Un gabbiano di nome Francesco

 


Fratel MichaelDavide

(NPG 2014-03-64)


Un gabbiano

L’immagine di un gabbiano appollaiato sul comignolo della cappella Sistina ha fatto il giro del mondo, prima che a fare il giro del web fosse l’immagine del nuovo Papa che chiede al popolo di benedirlo, quasi per avere la forza di poter benedire secondo il cuore di Cristo, mite e umile pastore del suo Popolo in cammino verso la libertà e la vita. Quello del gabbiano anonimo non è stato un semplice passaggio sul glorioso comignolo, ma un sostare sereno, tranquillo, naturale.
Se avessimo potuto scegliere, avremmo certamente posto sul camino della Cappella Sistina una bella colomba bianca simbolo di purezza, di ispirazione, in realtà, di tradizione… quella vera che dà sicurezza e assicura stabilità. Invece, nonostante i timori dell’attesa, un gabbiano aspettava con la folla in piazza san Pietro e con quanti attendevano in tutto il mondo con gli occhi sui televisori, che i Padri Cardinali portassero a termine il compito di dare alla Chiesa di Roma il suo Vescovo. Così mentre lui era appollaiato a fare le sue cose in cima al comignolo, i Cardinali hanno eletto come Vescovo di Roma papa Francesco. Come lui stesso ha detto, i Cardinali sono andati a prendere il Vescovo di Roma dalla "fine del mondo". Forse non ha osato dire, per rispetto ai suoi confratelli cardinali che lo avevano appena eletto, di averlo preso dal "nuovo mondo" in cui tanti hanno cercato di ritrovare non solo fortuna, ma anche speranza. Il nuovo Vescovo di Roma viene dall’estremo Occidente che, in realtà, per gli antichi e per gli stessi Conquistatori, coincideva con l’Estremo Oriente preso alle spalle.
Non dimentichiamo che Francesco, vescovo di Roma, è stato preceduto da un gabbiano indicatore. I gabbiani non sono colombe come quelle che qualche domenica fa, sempre in piazza san Pietro, sono state prese a beccate. L’immagine del gabbiano è in genere portatrice di sensazioni inebrianti legate al senso di libertà e di spazio, al sentirsi immersi nella luce e partecipare intimamente e profondamente della vita. Come dimenticare "Jonathan Livingstone"?!
Presente in alcuni miti e racconti indiani, il gabbiano possiede la luce ed è un animale che vola sul mare o sulla terraferma, in solitudine o in grandi stormi, che si ciba di pesce fresco appena catturato o di resti rinvenuti nelle discariche di immondizie. Per questo resta indipendente e libero pur vivendo a stretto contatto con l’uomo e non mostrando timore nei suoi confronti. Il gabbiano è un grande esempio di adattabilità, di utilizzo delle proprie risorse per sopravvivere, di capacità di vivere la bellezza e la leggerezza dell’esistenza senza dimenticare il senso pratico, la concretezza che lo fa ritornare a terra a becchettare qua e là come un animale da cortile. Eppure nelle sue scorribande aeree esprime tutto il piacere della libertà, nei suoi gridi rauchi e sgraziati la gioia della vita e del movimento. Non ci è voluto molto tempo, né per i cardinali né per tutto il Popolo di Dio, per capire che il nuovo Vescovo di Roma più che a un gallo dominatore e stanziale, assomiglia ad un imprevedibile gabbiano.

Di nome: libero

Papa Francesco ha spiegato ai giornalisti che il suo nome gli è stato quasi suggerito dal Cardinale Hummes suo “compagno di banco” durante il Conclave. Questi lo avrebbe consolato e incoraggiato mentre il pericolo di essere eletto si faceva sempre più minaccioso. Secondo le parole di papa Francesco l’amico cardinale lo avrebbe abbracciato e baciato per incoraggiarlo ad accettare, ma gli avrebbe anche ricordato il dovere di "non dimenticare i poveri" [1].
Il risuonare del nome scelto ha impressionato e fatto esultare la piazza quasi accendendo una speranza impensata. Ma ciò che più mi ha, personalmente, impressionato nelle parole del Protodiacono, è stato il fatto che il nuovo papa si chiamasse come uno di noi e non come i re e gli imperatori. Il boato della folla ha fatto cadere la forza della mancanza di quel "Francesco primo" del tutto naturale che ha indotto molti ad aggiungerlo impudentemente anche se innocentemente. Da parte mia ho sentito la forza del nome, ma ancor più l’importanza della mancanza di quel numero che finora dava qualità allo stesso nome. La scelta del nome Francesco può dare adito a qualche sentimentalismo, la scelta di non imparentare più il nome del Vescovo di Roma – felicemente regnante come si suol dire in Vaticano – con le famiglie reali e imperiali non solo di quelle del passato, ma pure del presente è stato un segnale inequivocabile. Dopo 1700 anni abbiamo conosciuto la fine di una promiscuità pericolosa con le forme del potere politico che, papa Francesco, già da cardinale, aveva indicato come "mondanità" e "autoreferenzialità". Nel suo primo viaggio a Lampedusa questa intuizione è stata confermata con l’insistita volontà di non avere “codazzi” di autorità. Come dimenticare che il nome “Francesco” significa libero! Una libertà che papa Francesco ha rivendicato ed esercitato sin dal primo momento, non assoggettandosi, necessariamente e ciecamente, ai rituali e alle consuetudini previste, preferendo incarnarle attraverso la sua coscienza, la sua esperienza e il senso – intimo e segreto – della sua missione che comporta un peso unico di responsabilità e di libertà, la quale esige una buona misura di creatività.
Il Vescovo di Roma sin dalle sue prime battute ha sottolineato non il potere del pontificato, ma il suo carattere essenzialmente ministeriale di reale servizio. Nell’Eucaristia di inizio del suo ministero petrino ha detto con chiarezza: "Gesù Cristo ha dato un potere a Pietro, ma di quale potere si tratta?". La risposta non si è fatta attendere: "Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce. […] Deve aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli". È chiaro che il riferimento a Francesco è una dichiarazione di scelta preferenziale per i poveri, ma è anche e forse soprattutto una rivendicazione di libertà non dalle istituzioni, ma da tutto ciò che – nella vita delle necessarie istituzioni – rischia di far impallidire la freschezza ardente del Vangelo. Certo, papa Francesco si è presentato con un “low profile”, dichiarando così nettamente il suo desiderio di fondo che rischia di rivelarsi la rotta della futura navigazione della barca della Chiesa. Lo ha confidato ai giornalisti, tra cui ha saputo riconoscere i credenti e gli atei. Non lo aveva spiegato così appassionatamente nemmeno ai cardinali, mentre lo ha confidato a questo gruppo di persone così diverse: "Ah, come vorrei una Chiesa povera per i poveri". Pertanto il nome di Francesco è stato assunto da un battezzato dal nome battagliero di Giorgio e membro vivo della Compagnia di Gesù!
Se subito abbiamo saputo riconoscere i segni dell’essenzialità e di un certo impoverimento negli abiti, nell’alloggio, nei trasporti, nell’imbarcarsi in aereo portando personalmente la propria borsa… nondimeno più grande ancora è il carattere della sua libertà e, per certi aspetti, della sua assoluta autonomia: povero dunque per essere massimamente libero senza cedere a forme sentimentali di pauperismo di facciata. Mai un papa nella storia recente si è permesso così “tante libertà” in così poco tempo.

I tratti di uno stile

Il nome scelto dal Vescovo di Roma e il fatto che la natura abbia come presentito l’avvicinarsi di una nuova epoca con quell’immagine di gabbiano profetico assiso sul comignolo della Sistina, sono stati i sintomi dei tratti salienti di uno stile mai spiegato e continuamente offerto a tutti nella forma della testimonianza vissuta senza troppi giri di parole. L’adattabilità significata dal gabbiano e la libertà evocata dalla scelta del nome sono due tratti fondamentali e inconfondibili di papa Francesco. Questi tratti di uno stile inconfondibile che si fa appello alla Chiesa intera sono stati confermati nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium. In questo testo che si può ben definire programmatico, papa Francesco conferma quello che i suoi gesti e le sue parole ci hanno fatto intuire sin dal primo momento della sua elezione. Possiamo condividere l’espressione di un giornalista tedesco che, commentando queste pagine ancore fresche di stampa, si è lasciato scappare questa esclamazione: "Accidenti! Quest’uomo mantiene quel che promette! Dice quello che pensa e pensa quel che dice" [2].
Come ormai è chiaro a tutti, a papa Francesco interessa prima di tutto l’atteggiamento interiore che, continuamente in conversione, illumina la lettura di ogni realtà alla luce dell’essenza stessa del Vangelo: la libertà di ciascuno che fruttifica nella solidarietà e nell’amore verso tutti e, in particolare, verso coloro che rischiano di essere trattati come "scarto" (EG 53). Ciò che il Vescovo di Roma chiede alla Chiesa tutta, e prima di tutto a se stesso, è di prendere ancora una volta il "largo" (Lc 5). Si schiude un cammino lungo ma appassionante, aperto e richiesto ad ogni credente: libertà e non costrizione, invito e non controllo, misericordia e non mero adeguamento a norme. Il sogno si fa invito ad essere segno e richiede alla Chiesa di essere fedele ad uno degli appelli più ricorrenti del suo Signore: "Non temere" (EG 141). La Chiesa è chiamata a non avere paura di errori e di ambiguità, ma a saper attraversare il mare della storia senza chiudersi in una corazza di riti e di modi che si presumono immodificabili, aprendo ciecamente la strada alla "mondanità spirituale, che si nasconde dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa, consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana e il benessere personale" (EG 93).
Un simbolo animale come il gabbiano, un nome massimamente evocativo come quello di Francesco, sono gli stipiti di quella porta del Vangelo che papa Francesco vuole "stretta" per le sue esigenze di amore, ma per nulla ristretta da formalismi e chiusure interiori. Se è ormai consuetudine vedere i Papi liberare colombe, rischia di diventare consueto vedere gabbiani che rivendicano le loro libertà e i loro tempi. Per la Chiesa non è più tempo di soli sentimenti apprezzabili, ma si apre il tempo di una rinnovata audacia di evangelizzazione liberata da schematismi e fronzoli. Avremo il coraggio di osare nella libertà del Vangelo. Papa Francesco ci sta testimoniando non solo che è possibile, ma che è pure bello… anzi bellissimo!


NOTE

[1] Una promessa mantenuta ormai più volte da papa Francesco il quale visitando la comunità di Varginha il 25 luglio 2013 davanti al mistero dei poveri ha detto: "Non siete soli, la Chiesa è con voi, il Papa è con voi".
[2] Una rivoluzione radicale di Ingo Brüggenjürgen, in www.domradio.de.