Celebrare... Analisi del vissuto

Sintesi dei lavori di gruppo

(NPG 1994-06-28)

1. ANALISI DEL VISSUTO GIOVANILE ESPRESSO NEL SIMBOLICO

1.0. Premesse
Non appare ancora adeguatamente chiaro il diverso livello della comunicazione con i segni e quella con i simboli.
Siamo consapevoli che è questione di un modo di pensare l'uomo (visione antropologica): l'uomo animale «simbolico» (vedi animazione culturale).
- Una chiarificazione su segno e simbolo: il segno segnala le cose e il simbolo coinvolge e mette sul sentiero (le tracce!). Il segno è dell'ordine del CONOSCERE e il simbolo del RICONOSCERE.
- La comunicazione simbolica è il modo di confrontarsi e di esprimere l'identità più profonda del giovane come dell'adulto (il livello del «senso»).
- A quali soggetti pensiamo: fare i conti con quei giovani «afasici» che non riescono ad esprimere nulla di quello che hanno dentro.

1.2. Il contesto culturale
L'espressione simbolica del vissuto giovanile è frutto di una cultura (massmediale soprattutto) in cui tutto è sovraccaricato sul simbolico (una eccedenza); ma dove il simbolico è sganciato dal senso (si usa il simbolo per vendere) e plagia il comportamento giovanile (assunzione non consapevole di simboli e ritualità).

1.3. Analisi fenomenologica del vissuto esistenziale dei giovani
La domanda di partenza è: che cosa hanno da vivere i giovani, così da poterlo esprimere? Hanno qualcosa da celebrare i giovani? Qual è il loro vissuto?
Esaminiamo il vissuto; esso ha a che fare con il loro fare esperienza, e il loro modo di viverla:
- Uniformità delle esperienze: tutte uguali, nessuna prioritaria. In nessuna si sentono coinvolti più profondamente di altre.

- In nessuna si è se stessi. L'esperienza sembra fatta per nascondere il proprio io più profondo. - Le esperienze sono appiattite sul presente.
- Con trasgressività: esasperazione di alcune esperienze del presente.
- Assenza di continuità e di filo logico tra le esperienze.
- Vissute nella solitudine, anche se nel gruppo.
- Consumo e strumentalizzazione dell'esperienza.
- Noia e passività.
- Assenza di capacità critica (distacco).
- Amicizia, valori della soggettività, condivisione interna, ricerca dell'altro, partecipazione ai problemi, espressività, corporeità, affettività...
- Silenzio ed afasia come «incubazione» (ricerca dei monasteri e dell'oriente).

1.4. Dove si dice il vissuto dei giovani e il suo senso? Luoghi e tempi
- Negli incontri quotidiani (amico, amica, coetanei, nel gruppo fuori dell'istituzionalizzato, dove si è presenti «col nome proprio» e senza ruoli), per trovarsi e basta.
- Nelle feste (concerto, discoteca, stadio, «vasche»... nuovi spazi/tempi del sacro: sabato e domenica).
- Nello straordinario e nello stupendo.
- Nella «notte».
- Nel volontariato, nella solidarietà, all'oratorio.
- Nel gioco e nello sport (partita vista e fatta; c'è di mezzo il corpo in azione!). - Nell'occupazione della scuola...
- Sulla strada.
- Nei bar, paninoteche, birrerie...

1.5. Come Io vivono?
- Ricerca del piacere della trasgressione.
- Con rumore e chiasso.
- Con forte emotività.
- Con il linguaggio del «fare le cose» o dell'«esperienza con lo zapping».
- Insieme ragazzi e ragazze.
- Nel look e nella moda... o nel vestirsi «diversamente».
- Nell'ironia e satira.
- In mezzo alla gente.
- Per sentire l'altro vicino col corpo... come modo di comunicare attraverso la vicinanza.
- Coralità (sentirsi coro).
- Esasperando l'uso dei simboli (amplificazione, esagerazione del simbolo).
- Con slogan, frasi sconnesse, monosillabi..., linguaggi trasgressivi.
- Con tutti i «sensi» attivati (con tutto il corpo; stimolazione sensoriale ed emotiva: un codice comunicativo loro tipico).
- Uso di oggetto coreografici che creano emozione.
- Identificazione con colori, generi, modelli.
- Identificarsi per apparire «differenti».
- Uniformità, consumismo, passività. Tre simboli come esemplificazione e figura:
Il tempo: la notte, il tempo dell'espressione del vissuto;
Il luogo: la strada
Un oggetto: il motorino, la macchina

1.6. Le intenzioni sottese, i perché e i significati
- Si ha paura della solitudine.
- Si ricerca un «ambiente proprio» (diverso, per sé).
- Per essere protagonisti.
- Per trovare un «frammento» d'identità personale in un tutto.
- Per dare valore alla vita.
- Perché ci si diverte.
- Per stare insieme, per un desiderio forte di incontrarsi.
- Bisogno di comunicare, di comunicare con il corpo, con tutto se stessi.

2. LETTURA EDUCATIVA

2.1. Ricchezze, frammenti di vita
In questo vissuto simbolizzato identifichiamo bisogni e domande:
- Bisogno di dare valorizzazione alla propria vita.
- Desiderio di essere felici.
- Bisogno di comprendersi ed essere compresi senza parlare.
- Una grande domanda di comunicazione ai livelli più profondi ed autentici.
- Ricerca di gratuità.
- Ricerca di identità attraverso l'identificazione (conoscersi-riconoscersi) e distinguersi (separarsi).
- Ricerca di solidarietà.
- Bisogno dí andare «oltre», di sperimentare il limite e il suo superamento nella direzione dell'alterità, della trascendenza, del mistero... (È lì dentro e non altrove che ritroviamo la loro disturbata e magari sepolta, sfigurata domanda religiosa).

2.2. Ambiguità
- Predominio di una comunicazione orizzontale e fatta di codici a prevalenza emozionale. - L'esclusione della «parola».
- Comunicazione superficiale.
- Distacco/esclusione dell'adulto dal mondo simbolico in quanto «diverso». - Uso esasperato o riduttivo della corporeità.
- Deresponsabilizzazione di fronte a paure, conflitti, problemi.
- Massificazione e delega della gestione ad altri (sono gestiti totalmente).
- La trasgressione e la differenza che diventa contrapposizione anche violenta. - Indifferenza al simbolico «diverso» e del mondo adulto.

2.3. Sfide come opportunità da parte dell'educatore
- La differenza propria del simbolico dei giovani è vissuta con smarrimento e disorientamento dagli educatori, impreparati a decodificare.
- Difficoltà di «accogliere» e fino a che punto (si danno dei criteri?) il vissuto giovanile espresso nel loro linguaggio simbolico.
- Atteggiamenti degli educatori: cosa convalidare? sublimare tutto? dare valenza di vita anche quando non ce l'ha?
- In questo anche l'educatore si sente provocato, non su qualcosa di marginale, bensì sfidato sull'identità (al livello del «senso» della propria esistenza).
- La condizione per «approssimarsi» al mondo simbolico giovanile: stare in mezzo ai giovani e «abitare la loro esperienza» per capire i loro linguaggi che ne sono l'espressione.

2.4. Problemi educativi
- Come conciliare la forte emotività di alcuni momenti puntuali di celebrazione, con la quotidianità e l'ordinarietà della vita?
- Occorre un ricupero della dimensione temporale del simbolo: un simbolo che trascina verso il passato (la preziosa memoria simbolica della vita degli «altri» dai giovani: gli adulti e coloro che hanno vissuto «prima di noi» la vita) e un simbolo che apra al futuro (utopia) dal momento che i giovani tendono ad appiattire il simbolo sul presente.
- I giovani esprimono la «vita», ma non tutta la vita e il suo senso: è «vita» anche quella degli adulti, e quella codificata nella memoria simbolica delle generazioni (anche di quelle cristiane): come farli incontrare con quelle «esplosioni simboliche» della vita?

3. GLI AMBIENTI GIOVANILI SONO AMBIENTI DI VITA PER I GIOVANI?

- I segni della vitalità giovanile sono tali solo per chi ci sta dentro; autoreferenzialità del linguaggio simbolico dei nostri ambienti giovanili.
- Predominiamo i linguaggi discorsivo-razionali nella nostra proposta di senso ai giovani. * Condizioni per rendere l'ambiente educativo aperto tutti:
- Creazione del clima; aiutare i giovani ad inserirsi in gruppo; accompagnamento e rapporto personalizzato.
* Condizione per far esplodere la comunicazione nel simbolico:
- Educare alla comunicazione, educare la comunicazione.

4. IL VISSUTO CELEBRATIVO

4.1. Come sono vissute le celebrazioni: tra ricchezza e problematicità
Là dove possono esprimere la loro soggettività e il protagonismo (affidare loro singoli momenti) i giovani celebrano volentieri.
- In esse prevale il «segno cosa»: i gesti e i segni <si fanno e si ripetono», ma non si innesca il «gioco simbolico» e perciò non «si vivono» (= connettono al vissuto quotidiano). - Sono consumate come occasione di festa; vengono celebrate nella ricerca del nuovo prodotto, ma nella logica dell'«oggetto festivo» (schemi «usa e getta»).
- La spettacolarizzazione.
- Il vissuto non è giocato nella celebrazione e non vi si ritrova dentro la vita del giovane.
- Ripetitività.
- Il corpo resta «ingessato» e quando avviene la sua valorizzazione la comunicazione diviene élitaria e non capita.
- I simboli forti della liturgia risultano imposti.
- Nella liturgia viene a ripetersi il simbolico rituale preconfezionato come altrove (tutto fatto e tutto preconfezionato come i differenti prodotti simbolici immessi nel circuito del consumo giovanile di massa).
- Assemblea che è assemblaggio, aggregazione ma non comunità della comunicazione che vive relazioni (povertà di simboli relazionali): «entri anonimo ed esci ancora tale».
- L'egemonia di un animatore liturgico o un presidente dell'assemblea mal si concilia con la esigenza di una comunicazione intersoggettiva di tanti soggetti che davvero si incontrano e intessono relazioni.
- Non si riesce a capire quel che «capita», quel che si sta facendo nel rito.
- Crisi e rifiuto di certi modi «imposti» di celebrare.
- L'ambiente nella sua struttura materiale: dice verticalità e rigidità ma non favorisce l'esperienza del sacro.

4.2. I rischi
- La pretesa di acculturare i giovani per farli abitare un mondo simbolico che rimane lontano da loro.
- L'usura dei simboli nella celebrazione liturgica (perdono di significatìvità).

4.3. Proposte e indicazioni
- Permettere alla esperienza celebrativa di connettersi all'esperienza religiosa (recupero della esperienza del sacro nel quotidiano).
- Necessità di recuperare la valenza simbolica attraverso la conseguente iniziativa di educazione e di catechesi (ricupero della memoria dei simboli).
- Quale è la comunicazione e la sua qualità (soprattutto dal punto di vista della comunicazione simbolica e dunque la comunicazione «al livello della relazione tra persone») nella comunità educativa e in quella ecclesiale?
- Una «ginnastica simbolica» per interiorizzare i simboli e ricuperare le cose come simboli (es: lo yoga, interiorizzare la montagna, il saluto al giorno...).
- Non si può celebrare niente che non sia preparato dalla comunità che celebra. C'è un «prima» di celebrare: è la condivisione della vita e del codice simbolico per esprimerla ed esprimerne il senso ritrovato insieme.
- Lavorare sull'intenzionalità e sull'interiorizzazione.

4.4. Problemi... interrogativi
- Bastano le convinzioni... chi ci crede non ha bisogno dei simboli?
- Spiegare o no i simboli, la loro ricchezza di senso, visto che non si capiscono (catechesi celebrativa)?
Un nodo da sciogliere: prediligere la «inculturazione» della liturgia nel mondo simbolico giovanile o l'«acculturazione» dei giovani al simbolico della liturgia di altri tempi o del mondo degli adulti? Basta un «et et»?