Incroci vitali
Salvatore Ricci
(NPG 2014-01-2)
Sold out! Tutto esaurito. È la notizia del giorno in prima pagina sul giornale locale. L'evento tanto atteso è ormai prossimo: tra poche ore la grande spianata accoglierà la marea di giovani che attende facendo lunghe file ai tornelli d'ingresso. Un evento che in pochi giorni ha raccolto una folla anonima spinta da comuni desideri: finalmente in tanti coronano il sogno di vedere il proprio idolo da vicino, ascoltare le sue performance vocali e poter dire "c'ero anche io".
Mi piace pensare che, pur non essendo l'artista emergente del momento, confezionato su misura dai vari talent show, c'è chi ha già da tempo battuto ogni record perché ogni sua uscita pubblica era un sold out! Il suo nome è Gesù.
Era molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare. Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero (Mc 6,31-33).
Il via vai di gente gli impedisce perfino di riposare. Un dettaglio che ci aiuta a comprendere il forte desiderio delle folla di incontrarlo. Non si rassegna ad essere lasciata in disparte, lo segue e riesce addirittura a precederlo, arrivando prima al luogo dello sbarco. Ma cosa spinge tanta gente a fare questo? Quale bisogno nasconde quella ricerca?
Sceso dalla barca, vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose (Mc 6,34).
Il bisogno della folla commuove Gesù. Un sentimento che riflette la passione di Dio per il suo popolo. Un popolo che non è una moltitudine anonima di fans, ma una comunità fatta di storie personali, di cuori diversi che battono all'unisono, di migliaia di volti in cerca dell'unico Volto.
Colpisce il fatto che prima di provvedere al pane, procuri loro la Sua Parola. Il Maestro, il Buon Pastore, ha letto il bisogno vero di quella gente: più grande della necessità di alimentarsi è il desiderio di ascoltarlo, sentire quella parola che riscalda, che nutre, che dà forza e incoraggia. E così la folla , ancor prima che un bene materiale, riceve una guida compassionevole. Una compassione capace di riempire ogni vuoto esistenziale e di ridare dignità e speranza alla persona, rendendola non semplice spettatore, ma protagonista.
Saper cogliere le domande più profonde dell'altro è ciò che dovrebbe maggiormente caratterizzare il nostro impegno pastorale, specie se a servizio dei più giovani. Ma a volte è scomodo e impegnativo "fermarsi" e guardare nel profondo dell'esistenza altrui e lasciarci provocare dalla sua vera fame.
Spesso anch'io mi sono limitato semplicemente a guardare il bisogno materiale dell'altro senza mai "fermarmi" e comprenderlo veramente. Come quella sera d'inverno in cui la mia voglia di rientrare a casa è stata più forte della mia compassione per quel giovane, fermo all'incrocio di una strada che cercava riparo dalla pioggia e dal freddo, avvolto dal buio e in compagnia solo dei suoi pensieri. Passandogli davanti mi sono solo chiesto cosa avrei potuto fare per lui e dopo aver constatato che al momento non avevo moneta disponibile, sono andato oltre. La mia coscienza era stata messa a tacere dall'alibi di non poter fare nulla di materiale per lui. Ancora oggi però rimprovero a me stesso "perché non ti sei fermato? ". Al di là di qualche moneta fredda lasciata tra le sue mani, forse avrei potuto fare qualcosa in più: ascoltare i suoi pensieri, conoscere la sua vera fame, avere compassione di lui. Quante volte il nostro impegno a servizio dei giovani, anche se in nome di un entusiasmante zelo apostolico, si limita a donare ciò che è frutto delle nostre capacità, della nostra creatività e originalità? Oggi tanti giovani non hanno fame di quello che sappiamo fare, ma di quello che siamo, del nostro "esserci". Ma facilmente scusiamo le nostre mancanze con un semplice "non ho i mezzi necessari, né le capacità". Gesù ha donato alle folle, prima ancora che le sue opere, la sua Parola ovvero tutto se stesso.
L'aver avuto in quel momento le tasche vuote di monete, non può giustificare il vuoto del mio cuore indifferente davanti a quel giovane. Il bisogno immediato di una persona non può farci dimenticare quello più profondo. Quanti giovani sono affamati del nostro tempo, del nostro ascolto, del nostro "fermarci" davanti a loro e nelle loro vite!
“Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne possano comprarsi da mangiare". Ma egli rispose: "Voi stessi date loro da mangiare"... (Mc 6,36-37).
Quella gente non deve ai discepoli la soddisfazione della propria fame, ma ugualmente ha bisogno della loro presenza accanto a Gesù per soddisfare il proprio bisogno. Cosi come non possiamo essere noi a riempire i vuoti di tante giovani vite, ma certamente il Signore ha bisogno della nostra "sosta", del nostro "esserci" perché sia efficace la sua compassione. Quanti vuoti vengono illusoriamente riempite da un momentaneo abbaglio di luci, da un momentaneo suono assordante, da un guardare il palco dal basso.
Perché non mi sono fermato quella sera? Forse non chiedeva solo un po' di pane, ma una "sosta" e poter ascoltare una calda parola amica per nutrirsi di quella speranza necessaria per riprendere il cammino della vita e non accontentarsi più di guardare la vita dal basso di un palco, ma avere il coraggio di salirci su per vivere da protagonista.