncio rinnovato del Vangelo, non trova la forma di adeguarsi alle possibilità del grande gruppo, pur senza dimenticare i bisogni dei più aperti e disponibili; manca sistematicità nella pastorale vocazionale, animata dalla comunità e inserita veramente nella pastorale giovanile ordinaria. Per questo la grande molteplicità d’iniziative che si promuovono riescono con difficoltà a generare un solido itinerario di educazione alla fede, che aiuti i giovani a personalizzarla e integrarla nella loro vita.
    ● Processi sistematici di formazione pastorale e salesiana degli educatori.
    Esiste nelle Ispettorie la preoccupazione per la formazione pastorale e salesiana dei collaboratori e degli animatori giovanili, con molteplici iniziative: corsi di formazione di professori delle scuole e centri di formazione professionale, centri di formazione per gli animatori giovanili, incontri diversi nelle comunità ed Ispettorie, ecc. Ci sono inoltre alcuni centri per la formazione pastorale e salesiana dei Salesiani e dei collaboratori laici come il Centro Regionale di Formazione Permanente di Quito, per la Regione Interamerica, il quale ha integrato nel suo programma la formazione pastorale e sta sviluppando un corso di formazione pastorale per i Delegati e membri delle équipes ispettoriali di pastorale giovanile; il Centro Don Bosco di Lione (Francia) o il “DonBoscovormingscentrum” del Belgio Nord, ecc. In collaborazione con le IUS e la Commissione Americana della Scuola Salesiana in America si è iniziato un corso virtuale per la formazione salesiana dei docenti della scuola, secondo le linee del secondo incontro continentale (Cumbayá II), al quale hanno già partecipato 702 professori.
    In questo campo della formazione pastorale si deve curare molto di più la sistematicità delle proposte, la loro ricaduta nella vita quotidiana delle opere, il coordinamento e la condivisione delle iniziative e dei programmi, un’impostazione secondo il modello della Pastorale Giovanile Salesiana che favorisca una visione più unitaria e integrale della pastorale; si deve curare, inoltre, il lavoro in équipe e in rete, e lo sviluppo di metodologie adeguate per affrontare positivamente la complessità della pastorale e superare il settorialismo.
    Obiettivo strategico da perseguire in modo speciale è la formazione pastorale dei Salesiani perché possano diventare animatori del nuovo modello della PG e assumere il loro compito specifico di promotori e guide della formazione salesiana e pastorale dei collaboratori.[36]

    3. I DIVERSI SETTORI DELLA PASTORALE GIOVANILE SALESIANA

    La pastorale giovanile salesiana si attua in un determinato territorio attraverso una “pluralità di forme, determinate in primo luogo dalle esigenze di coloro a cui ci dedichiamo” (Cost. 41) e degli ambienti in cui i giovani vivono, soprattutto gli ambienti di impoverimento economico, politico e culturale. Attraverso questa pluralità di opere e di servizi si manifesta la sua unità e allo stesso tempo la sua ricchezza. Ogni opera e struttura apporta la propria specificità all’insieme e contribuisce a realizzare il criterio oratoriano dell’art. 40 delle Costituzioni. Per esprimere con chiarezza questa unità della pastorale salesiana nel territorio e nella Chiesa locale le diverse opere e servizi che costituiscono una presenza salesiana in un determinato territorio devono pensarsi in mutuo riferimento e complementarità.[37]

    3.1 Gli Oratori e i Centri Giovanili

    L’Oratorio è all’origine e costituisce il prototipo di ogni opera salesiana. Come tale è anche oggi la prima forma di presenza salesiana tra i giovani. Oggi tuttavia la realtà dell’Oratorio assume molteplici forme e caratteristiche, tentando di rispondere ai bisogni e attese dei giovani e di raggiungere il maggior numero possibile di loro, in particolare coloro che sono più poveri e bisognosi.
    Nel dicembre 2007 in Congregazione si contavano 635 Oratori festivi o di fine settimana,[38] più 164 Oratori giornalieri che offrono diversi servizi ai giovani dopo l’orario scolastico; c’erano anche 529 Centri Giovanili per gli adolescenti e i giovani; parecchi di essi offrono ai giovani disoccupati e al margine del sistema scolastico la possibilità di acquistare una formazione di base o prepararsi per un lavoro; alcuni anche tentano di recuperare i giovani in situazioni gravi di rischio sociale.
    Questa varietà di forme costituisce una grande ricchezza, offre molteplici possibilità di contatto con la massa di ragazzi, adolescenti e giovani ed è un’enorme risorsa educativa. Ma presenta anche il rischio di centrare la dinamica dell’Oratorio quasi solo nelle attività ludico-ricreative, diminuendo quelle più specificamente educative - formative. Per questo parecchie Ispettorie si sono impegnate a ripensare l’identità dell’Oratorio e del Centro Giovanile ed a ricreare la sua originale metodologia pastorale, coinvolgendo le comunità salesiane e le comunità educative insieme con i diversi gruppi della Famiglia Salesiana. Un impegno da incoraggiare ed accompagnare.
    Si vuole assicurare l’apertura dell’Oratorio-Centro a tutti i giovani, in modo speciale ai più poveri o a rischio, che non riescono ad attingere ad altre strutture e proposte educative, in modo che l’Oratorio divenga la frontiera missionaria della comunità cristiana. Si cerca una metodologia pastorale che riesca a rispondere ai bisogni più immediati della grande massa dei giovani, senza però dimenticare le proposte più impegnative ed esigenti per i giovani disposti a seguire un cammino formativo in profondità.
    Lo stesso ambiente dell’Oratorio di Valdocco, mentre rispondeva ai bisogni di divertimento e di una elementare formazione alla maggioranza dei giovani, offriva ai migliori proposte impegnative di formazione e d’impegno cristiano. Più ancora esisteva in esso una dinamica che suscitava nei giovani la voglia di crescere ed approfondire la propria formazione, passando dai semplici bisogni sportivi o di istruzione a impegni più sistematici e profondi di formazione umana e cristiana, dall’essere consumatori di attività ad essere protagonisti ed animatori di esse e creatori dell’ambiente educativo al servizio dei compagni. Come tradurre oggi nei nostri ambienti oratoriani questa caratteristica delle origini?
    Un’altra sfida alla quale si vuole rispondere è fare dell’Oratorio-Centro Giovanile una vera comunità educativa con una forte identità e dinamica formativa, che si esprime in un ambiente profondamente umano e cristiano, nel quale si offre una presenza significativa dei Salesiani ed educatori tra i giovani, condividendo la loro vita, delle proposte educative diverse secondo la realtà e i bisogni dei giovani stessi, lo sviluppo della corresponsabilità dei laici e dei giovani animatori attorno ad un PEPS, condiviso da tutti, una dinamica formativa e un accompagnamento adeguato dei gruppi e delle persone che aiuti a personalizzare le proposte e le opportunità offerte.

    3.2 La Parrocchia affidata ai Salesiani

    L’impegno dei Salesiani nel campo parrocchiale si esprime soprattutto attraverso le parrocchie affidate alla Congregazione e le parrocchie missionarie. Il numero di esse è cresciuto notevolmente in questi anni. Nell’anno 2007 esistevano 1212 parrocchie affidate alla Congregazione e parrocchie missionarie, nelle quali più di 3000 salesiani curavano pastoralmente oltre 11 milioni di fedeli.
    La maggior parte di queste parrocchie si trovano in quartieri popolari o in territori di prima evangelizzazione. In molti posti la parrocchia affidata ai Salesiani è accompagnata dall’Oratorio, dalla scuola o anche da un Centro di promozione sociale, con un’attenzione particolare ai giovani a rischio. In questo modo i Salesiani, inseriti direttamente nella struttura di una Chiesa particolare, offrono ad essa l’apporto originale e specifico del loro carisma.
    Malgrado la notevole quantità di parrocchie affidate alla Congregazione, sovente questo settore della pastorale salesiana non riceve l’attenzione, l’accompagnamento e il coordinamento conveniente da parte delle Ispettorie. In questi anni si stanno promuovendo incontri regolari di parroci e salesiani impegnati in parrocchie per la loro formazione e coordinamento, incontri interispettoriali o nazionali per approfondire alcune sfide importanti nella nostra presenza salesiana nel campo parrocchiale; ma resta ancora molto da fare, e di fare meglio.
    Ecco alcuni aspetti da approfondire con urgenza:
    1º. Assicurare l’identità salesiana nel lavoro pastorale che si realizza nella parrocchia. Questo esige di assumere certe scelte carismatiche nella vita e missione della comunità parrocchiale; in particolare:
    - costruire la parrocchia come comunità di fedeli animata dalla comunità religiosa salesiana; una comunità articolata in gruppi e comunità minori nelle quali si dia una maggiore comunicazione, un impegno più intenso, una più reale partecipazione e una relazione visibile tra tutti questi gruppi e l’ambiente umano e sociale della parrocchia;
    - offrire a tutti una proposta sistematica di evangelizzazione e di educazione alla fede, promuovendo una pastorale più missionaria, che cerchi ed entri in contatto con tutti, soprattutto con i giovani e con i lontani, diventando in tal modo sovente il primo luogo di incontro simpatico e significativo con la Chiesa, con una proposta di evangelizzazione o di primo annuncio per i lontani e un itinerario continuo e graduale di educazione alla fede, soprattutto per i giovani e le famiglie;
    - promuovere una scelta giovanile che assicuri che la pastorale giovanile non sia soltanto un settore insieme ad altri, ma la qualità che caratterizza tutta la vita della parrocchia, in modo che i giovani si trovino “a casa” nella parrocchia salesiana.
    2º. Un’altra sfida importante consiste nel promuovere una metodologia pastorale più missionaria e salesiana, con grande sensibilità educativa, capace di prendere le persone al punto in cui si trovano per suscitare in loro il desiderio di aprirsi alla fede e di coinvolgersi in un cammino continuo e graduale di vita cristiana, in sintonia con le preoccupazioni ed esperienze della loro vita quotidiana, in modo speciale dei giovani, scoprendo in essi i semi del Vangelo e l’azione dello Spirito.
    3º. Si deve inoltre aiutare le comunità parrocchiali ad elaborare il Progetto pastorale unitario, globale e condiviso, che dia unità e continuità a tutte le iniziative che in essa si offrono.
    Per progredire in questa direzione è fondamentale curare la formazione pastorale dei Salesiani dedicati all’animazione della parrocchia e dei laici collaboratori, e un coordinamento ispettoriale capace di accompagnare e sostenere le comunità parrocchiali in questo cammino.

    3.3 La Scuola e il mondo della educazione formale

    La presenza salesiana nel campo dell’educazione formale e in particolare nella scuola è una delle più consistenti, significative e diffuse.
    Nel 2007 la Congregazione era responsabile di 1208 Istituti scolastici di diversi livelli, con un po’ più di un milione di allievi, soprattutto nella fascia dei preadolescenti, anche se in quest’ultimo sessennio sono notevolmente cresciuti gli allievi delle scuole superiori, e in particolare di quelle di livello universitario. I Salesiani che lavorano nel campo scolastico sono 2286 a tempo pieno e 1364 a tempo parziale, con la collaborazione di una schiera assai grande di laici, quasi 60.000.
    La scuola salesiana è una presenza cristiana significativa nel mondo dell’educazione e della cultura; aiuta i giovani a prepararsi dignitosamente per la vita e contribuisce a formare la mentalità ed a trasformare la società secondo i valori umani e cristiani; per questo è uno strumento fondamentale per l’evangelizzazione. In parecchie nazioni dell’Asia o dell’Africa la scuola è sovente l’unica forma di presenza di Chiesa consentita e in essa la comunità cristiana offre una testimonianza di servizio disinteressato ai settori più poveri della società, un ambiente umano permeato dai valori evangelici, come testimonianza silenziosa di Gesù Cristo e anche come una preziosa opportunità per le famiglie cristiane del posto di educare cristianamente i propri figli.
    In questi anni la Congregazione ha fatto un notevole sforzo per rinnovare la sua presenza in questo campo, soprattutto nei seguenti aspetti principali:
    1º. La qualità educativa e pastorale dell’ambiente in cui si vive, dei programmi e delle proposte che si offrono, della metodologia che si adopera, delle stesse strutture e risorse materiali, delle persone in essa impegnate, attraverso un PEPS operativo e condiviso da tutta la comunità educativa, in modo che diventi capace di orientare e guidare la dinamica quotidiana della scuola.
    In questo senso è importante superare il pericolo di considerare la pastorale come un settore accanto ad altri, piuttosto che la qualità di tutta la vita della scuola, della cultura, della metodologia, dei rapporti, delle proposte, ecc. che in essa si presentano e si realizzano; sovente ciò è ben presentato nei documenti, ma rimane una sfida da riuscire a tradurre in pratica nella vita quotidiana della comunità educativa.
    2º. La comunità educativo-pastorale: impegnarsi a costruire la scuola come comunità umana al servizio dell’educazione e dell’evangelizzazione dei giovani e non soltanto come un’istituzione di servizi educativi. Una scuola è una comunità educativo-pastorale quando in essa il centro è costituito dalle persone, soprattutto i giovani, con rapporti interpersonali, con la condivisione dei valori della pedagogia e della spiritualità salesiana, con il coinvolgimento e il protagonismo di tutti nelle loro diverse funzioni.
    3º. Una scuola piattaforma di efficace e normale evangelizzazione, in modo speciale attraverso la promozione e trasmissione di una cultura e di una mentalità ispirata ai valori evangelici. La pastorale giovanile salesiana nel campo dell’educazione deve promuovere nei giovani non soltanto una vita cristiana, ma anche una cultura ispirata alla fede e ai valori evangelici, che sia un’alternativa alla cultura dell’ambiente sovente caratterizzata dal secolarismo, relativismo, soggettivismo, consumismo.
    I contenuti culturali che si offrono nella vita quotidiana di una scuola, nelle diverse discipline, nella metodologia, nell’ambiente e nei rapporti, ecc. non sempre ricevono l’attenzione che necessiterebbe per garantire una coerenza tra i contenuti trasmessi o le metodologie adoperate e i valori della fede cristiana, in modo che questa informi efficacemente la vita personale, professionale e sociale delle persone e si stabilisca un fecondo rapporto tra fede e cultura.
    4º. Una scuola attenta e aperta ai giovani più poveri; con una dinamica e una metodologia che previene il fallimento scolastico e aiuta a superarlo con corsi di recupero, scuole serali per i giovani che si trovano fuori della struttura scolastica, ecc.; che promuove, attraverso diverse materie e attività proposte, il contatto e l’inserimento nella realtà sociale, per scoprire le cause delle situazioni di emarginazione e di esclusione che in essa si vivono e per suscitare l’impegno per superarle; una scuola che promuove la cultura del dialogo, della collaborazione, dell’accettazione del diverso, della solidarietà.
    Questi obiettivi sono stati promossi in questi anni attraverso uno sforzo sistematico e continuo attuato in parecchie regioni della Congregazione. Esemplare è il processo che si sta realizzando nell’America salesiana a partire dagli incontri continentali di Cumbayá (1994 e 2001) e Brasilia (2008). Le conclusioni di questi incontri sono approfondite nelle diverse équipes ispettoriali e zonali per tradurle in programmi operativi che guidano l’azione delle differenti comunità educative, aiutandole a verificare la loro prassi educativa e a trasformarla. Questo sforzo si realizza insieme con i vari gruppi della Famiglia Salesiana che gestiscono scuole in America.
    Qualcosa di simile si sta sviluppando anche in Europa (incontri di Roma del 1994 e 2000, di Cracovia nel 2004 e di Siviglia nel 2010) e in Asia sud, attraverso i coordinamenti interispettoriali o nazionali.
    Nel Brasile con queste stesse finalità i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice hanno costituito una rete delle scuole salesiane, mediante la quale si promuove la formazione dei professori e l’elaborazione di testi scolastici secondo la pedagogia salesiana.
    Questo cammino di rinnovamento esige certamente una più sistematica formazione permanente degli educatori. Oltre allo sforzo delle Ispettorie per garantire una buona formazione educativa e salesiana con programmi sistematici, si sono sviluppati in alcune Ispettorie o zone, diversi centri e progetti di formazione educativa e pastorale salesiana dei collaboratori laici, in modo speciale dei professori delle nostre scuole.

    3.4 La Formazione professionale e la preparazione per il lavoro

    Fin dai suoi inizi Congregazione salesiana è stata conosciuta e apprezzata per i suoi centri di formazione professionale, attraverso i quali si offriva ai giovani più poveri, quelli che sovente fin da piccoli dovevano lavorare per aiutare la famiglia o quelli che non riuscivano a seguire il percorso scolastico normale, una formazione umana e una preparazione per il lavoro di qualità, che permetteva loro di affrontare con fiducia e responsabilità il loro futuro. Anche adesso parecchi paesi che non consentono una presenza esplicita di Chiesa ci affidano opere di formazione professionale e attraverso di esse possiamo essere una testimonianza silenziosa, ma chiara, del Vangelo di Gesù Cristo.
    Le opere di formazione professionale sono oggi molto varie, da Scuole tecnico-professionali, attorno a 180, che offrono ai giovani una formazione secondaria sistematica che permette di seguire uno sviluppo posteriore nell’Università, a Scuole di formazione professionale (457) che offrono ai giovani che si avviano al lavoro una preparazione di qualità, con un programma regolare riconosciuto. Tra queste scuole meritano una speciale attenzione le 46 scuole agricole.
    Nel campo della formazione professionale non formale, in questi anni si sono moltiplicati più di 300 piccoli centri di preparazione al lavoro, che offrono ai giovani lavoratori o a quelli che si avviano al lavoro corsi brevi e molto pratici per renderli capaci di una certa qualificazione lavorativa.
    Sovente questi centri di formazione professionale favoriscono e appoggiano iniziative concrete di aiuto per l’occupazione dei giovani lavoratori, cooperative di mutuo aiuto, centri di artigianato e altre iniziative per facilitare l’occupazione dei giovani più poveri.
    Nelle società moderne in rapida evoluzione il mondo tecnico e del lavoro è un settore che sperimenta cambiamenti profondi e rapidi; per questo la formazione professionale, se vuole realmente aiutare i giovani a inserirsi in questo mondo nuovo, deve trasformarsi nei suoi programmi, metodi e anche nei suoi strumenti.
    Tutto questo la rende bisognosa di uno speciale appoggio e orientamento, in particolare nei seguenti aspetti:
    1º. Promuovere la formazione integrale dei giovani. La formazione umana, morale e spirituale è importante quanto quella tecnica e professionale. Molto spesso un allievo di un centro professionale di Don Bosco viene preferito agli altri soprattutto per le qualità della sua personalità, più ancora che per l’istruzione o le qualificazioni ottenute. Questo, tuttavia, non vuol dire che l’istruzione professionale debba essere considerata secondaria. La meta finale di un centro di formazione professionale salesiano, infatti, è proprio quella di poter assicurare al giovane un impiego confacente con l’istruzione ricevuta. Il curriculum formativo integrale è appunto orientato a questo obiettivo. Di conseguenza, è essenziale che ogni centro abbia un Progetto Educativo Pastorale, che guidi efficacemente la sua azione quotidiana.
    2º. Rafforzare, nel compito educativo delle scuole tecnico-professionali, i processi di personalizzazione. Oggi non è sufficiente una buona preparazione tecnica e professionale, ma si richiedono sempre di più persone capaci di pensare in maniera autonoma, intellettualmente interessate e dotate di senso critico; persone in grado di stabilire relazioni positive, stabili ed efficaci, di promuovere la collaborazione in progetti comuni; capaci di gestire e risolvere i conflitti, di affrontare i cambiamenti con fantasia e creatività. Questa esigenza è molto sentita anche dagli stessi giovani, che vorrebbero una maggiore attenzione degli educatori alla loro vita. Per questo è importante promuovere momenti e percorsi di comunicazione e di relazione personale tra educatori e allievi, con le famiglie, con l’ambiente sociale; curare un orientamento educativo rispettoso, ma nel contempo propositivo; programmare una formazione morale e un’educazione ai valori realmente personale, comunitaria e solidale.
    3º. Sviluppare nei diversi processi educativi una formazione sociale sistematica e approfondita che assicuri una mentalità più solidale e una maggiore capacità di impegnarsi efficacemente per la giustizia. Il CG23, di fronte all’enorme sfida della povertà, segnalava la formazione alla dimensione sociale della carità come un compito fondamentale per dare concretezza e credibilità all’educazione alla fede.[39]
    Ecco alcuni elementi che non dovrebbero mancare in questa formazione:
    - una conoscenza adeguata della complessa realtà socio-politica, cominciando dai livelli più prossimi e immediati;
    - una presentazione completa e sistematica dell’insegnamento sociale della Chiesa, come chiave di lettura di questa realtà e come indicazione delle mete ideali a cui tendere nell’ impegno quotidiano;
    - introdurre i giovani in situazioni che chiedono solidarietà e aiuto, soprattutto nel mondo del lavoro, per esempio di fronte al dramma della disoccupazione giovanile, dello sfruttamento, dell’immigrazione o del razzismo, ecc.
    4º. Sviluppare nella nostra proposta educativa la pedagogia del lavoro come un elemento importante in una formazione umana integrale, superando una pedagogia troppo intellettuale e selettiva. Molti giovani sono esposti o già hanno vissuto qualche esperienza di insuccesso scolastico e/o con problemi di integrazione personale, familiare e sociale. Per essi un’esperienza lavorativa positiva, programmata e seguita con criteri educativi, può costituire un’ottima possibilità di recupero personale; il giovane può riacquistare la stima di sé, riscoprire le proprie abilità e capacità ed essere motivato alla propria formazione.
    Questo richiede che nella proposta educativa offriamo un ampio spazio ad alcune esperienze di lavoro, servizi alla comunità, lavoro all’interno di organizzazioni "non-profit"…, valutando in esse soprattutto la realizzazione personale e il servizio al bene comune. Richiede anche di promuovere contatti qualificati e significativi con persone, istituzioni e ambienti del mondo del lavoro, favorendo un dialogo, confronto e mutua conoscenza e collaborazione formativa.
    5º. Offrire un processo di evangelizzazione realmente inserito nella dinamica educativa e lavorativa. Tutta la nostra azione a favore dei giovani lavoratori ha come meta l’evangelizzazione, ma un’evangelizzazione veramente integrata nel loro mondo.
    Un tale progetto di evangelizzazione deve curare in modo particolare i seguenti aspetti:
    - offrire agli alunni una visione umanista ed evangelica della realtà sociale, economica e del mondo del lavoro, attraverso la lezione di religione o di formazione morale e lo studio della Dottrina Sociale della Chiesa;
    - proporre esperienze spirituali e di apertura a Dio, sia nella vita ordinaria sia in momenti significativi di essa, con un processo graduale di iniziazione alla preghiera e alla celebrazione;
    - offrire anche esperienze di servizio gratuito e solidale verso i più poveri, cominciando da quelli del proprio ambiente;
    - proporre momenti espliciti di evangelizzazione e di educazione alla fede attraverso gruppi adeguati alla loro sensibilità e ai loro bisogni;
    - collegarsi con le iniziative pastorali della Chiesa nel mondo del lavoro e facilitare ai giovani la loro partecipazione.
    6º. Un indice significativo della qualità ed efficacia della formazione ricevuta sarà la facilità con la quale trovano impiego e lavoro gli allievi che finiscono la formazione e come essi sono capaci di trasformare in meglio la società in cui si sono inseriti. Questo richiede di sviluppare una collaborazione stretta con il mondo dell’industria e delle imprese, favorendo la loro cooperazione nei programmi di esercitazioni pratiche offerte agli alunni e negli "stages" di aggiornamento per docenti, cercandone la consulenza nel processo di rinnovamento e modernizzazione, preparando insieme alle imprese e alle industrie programmi di formazione permanente, soprattutto per i giovani che già lavorano, pensando a delle iniziative per accompagnare i giovani nei primi passi del loro inserimento nel mondo lavorativo.
    In questo aspetto possono avere una grande importanza ed essere di vero aiuto gli Ex-allievi: essi possono essere un ponte eccellente tra la scuola e il mondo del lavoro nel quale si trovano già inseriti; possono collaborare al compito educativo della scuola attraverso il lavoro professionale o con servizi volontari; molti, inoltre, possono aiutare i giovani che terminano gli studi, accompagnandoli nell’inserimento nel mondo del lavoro, facilitandoli in iniziative di auto-occupazione, creando borse di impiego, ecc.
    Esistono nella Congregazione magnifiche esperienze in questo campo della formazione professionale: scuole tecniche che sono all’avanguardia, che non soltanto offrono ai giovani una formazione professionale di alta qualità ma anche promuovono diverse iniziative per aiutarli ad introdursi degnamente nel mondo del lavoro.
    Precisamente per l’importanza che ha la formazione professionale nella nostra missione educativa dei giovani più poveri e per le difficoltà e sfide che oggi deve affrontare in una società in rapido sviluppo, è urgente appoggiarla promuovendo un maggiore coordinamento tra i diversi centri tanto nell’Ispettoria come a livello nazionale e regionale, favorendo uno scambio di esperienze, progetti, risorse e una intensa collaborazione tra i centri più sviluppati e gli altri più modesti, soprattutto nella formazione degli insegnanti, nella qualificazione dei programmi e metodologie… cercando insieme vie e iniziative per garantire il sostentamento e il rinnovamento continuo dei centri.
    In questi ultimi anni il Dicastero per la Pastorale Giovanile ha promosso alcune iniziative in questo senso, ma certamente si deve ancora fare molto di più.

    3.5 Il mondo dell’Università: Il cammino realizzato dalle IUS e altre forme di presenza nel mondo universitario.

    Per decisione del Rettor Maggiore il Dicastero per la pastorale giovanile ha assunto in questo sessennio l’animazione delle IUS (Istituzioni Universitarie Salesiane). L’obiettivo proposto è stato di assumere e implementare l’identità e le politiche approvate dal Rettor Maggiore con il suo Consiglio per la presenza salesiana nell’educazione superiore (gennaio 2003) attraverso il “Programma Comune 2” (2003-2008), elaborato dall’Assemblea delle IUS (luglio 2003). Questo programma risponde a tre obiettivi (“assi”) strategici:
    1º. La formazione del personale. Questa formazione si sviluppa soprattutto mediante il Corso Virtuale IUS: “Apprendistato cooperativo e tecnologie di educazione nell’università, in stile salesiano (CVI)”. Si tratta di un progetto realizzato con sistematicità e professionalità, che in relativo poco tempo ha raggiunto un numero significativo di professori delle IUS (circa 3000); ha avuto anche una forte ricaduta nel rinnovamento delle stesse IUS e nel positivo sviluppo del “Programma Comune 2”; senza questa piattaforma umana, che condivide i valori dell’educazione salesiana, sarebbe stata molto difficile la riuscita del programma proposto.
    Uno sviluppo specifico del CVI è il “Corso Virtuale di formazione per i professori della scuola salesiana di America”, realizzato da parecchie IUS in collaborazione con il Dicastero per la pastorale giovanile e la Commissione della scuola salesiana in America; vuole rafforzare l’identità e competenza educativa dei professori, generando tra loro una cultura di cooperazione e di lavoro in gruppo, sviluppando nuove risorse per l’azione educativa nelle scuole, secondo le linee del Secondo Incontro americano della Scuola salesiana (Cumbayá II). Il primo corso (2006-2007) è stato seguito da 702 professori.
    2º. Il secondo asse vuole assicurare le fondamenta delle istituzioni secondo le indicazioni del “quadro di riferimento” dei documenti sull’identità e le politiche. Abbraccia tre aspetti o colonne:
    - La “Carta di Navigazione”, cioè una serie di strumenti e procedure per garantire l’orientamento e la gestione delle istituzioni entro il quadro di riferimento dell’identità e delle politiche;
    - Le risorse umane, la gestione del personale e dei dirigenti, il ruolo della comunità salesiana;
    - Le risorse economiche, fondi e produzione delle risorse, gestione professionale delle risorse, politiche di investimenti, sinergie, ecc.
    Lo sviluppo di questo secondo asse ha costituito l’impegno fondamentale delle IUS in questi anni. È stato un cammino rigoroso, sistematico e ben accompagnato. La risposta delle IUS è stata buona, ma non uniforme; in generale la maggioranza ha partecipato con dedizione e secondo le condizioni richieste; è stato coinvolto un gruppo significativo di dirigenti, presieduti dallo stesso Rettore. La partecipazione ai Seminari di Brasilia, São Paolo, Lima, El Salvador e alle Conferenze (Cile 2004, Guatemala 2006, Porto Alegre 2009) è stata soddisfacente. Tuttavia, il risultato finale (l’elaborazione della “Carta di Navigazione”), anche se meritevole per la quantità (più del 50% delle IUS lo hanno presentato) e per la qualità (è stato un primo tentativo), manifesta ancora difficoltà considerevoli per realizzare nelle Università un vero processo di pianificazione strategica.
    3º. Il terzo asse si propone di promuovere rapporti settoriali tra le IUS. È una iniziativa molto concreta e importante per creare tra le IUS una vera comunità scientifica di collaborazione attorno a progetti condivisi da diverse Università, fino ad arrivare alla costruzione e al funzionamento ordinario di una vera e propria rete di Università salesiane qualitativamente presenti nel mondo scientifico con gli apporti più consoni al nostro carisma educativo e giovanile. Attualmente esistono il gruppo del Corso Virtuale rivolto alla formazione del personale, il gruppo “IUS-Engineering”, il gruppo “IUS-Education”; e sono in preparazione il gruppo “IUS-formazione–pastorale” e il gruppo “IUS-nuove tecnologie”.
    Attraverso lo sviluppo di questo programma, le IUS non soltanto crescono quantitativamente (nel 2006 erano 61 istituzioni universitarie di diverso livello: 19 in America, 25 nell’India, 9 nell’Europa, 5 nell’Asia-Est e Oceania, 1 in Africa), ma soprattutto si stanno consolidando e crescono in qualità, in particolare quelle dell’America e dell’Europa. Attraverso questo cammino si sta trasformando il modo di concepire e impostare la presenza salesiana nell’Università e si promuovono nuove forme di presenza e di gestione universitaria attraverso l’impegno istituzionale per l’elaborazione della “Carta di Navigazione”.
    In ogni IUS si stanno creando piattaforme umane che condividono la missione e la visione salesiana e i progetti universitari; questi gruppi diventano capaci di essere nucleo animatore della comunità accademica e promotori e guide del rinnovamento dell’istituzione. Si sta anche suscitando una maggiore sinergia e collaborazione tra le IUS, superando la autoreferenzialità e promuovendo in esse una coscienza comune e un’immagine d’insieme.
    Nel luglio 2007 si è realizzata la V Assemblea IUS, nella quale si è elaborato il Programma Comune III, che riprende e approfondisce gli obiettivi e i passi finora percorsi.

    3.6 L’attenzione al mondo dell’emarginazione giovanile

    L’attenzione ai giovani in situazione di rischio è stata sempre una caratteristica della pastorale salesiana. La nuova situazione delle nostre società ci sfida a nuove risposte. La povertà cresce sempre di più fino a presentare una dimensione tragica, che colpisce molte persone e comunità, tra cui moltissimi giovani, sì da diventare una realtà strutturale e globale. Possiamo parlare anche di “nuove povertà” e quindi di “nuove forme di emarginazione – esclusione sociale”, tra le quali ci colpiscono in modo particolare quelle che compromettono le possibilità di crescita dei giovani, creando situazioni di grave disagio e per alcuni anche di devianza.
    L’aspetto più preoccupante è lo sviluppo di una mentalità o forma di impostare la vita (individualismo, consumismo, ricerca assoluta dell’efficacia e del profitto…) che genera sempre più emarginazione, esclusione, povertà e sofferenza, in particolare per i settori più deboli come sono i giovani.
    Per questo negli ultimi cinquant’anni si sono moltiplicati progetti, iniziative e opere che tentano di rispondere a questa situazione ed offrire ai giovani una nuova opportunità di costruire la loro vita positivamente e d’inserirsi responsabilmente nella società. Ci sono “case-famiglia” per accogliere ed educare ragazzi e giovani in situazione di grave rischio (ragazzi senza famiglia, ragazzi di strada, ragazzi vittime di abusi sessuali o della prostituzione…); progetti di attenzione, protezione, educazione di ragazzi e giovani lavoratori, sovente fin da piccoli, di accoglienza e recupero di giovani vittime delle droghe o usciti dalla prigione… accoglienza e formazione di giovani immigranti sovente senza famiglia… e molte altre.
    È cresciuta nelle Ispettorie la sensibilità e l’impegno per le diverse situazioni di povertà e di disagio giovanile, non solo attraverso opere, progetti e interventi specifici a favore dei giovani in situazione gravi di disagio, ma soprattutto inserendo questo impegno nel Progetto educativo pastorale dell’Ispettoria e promuovendo in ogni comunità educativa un’attenzione speciale ai fattori di emarginazione e di esclusione. Questa attenzione e questo impegno devono svilupparsi ancora di più nelle singole comunità ed opere; si deve fare più attenzione alla cultura e mentalità che in esse si promuove, impegnandosi a far crescere una cultura della solidarietà e della cittadinanza attiva; è importante anche approfondire il lavoro in rete e in collaborazione tra le diverse opere e servizi nelle Ispettorie e con altre istituzioni del territorio, curare la formazione e preparazione educativa e salesiana degli educatori in questo impegno specifico.
    Il Dicastero per la pastorale giovanile ha promosso e/o accompagnato diverse iniziative in questo senso, ad esempio l’Incontro europeo sull’Immigrazione (Barcellona 2003); l’Incontro regionale sull’educazione e l’avviamento al lavoro dei giovani (San Salvador 2004); in seguito l’Incontro sulla Proposta lavorativa nella pedagogia salesiana per i giovani a rischio (Medellín 2006); l’Incontro sulla Formazione Professionale e avviamento al lavoro (Africa e Madagascar – Johannesburg 2004). Esistono anche diversi coordinamenti regionali o nazionali che promuovono un lavoro in rete e un attento inserimento e collaborazione con istituzioni sociali che lavorano in questo campo: il coordinamento YAR (“youth at risk”) dell’India, SCS nell’Italia, “Plataforma Social” (Spagna), e altri.
    Nell’animazione e coordinamento di questo settore hanno una speciale importanza gli “Uffici di pianificazione e di sviluppo” costituiti in parecchie Ispettorie. Questi uffici aiutano le Ispettorie a pianificare strategicamente i loro interventi per lo sviluppo e a ricercare fonti di finanziamento per i progetti. È molto importante un lavoro d’insieme tra questi uffici e la delegazione ispettoriale per la pastorale giovanile per assicurare l’inserimento dei progetti nel PEPS ispettoriale e per promuovere, allo stesso tempo, una sistematica pianificazione e un’esigente verifica degli obiettivi del PEPS.[40]

    3.7 Altre presenze e forme leggere di servizio ai giovani

    Nella società complessa e pluralista assistiamo al sorgere di nuovi luoghi o forme di educazione della gioventù, che propongono modelli e stili di vita che affascinano le masse giovanili; si pensi alla scuola parallela dei mass-media, alle aggregazioni attorno agli interessi musicali e sportivi, al turismo, alle nuove forme di impegno sociale ed ecclesiale, all’area del tempo libero, divenuti nuovi luoghi di identificazione personale.
    Per rispondere a questa nuova situazione si sono sviluppate nell’insieme del mondo salesiano nuove realtà e aggregazioni giovanili, nuove forme educative, servizi od opere più agili e leggere, capaci di rispondere e di adattarsi alle mutevoli necessità e urgenze con maggiore libertà d’azione e di iniziativa. Queste realtà utilizzano maggiormente le possibilità della comunicazione con l’ambiente naturale dei giovani, piuttosto che la stabilità di un ambiente fisico; privilegiano la spontaneità dei rapporti e la libertà di adesione, la centralità delle persone più che la struttura e il progetto; coltivano un legame di fondo tra diverse realtà e lavorano in mutua interazione con altre istituzioni e servizi nel territorio, cercando di offrire una risposta globale alle situazioni. In esse è relativamente più facile coinvolgere gli stessi giovani nella consapevolezza che il cammino da compiere insieme è nelle loro mani.
    Ecco alcune di queste nuove forme di presenza tra i giovani.

    1º. Il Movimento Giovanile Salesiano
    Una delle forme di presenza tra i giovani più ampia e comprensiva è il Movimento Giovanile Salesiano (MGS). Si tratta di un Movimento a carattere educativo, offerto a tutti i giovani, per farli soggetti e protagonisti della loro crescita umana e cristiana, con slancio missionario, aperto ai lontani, con una volontà di incidenza nel territorio e nella società civile e d’inserimento e apporto alla Chiesa locale.
    I gruppi e le associazioni giovanili che, pur mantenendo la loro autonomia organizzativa, si riconoscono nella spiritualità e nella pedagogia salesiana, formano in modo esplicito od implicito il Movimento Giovanile Salesiano.
    La sua animazione è condivisa tra i gruppi della Famiglia Salesiana, in particolare gli SDB e le FMA. Un momento forte del Movimento fu il ‘Forum Mondiale’ celebrato a Torino e Roma in occasione dell’anno 2000: nei luoghi degli inizi del carisma salesiano rappresentanti delle diverse Ispettorie hanno condiviso la loro esperienza di Movimento, le grandi sfide che oggi toccano il mondo giovanile, le nuove possibilità di risposte e d’impegno, per concludere presentando a tutti i giovani del Movimento alcune linee d’impegno per gli anni seguenti. Questo messaggio finale del Forum ha costituito il quadro di riferimento dell’animazione che si è sviluppata in questi anni attraverso diverse iniziative:
    - il messaggio annuale del Rettor Maggiore ai giovani del MGS in occasione della festa di Don Bosco, oggetto di studio e riflessione nei gruppi;
    - l’approfondimento dell’identità del Movimento (diverse Ispettorie hanno elaborato una “Carta d’identità del MGS”);
    - la crescita nel protagonismo dei giovani con diversi coordinamenti ispettoriali o interispettoriali del Movimento (in particolare, nello scorso sessennio si è creato il Coordinamento europeo del MGS con una larga partecipazione degli stessi giovani, come frutto del Confronto 2004);
    - molteplici incontri ispettoriali e/o regionali dei gruppi del MGS, come il “ Campobosco” della Spagna e Portogallo, i numerosi pellegrinaggi di gruppi giovanili ai luoghi delle origini del carisma salesiano, incontri europei come il “Confronto” e l’Eurizon, incontri dei gruppi del MGS dell’Argentina, del Brasile, il “Boscoree” per gli Scouts Don Bosco dell’India, ecc.;
    - l’impegno per una formazione sistematica e approfondita degli animatori e lo sviluppo, in parecchie Ispettorie, di un “itinerario di formazione cristiana per i diversi gruppi”; crescono all’interno del MGS diversi movimenti e associazioni chiaramente evangelizzatrici;
    - una presenza maggiore del MGS nelle Chiese locali, ecc.
    Il MGS è una realtà promettente che coinvolge molti ragazzi, adolescenti e giovani, ma esige uno sforzo sempre maggiore, più sistematico e coordinato per l’evangelizzazione e la formazione cristiana secondo i valori della Spiritualità Giovanile Salesiana, per la cura della formazione e dell’accompagnamento personale degli animatori, per la promozione dell’impegno solidale con gli altri giovani, soprattutto i più poveri e a rischio, e per una presenza attiva e responsabile nei diversi ambienti giovanili, nella Società e nella Chiesa.
    Lungo l’ultimo sessennio si sono moltiplicate e approfondite le proposte di pellegrinaggi giovanili ai luoghi salesiani di Torino e al Colle Don Bosco soprattutto dalle Ispettorie dell’Europa, gli incontri di Spiritualità (esercizi spirituali nei luoghi salesiani con giovani e adulti…), gli incontri di formazione salesiana per laici collaboratori, l’esperienza formativa per giovani pre-novizi di alcune Ispettorie salesiane dell’Europa, ecc. L’Ispettoria ICP sta facendo uno sforzo notevole per arricchire, con l’aiuto delle Ispettorie dell’Europa, e coordinare meglio le équipes salesiane che animano il Progetto Colle e Valdocco. L’intera Congregazione ne è grata.
    Si è iniziato anche, con l’aiuto e la collaborazione dell’Istituto di Spiritualità dell’UPS, un cammino di riflessione e di condivisione tra i responsabili delle Case Salesiane di Spiritualità dell’Europa (maggio 2004); si sono identificati gli elementi fondamentali per una proposta di Spiritualità Giovanile Salesiana da offrire in queste case e i compiti di una Casa Salesiana di spiritualità nel progetto pastorale dell’Ispettoria.

    2º. Il volontariato
    In questi anni si è sviluppata nelle Ispettorie e nel MGS una molteplicità di gruppi ed associazioni di volontariato, soprattutto giovanile. Il CG24 ha riconosciuto la realtà del volontariato come un nuovo stile di apertura all’altro, soprattutto nel campo della povertà e dell’emarginazione, una sfida contro le ingiustizie e gli egoismi imperanti, un esito vocazionale significativo ed una valida conferma del cammino educativo percorso dai giovani insieme con gli SDB.[41]
    Nella Congregazione il volontariato continua a crescere attraverso molteplici gruppi e organizzazioni. In alcune Regioni si sviluppa soprattutto il volontariato locale o nazionale, tanto missionario come sociale o vocazionale (America); in altre è molto sviluppato il volontariato internazionale e missionario (Europa); altre ricevono volontari (Africa e Asia).
    Il volontariato salesiano si realizza normalmente come un’offerta significativa ai giovani che hanno percorso il cammino formativo della pastorale giovanile e li aiuta a maturare e ad approfondire la loro opzione vocazionale di vita cristiana impegnata; ma sovente diventa anche un’occasione significativa di contatto e un’offerta di evangelizzazione per giovani che arrivano al di fuori delle nostre opere.
    I Dicasteri per la Pastorale giovanile e per le Missioni hanno rielaborato il documento “Volontariato nella missione salesiana”, arricchendolo con gli apporti dell’Incontro internazionale del 2001 e con l’esperienza delle Ispettorie e ONG salesiane. In questo documento si presenta l’identità del volontariato salesiano, alcune esigenze e condizioni fondamentali per il suo sviluppo, per la formazione e l’accompagnamento dei volontari e per l’animazione e promozione del volontariato salesiano nelle Ispettorie e nella Congregazione.
    Nel 2007 questo documento è stato presentato a tutta la Congregazione attraverso sette Incontri regionali, affinché sia conosciuto e reso operativo nelle diverse Ispettorie mediante un Piano ispettoriale del volontariato, inserito nel PEPS ispettoriale.

    4. PROSPETTIVE DI FUTURO PER LA PASTORALE GIOVANILE SALESIANA

    Dopo aver presentato come si è sviluppata e come oggi si articola la Pastorale Giovanile nella Congregazione, insieme con un sentito ringraziamento a Dio per la quantità di bene che Egli suscita tra noi nel servizio ai giovani, per la forza di attrazione di Don Bosco e del suo carisma, per l’impegno generoso di tanti confratelli, laici collaboratori e degli stessi giovani, vorrei proporvi e condividere con voi alcune prospettive di futuro, parecchie delle quali ci sono state proposte dal CG26 come obiettivi prioritari per i prossimi anni.

    4.1 Continuare lo sforzo di assimilazione e di pratica del modello della Pastorale Giovanile Salesiana

    Abbiamo visto lo sforzo enorme della Congregazione in questi ultimi cinquant’anni per ripensare e rinnovare la sua prassi educativa e pastorale, rispondendo con maggiore fedeltà ai nuovi bisogni e attese dei giovani e ai valori ispiratori del Sistema Preventivo di Don Bosco. Oggi possiamo contare su un insieme di criteri, orientamenti, strutture, linee di azione che traducono nella situazione odierna lo spirito e il modello di azione vissuto da Don Bosco nel primo Oratorio: il Sistema Preventivo.
    Tutto questo sforzo di ripensamento della pratica educativa implica necessariamente un’apertura a nuovi schemi ed a nuove pratiche, una nuova mentalità e una nuova forma di organizzare gli elementi che costituiscono l’atto educativo, una nuova metodologia e un nuovo modo di impostare la presenza tra i giovani… Cose che richiedono riflessione per verificare l’esperienza quotidiana, coraggio per assumere nuove prospettive e nuove impostazioni, pazienza per dare tempo alla trasformazione lenta delle forme di pensare e degli atteggiamenti, condivisione perché questi processi di cambiamenti non si realizzino da soli, ma in gruppo.
    Oggi la Congregazione ha un modello operativo della Pastorale Giovanile, cioè, una forma concreta di strutturare e di organizzare i diversi elementi della sua pratica educativa e pastorale per assicurarne l’identità, la sua coerenza rispetto agli obiettivi del progetto e la sua organicità; un modello fedele ai principi ispiratori del Sistema Preventivo di Don Bosco e allo stesso tempo che risponda meglio ai bisogni e alle situazioni dei giovani d’oggi. È dunque urgente impegnarsi a conoscere a fondo tale modello, ad assumerne l’impostazione, e soprattutto a tradurlo in pratica nei diversi contesti e ambienti. In questi ultimi anni si è fatto un grande sforzo in questa direzione, ma si deve ancora continuare, aiutando i singoli salesiani e le comunità locali a confrontare la loro prassi con il modello per renderla più fedele e significativa.
    In particolare, è importante assumere la visione unitaria e organica di una pastorale, centrata sulla persona del giovane e non tanto sulle opere o servizi, superando un settorialismo ancora presente nella pratica di tutti i giorni. Si deve anche irrobustire la dimensione comunitaria dell’azione pastorale che si manifesta soprattutto nell’impegno di costruire l’opera salesiana come una comunità educativo-pastorale, nella quale le persone occupano il centro, prevalgono i rapporti interpersonali, gli elementi di comunione e di collaborazione sulle preoccupazioni gestionali e organizzative. Un altro aspetto sul quale hanno insistito gli ultimi Capitoli è la mentalità progettuale, cioè, considerare l’azione pastorale come un cammino che si va sviluppando gradualmente secondo obiettivi precisi e verificabili, e non tanto come la somma di molteplici interventi e azioni poco collegate tra loro.
    Tutto questo implica di moltiplicare lo sforzo di formazione pastorale, tanto dei Salesiani come dei collaboratori laici. Esistono molte iniziative in questo campo, ma urge sistematizzarle e dar loro continuità, in modo che si vada costituendo in ogni comunità educativo-pastorale un nucleo di persone pienamente identificate con i valori e con l’impostazione della pastorale salesiana, capaci di incoraggiare e di guidare il resto.

    4.2 Una pastorale evangelizzatrice chiaramente orientata all’annuncio di Cristo e all’educazione dei giovani alla fede

    L’azione educativo-pastorale della Congregazione si sta moltiplicando dappertutto; i bisogni dei giovani e le richieste della società e della Chiesa sono sempre più numerose e pressanti. Nello sforzo per rispondere ad esse si corre il rischio di disperdersi e di lasciare nell’ombra il cuore della nostra missione.
    In molte delle società e culture nelle quali svolgiamo il nostro servizio educativo e pastorale si sta sviluppando una cultura che emargina la religione e in modo speciale il cristianesimo, uno stile di vita che favorisce lo sviluppo della povertà materiale e spirituale di molti e che moltiplica i fattori di esclusione sociale… In questo ambiente risultano sovente insignificanti e irrilevanti i valori religiosi e le motivazioni dei credenti, che in altro tempo trasparivano e si percepivano nel servizio educativo e di promozione umana.
    Questa situazione ha spinto molti Salesiani e laici collaboratori a rinnovare la loro identità vocazionale e a darsi all’impegno educativo e pastorale con grande generosità e sacrificio; ma esiste anche il pericolo di «superficialità spirituale, attivismo frenetico, stile di vita borghese, debole testimonianza evangelica, dedizione parziale alla missione. Ciò si traduce nel disagio a far emergere la propria identità di consacrati e in timidezza apostolica».[42]
    Tutto questo richiede di recuperare le radici e il motore della nostra prassi pastorale, la passione missionaria del “Da mihi animas”, l’unica che può garantire la sua significatività ed efficacia, e centrare la nostra svariatissima attività educativo-pastorale nell’evangelizzazione ed educazione alla fede, dove tutto trova la sua unità e il suo senso.[43]
    Alla luce delle linee di azione proposte dal CG26 sul tema dell’evangelizzazione, ecco alcune priorità che dovranno caratterizzare la pastorale giovanile nei prossimi anni:
    1º. Una pastorale più missionaria che proponga «con gioia e coraggio ai giovani di vivere l’esistenza umana come l’ha vissuta Gesù Cristo».[44] Oggi non è sufficiente collocare i giovani in un ambiente positivo con molteplicità di attività e proposte, neanche semplicemente offrire loro una formazione catechistica, né abituarli ad una pratica religiosa (preghiera e sacramenti); c’è bisogno di una proposta chiara ed esplicita di annuncio di Gesù Cristo, che risvegli nei giovani la voglia di conoscerlo e di seguirlo; è necessario insegnare loro e iniziarli alla preghiera cristiana, alla lettura e alla meditazione della Parola di Dio; c’è anche bisogno di suscitare in loro il desiderio d’impegnarsi in un cammino sistematico di approfondimento della fede e aiutarli ad impostare la propria vita secondo i valori del Vangelo.
    2º. Un’evangelizzazione inserita pienamente nel campo dell’educazione. La pastorale giovanile salesiana vive e si sviluppa nel campo dell’educazione, cerca di promuovere nei giovani non soltanto una vita cristiana, ma anche una cultura ispirata alla fede e ai valori evangelici, che sia un’alternativa alla cultura dell’ambiente caratterizzata dal secolarismo, relativismo, soggettivismo, consumismo…
    L’attenzione ai contenuti culturali che si offrono nello sviluppo quotidiano di un’opera non sempre riceve l’attenzione di cui avrebbe bisogno per garantire una coerenza tra i contenuti trasmessi o le metodologie adoperate con i valori della fede cristiana (incontro cultura e fede) e per assicurare una vita cristiana capace di qualificare evangelicamente la vita privata, professionale e sociale delle persone.
    Oggi, dunque, è urgente impostare l’impegno pastorale, curando in modo speciale l’integrazione dell’evangelizzazione e dell’educazione nella logica del Sistema preventivo:[45]
    - un’evangelizzazione capace di adattarsi alla condizione evolutiva del giovane, che abbia cura di sviluppare gli atteggiamenti umani fondamentali che rendono possibile l’apertura personale a Dio e l’incontro con Gesù, attenta ai valori e visioni della vita che vivono i giovani per trasformarli alla luce del Vangelo;
    - un’educazione capace di formare mentalità, di ispirare visioni di vita aperte alla dimensione religiosa, di maturare opzioni di vita ispirate dal Vangelo di Gesù; un’educazione attenta, in modo speciale, a sviluppare la dimensione religiosa della persona ed a promuovere gli atteggiamenti fondamentali per una apertura positiva alla fede; un’educazione che curi la formazione della coscienza morale ed educhi i giovani all’impegno sociale secondo l’ispirazione della dottrina sociale della Chiesa.

    4.3 Approfondire e rafforzare la dimensione vocazionale in ogni proposta pastorale

    L’animazione e l’orientamento vocazionale sono un elemento essenziale di una Pastorale Giovanile che aiuta ogni giovane a fare scelte responsabili di vita alla luce della fede. «Sentiamo oggi più forte che mai la sfida di creare una cultura vocazionale in ogni ambiente, in modo che i giovani scoprano la vita come chiamata e che tutta la pastorale salesiana diventi realmente vocazionale».[46] Ma la migliore pastorale giovanile non genera vocazioni apostoliche e consacrate senza un’attenzione specifica all’annuncio vocazionale esplicito, alla proposta personale decisa, all’accompagnamento spirituale costante.
    La carenza di vocazioni ha sensibilizzato le comunità e i confratelli a riflettere sul modo di fare animazione vocazionale, ma questa ancora è pensata e attuata come un impegno complementare al lavoro educativo e pastorale ordinario, realizzato da alcuni incaricati o confratelli particolarmente sensibili. Questo impoverisce i due processi: una pastorale giovanile che non riesce ad orientare i giovani verso una visione vocazionale della loro vita che li guidi verso opzioni evangeliche di donazione e di servizio, e un’animazione vocazionale troppo fondata sull’entusiasmo e poco sul rapporto di fede profondo e personalizzato con Gesù Cristo.
    Per questo è necessario convertire mentalità e rinnovare certe prassi, particolarmente in questi tre aspetti:
    1º. Promuovere in ogni nostro ambiente una cultura vocazionale, mediante una pastorale giovanile decisamente evangelizzatrice, che impegna i giovani a riconoscere la propria vita come un dono di Dio ed a corrispondervi con un impegno generoso al servizio degli altri, in particolare dei più bisognosi.[47]
    2º. Assicurare in ogni itinerario di educazione alla fede un’attenzione particolare a promuovere nei giovani l’impegno apostolico, radicato in una relazione personale di amicizia con Gesù Cristo, realizzato nella comunione e collaborazione all’interno di una forte esperienza di comunità e maturato con un impegno sistematico di formazione personale.[48]
    3º. Testimoniare con coraggio e con gioia la bellezza della propria vocazione salesiana, dedita totalmente a Dio nella missione giovanile, facendone la proposta esplicita e impegnandosi ad accompagnare i giovani con segni di vocazione religiosa salesiana nel loro cammino di discernimento e formazione vocazionale.[49]

    4.4 Una speciale attenzione ai giovani più poveri e a rischio come caratteristica di ogni presenza e opera salesiana

    Con gioia riconosco che sono cresciute la sensibilità e la preoccupazione, la riflessione e l’impegno per il mondo dell’emarginazione e del disagio giovanile. Questa realtà non rappresenta più un settore particolare, identificato con qualche opera speciale o animato solo da qualche confratello particolarmente motivato. L’attenzione agli ultimi, ai più poveri, ai più disagiati sta diventando una “sensibilità istituzionale” che, poco a poco, coinvolge molte opere delle Ispettorie.
    Ma ancora esiste una certa resistenza a riqualificare la mentalità e la metodologia educativa, in modo che ogni nostra presenza sia veramente al servizio dei giovani più bisognosi.[50] Fedeli alle indicazioni del CG26, dobbiamo continuare questo cammino e concentrare i nostri sforzi per sviluppare alcuni processi che coinvolgono l’insieme della nostra pastorale giovanile:
    1º. L’attenzione ai giovani in situazione di rischio come caratteristica e impegno di ogni presenza salesiana e di ogni progetto educativo. Non basta avere nell’Ispettoria alcune opere o servizi esplicitamente dedicate ai giovani più poveri; c’è bisogno che l’apertura e l’attenzione alle situazioni di povertà, esclusione ed emarginazione siano assunte da ogni presenza, fino a divenire una caratteristica della sua significatività. È importante che ogni comunità educativa individui gli elementi dell’ambiente, della dinamica e della metodologia dell’opera, o certi criteri di valutazione più o meno espliciti, che di fatto producono selezione ed esclusione e si impegni a trasformarli; che favorisca la presenza, la partecipazione e il protagonismo dei giovani più bisognosi e a rischio nelle attività, nei gruppi, nelle responsabilità…; che individui con speciale attenzione gli elementi della pedagogia salesiana più adeguati a questi giovani e si impegni a metterli in pratica.
    2º. Puntare alla trasformazione della mentalità e delle tendenze culturali non soltanto per rispondere alle attese immediate, promuovendo una cultura della solidarietà secondo il criterio di “dare di più a chi ha ricevuto di meno”. La povertà e l’emarginazione nelle nostre società non sono solo fenomeni economici o sociali, ma anche, e credo soprattutto, fenomeni culturali; c’è un modo individualista, competitivo, edonista e consumista di concepire la vita che genera esclusione dei più deboli; non si può dunque accontentarsi di aiutare i più svantaggiati a superare le loro situazioni di emarginazione, ma il nostro intervento deve puntare alla trasformazione della loro mentalità e di quella dell’insieme della società. In questo senso ogni comunità educativo-pastorale deve essere molto attenta ai valori e agli stili di vita che promuove con la sua azione educativa quotidiana.
    3º. Sviluppare con speciale attenzione la dimensione religiosa della persona, considerata come un fattore fondamentale di umanizzazione e di prevenzione. Nella visione antropologica del Sistema Preventivo di Don Bosco la dimensione religiosa è un elemento fondamentale della persona e della società; per questo il suo sviluppo, fino all’annuncio di Gesù Cristo, è una esigenza indispensabile della proposta educativa salesiana. Crediamo che in questa relazione personale con Dio, attraverso le vie misteriose dello Spirito che agisce nel cuore di ogni persona e in modo speciale dei più poveri e bisognosi, si trovino energie insospettate per la costruzione della personalità e per il suo sviluppo integrale,[51] e crediamo che questo sia un elemento importante per dare speranza ai giovani che soffrono in modo speciale le conseguenze drammatiche della povertà e dell’esclusione sociale.
    Pertanto, ogni comunità educativa deve proporre, nel progetto educativo-pastorale per questi giovani, esperienze e percorsi che risveglino in loro la dimensione religiosa della vita e li aiutino a scoprire Gesù come Salvatore.[52] Questa proposta di evangelizzazione deve inserirsi pienamente nel processo educativo di prevenzione e di recupero e articolarsi in itinerari semplici, molto aderenti alla vita quotidiana e secondo la logica dei piccoli semi.
    La testimonianza degli educatori e della comunità educativa, l'ambiente di gioia, di accoglienza e di famiglia, la difesa e la promozione della dignità personale, diventano un primo annuncio e una prima realizzazione della salvezza di Cristo e un'offerta di liberazione e di pienezza di vita.
    Questa prima scintilla va poi curata e sviluppata con pazienza e perseveranza, risvegliando sempre il positivo che c’è nel giovane, la coscienza della sua dignità, la sua volontà di riprendersi. Tutta la comunità gli offre esperienze religiose semplici, ma di qualità, come momenti di preghiera o di celebrazione, che lo aiutano ad aprirsi alla presenza e alla relazione personale con Dio. A partire da queste esperienze la comunità cristiana potrà annunciare con rispetto, ma anche con gioia, la persona di Gesù Cristo.

    4.5 Ridefinire le nostre presenze per renderle più significative, cioè, “nuove presenze”

    Il profondo rinnovamento della Pastorale Giovanile per rispondere meglio ai bisogni e alle esigenze dei giovani richiede come condizione indispensabile di rivedere profondamente la finalità, l’organizzazione e la gestione delle nostre opere. Per questo già da anni nella Congregazione siamo invitati a ridimensionare le presenze, a trasformarle e renderle più significative, ad aprirsi a nuove frontiere, rendendo “nuove” le presenze e promuovendone di nuove.[53]
    Rendere nuove le opere istituzionali che abbiamo, Scuole, Centri di Formazione Professionale, Parrocchie, Oratori e Centri giovanili, Residenze universitarie, ecc… richiede di centrare il compito della comunità salesiana non tanto sulla gestione e organizzazione dell’opera quanto sull’accompagnamento e sulla formazione degli educatori e dei giovani, assicurando una presenza diretta tra loro, nell’animazione di un cammino graduale di educazione e di evangelizzazione fino a proposte di vita cristiana impegnata, nel coinvolgimento di un vasto movimento di persone attorno ad un Progetto educativo pastorale salesiano aperto e condiviso. Si tratta anche di avere un’attenzione privilegiata e decisa per i giovani a rischio, prendendo con coraggio e creatività le opzioni necessarie; si tratta pure di promuovere iniziative e progetti che coinvolgano il più grande numero di persone e istituzioni al servizio dell’educazione ed evangelizzazione dei giovani, lavorando in rete e in comunione con la società e con la Chiesa.
    Non basta rinnovare le presenze già esistenti. Sovente c’è bisogno anche di impegnarci per creare nuovi tipi di presenze, con proposte forti di evangelizzazione e di educazione alla fede, di formazione salesiana dei collaboratori con équipes che animano case salesiane di spiritualità, centri di catechesi, centri di formazione dei laici collaboratori; presenze di animazione e proposta vocazionale esplicita, di animazione e guida delle associazioni e movimenti giovanili di evangelizzazione e d’impegno, e del volontariato, ecc…
    Per facilitare questo impegno di rendere più significativa ed efficace la presenza salesiana in un territorio, coordinare meglio i diversi tipi di presenza salesiana in esso, favorire la ricollocazione e ridefinizione delle opere, il CG25 aveva chiesto ad ogni Ispettoria di elaborare un Progetto Organico Ispettoriale (POI) che offrisse i criteri, le condizioni e le esigenze concrete necessarie per ottenere questo obiettivo.[54] Il cammino si è cominciato, ma deve andare avanti, mediante una continua verifica e rinnovamento del POI.

    4.6 Un’animazione pastorale sempre più collegata e coordinata tra diversi Dicasteri, in particolare i dicasteri della Missione salesiana: pastorale giovanile, comunicazione sociale e missioni

    L’animazione della pastorale giovanile è divenuta sempre più complessa: i settori o ambienti si sono moltiplicati, con nuovi aspetti da organizzare e coordinare. Alcuni di questi aspetti sono strettamente collegati con altri affidati dalle Costituzioni ad altri dicasteri, per esempio la realtà del volontariato con i suoi diversi tipi ha un rapporto specifico e concreto con le missioni (quando si tratta del volontariato missionario); la parrocchia affidata ai salesiani nei territori di missione assume anche la dinamica propria delle stazioni missionarie, accompagnate dal dicastero per le missioni; il dicastero per la comunicazione sociale, oltre all’animazione degli aspetti specifici dei mezzi di comunicazione sociale e delle imprese, promuove la formazione degli educatori perché siano creatori di ambienti ricchi nei rapporti e nelle comunicazioni; questo aspetto si collega strettamente con la pastorale giovanile che anima la comunità educativo-pastorale, soggetto fondamentale dell’educazione e dell’evangelizzazione; la formazione pastorale degli SDB e dei laici deve assicurarsi in un mutuo collegamento e una stretta collaborazione tra il dicastero per la formazione e il dicastero per la pastorale giovanile… E così altri campi che stanno diventando sempre più interdipendenti e che interessano diversi dicasteri, in modo che la loro animazione non venga realizzata soltanto da uno prescindendo dagli altri.
    Il CG26, davanti a questa realtà, ha chiesto al Rettor Maggiore e al suo Consiglio che nel prossimo sessennio si promuova una collaborazione più organica fra i tre dicasteri della missione (Pastorale giovanile, Comunicazione sociale e Missioni), in modo che, salvaguardando l’unità organica della pastorale giovanile, si arricchiscano questi settori condivisi con l’apporto dei tre dicasteri che animano in modo diretto aspetti complementari dell’unica missione salesiana: l’educazione ed evangelizzazione dei giovani, soprattutto i più poveri e delle classi popolari, in una cultura profondamente conformata dalla comunicazione sociale e sempre più secolarizzata, richiede una impostazione chiaramente missionaria nella quale si dia priorità al primo annuncio del Vangelo.
    Questa indicazione del CG26 non si riduce ad una proposta organizzativa, ma implica una visione più larga, integrale e collegata di alcuni aspetti centrali della missione salesiana, affidati a questi dicasteri. La pastorale giovanile deve essere sempre più missionaria, cioè, assumere le caratteristiche e dinamiche dell’azione missionaria, curando con speciale attenzione il risveglio della dimensione religiosa dei giovani, che vivono sommersi in ambienti secolarizzati, dando priorità al primo annuncio di Gesù Cristo, curando il dialogo con altre religioni… La pastorale giovanile deve anche assumere sempre più la nuova cultura della comunicazione sociale, che conforma uno stile di vita e di azione, un insieme di valori che caratterizzano gli ambienti, soprattutto giovanili, nei quali la pastorale giovanile realizza il suo compito educativo e di evangelizzazione.
    Il salesiano, dunque, come educatore-pastore dei giovani d’oggi, deve assumere molti aspetti del missionario e del comunicatore; la comunità educativo-pastorale deve divenire un centro promotore di comunicazioni di forte qualità umana e cristiana; la proposta educativo-pastorale salesiana deve assicurare la presenza e lo sviluppo della dimensione missionaria e la dinamica ed i valori del mondo della comunicazione. La Pastorale giovanile salesiana, la Comunicazione sociale e l’animazione missionaria sono aspetti che integrano organicamente la realizzazione integrale della Missione salesiana.

    CONCLUSIONE

    Cari confratelli, ho voluto consegnarvi questa lettera nella IVª Domenica di Pasqua, che la Chiesa dedica a Cristo Buon Pastore, appunto per imparare da Lui come ha saputo fare il nostro amato padre Don Bosco, che si sentì chiamato come vocazione e missione ad essere buon pastore dei giovani.
    Che Maria, la sua madre e maestra, insegni a noi come ha insegnato a lui il campo di azione, la missione da svolgere, e il metodo per realizzarla.
    Con affetto, in Don Bosco

    Roma, 25 aprile 2010
    Domenica del Buon Pastore

    (ACG 407)

    NOTE

    [1] Atti del CG 19. “Le strutture della Congregazione”. ACS 244, gennaio 1966, pag. 17-47.
    [2] «Il Capitolo Generale ha creduto opportuno affidare ad un unico Consigliere tutta la Pastorale Giovanile e quella parrocchiale per i loro stretti rapporti... Il Consigliere incaricato curerà la formazione generale sotto l’aspetto religioso, morale, intellettuale in tutte le case salesiane (Oratori, Convitti, Esternati, Pensionati, Centri Giovanili, Circoli, Compagnie, Associazioni giovanili varie), salvo le competenze degli Ispettori e la collaborazione del Consigliere incaricato del gruppo di Ispettorie, per quanto riguarda la parte strettamente locale di carattere organizzativo, tecnico, scolastico, professionale, ecc.» Idem, pag. 24
    [3] CG19. “Apostolato giovanile”. ACS 244, gennaio 1966, pag. 103.
    [4] Idem, pag. 125.
    [5] CG20, n. 180
    [6] Cf. CG20, nn. 360-365
    [7] “La missione salesiana non ha saputo trovare, in parecchi luoghi, la presenza nuova che richiedeva un mondo in trasformazione. Molto del CG XIX è rimasto sulla carta” (CG20, n. 393)
    [8] Costituzioni della Società di S. Francesco di Sales. Ed. 1972. Art. 137. 140.
    [9] CG21, cf. n. 14. 80ss. 96ss; cf. n. 105 (progetto educativo ispettoriale); e successivamente per le diverse opere: n. 127 (oratorio); n. 132. 134 (scuola), n. 140 (parrocchia)
    [10] Idem, cf. n. 4. 14
    [11] Idem, cf. nn. 63-68. 79.
    [12] Cf. Costituzioni art. 47; Regolamenti art. 4 e 5.
    [13] Cf. I documenti elaborati dal Dicastero per la Pastorale Giovanile lungo gli anni 1979 – 1988. Si trova l’elenco in La pastorale giovanile salesiana. Quadro di riferimento fondamentale. Seconda edizione. Roma 2000, pag. 13-14
    [14] Vedi come sintesi finale il libro: Dicastero per la pastorale giovanile. Pastorale giovanile salesiana. Roma. 1993. In esso si raccolgono gli elementi fondamentali della Pastorale Giovanile Salesiana in disegni brevemente commentati.
    [15] Cf. “La Società di San Francesco di Sales nel sessennio 1984-1990”. Relazione del Rettor Maggiore (al CG23), n. 180
    [16] Cf. CG23, nn. 120-157.
    [17] Cf. CG23, n. 161 ss.
    [18] Cf. CG23, nn. 232-238.
    [19] Cf. CG23, nn. 239-246.
    [20] Cf. CG23, nn. 247-253.
    [21] Cf. CG23, nn. 254-260.
    [22] CG24, n. 231
    [23] Cf. CG24, nn. 149-161.
    [24] Cf. Pascual Chávez. Insieme per i giovani dell’Europa. Intervento finale del Rettor Maggiore nell’incontro degli Ispettori dell’Europa, 5 dicembre 2004. ACG 388, gennaio-marzo 2005, pag. 113-115
    [25] Cf. Egidio Viganò. “La nuova evangelizzazione”. ACG 331, ottobre-dicembre 1989.
    [26] Cf. Egidio Viganò. “Nuova educazione”. ACG 337, luglio-settembre 1991.
    [27] Cf. Egidio Viganò. Chiamati alla libertà. Riscopriamo il Sistema Preventivo educando i giovani ai valori. Commento alla Strenna per il 1995. Roma. FMA. pag. 9-12.
    [28] “In particolare il suo compito peculiare consiste nel testimoniare il primato di Dio e la dedizione totale all'educazione evangelizzatrice mediante le figure vocazionali di salesiano prete e salesiano coadiutore; garantire l'identità carismatica; essere centro di comunione e di partecipazione; accogliere, suscitare e convocare i laici a partecipare allo spirito e alla missione di don Bosco; promuovere la formazione spirituale, salesiana e vocazionale” (CG24, n. 159).
    [29] Cf. CG21, n. 105.
    [30] Cf. Regolamenti Generali, art. 4.
    [31] Cf. “La Società di San Francesco di Sales nel sessennio 1978-1983”. Relazione del Rettor Maggiore (al CG22), n. 184
    [32] Cf. CG23, nn. 243-246.
    [33] Cf. Dicastero per la Pastorale Giovanile. La pastorale giovanile salesiana. Quadro di riferimento fondamentale. Seconda edizione. Roma 2000.
    [34] CG25, n. 191.
    [35] CG25, n. 7; cf. anche n. 192.
    [36] Cf. CG24, n. 159.
    [37] Cf. Dicastero per la Pastorale Giovanile. La Pastorale Giovanile Salesiana. Quadro di riferimento fondamentale. Seconda edizione, Roma 2000, pag. 63-64.
    [38] I numeri riportati in questa e nelle altre sezioni di questa parte sono presi da Dati statistici. Allegato alla Relazione del Rettor Maggiore. CG26. Roma 2008.
    [39] Cf. CG23, n. 204.
    [40] Cf. Conclusioni dell’Incontro sugli Uffici di pianificazione e di sviluppo. Roma, Casa Generalizia, 2005.
    [41] Cf. CG24, n. 26.
    [42] CG26, “Urgenza di evangelizzare”, n. 27.
    [43] Cf. Discorso conclusivo del RM al CG26: prima chiave di lettura del documento capitolare: “Riscaldare il cuore dei confratelli”.
    [44] CG26 “Urgenza di evangelizzare”. Linea di azione 5, n. 36.
    [45] CG26, “Urgenza di evangelizzare”. Cf. Linea di azione 6, n. 41.
    [46] CG26, “Necessità di convocare”, n. 53.
    [47] CG26, “Necessità di convocare”. Cf. n. 60.
    [48] CG26, “Necessità di convocare”. Linea di azione 9, cf. nn. 65-67.
    [49] CG26, “Necessità di convocare”. Linea di azione 8, cf. nn. 61-64. Linea di azione 10, cf. nn. 69-73.
    [50] CG26 “ Povertà evangelica”. Cf. n. 82. “Nuove frontiere”. Cf. n. 101.
    [51] Cf. J. E. Vecchi, “ Si commosse per loro”. ACG 359, pag. 33.
    [52] CG26, “Nuove frontiere”. Linea di azione 15. Cf. nn. 105-107.
    [53] Cf. per esempio CG26, “Nuove frontiere”, n. 100; Parole conclusive del Rettor Maggiore nell’incontro degli Ispettori dell’Europa, 5 dicembre 2004. ACG 388, 5.2.
    [54] Cf. CG25, nn. 82-84. Cf. anche CG26, “Nuove frontiere” n. 113.


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