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    Don Riccardo Tonelli

    e NPG

    Un direttore “sapiente” e coraggioso

    Giancarlo De Nicolò [1]

    Le pagine che seguono sono un atto di omaggio verso colui che a diritto può essere considerato il “padre e fondatore” di NPG: colui che l’ha ideata (anche se non formalmente “fondata”) e condotta negli anni/decenni fino a farla diventare una rivista conosciuta e apprezzata non solo in ambito ecclesiale ma anche laico, sui temi dei giovani e della loro educazione: uno spazio di dibattito, di innovazione educativa e pastorale, di pensiero e di azione verso il soggetto “giovani” che rientra come “soggetto-destinatario” privilegiato nel carisma di don Bosco (e del salesiano Riccardo Tonelli) ma anche come nuovo soggetto sociale e culturale soprattutto verso la fine degli anni Sessanta in Italia e nel mondo, e dove esso comincia anche ad essere cura e “preoccupazione” specifica della Chiesa.
    È ovvio che l’elaborazione della pastorale giovanile di Tonelli non si limita alla produzione della rivista, ma certamente essa è stata il laboratorio o cassa di risonanza di un pensiero innovatore: non come un pensiero a tavolino, ma che nasce dall’interrogarsi sull’esperienza pastorale (di oratorio, dice Tonelli, di frequentazione dei giovani e delle comunità di educatori), dalla passione generata da una scelta vocazionale, dall’immersione nell’esperienza di Chiesa in un tempo fecondo come quello dell’immediato postconcilio, dal confronto con il pensiero di amici che condividevano la stessa passione.
    Ripercorrerò dunque il cammino di Tonelli, in una specie di disanima storica “genetica”, per analizzare i temi iniziali, le risposte alle richieste del tempo e via via l’elaborazione di una teoria pastorale organica (ma mai nel senso dell’essere “compiuta” in sé) e viva, e anche lo “stile” di questa proposta.
    Tale scorsa storica permetterà di intravedere sia la continuità del pensiero che lo sviluppo progressivo: un’idea-intuizione (una serie di idee e intuizioni) che funge da nucleo ispiratore, ma anche i continui arricchimenti che vengono dall’essere immersi in una realtà culturale e sociale (e sociologica) mai statica.

    1. Lo stile

    Lo stile non è il piacevole contorno di una proposta, è una precisa modalità del suo contenuto. Il criterio dell’Incarnazione prima di diventare scelta dei contenuti diventa prospettiva globale e criterio di accoglienza e di vicinanza, sua modalità promuovente e accogliente.
    Lo stile di Tonelli come persona e pastoralista – lo abbiamo constatato quasi quotidianamente – è l’ottimismo, la fiducia e la speranza: che sono le parole che tornano più sovente, e non in forma consolatoria o parenetica. In effetti in tanti articoli l’incipit che dà il tono alle sue riflessioni è praticamente sempre: “Viviamo un tempo felice per la pastorale giovanile”.
    Questo non nasconde ovviamente le difficoltà, le crisi, i cambi di paradigma, la mutata comprensione delle dinamiche sociali ed esistenziali che toccano e a volte sconvolgono il mondo dei giovani... ma il tempo (per la pastorale giovanile) è “felice”: perché esprime fiducia nei giovani, nei loro educatori, nella forza travolgente di un carisma e di figure di testimoni capaci di “farsi vicini” ai giovani e con l’impegno di accompagnarli fuori dalle secche.
    Questo tempo felice è certamente anche quello della possibilità di pensare a una nuova pastorale giovanile, nel passaggio dalle vecchie modalità di proposte ai giovani a nuovi modelli in cui essi diventano sempre meno “imbuti” di offerte “religiose” e sempre più protagonisti (anche difficili).
    Questo il clima in cui nasceva NPG e il lavoro di Tonelli.
    E poi il lavoro fatto come pioniere non da solo, ma con tante persone che fin dagli inizi hanno apprezzato il cambio di prospettiva e le proposte che via via venivano emergendo. Tonelli non si è mai preso il merito di “lupo solitario”. Ha sempre riconosciuto la presenza viva e attiva di tanti, fino a comprendere questo come un modello stesso per fare pastorale giovanile (analisi della realtà, riflessione ampia e multidisciplinare sulla prassi, verso una nuova azione).
    Con questa modalità il lavoro è proceduto, in uno stile di serietà, di condivisione, di passione. Un approccio che diventa anche metodo di progettazione e di azione.

    2. Le “colonne”

    Esprimo la mia comprensione personale di quanto si è sedimentato nei lunghi anni di collaborazione: dunque non con lo sguardo di un teologo ma di un amico.
    Possiamo dire che l’edificio della pastorale giovanile pensato e progettato da Tonelli si basa su quattro “pietre” angolari”.

    2.1. Criterio dell’Incarnazione

    La prima “pietra angolare” determinante è il criterio dell’Incarnazione (“il fondamento teologico”).
    Su questo Tonelli è sempre rimasto fermo, solidamente fondato, a partire da una ricognizione dei vari modelli di pastorali presenti nella chiesa per operare la sua scelta (dettata dalla sua “appartenenza vocazionale” al carisma di don Bosco), sulla base della nuova sensibilità aperta dal Vaticano II e dal prezioso documento di base RdC del 1970. Nell’intervista fattagli per i 40 anni di lavoro in NPG quasi come approdo del suo cammino, Tonelli torna insistentemente su di essa come criterio e luce che ne ha guidato i passi e il pensiero, come punto irrinunciabile della costruzione di qualunque progetto di pastorale giovanile, anche di fronte a fraintendimenti e critiche.
    “Un poco alla volta, il cammino di elaborazione di un progetto di pastorale giovanile, sul piano teologico e su quello pratico, ha avuto l’evento dell’Incarnazione come criterio fondamentale. Non tutti erano d’accordo… e non lo sono neppure oggi”.[2]
    Ovviamente lo scopo non è quello di “ridurre” (se così si può dire) tutto l’evento Gesù all’incarnazione; e sarebbe persino sciocco pensare a una interpretazione “puntuale” di esso, come un fatto, un “episodio”, quanto di cogliere la modalità dell’azione di Dio in Gesù, la sua logica che a questo punto diventa la logica dell’agire salvifico.[3]
    Su questo Tonelli è insistente, persino “intransigente”, quasi la difesa dell’ultimo baluardo, come il fondamento su cui tutto l’impianto di Tonelli si regge e si propone. Nella citata intervista dei “40 anni”, la riproposizione di questo principio-criterio, la sua “spiegazione”, il suo desiderio di essere compreso a fondo si impongono e resistono a tutte le insistenze, e occupano gran parte dell’intervista stessa.

    2.2. Il giovane, soprattutto il più povero

    Le ragioni della scelta operata da Tonelli vengono da lui indicate nella presenza nel suo progetto di un altro criterio fondante, di un’altra “pietra angolare”: quello del giovane, soprattutto del “più povero” (dunque un criterio del “carisma salesiano” di don Bosco): ovviamente una povertà che viene letta ultimamente attraverso filtri culturali ed esistenziali che permettono di leggere la loro condizione (anche “normale”) come esposta a rischi o a minori risorse, a fragilità quando non a esclusione. L’analisi della condizione giovanile è sempre – per Tonelli – un punto di partenza per un approdo educativo e pastorale. Diremo che non è semplicemente una lettura dall’esterno, sociologica, quasi uno sguardo freddo e imparziale, ma è sempre una lettura educativa, che parte dall’empatia dell’educatore che sa cogliere cosa impedisce o permette al giovane di crescere nella sua umanità come luogo di annuncio e proposta del “di più” cristiano. Una categoria-sfida che verrà a volte utilizzata sarà quella della lontananza.[4]

    2.3. L’umanità del giovane

    La terza “pietra angolare” possiamo coglierla nell’incrocio tra i due primi dati, e cioè la necessità-urgenza di “conoscere” bene, con tutta la strumentazione di “scienza e sapienza” l’umanità dell’uomo (del giovane) perché possa essere accogliente-trasparente del dono di Dio in Gesù.
    Viene dunque proposto l’utilizzo delle scienze che indagano l’uomo e ne affrontano il mistero. Su questo Tonelli è sempre stato particolarmente attento e insistente.
    Se è vero che l’uomo, il giovane nella sua essenza umana e religiosa è sempre messo a confronto con le esigenze del Vangelo e dell’incontro fondamentale con Gesù, è altrettanto vero che la sua comprensione storica ed esistenziale è di molto aiutata dalle scienze umane (sociologia e psicologia, anzitutto, ma anche antropologia e filosofia) che ne indagano l’esistenza concreta e le domande-bisogni sempre cangianti, la concreta vita e vita quotidiana come trama della sua esistenza, dei suoi rapporti, delle sue speranze.
    Tonelli fa buon uso delle “scienze dell’uomo”; non esaltandole come unico riferimento per la progettazione pastorale (non è progettazione sociale!), ma nemmeno piegandole alle “superiori” esigenze teologiche, considerandole “ancillae” o unicamente strumentali: esse (nemmeno l’educazione) non vengono considerate importanti solo perché “utili allo scopo” e se non servissero sarebbero accantonate: esse sono seriamente prese nella loro importanza e relatività; e insieme sono assunte (anche la teologia) in uno sguardo di sintesi, un nuovo sguardo, che è appunto quello pastorale, di sapienza e arte pastorale.[5]
    Si tratta ovviamente di definire il chiaro rapporto tra una lettura pastorale e una lettura “scientifica” (a volta anche solo “sociologica”) della realtà in cui la proposta di fede viene offerta. La soluzione non è quella di contrapporle, ma di integrarle, in un disegno di “multi- e interdisciplinarità” di cui Tonelli sente l’importanza e la necessità, per giungere alle “sfide” di fronte a cui la pastorale giovanile è posta in ordine di un vero e autentico servizio alla vita del giovane e alle istanze del “regno di Dio”.
    Nell’incrocio di queste istanze, si colloca la visione educativa della pastorale giovanile (quarta pietra angolare) come fedeltà al mistero di Dio che si umanizza in un continuo processo e all’umanità del giovane che si sviluppa e cresce secondo le dinamiche della vita (o del “seme”, con un’immagine cara a Tonelli). Per questo la pastorale giovanile assume una forma e una modalità educativa per dirsi in verità (secondo la verità di Dio e dell’uomo).
    L’educazione è dunque la modalità tipica della PG di Tonelli, perché la fede – se è pur un dono che si gioca nell’intimo rapporto di Dio e dell’uomo, nella mediazione della Chiesa – deve poter essere detta, proposta e accolta secondo le modalità dell’umano, che è la storicità, la progressione, lo sviluppo successivo, e perché l’umanità – se pur “capax Dei” – ha bisogno di accoglienza, preparazione, purificazione, coinvolgimento, proposta...[6]
    Tipico di Tonelli è la formulazione e formalizzazione in “educazione indiretta della fede”, e l’assunzione di una modalità interpretativa-propositiva dell’animazione come stile-antropologia-pedagogia-metodo del lavoro educativo verso i giovani, anche nell’ambito della fede, assumendo la cultura, la relazione, il gruppo come temi chiave della proposta stessa, in un’accoglienza incondizionata e propositiva (come d’altronde nel sistema educativo di don Bosco).
    In questo contesto di attenzione all’umano e ai processi e dinamismi della crescita si inserisce anche tutto il discorso sugli itinerari di educazione alla fede, che concretamente riassumono principi ed esigenze della fede e delle esigenze del giovane, e tutto quanto attiene alla metodologia educativa dell’animazione (ambiente, cultura, relazione con l’adulto, gruppo, esperienze, narrazione... verifica del cammino).

    3. I temi iniziali e alcuni filoni

    Passiamo ora a una parte più di documentazione, una disanima dei vari temi che Tonelli ha sviluppato nel corso del suo servizio a NPG, sia per vedere l’evolvere di un pensiero, sia per l’esigenza stessa dell’attitudine pastorale che affronta le sfide a mano a mano che emergono.
    Per questo ci serviamo di due ampi studi fatti: l’uno in occasione del 20 anni di NPG,[7] l’altro come sintesi[8] di un lavoro di dottorato proprio sui primi 20 anni della rivista (1967-1988), cioè praticamente dagli inizi fino al centenario della morte di don Bosco, quasi una cornice di riferimento carismatico di cui Tonelli intendeva farsi promotore e interprete ermeneutico della stessa passione del santo dei giovani. Per gli anni successivi – essendo parte in causa – parliamo di “esperienze vissute e condivise”.

    3.1. Anni ‘70

    I primi articoli su cui compare il nome di Tonelli in NPG (già a partire dal 1968, cioè il secondo anno di vita della rivista) e che costituiscono il filone del primo tempo, sono di tipo metodologico pratico-pratico, cioè sussidiazione sui “temi” richiesti dagli educatori, nel tempo in cui si passava dal sistema delle Compagnie e quelle dell’associazionismo per gruppi. Si trattava dunque di offrire nuovi (ripensati) materiali, ad esempio circa i ritiri (e i temi dei ritiri, con riflessioni e strumentazioni tra le più varie, diapositiva, filmine, canzoni, cinema, brani di letteratura, racconti...), gli esercizi spirituali, sussidi per la quaresima o l’avvento, celebrazioni penitenziali, schede per la revisione di vita, sussidi missionari o mariani, organizzazione di gruppi strutturati (ad esempio i salesiani CGS-Cinecircoli Giovanili Socioculturali)...
    Non si pensi che fossero solo materiali grezzi: dietro e dentro c’erano sempre principi-guida, indicazioni metodologiche; più tracce di approfondimento che sviluppi completi... così che potessero diventare un’esperienza “pastorale”, programmata, guidata, diretta verso un preciso obiettivo, ma mai soltanto per offrire materiale “pronto uso”, quanto per “far pensare”, per lasciare lo spazio della creatività progettuale agli operatori stessi.
    Per questo pian piano lascia questo tipo di contributi e diventa più “metodologico”: come creare gruppi, come vivere le esperienze, come impostare un camposcuola, come pensare un oratorio “nuovo” casa per tutti, come programmare... Emerge l’attenzione (di passaggio dal pratico al teorico) per la dinamica di gruppo, per la verifica, per la “pastoralità” degli interventi.
    Già negli anni successivi Tonelli inizia quella che sr. Siboldi denomina “impostazione di una «nuova» mentalità pastorale (1967-1977)”.
    Compaiono lungo tutto il 1971, gli “Appunti di pastorale giovanile”, in cinque corpose puntate, e poi l’anno successivo viene esplicitato l’intreccio tra pastorale e dinamica di gruppo.
    Emergono le prime elaborazioni delle intuizioni e punti fermi di Tonelli con il principio cardine dell’incarnazione, che “impone” il criterio della fedeltà a Dio e all’uomo (al giovane). Egli così individua la necessità di passare dagli atti agli atteggiamenti (le tre grandi dimensioni della vita teologale), che possono essere (indirettamente) educati e formano la mediazione antropologica e psicologica dell’educazione alla fede; la riflessione sulla salvezza in chiave teologale ed ermeneutica dell’uomo e giovanile, la Chiesa come primigenio ambito comunitario della comunicazione pastorale.
    Questi elementi dovranno maturare ed assodarsi, confrontarsi, diffondersi e venire “sfidati”. Il suo lavoro di dottorato in effetti (e il suo famoso primo libro Pastorale giovanile oggi. Ricerca teologica e orientamenti metodologici (LAS 1977) sono il frutto maturo di una lunga elaborazione a confronto con i documenti ecclesiali, altre scuole di pastorale giovanile e il pensiero dei teologi del tempo.
    Negli anni successivi tali temi saranno ripresi e approfonditi, e “applicati in diversi contesti, anche istituzionali: l’oratorio, la scuola, il gruppo, il territorio, l’impegno sociopolitico (tema questo molto fresco, allora, per il tempo della contestazione...
    Nel frattempo ovviamente emergeva sempre più forte l’impegno di pensare la Chiesa come l’ambito dove “avviene” o viene donata la “salvezza” per i giovani, e come soggetto che ha il compito essenziale di “mediare” tra Gesù e i giovani stessi.
    Lo studio del gruppo come esperienza di Chiesa è uno dei momenti più acuti e interessanti della riflessione e proposta di Tonelli, questo già fin dall’inizio.[9]
    Dal 1978 in poi (per sr. Siboldi il tempo della “elaborazione di un modello pastorale”), tempo in cui il lavoro di Tonelli diventa più continuativo e finalizzato, riemergono in maniera più consistente e “solida” gli elementi che definiscono e qualificano un progetto di PG: il tema dell’incarnazione, dell’educazione (indiretta) alla fede, degli atteggiamenti, della spiritualità, dell’annuncio, dello stretto rapporto educazione-evangelizzazione, la domanda religiosa verso l’invocazione, le mediazioni educative (e sacramentali), l’itinerario di educazione alla fede, l’obiettivo della PG.[10]
    Diventa sempre più preciso (anche se in genere affrontato più nei suoi libri che nella rivista) il “modello” anche e soprattutto nei suoi aspetti epistemologici.[11]
    Fondamentale a questo riguardo è una analisi dei vari modelli di pastorale giovanile circolanti e attivi “sul mercato” delle proposte ecclesiali, sia attraverso i documenti dei vescovi che quelli di associazioni o proposte editoriali.[12]
    Emerge sempre di più la peculiarità di una lettura “educativa e pastorale” della situazione (socioculturale, giovanile, ecclesiale...) come punto di partenza di un’analisi che non si limita al sociologico ma punta al confronto con il patrimonio e la tradizione che – nella chiesa – intende rendere il Vangelo notizia sempre fresca e viva, interpellante.
    Diventa anche sempre più preciso il riferimento carismatico (don Bosco, il sistema preventivo come spiritualità, pedagogia, metodologia),[13] da cui derivano sia lo sguardo pastorale sul mondo dei giovani (la salvezza delle anime) in una intensa “passione” per loro ed empatia per il loro mondo, sia la comprensione della via educativa e delle risorse a cui attingere.
    La pastorale giovanile in NPG viene dunque sempre più qualificandosi come “la pastorale del soggetto.[14]
    Qualificando la pastorale come “pastorale del soggetto”, non si intende solo individuare come fulcro della proposta quelli che una volta erano intesi come destinatari, ma qui viene chiamato in causa soprattutto il “soggetto ecclesiale” che vive e opera la pastorale giovanile: tutti coloro che – nel nome di Gesù, nella Chiesa (la compagnia dei credenti) – si adoperano per i giovani (come lo è stato don Bosco).[15] La stessa proposta ai giovani “si carica” di una più vasta considerazione ecclesiale, come ad esempio la sollecitazione a “fare esperienza di chiesa”.[16]
    Nello sguardo “storico” che abbiamo assunto per una lettura del lavoro di Tonelli attraverso la rivista, possiamo ritrovare (soprattutto nel corso degli anni ‘80), la maturazione di un’altra intuizione (maturata insieme con altri collaboratori, ma la cui idea originaria e spinta propulsiva è dovuta a Mario Pollo): che non solo i processi della fede si intrecciano indistricabilmente con quelli dell’educazione, ma che i processi e momenti educativi (e istituzioni educative) non sono generici e neutrali, “strumentali”, bensì implicano-propongono una visione dell’uomo e dei processi della sua crescita, così che risultano connotati in modo che favoriscono o impediscono la maturazione nella libertà, nell’inserimento-assunzione della cultura.
    Parliamo dell’animazione (culturale) che ha contrassegnato il progetto pastorale in maniera che ne risulta chiara la visione di “sintesi” e coimplicanza tra processi “formalmente” pastorali e processi “formalmente” educativi, in orizzonte giovanile.
    È stato il segno che i termini «giovanile» ed «educazione» venivano presi sul serio. È stata anche la via per tradurre il modello dell'incarnazione nell'esperienza di fede dei giovani.

    3.2. Anni ‘80

    Gli anni ‘80 raffinano dunque le intuizioni degli anni precedenti, portano Tonelli a una riflessione epistemologica più approfondita e puntuale, anche in risposta alle varie “difficoltà” e critiche di chi riteneva un abbassamento delle prospettive e del lavoro pastorale giocarsi nei processi e dinamiche dell’animazione (culturale) nell’ambito dell’educazione alla fede.[17]
    Ricordiamo che sono di quel decennio i vari dossier e numeri unici sull’animazione, le scuole di animazione e di formazione degli animatori, i “Quaderni dell’animatore” (“il frutto più avanzato di ricomprensione pastorale dei processi propri della animazione culturale”: Bissoli), i numerosi convegni che hanno segnato forse l’apice della diffusione della rivista, quando in tutta Italia è sorta una specie di “febbre” dell’animazione per la possibilità offerta di competenze (e modalità di essere) spendibili nel campo dei ragazzi e adolescenti: come educatori, come “evangelizzatori!” o “narratori dell’evangelo” (come preferiva dire Tonelli).
    Una sintesi di tutto questo fervore creativo si può dire viene realizzata nella produzione del Dizionario di pastorale giovanile (1989), ripreso e “spezzettato” in tanti articoli e rubriche di NPG.[18]
    Procedendo velocemente nel corso dell’analisi dei “decenni”, possiamo considerare alcune tematiche che diventano coagulo non solo di nuovo pensiero ma anche capaci di ripensare i temi “storici” e classici di Tonelli e della PG: anzitutto la narrazione, poi la nuova evangelizzazione, l’interiorità-spiritualità, il tema dei diritti umani, la ripresa dell’attenzione alla dimensione politica dell’educazione dei giovani, e uno sguardo di attenzione ad eventi ecclesiali di grande rilevanza come le GMG... con la bellezza che esprimono e i rischi che sottendono, soprattutto in termini di “vera esperienza pastorale”.[19] E di rapporto tra eventi e quotidianità, tra eccezionalità e continuità.
    Che il tema della comunicazione (tra cultura-società-adulti-tradizione-chiesa e giovani) fosse un nodo di tutta la pastorale giovanile era già elemento di analisi e di “preoccupazione“ fin dagli inizi: una comunicazione disturbata, distorta, difficile. Per riattivare questa comunicazione “di vita” e di “ragioni di vita” si era mossa la proposta di Tonelli, sia sul piano del soggetto-destinatario (conoscenza approfondita e costante del mondo giovanile attraverso una lettura educativa dei bisogni e delle domande, maturazione delle domande fino all’invocazione) e dalla parte della proposta (una pastorale per la vita e la speranza). Tale possibilità e “realizzazione” è depositata nella narrazione, nella capacità narrativa dell’educatore, del testimone, che apprende a “narrare” il vangelo come una storia che coinvolge a tre livelli lo stesso narratore, il giovane e la storia di Gesù con la sua passione per il Regno e per gli ultimi.
    In questa visione (che non è solo di metodo) si ricapitolano tutte le attenzioni che hanno impegnato Tonelli nella sua riflessione pastorale.

    3.3. Anni ‘90

    Il 1992 è l’anno in cui le tematiche “comunicative” sviluppate negli anni precedenti diventano esplicitate e riprese dal modello della narrazione,[20] seguito poi da una serie di rubriche dove questa nuova impostazione viene praticata ed esemplificata, potremmo dire fino alla morte.[21]
    Come dicevamo, questa prospettiva permette di riprendere i temi usuali di Tonelli: perché sia vera ed efficace, la narrazione deve sempre (ri)definirsi.
    Per questo vi è una ripresa delle analisi sulla condizione giovanile – o meglio, una rilettura dei dati offerta da varie ricerche sociologiche come quelle dello IARD o sull’esperienza religiosa dei giovani), dove l’intervento di Tonelli si qualifica come lettura nel profondo dell’ansia di vita e di senso;[22] una ridefinizione (o meglio specificazione) degli obiettivi del lavoro pastorale: la spiritualità, la vocazione, gli sbocchi (il “cristiano adulto” come identikit “finale” del giovane cristiano)...[23]
    Il tema della fede occupa un posto centrale soprattutto nell’ultimo periodo (non per nulla l’ultima rubrica e l’ultimo libro sono appunto sulla fede), dove in forma narrativa e a tratti autobiografica viene ancora esplicitata la passione per la vita di Gesù, e la forma della fede che diventa accoglienza di Gesù “Signore della vita” come principio di felicità e di speranza.
    E la croce? A volte “accusato” di eccessivo ottimismo incarnazionistico, Tonelli mostra la pregnanza del tema e del mistero della croce, ma soprattutto vivendo e testimoniando la serietà e la sfida della fede anche nei momenti duri della sua malattia e di quelli finali, accogliendo la sofferenza e pregando “per i giovani e per gli operatori della pastorale giovanile” (come nella testimonianza di chi lo assistette alla fine), sempre nella fiducia e nella speranza.[24]

    3.4. Il 2000

    Negli ultimi anni Tonelli avverte sia nella congregazione salesiana che in altri contesti una specie di mutamento di paradigma, di “critica” di alcune sue posizioni, forse il bisogno di maggior radicamento teologico nella pastorale, di un maggior coraggio nell’“annuncio” e concentrazione sul Cristo, la necessità di un approfondimento del tema dei sacramenti per uscire dall’equivocità o ambiguità di certe formulazioni,[25] di una rilettura vocazionale della pastorale giovanile,[26] e l’utilizzo (che dicevamo spregiudicato e in termini strumentali dovuto a radicale incomprensione) dell’animazione nell’educazione alla fede.
    Indirettamente egli risponde con la ripresa di vari temi e ripensamenti, di evidenziazione di sfide, di sogni e speranze sulla PG,[27] e direttamente con la lunga citata intervista sui quarant’anni di lavoro a NPG.
    Egli ha la consapevolezza di tempi nuovi, di nuove sottolineature o tematizzazioni, di necessità di approfondimenti, anche di nuovi punti di vista.[28] Accetta dunque volentieri di riprendere i suoi temi chiave e si confronta con le critiche o meglio le osservazioni, le richieste di ulteriori approfondimenti o allargamenti di prospettive, anche se con forza ripropone il criterio fondamento di tutto, il principio dell’Incarnazione, come chiave di volta di tutta la costruzione teorica dell’impianto di pastorale giovanile. E così accetta con garbo ed eleganza (anche se qualche collega dell'UPS lo criticherà per questo) la pubblicazione sulla rivista di un articolo di colui che sarà il suo successore nella cattedra all’UPS, Rossano Sala, che in un meditato studio ripropone le linee di un necessario approfondimento, pur riconoscendo la validità di una proposta che ha avuto i suoi frutti e posto le basi per una autentica considerazione e legittimità (non da tutti ovviamente riconosciute) della pastorale giovanile nell’ambito teologico.[29]
    Negli ultimi anni Tonelli ritorna su un suo tema chiave, “Ti racconto Gesù”, per dire ai giovani (e a se stesso) la bellezza e la fecondità di questo incontro: la fede come chiave dell’esistenza e di una vita nuova e felice. Quasi una consegna di vita, oltre che di pensiero, lasciata in eredità e che NPG intende conservare.
    Forse questo era il “sogno” – tante volte dichiarato – per una PG davvero ambito di un nuovo dialogo fecondo e apportatore di vita tra chiesa e giovani, su cui Tonelli ha ben teologicamente costruito, testimoniato e narrato.
    Sempre, appunto, per la vita e la speranza (dei giovani).

    ABSTRACT

    Grande parte delle intuizioni ed elaborazioni di pastorale giovanile operate da Tonelli nascono e prendono corpo sulla rivista "Note di pastorale giovanile" da lui ideata, e diretta fino alla morte.
    In essa si evidenzia non solo la sua vigorosa capacità di pensiero ma anche di "lavoro insieme", con tanti collaboratori appassionati alla vita "piena" dei giovani.
    Ne emerge una riflessione pastorale – come sintesi sapienziale e teologicamente guidata – capace di armonizzare una serie di competenze che attingono alle diverse scienze teologiche e dell'educazione, e uno "stile" che non si può disgiungere dai "contenuti".
    Questi vengono poi analizzati a partire dagli interessi iniziali, piuttosto pratici, fino a individuare geneticamente alcuni filoni che diventeranno le linee portanti della PG espresse della rivista.

    NOTE

    [1] Redattore della rivista Note di Pastorale Giovanile: www.notedipastoralegiovanile.it. Il presente lavoro è un’edizione ridotta di quanto apparirà sul sito qui indicato (http://notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=12495:don-tonelli-e-npg&catid=388:generale)
    [2] http://notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4803:ripensando-quarantanni-di-servizio-alla-pastorale-giovanile&catid=155:le-interviste-pg-e&Itemid=63. Le citazioni che via via faremo, dal momento che lavoriamo sul database dell’archivio storico di NPG, non indicano la pagina esatta della rivista, ma solo la pagina iniziale dell’articolo stesso.
    [3] Ib. Per limitarci solo agli articoli più significativi e prospettici: Appunti di pastorale giovanile. Prima parte: Decidiamo di partire dall'uomo quotidiano, 3 (1971) 4-13. Decidiamo di partire dall’uomo quotidiano per essere fedeli all’Incarnazione, i continui riferimenti al RdC; Il «principio dell'Incarnazione» nella pastorale giovanile, 6 (1978) 5-16; Per una spiritualità dell'incarnazione, 5 (1983) 5-25; L'Incarnazione come criterio della pastorale, 8 (1986) 3-14; A confronto con l'evento dell'Incarnazione, 2 (2000) 5-25.
    [4] Una pastorale giovanile per i «lontani» o una pastorale giovanile perché non ci siano «lontani»?, 10 (1986) 12-24.
    [5] Le sfide dei giovani alla comunità ecclesiale: nodi problematici per l'azione pastorale, 7 (1982) 6-16; Una domanda religiosa «dentro» una forte domanda di relazione, 3 (1986) 21-29.
    [6] Educare alla fede nell'umanizzazione: un metodo di pastorale giovanile, 6 (1974) 5-27; Le mete di un concreto processo di educazione alla fede, 7-8 (1974) 70-91; Educazione e pastorale, 6 (2000) 43-48; La «scommessa» sull'educazione: un modo di essere Chiesa, 2 (2011) 22-36.
    [7] http://notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=145:npg-una-pastorale-giovanile-attenta-ai-processi-educativi-&catid=51:testi-sulla-pastorale-giovanile&Itemid=82. L’autore, Juan E. Vecchi, con cui Tonelli ha sempre collaborato con piena condivisione e stima reciproca, all’epoca era Consigliere Mondiale della Pastorale Giovanile della Congregazione Salesiana, e divenne poi Rettor Maggiore.
    [8] http://notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=973:uno-studio-sui-primi-20-anni-di-npg-1967-1988&catid=51:testi-sulla-pastorale-giovanile&Itemid=82. L’Autrice è sr. Rosangela Siboldi, FMA, docente di pastorale giovanile all’Auxilium di Roma.
    [9] Cf. Dal gruppo alla pastorale del gruppo, 12 (1969) 26-35; Pastorale e dinamica di gruppo (in vari articoli nel corso del 1972); Fare esperienza di Chiesa. Dal gruppo all'appartenenza ecclesiale, 3 (1976) 19-24; Il gruppo ecclesiale in un tempo di crisi culturale e di frammentazione personale, 4 (1982) 3-26; - Q9. Il gruppo giovanile come esperienza di Chiesa, 9 (1983) 57-88; Lo sbocco nella vita dei gruppi giovanili ecclesiali, 7 (1985) 11-23, ecc.
    [10] Citiamo solo, in maniera esemplificativa: Il «principio dell'Incarnazione» nella pastorale giovanile, 6 (1978) 5-16; Un progetto di pastorale giovanile per i giovani d'oggi, 1 (1979) 3-21; Educare la «domanda religiosa», 9 (980) 3-19; Un itinerario per educare alla fede i giovani d'oggi, 2 (1981) 3-63; Una prospettiva globale per la pastorale giovanile, 5 (1981) 16-28; L'obiettivo della pastorale giovanile in un tempo di nichilismo: dire la fede nella passione per la vita, 5 (1982) 28-38; Le sfide dei giovani alla comunità ecclesiale: nodi problematici per l'azione pastorale, 7 (1982) 6-16; Per una spiritualità dell'incarnazione, 5 (1983) 5-25; e poi nel corso del 1983-1984 i vari Quaderni per la formazione degli animatori.
    [11] Ad esempio: Q7. La scelta dell'animazione nell'educazione alla fede, 6 (1983) 57-88.
    [12]Si veda a questo proposito la studio dei modelli, ad esempio 4/76 e anche la revisione del modello di liberazione dell’America Latina, che al tempo andava per la maggiore (e che lascia comunque un segno nel prosieguo della rivista: 11/1976).
    [13] Cf. Con don Bosco crediamo nell'educazione, 1-2 (1988) 20-34; Sintesi originale e attuale tra educazione e educazione alla fede, 5 (1988) 22-35.
    [14]Juan E. Vecchi, art. cit.
    [15] L'educatore credente come narratore dell'evangelo, 6 (1989) 109-119. Anche: Criteri per un corretto annuncio di Cristo ai giovani, 4 (1980) 2-16; Come nel «Catechismo dei giovani», evangelizzare Gesù Cristo «narrando» una storia interpellante, 6 (1980) 3-14.
    [16] Fare esperienza di Chiesa. Dal gruppo all'appartenenza ecclesiale, 3 (1976) 19-24; Q9. Il gruppo giovanile come esperienza di Chiesa, 9 (1983) 57-88; Identificarsi in una comunità che narra la sua passione per la vita, 9 (1983) 15.20; Gruppo e esperienza di Chiesa, 8 (1984) 14-20; Verso la compagnia dei credenti: la Chiesa, 5 (1989) 5-18; La responsabilità della comunità cristiana verso i giovani, 6 (1998) 7-25.
    [17] Qui il discorso si fa molto delicato e serio. È certamente un elemento decisivo del pensiero di Tonelli, in quanto capace di tradurre in atto la concezione di “educazione indiretta della fede”, di fare da fulcro tra l’antropologico, il teologico, il pedagogico, e risulta uno degli elementi caratterizzanti di NPG “all’esterno”. Ma dobbiamo anche notare che la “cattiva” comprensione e utilizzazione dell’animazione (rispetto per esempio al termine più generale di educazione) e la pratica sbarazzina di giovani animatori non seriamente preparati ha portato a un grande equivoco e confusione (e tradimento): il pensare che l’animazione si riducesse alla dinamica di gruppo (cf. Mucchielli e Grom), ai “giochi di animazione” o di interazione (cf. i giochi di Vopel), estenuando così una delle intuizioni e pratiche più feconde della pastorale giovanile (di Tonelli) ed esponendola a critiche ingenerose.
    Tant’è vero che lo stesso Mario Pollo, in una sua lunga intervista a NPG: Trent'anni di animazione culturale. Un bilancio. Intervista a Mario Pollo, 8 (2012) 5-46, ne mette in evidenza il rischio e la deriva subita, e nei suoi libri più recenti sostituisce la dizione “animazione culturale” con “pedagogia dell’anima”, per metterne subito in risalto il senso e il centro ispirante.
    [18] Il «Dizionario di pastorale giovanile» come strumento per fare progetti, 4 (1990) 70-79.
    [19] Qualche suggerimento per riflettere sulla GMG un prospettiva pastorale, 8 (2011) 37-43; e prima ancora su un altro grande evento della Chiesa, il giubileo: Il giubileo per una qualità nuova di vita quotidiana, 4 (2000) 18-28; Oltre la Porta Santa... Il giubileo ritorna alla vita quotidiana, 8/2000, pp. II-VIII; e per l’esperienza della GMG a Santiago: Il pellegrinaggio come scuola di vita cristiana, 6 (1995) 22-31.
    [20] Vedi: 3/1992: E se provassimo con la narrazione?; 4/1992: Per diventare buoni narratori; e più tardi 1/1994: Evangelizzazione e comunicazione; 5/2006: Modelli comunicativi a confronto; 8/2006: Un annuncio narrativo.
    [21] Citiamo soprattutto: Atti (degli Apostoli) e PG; Narrare per la speranza; S. Paolo e i giovani (come commento e materiali di lavoro per i giovani su tempi paolini sviluppati da altri autori nella stessa rivista; Ti racconto Gesù, terminata postuma.
    [22] Ad esempio, tra gli ultimi articoli: Sono «religiosi» i giovani oggi?, 3 (2009) 54-61.
    [23] Per uno sguardo d’insieme, nella difficoltà di citare gli articoli corrispondenti: Organizzare una pastorale giovanile per la vita e la speranza dei giovani, 1 (2013) 6-20. Per lo sbocco di “cristiano adulto”, uno dei temi-problemi a cui Tonelli prestò grande attenzione come una delle “sfide” attuali: In cammino per diventare «cristiani adulti», 1 (1995) 9-32.
    [24] Spiritualità tra amore alla vita e croce, 3 (1987) 44-50, e il suo Ritratto di un giovane cristiano, 8 (1989) 1-67; A confronto con la morte (dalla prospettiva dell'amore alla vita), 2 (1995) 75-85.
    [25] Educare ai sacramenti, 6 (1996) 7-32.
    [26] La vita come vocazione: movimenti per un itinerario educativo, 3 (1989) 5-16, e inoltre gli articoli citati alla nota seguente.
    [27] Cf. ad esempio, Questioni aperte di pastorale giovanile, 1 (2008) 22-28; Qualche sfida alla pastorale giovanile, 1 (2007) 27-38.
    [28] Ad esempio, La fede giovane dei giovani. Il dialogo tra il papa e i giovani, 1 (1999) 42-54.
    [29] Sala R., Per un rinnovamento della pastorale giovanile, 3 (2011) 4-13; L’alfabeto dell’umano. Riflessioni sul «luogo privilegiato dell’evangelizzazione», 7 (2013) 4-34.


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