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    Note di pastorale giovanile
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    Che cos'è la pastorale giovanile? Dieci punti fermi


    Voci PG /1

    Rossano Sala

    (NPG 2015-02-46)

    «Io per voi studio, per voi lavoro, per voi sono disposto anche a dare la vita»
    (don Bosco)

    Premessa: la pastorale giovanile come “intuizione” nata dal Concilio Vaticano II
    A quasi cinquant’anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II e dall’inizio della rivista “Note di Pastorale Giovanile” è conveniente prima di tutto riconoscere con gratitudine che la rivista fu un’intuizione nata dallo spirito e dalla lettera del Concilio, il cui ultimo messaggio fu destinato precisamente ai giovani.
    In esso si attestava la naturale sintonia e vicinanza tra i giovani e la Chiesa, perché solo i giovani possono costruire «nell’entusiasmo un mondo migliore» e solo la Chiesa è «la vera giovinezza del mondo», in quanto in essa si trova «il Cristo, il vero eroe, umile e saggio, il profeta della verità e dell’amore, il compagno e l’amico dei giovani».

    1. Pastorale giovanile come “idea” semplice e profonda
    L’idea della pastorale giovanile è in sé molto semplice ed è riconducibile alle due parole che la compongono: una più generale e onnicomprensiva, “pastorale”; ed una più specifica, “giovanile”.
    Innanzitutto si tratta di “pastorale”. Termine complesso e ricco di tante sfumature e diverse interpretazioni, che però non possono prescindere dal riferimento all’immagine sintetica del buon pastore (Gv 10, 11-18), che conosce le proprie pecore e per esse dà la vita. Dal punto di vista operativo “pastorale” significa che non è mai possibile prescindere dal contesto in cui si opera e dai destinatari dell’azione ecclesiale. Non esiste infatti Vangelo né azione pastorale senza riferimento intrinseco al contesto sociale-storico in cui si opera e alle persone concretamente esistenti.
    In secondo luogo “giovanile”: con tale termine si intende attestare che i destinatari privilegiati e i protagonisti di questa azione pastorale sono i giovani. Si tratta quindi di una pastorale “con i giovani” e “per i giovani”. Si tratta quindi di un’esperienza di Chiesa, in cui la comunità ecclesiale si fa vicina ai giovani e con essi edifica se stessa, accompagnandoli ad essere discepoli e apostoli del Signore.

    2. Pastorale giovanile come “prospettiva” originale
    La pastorale giovanile emerge così come un punto di vista originale da cui guardare il mondo, la Chiesa e soprattutto i giovani. Esso è guidato dalla fede, che ha a cuore lo sviluppo integrale e integrato di ogni giovane. Contrariamente a quanto tante persone oggi pensano, la fede non sostituisce né mortifica ciò che è umano, ma offre all’umano un compimento pieno e abbondante. Non vi è né vi può essere concorrenza tra fede cristiana e sviluppo autenticamente umano: è invece da affermare che tutto ciò che bello, buono, vero e giusto viene portato a compimento nella fede e senza di essa rimane incompiuto.

    3. Pastorale giovanile come “storia” da conoscere
    La pastorale giovanile ha una sua storia da raccontare, ricca di passione e di pensiero. La rivista stessa “Note di Pastorale Giovanile” né è il primo e più autorevole testimone: le grandi intuizioni degli anni settanta, le evoluzioni degli anni ottanta e le realizzazioni degli anni novanta, insieme con le riconfigurazioni nel primo decennio del XXI secolo ne attestano la vitalità, la fecondità e il desiderio di continuare questa storia nel tempo presente.
    Sappiamo bene che chi non conosce la storia è destinato a ripeterne gli errori: per questo conoscere la storia della pastorale giovanile nel suo pensiero e nelle sue realizzazioni è più importante per il suo futuro.

    4. Pastorale giovanile come “pensiero” condiviso
    In questi cinquant’anni è stato prodotto, insieme a tanto materiale di utilizzo pastorale immediato, anche un pensiero fondativo, radicato in argomentazioni teologico-pastorali capaci di orientare le proposte pratiche.
    Il cuore pulsante della proposta teorica ha fatto perno sulla teologia dell’incarnazione e si è sviluppata poi in molteplici direzioni e conseguenze. Tale orientamento ha evidentemente, come in tutte le scelte teologico-pastorali, dei vantaggi e dei limiti che oggi conviene vagliare criticamente.
    Rimane evidente che, per impostare il futuro, è quanto mai necessaria una piattaforma comune di pensiero che si attesti intorno ad alcuni pilastri fondamentali da pensare e condividere.

    5. Pastorale giovanile come “stile” di prossimità
    Concretamente la prima e più importante declinazione della pastorale giovanile è la vicinanza, la simpatia e la stima nei confronti dei giovani e del loro mondo. È un modo di essere Chiesa nel mondo giovanile oggi: prendendo sul serio l’esperienza del Dio-con-noi, del Dio incarnato, del Dio che si fa prossimo ad ogni uomo, l’azione della pastorale giovanile promuove in ogni sua azione il contatto e la vicinanza, l’amicizia e la corresponsabilità con i giovani.
    Tale atteggiamento nasce da un ottimismo antropologico e da un coraggio apostolico: l’uomo, pur essendo peccatore, rimane creatura voluta e amata da Dio; Dio, essendo amore, si fa temerario nel desiderio di salvezza ed è pronto a correre tutti i necessari rischi per compiere tale opera.

    6. Pastorale giovanile come partecipazione alla “passione” del Figlio
    Riconosciamo che la pastorale giovanile è un dono che Dio fa alla sua Chiesa: è la partecipazione alla sua passione d’amore per tutti i giovani. Essere appassionati dei giovani non è semplicemente un’attrazione sensibile o una simpatia umana: è invece, in un senso forte ed evangelico, la condivisione del modo in cui Cristo ha amato e ama la sua Chiesa e il mondo intero: donando la sua vita. La passione del Figlio, il quale offre la sua vita perché tutti abbiano la vita, rimane il riferimento fondamentale e il contenuto sostanziale per ogni azione di pastorale giovanile che voglia proporsi come autenticamente cristiana. Partecipare dei sentimenti del Figlio Gesù significa dare contenuto e profondità alla pastorale giovanile, che non può limitarsi ad un superficiale e sterile “giovanilismo”.

    7. Pastorale giovanile come “missione” concreta
    La declinazione fondamentale della pastorale giovanile fa perno attorno al legame genetico tra educazione ed evangelizzazione, che si relazionano in modo non distinto e non confuso. La concretezza della missione è quella di una originaria unità tra fede e vita; non invece di una loro giustapposizione estrinseca e o di una loro separazione strutturale.
    Riconosciamo che un’educazione senza evangelizzazione rimane limitata e monca: in tal caso manca la sostanza attiva della fede e della vocazione, doni di Dio capaci di portare a compimento l’umano stesso. Nello stesso tempo riconosciamo che e che un’evangelizzazione senza educazione nel mondo giovanile è destinata a fallire in quanto diviene astratta rispetto alla concretezza della condizione umana.

    8. Pastorale giovanile come “frontiera” in movimento
    I giovani non sono mai gli stessi, ma una frontiera continuamente in movimento. La loro condizione è quella di sismografi della contemporaneità e di sentinelle che scrutano e anticipano continuamente il futuro. Il continuo approfondimento teorico e la frequentazione del mondo giovanile sono quindi una necessità intrinseca alla pastorale giovanile.
    A esempio oggi diventa più che necessaria la conoscenza del mondo digitale frequentato dai giovani; così come è imprescindibile studiare le implicazioni del multiculturalismo globalizzato in cui i giovani crescono; o, in altra direzione, non si può pensare di fare pastorale giovanile senza comprendere la situazione della famiglia oggi. Tali frontiere, e tante altre, mobilitano e interpellano la pastorale giovanile nell’offrire vie realizzabili per portare Dio ai giovani e i giovani a Dio.

    9. Pastorale giovanile come “luogo” di appuntamento
    È possibile e doveroso pensare alla pastorale giovanile come “luogo” in cui tutti coloro che hanno a cuore il bene dei giovani si danno appuntamento. Essa fa perno sull’azione ecclesiale ed anche sulle sue strutture, ma non disdegna, anzi ricerca, il coinvolgimento di tutti coloro che desiderano ed hanno a cuore il bene dei giovani. Chi opera all’interno della pastorale giovanile fa di tutto per creare coinvolgimento del maggior numero di persone e istituzioni, per cercare alleanze trasversali per la promozione dei giovani, per aprire ovunque varchi di amicizia e simpatia.
    Sia all’interno della compagine ecclesiale (territorio, carismi e movimenti) che nel dialogo con il mondo (istituzioni educative, sociali e civili) è necessario lavorare insieme, secondo una spirito capace di far emergere una vera e propria “profezia di fraternità”. In questo senso la pastorale giovanile ha un compito di coordinamento e di servizio.

    10. Pastorale giovanile come “verbo all’infinito” da coniugare
    Come la missione della Chiesa è unica e le forme pastorali assunte nel tempo e nello spazio sono molteplici, così la pastorale giovanile è da pensare come un verbo all’infinito, che va continuamente declinato nello spazio e nel tempo, ovvero attraverso strutture, attività e opere diversificate, che però devono avere una loro consistenza e necessità, se non vogliono essere astratte e insignificanti.
    La parrocchia, la scuola, la famiglia, l’oratorio, il tempo libero, la catechesi, la liturgia, l’educazione, la comunicazione sociale, la politica, il disagio e così via diventano le concretizzazioni storiche vincolanti che devono agire in un’ottica sinfonica e non concorrenziale.
    A seconda della Chiesa concretamente esistente la pastorale giovanile opera in maniera differente, tenendo conto della storia, della tradizione e delle possibilità concrete.


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