Fausto Perrenchio
(NPG 1993-07-56)
In questa mia indagine non intendo prospettare la fisionomia di una possibile Scuola della Parola di Dio con contenuti, obiettivi, metodi e destinatari tutti allo stato ipotetico, bensì analizzare un'esperienza concreta, quella che il Card. Martini, arcivescovo di Milano, porta avanti da 12 anni nella sua diocesi e che considera uno dei cardini della sua attività pastorale.
Ecco alcune sue perentorie affermazioni che c'introducono immediatamente nel cuore dell'argomento.
«Attraverso la scuola della Parola, le coscienze vengono formate a quella esistenza cristiana che sola può resistere all'urto della complessa società odierna. Talora ci si chiede: è possibile educare una comunità all'ascolto della Parola? non sarà forse soltanto privilegio di piccole élites, di piccoli gruppi? Anch'io lo pensavo pochi anni fa e, invece, ho dovuto convincermi che c'è una grazia di Dio anche per l'intero popolo cristiano, che la scuola della Parola può convocare un'intera città, che - servendosi in questo caso dei mass-media - si riesce a far pregare decine di migliaia di persone contemporaneamente, in ascolto e poi in silenzio, per una settimana. Perché la gente, in realtà, ha fame e sete della parola di Dio... C'è quindi per la società dei nostri giorni, per le nostre grandi città, per le megalopoli, una profezia di salvezza ed è molto più vicina di quanto ci immaginiamo»[1].
LA «LECTIO DIVINA»
L'interesse del Cardinale per la «lectio divina» non è di tipo teorico o storico, bensì concreto e pratico.
«È possibile un uso pastorale della lectio? È possibile impostare il cammino della chiesa su di essa? È possibile farne una realtà pastorale di popolo?» [2].
L'Arcivescovo non si nasconde che permangono nella chiesa timori, perplessità e remore circa questa possibilità. Una prima remora è di carattere culturale: la lettura della Bibbia è difficile, non è alla portata di tutti, è un'illusione quindi pensare di utilizzarla facendone un metodo pastorale. Una seconda remora è di carattere ecclesiale: la lettura della Bibbia, fatta da soli, è pericolosa; può originare, come la storia dimostra, eresie, scismi, posizioni estremiste e antigerarchiche. Una terza remora: la lettura della Bibbia rischia di portare all'intimismo e allo spiritualismo, a forme di cristianesimo estetizzante e disimpegnato [3].
Nonostante queste difficoltà, il Cardinale ribadisce la validità per tutti del riferimento personale alla Scrittura, e questo in base alla prassi della chiesa antica, alla tradizione patristica [4] e in particolare agli orientamenti del Vaticano II nella «Dei Verbum», orientamenti che purtroppo sono stati in larga parte disattesi, tant'è che egli auspica la celebrazione di un Sinodo universale in cui si esamini come le indicazioni della «Dei Verbum» abbiano avuto applicazione concreta nella prassi ecclesiale [5].
Pur non avendo in animo di offrire apporti originali sul piano teorico o storico, il Cardinale ritiene però opportuno presentare ai suoi fedeli un quadro sintetico della struttura della «Lectio».
Definizione e descrizione della «lectio»
A varie riprese, quasi sempre di sfuggita, il Cardinale ha modo di definire il fenomeno della «lectio»: «meditazione orante sulla parola di Dio» [6]; «lettura pregata e meditata della Scrittura» [7]; «lettura di una pagina biblica tesa a far sì che essa diventi preghiera e trasformi la vita» [8]; «leggere la Scrittura in spirito di preghiera come parola di Dio, in spirito di umile ascolto di questa Parola che ci parla nell'ambito della nostra vita e nel quadro della chiesa e del suo insegnamento» [9]; «esercizio ordinato dell'ascolto personale della Parola» [10]. Quest'ultima definizione è spiegata analiticamente. Esercizio: è qualcosa di attivo; la «lectio» è un momento in cui uno si mette, decide, cammina. Ordinato: è un esercizio con una sua dinamica interna che non va scavalcata. Dell'ascolto: la «lectio» è un ascolto, è un ricevere la Parola come dono; un ascolto fatto in atteggiamento di adorazione e di obbedienza. Personale: non è l'ascolto di una predica, di un'omelia, di una parola letta nella chiesa; è il momento personale dell'ascolto che fa da corrispondente necessario al momento comunitario; senza l'ascolto comunitario la «lectio divina» diventa individualismo, senza la «lectio divina», l'ascolto comunitario cade nel genericismo. Della Parola: mi parla la Parola che mi ha creato, che ha il segreto della mia vita, delle mie situazioni presenti, del cammino della chiesa, delle vicende del mondo.
In queste definizioni–descrizioni l'accento è dunque posto sul timbro religioso, orante dell'accostamento alla Scrittura.
La struttura della «lectio»
Nel prospettare le tappe del cammino della «lectio», il Cardinale si riaggancia evidentemente allo schema collaudato della tradizione patristica e monastica, le cui radici affondano addirittura nel terreno biblico e rabbinico. Originali nella presentazione sono il timbro pastorale, la semplicità e la chiarezza di linguaggio e l'accentuazione di alcuni aspetti particolari.
L'Arcivescovo ricorda innanzitutto alcuni principi che vanno sempre tenuti presenti nell'accostarsi al testo sacro:
* l'unità della Scrittura: la Bibbia pur essendo composta di tanti libri, ha tuttavia un carattere unitario; ogni pagina parla del grande disegno di Dio per la salvezza dell'uomo; questo va ricordato per non smarrirsi nella molteplicità delle vicende;
* l'esistenzialità della Scrittura: essa parla all'uomo e gli rivela i sentimenti più profondi del suo cuore, le sue miserie e le sue speranze;
* la dinamicità della Scrittura: la Bibbia contiene dei valori in continuo movimento; nel contatto con essa l'uomo viene educato a sentirsi costantemente in cammino, prende coscienza di dover rinnovare ogni giorno il suo impegno;
* la Scrittura è presenza reale di Gesù, per cui ascoltando la Parola si può entrare in comunione reale con Lui [11].
Segue l'elenco e la caratterizzazione delle varie tappe dell'itinerario della «lectio», tenendo presente che nella pratica i vari momenti possono anche intersecarsi [12].
– La «lectio» consiste nel leggere e nel rileggere il testo biblico, così da metterne in rilievo gli elementi portanti, i temi fondamentali, i simboli primari, le antitesi più vistose; leggere con la penna in mano, sottolineando le parole-chiave, le azioni, i verbi, i soggetti. L'esame accurato di questi elementi produce una conoscenza nuova, sorprendente del testo per la molteplicità di cose che si possono scoprire, e questo può accadere ogni volta. La «lectio» non è fine a se stessa e dunque va fatta per quel tanto che serve a rendere ricca la mediazione. Se però viene saltata, il testo è incapace di sprigionare tutta la potenza vitale che racchiude. È come un pezzo di ferro fuso che va ridisciolto perché la forza delle sue singole parti si manifesti. [13]
– La «meditatio» è la riflessione sui valori profondi e permanenti del testo. Va fatta con la mente, ma anche con il cuore, perché spesso i valori sono ricchi di risonanze affettive, di sentimenti. Comporta il superamento della quantità verso la qualità, delle forme esteriori (coordinate filologiche, storiche, geografiche, culturali, ecc.) verso i contenuti; i valori che emergono dal testo diventano fonte di confronto con la situazione personale di vita: che cosa mi dicono? come li vivo? come posso incarnarli maggiormente nella mia esistenza?
Ci può essere un rischio: quello di prolungare la «meditatio» all'infinito, compiacendosi di aver capito i valori del testo e illudendosi di viverli per il semplice fatto di averli colti in pienezza.
- L'«oratio»: i valori scaturiti dal testo in forza della «meditatio» sbocciano in preghiera, divengono motivo di lode, di ringraziamento, di supplica, di richiesta di perdono [14].
- La «contemplatio»: è il momento in cui il testo viene gustato, capito come per assimilazione ormai non più intellettuale e neppure riflessiva, ma per connaturalità; allora diviene saporoso, nutriente. Si tratta di dimorare con amore nel testo, anzi di passare dal testo e dal messaggio alla contemplazione di colui che parla attraverso ogni pagina della Bibbia: Gesù, figlio del Padre, effusore dello Spirito.
La «contemplatio» è adorazione, lode, silenzio davanti a colui che è l'oggetto ultimo della mia preghiera, il Cristo Signore, vincitore della morte, rivelatore del Padre, mediatore assoluto della salvezza, donatore della gioia del Vangelo. Essa è dunque in parte esercizio attivo, ma in parte disponibilità, accoglienza del dono infuso della carità, spazio dato allo Spirito di Cristo perché in noi adori, lodi e glorifichi il Padre. Senza questo momento della «contemplatio» non si diviene veri servi e ministri della Parola, capaci di farla gustare e di comunicarne ad altri la vita [15].
L'itinerario classico della «lectio» terminava con la «contemplatio» [16]; il Cardinale ritiene invece che, data la complessità e la ricchezza della struttura psicologica che conduce dal pensare all'agire, sia opportuno esplicitare un'ulteriore articolazione.
- La «consolatio»: è la gioia profonda, interiore, che scaturisce dalla consapevolezza di essere in comunione con Dio, di godere della presenza attiva dello Spirito, il Paraclito, il Consolatore. È quel non so che di pace, di serenità, di fiducia anche nella sofferenza che si vede trasparire dagli occhi di persone particolarmente sante. Non può essere considerata esperienza accessoria, superflua. È dalla «consolatio» che nascono le grandi scelte cristiane capaci di sfidare il tempo e gli ostacoli.
- La «discretio», cioè il discernimento: è una specie di «fiuto» spirituale, la capacità di cogliere, sotto l'influsso dello Spirito, ciò che nella vita è conforme al Vangelo e ciò che non lo è; dove opera lo Spirito di Dio e dove invece lo spirito di Satana.
- La «deliberatio»: è l'atto interiore con cui l'uomo si decide a scegliere secondo e come Cristo, che è perfetta conformità alla volontà del Padre.
– L'«actio»: è il vivere e l'agire secondo lo Spirito di Cristo e realizzare così il Regno di Dio nella storia. È questo il frutto maturo di tutto il cammino della «lectio».
L'intero percorso della «lectio» può essere suggestivamente riassunto in tre momenti: il momento della salita (lectio, meditatio, oratio), l'arrivo in vetta (contemplatio) e il momento della discesa (consolatio, discretio, deliberatio e actio).
Per quanto riguarda i momenti e la durata di tempo da dedicare alla «lectio», il Cardinale dice innanzitutto che essa non va riservata a cristiani d'élite» o a specialisti della preghiera, ed esorta quindi a farla diventare esperienza spirituale quotidiana nella vita del cristiano normale. «Nessun cristiano, che abbia un minimo di cultura e che voglia fare un serio cammino interiore, dica di non aver tempo... Non si può non trovare il tempo per alcuni minuti (all'inizio ne bastano dieci!) di «lectio divina» la sera prima di addormentarsi, la mattina prima di iniziare il lavoro, durante una breve pausa a metà giornata» [17].
A modo di proposta concreta suggerisce che le riunioni di consiglio parrocchiale o di gruppo o di Azione Cattolica inizino con un momento di «lectio»; che nelle famiglie s'impari a pregare insieme anche con l'esercizio settimanale della «lectio»; che ogni cristiano impari a leggere ed interpretare gli eventi significativi della sua vita attraverso la «lectio» di una pagina della Bibbia [18]; che essa sia esercitata in primo luogo sui testi biblici inseriti nella liturgia.
Importanza della «lectio»
Sull'importanza basilare dell'esercizio della «lectio divina» per alimentare la vita cristiana il Cardinale s'impegna in una serie di asserzioni impressionanti. «La lectio divina costituisce la trama di tutta la vita spirituale della chiesa, la radice della spiritualità cristiana e non è esclusiva di una o di un'altra spiritualità. Una spiritualità cristiana non basata sulla Scrittura difficilmente potrà sopravvivere in un mondo complesso come quello moderno, in un mondo difficile, acculturato, frantumato, disorientato. Senza l'esercizio della «lectio divina» il cristiano avrà sempre una fede infantile, scollata dalla vita» [19]. «Oggi un cristiano non può diventare adulto nella fede, capace di rispondere alle esigenze del mondo contemporaneo, se non ha imparato a fare in qualche modo la lectio divina» [20].
«Io non mi stancherò di ripetere che la lectio è uno dei mezzi principali con cui Dio vuole salvare il nostro mondo occidentale dalla rovina morale che incombe su di esso per l'indifferenza e la paura di credere. La lectio divina è l'antidoto che Dio propone in questi ultimi tempi per favorire la crescita di quella interiorità senza la quale il cristianesimo... rischia di non superare la sfida del terzo millennio» [21].
Ma l'Arcivescovo non si limita ad affermazioni di principio; spiega come proprio l'esercizio della «lectio divina» consenta di superare quello che tante volte Giovanni Paolo II ha denunciato come il dramma del cristianesimo contemporaneo: lo scarto, la separazione tra fede e vita. La «lectio» ha proprio come obiettivo di tradurre, di incarnare la fede nel quotidiano, in modo che attraverso l'ascolto della parola, Gesù Cristo, parola vivente di Dio, plasmi di sé il vissuto del cristiano.
La lectio è contraria al parallelismo che noi spesso siamo abituati a ritenere ovvio: leggo la Scrittura e in questo modo potrò avere un po' più di coraggio e di forza nella mia vita, potrò ricordarmi un po' più di Dio. No! Leggo la Scrittura perché da essa nasce il discernimento nelle scelte e nelle azioni della vita.
La lectio divina è generatrice delle scelte evangeliche sia personali sia comunitarie. Per questo dalla ruminazione della Scrittura nasce l'agire evangelico della carità: carità che si occupa del fratello, dell'ultimo; carità sociale; carità politica. Dobbiamo fortemente diffidare di ogni scelta nella carità che non sia radicata nella fede in una fede, nutrita dall'ascolto della parola» [22].
Il Cardinale addita nella Madonna un modello affascinante di questa lettura pregata della parola di Dio: «Maria ruminava, meditava, cercava di comprendere. In fondo faceva la lectio divina e la sua memoria degli eventi e delle parole diventava contemplazione progressiva della rivelazione del mistero di Dio» [23]. «È lei la madre della contemplazione, la vergine delle Scritture che sa meditarle giorno e notte come il saggio della pagina biblica» [24].
LA SCUOLA DELLA PAROLA
Il 5 Novembre 1981 il Card. Martini, dando inizio per il secondo anno all'esperienza della Scuola della Parola, esordiva dicendo: «Prima di tutto vi dirò che sono contento di rivedervi e che ho pensato più volte a voi in questi mesi, ricordando i momenti passati insieme, e non soltanto ci ho pensato io, ma ci cono stati anche altri che me lo hanno fatto ricordare. Mi è capitato persino di trovarmi in viaggio all'estero e sentirmi chiedere: «Ma che cosa si fa quest'anno in Duomo? Vogliamo sapere..., abbiamo sentito...». Io ho evitato per lo più di parlare di questa esperienza, ma sono stato interrogato su di essa; vuol dire che prima che ne parlassi molti ne avevano sentito l'eco» [25].
Prima di analizzare le caratteristiche di questa singolare esperienza descrivo brevemente le circostanze che ne hanno determinato l'inizio [26].
Inizio e sviluppo della Scuola della Parola
Dopo qualche mese dall'ingresso in diocesi, alcuni giovani chiedono all'Arcivescovo di insegnare loro a pregare partendo dalla Bibbia. La richiesta è accolta e si fissa un primo incontro per il mese di maggio nel cortile del grande Seminario, al centro di Milano.
Al termine dell'incontro i giovani chiedono che il tema sia ulteriormente sviluppato, attraverso la presentazione di modelli concreti. A questo punto il Cardinale propone loro la Scuola della Parola in Duomo, ogni primo giovedì del mese, a partire dall'ottobre 1980. La risposta dei giovani è subito imponente e andrà crescendo di mese in mese fino a riempire totalmente il Duomo.
La Scuola della Parola in Duomo prosegue per cinque anni su tematiche diverse: il tema della preghiera nel Vangelo di Luca [27]; il problema di Dio e dell'uomo nei Salmi [28]; la vita come vocazione [29]; il Salmo Miserere, nell'anno santo della Redenzione [30]; la donna nella Scrittura [31]. Ad un certo punto gli incontri con i giovani dei primi giovedì del mese vengono trasmessi per radio, in modo che si possano unire altre parrocchie della diocesi. Dopo 5 anni, dato il numero crescente dei partecipanti, la Scuola della Parola dal Duomo si decentra nelle zone pastorali della diocesi. Nell'anno 1989-'90 si designano 70 luoghi di raduno, con 70 sacerdoti incaricati della Scuola, ai quali il Cardinale all'inizio del cammino indica tema e linee di metodo; a conclusione dell'itinerario annuale tutti i partecipanti s'incontrano con l'Arcivescovo. Si ritiene che i giovani contattati nel 1991, attraverso la Scuola, siano dai 17 ai 18 mila [32].
Definizione e descrizione della Scuola della Parola
Il Cardinale non si preoccupa di formulare definizioni logico-formali di questa esperienza, però a più riprese la descrive con sufficiente precisione e completezza. Si tratta di «una scuola di lettura biblica per il popolo» secondo il metodo della «lectio divina» [33]; è un esercizio di interiorizzazione della parola di Dio per imparare a pregare personalmente a partire dalla Scrittura, cosicché diventi in ciascuno nutrimento della preghiera, luce e energia per la vita; non è quindi semplicemente un'occasione per fare della catechesi, per introdurre a leggere e comprendere la Bibbia, ma un'introduzione a contemplare Gesù che parla attraverso la pagina ispirata da Dio, e che porta a rispondere con generosità alle sue richieste di conversione e di edificazione della comunità cristiana [34].
In sintesi, lo scopo della Scuola della Parola è «insegnare ai giovani a fare la Lectio, a mettersi personalmente di fronte al testo, per pregare a partire da esso...; insegnare a vivere della Parola, a stare nella Parola, quindi a vivere con gioia, con gusto, con sorpresa l'incontro con la Parola di Dio scritta, che poi diventa incontro con Gesù, con Dio, che mi sta chiamando e al quale cerco di dare risposta» [35].
Struttura della Scuola della Parola
La struttura della Scuola della Parola s'ispira fondamentalmente allo schema della «lectio divina». Lo svolgimento dell'incontro è in pratica molto semplice e lineare: un salmo iniziale, per creare un'atmosfera religiosa; qualche indicazione di metodo; la lettura di unbrano biblico; una ventina di minuti di spiegazione meditativa, con interrogativi personalizzati, per introdurre al momento contemplativo, a un assoluto silenzio adorante; infine il suggerimento di un impegno a livello operativo [36].
Osserva il Cardinale: «Il segreto della riuscita di questa iniziativa sta nel fatto che non offriamo ai giovani una catechesi e nemmeno un'omelia, bensì gli strumenti per porsi direttamente di fronte al testo, per esercitarsi nella 'lectio divina'» [37].
Ci sono alcuni elementi di questa struttura che meritano un'attenzione particolare.
Innanzitutto l'importanza attribuita al silenzio. «Non c'è forse — osserva ancora il Cardinale — durante i giovedì della Scuola della Parola in duomo, tempo più bello dei venti minuti in cui si fa assoluto silenzio. E ci si accorge se la gente è entrata o meno nel silenzio, se ha fatto fatica per entrarvi» [38]. «È un silenzio attivo, riempito dallo Spirito Santo, nel quale, adorando Dio presente, si dialoga con lui, a partire dalla Parola che ci ha raggiunto, per rileggere la propria vita personale e quella della chiesa con gli occhi, l'amore e le attese di Dio» [39].
In secondo luogo, la vivezza e l'incisività delle domande con cui il Cardinale attualizza il brano biblico e l'aggancia alla vita degli ascoltatori. Un esempio, soltanto! Dopo aver brillantemente commentato ai giovani il Salmo 1, quello delle due vie, rilevando che in esso viene descritta la beatitudine dell'uomo che ha capito come ciò che lo fa essere se stesso non è semplicemente uno sforzo di perfezione morale, ma è il riferimento alla parola di Dio, il lasciarsi nutrire dalla Parola, il lasciarsi immergere nella Parola come le radici dell'albero nell'acqua, pone loro una serie di interrogativi: vivo veramente della parola di Dio, cioè essa è qualcosa che mi riempie il cuore, che mi nutre? Nella mia vita quali tempi e quanto tempo do all'ascolto della Parola e quanto tempo invece dedico a ciò che è dispersione, «come pula che il vento disperde», a ciò che è dissipazione? Quali gesti mi fanno vivere della Parola, quali gesti segnano in me l'efficacia della Parola che ho ascoltato? Cioè, esprimo anche nel mio corpo che io sono nutrito della Parola e ne vivo? [40]
In terzo luogo, a conclusione e come sbocco del momento contemplativo, l'«actio», cioè un impegno concreto, un gesto suggerito a quanto si è meditato [41]. A questo proposito il Cardinale ricupera dal Rito per l'iniziazione cristiana degli adulti il gesto della «Traditio» e della «Redditio Symboli»: si riceve la fede dal vescovo e la si riconsegna a lui in forma di programma di condotta di vita [42]. Al termine di un anno della Scuola della Parola, ad esempio, ogni partecipante decide di impegnarsi coraggiosamente nella testimonianza cristiana, attraverso la consegna all'Arcivescovo di una lettera personale contenente la propria regola di vita spirituale [43]. Oppure è l'arcivescovo stesso ad indicare un ambito specifico di impegno, quasi in forma di mandato: «Io ho scritto, come avevo annunciato da tempo, una lettera ai tanti giovani che non ho mai modo di incontrare e credo che ciascuno di voi conosca almeno uno di questi giovani che frequentano le discoteche, i bar, e che non vengono mai in chiesa. Vi affido questo mio scritto intitolato: Lettera ai giovani che non incontro perché voi lo diate personalmente a un giovane o a una ragazza a nome mio. È questo il gesto missionario, semplice e però coinvolgente che vi propongo e nessuno è obbligato a farlo. Chi di voi avvertirà l'ispirazione del Signore, in questo momento di silenzio e di preghiera, individuando forse già a chi potrebbe dare la lettera, allora potrà avvicinarsi e riceverla in modo impegnativo e pubblico» [44].
Singolare e ricchissima, infine, la produzione di preghiere dirette e spontanee da parte del Cardinale durante la Scuola della Parola nelle varie forme espressive [45]; è un fatto che evidenzia la consapevolezza dell'Arcivescovo di dare vita ad un'esperienza spirituale di cui non è lui il protagonista, e quindi l'esigenza di rivolgersi continuamente a questo «Tu» misterioso, ma presente e attivo.
Importanza e frutti della Scuola della Parola
Dato che, come ho appena documentato, la Scuola della Parola è nient'altro che una forma di «lectio divina» a livello popolare, tutte le affermazioni sull'importanza della «lectio» valgono automaticamente anche per la Scuola della Parola.
Comunque l'Arcivescovo ha avuto modo di pronunciarsi anche direttamente sulla Scuola della Parola. «Non ho trovato mezzo migliore, nella mia diocesi, per comunicare con i giovani se non la lettura comune della Scrittura: leggere, ascoltare insieme la Parola che ci parla, ci interroga, ci interpreta, ci risponde, ci incoraggia» [46]. «La Scuola della Parola è un mezzo privilegiato - non l'unico - con cui lo Spirito Santo può rievangelizzare i cuori attraverso l'ascolto personale, comunitario, ecclesiale della Parola...; è un mezzo molto semplice attraverso il quale il Signore vuole parlarci» [47].
Per quanto riguarda i frutti di questa Scuola della Parola possiamo partire da un testo in cui il Cardinale stesso al termine del primo anno di esperienza elenca gli aspetti positivi del cammino percorso [48].
- È stata un'esperienza bella, in cui si è sentito la chiesa come chiesa;
- è stata molto importante la preghiera a partire dalla parola di Dio, come risposta a Dio che parla. «Nella Scuola della Parola io ho visto tantissimi giovani nutrirsi della Parola, dando a me e a molti la certezza che la Parola è nutrimento vivo per l'oggi» [49];
- altrettanto significativo è l'aver pregato insieme e l'aver sentito e vissuto, in questo cammino orante, il mistero di Dio presente nell'assemblea, l'aver imparato a comunicare nella fede a partire dalla Parola.
«L'ascolto credente della parola di Dio, libera e unifica. Esso unisce anche tra loro quelli che ascoltano la stessa Parola, producendo esperienze di autentica comunicazione» [50];
- è stata un'espressione totale e quindi anche corporea: ascolto, proclamazione, canto, silenzio; diversi ritmi in cui si può esplicitare la risposta dell'uomo alla parola di Dio;
- infine, questa esperienza è sboccata spesso nella celebrazione del sacramento della riconciliazione.
Un altro frutto molto evidente e consolante della Scuola della Parola è stato il nascere di vocazioni per la vita religiosa per il volontariato, per l'impegno civile, sociale e politico [51]. In un certo senso, questo è un esito naturale, normale del contatto con la Parola; la vocazione infatti è una parola che Dio rivolge all'uomo e a cui l'uomo è chiamato a rispondere; è proprio prendendo sul serio la Scrittura, come parola che Dio dice all'uomo, che ha inizio il dialogo vocazionale.
D'altra parte è proprio facendo scoprire ai giovani la radicalità cristiana, è educandoli ad un certo tono, ad una certa tensione spirituale, che li si aiuta automaticamente a realizzare scelte vocazionali autentiche [52].
«Negli incontri con i gruppi giovanili vengo spesso interrogato sul modo con cui riuscire a scoprire la propria vocazione.
Ordinariamente rispondo che uno dei modi più efficaci è quello di dedicarsi fin dalla giovane età alla «lectio divina»: nella contemplazione del progetto di Dio sull'umanità e nelle chiamate che Dio fa di tanti uomini a impegni definitivi per il suo popolo, ciascuno sentirà lo stimolo a quella chiamata definitiva che è destinata a caratterizzare il suo futuro» [53].
Un frutto importante che il Cardinale auspica possa scaturire dalla Scuola della Parola è il dilatarsi dell'esperienza stessa tramite l'apporto di tutti coloro che vi hanno partecipato. Concludendo per il quinto anno la Scuola della Parola in Duomo congedava i giovani dicendo: «Noi che concludiamo questi cinque anni di Scuola della Parola in Duomo, siamo chiamati a farne dono ad altri, e non è responsabilità da poco... Riesprimere questo dono reciproco di comunione nell'ascolto della Parola comporterà certamente dei rischi. Non sarà sufficiente trapiantarlo come un programma. Occorrerà ricreare il clima d'ascolto riverente e adorante, la coscienza della forza della Parola accolta nel silenzio, perché questo è il dono fondamentale che il Signore ha fatto a noi. Metterci di fronte alla Parola con la certezza che essa, ascoltata e assimilata nel silenzio, è vita, è energia, è presenza di Cristo, è dono per i fratelli» [54].
Cinque anni dopo, di nuovo alla conclusione di un itinerario di Scuola della Parola, il Cardinale specifica ancor meglio il segreto di questo «contagio» attraverso la qualità della vita: «Gesù ci insegna ad evangelizzare essendo soprattutto noi stessi vangelo, vangelo della paternità di Dio, lasciando che lo Spirito gridi in noi: «Abbà, Padre» ripetendo questo grido con semplicità nelle occasioni più quotidiane, facendo sì che traspaia dal nostro modo di agire, pur senza dirlo... Noi siamo riportati, dalla scuola di Gesù, a quel fare missione che è anzitutto «essere vangelo», lasciare che il vangelo della figliolanza messo nel nostro cuore dallo Spirito Santo si esprima nella verità dell'esistenza quotidiana» [55].
Da quanto ho documentato nelle pagine precedenti circa la diffusione della Scuola della Parola si può dire che l'auspicio del Cardinale è divenuto in buona parte realtà concreta.
Ma anche altre iniziative, in ambito di pastorale giovanile, sono fiorite, in modo più o meno diretto, dagli incontri della Scuola della Parola.
Mi riferisco, ad esempio, alle Scuole per l'educazione all'impegno sociopolitico. Al termine del programma pastorale 1985-86, Farsi prossimo, partiva dai giovani la proposta di una formazione che li abilitasse a «farsi prossimo» non soltanto nelle situazioni quotidiane del loro particolare ambiente di vita, ma anche nelle situazioni più difficili, nell'impegno sociale e politico. Sono nati così 25 centri in diocesi con più di 3.000 giovani partecipanti che per due anni, con impegni bisettimanali, hanno seguito i corsi con perseverante assiduità nonostante la densità e la serietà dei programmi [56].
Come sbocco di un altro programma pastorale, Itinerari educativi, del 1988-89, il Cardinale lanciava l'idea di una grande assemblea giovanile, designata da subito con il nome di «assemblea di Sichem», «nel ricordo dell'assemblea di rinnovamento dell'alleanza descritta dal libro di Giosuè nel c. 24, che costituì un evento decisivo per la storia del popolo. Tale assemblea... dovrebbe essere l'occasione per esprimere l'alleanza missionaria dei giovani con Gesù Cristo, Signore di questa nostra terra, cultura e civiltà, in una rinnovata fedeltà a lui, tradotta in atteggiamenti e iniziative proprie del mondo giovanile» [57].
Quest'assemblea ha effettivamente avuto luogo il 6/7 maggio 1989 al Palalido di Milano, alla presenza di 2.500 delegati, preceduta dalla Scuola della Parola ai primi giovedì del mese su Gs 24 (12.000-15.000 giovani partecipanti), dall'inchiesta decanale dei giovani (gennaio-febbraio 1989) e seguita dall'incontro allo stadio di S. Siro (40.000-50.000 giovani) e dall'incontro con il papa a Santiago di Compostela. Il motto dell'assemblea: «Scegliamo di servire il Signore e lo proclamiamo» veniva spiegato così dall'Arcivescovo: «Riconoscere Gesù come Signore; seguirlo nel suo modo di valutare la realtà e accettarne le conseguenze; farsi carico con amore dei fratelli, anche soli, lontani, smarriti; e questo con parresia, con libertà e coraggio».[58]
Un'ultima iniziativa che si ricollega in filigrana con la Scuola della Parola è il «gruppo Samuele», un gruppo di 150 tra giovani e ragazze che hanno accolto l'invito dell'Arcivescovo a compiere un cammino vocazionale a tutto campo per fare la volontà di Dio nella propria vita.
Confida il Cardinale: «È stata per me un'esperienza straordinaria perché i partecipanti, provenienti da tutte le zone della Diocesi, sono stati fedelissimi agli appuntamenti mensili (dalle ore 16 alle 21) e hanno svolto un lavoro densissimo di preghiera, ascolto, dialogo, riflessione, silenzio, sempre mirato a una ricerca della volontà di Dio. Ho ammirato la loro disponibilità, generosità, gioia. Abbiamo constatato che esistono oggi giovani e ragazze con altissime disponibilità vocazionali» [59].
Il Card. Martini e i giovani
Già ho parlato dello stile pastorale del Card. Martini; qui m'interessa far risaltare qualche aspetto che riguarda in particolare la sua conoscenza, il suo atteggiamento e la sua sensibilità nei confronti del mondo giovanile.
Una prima indicazione concerne il comportamento dell'educatore dei giovani. «Che cosa sappiamo fare per i giovani? Sentiamo in noi una vera affinità con i giovani..., un'affinità con le aperture profonde del loro cuore?... Amiamo a fondo i giovani, con lo sguardo e l'amore di Cristo? E per amarli a fondo, sappiamo sentire in noi quell'affinità che è il dono della perenne giovinezza che da Cristo è dato a ciascuno di noi, qualunque sia la nostra età anagrafica?... Il segreto dell'attenzione ai giovani, dell'affinità con loro, non consiste nell'imitarli nelle mode, nel cercare di riprodurne il gergo, nell'assumere forme strane di giovanilismo, piuttosto sta nella giovinezza del cuore, libero e aperto alla verità che l'eucaristia e i misteri del Signore ricostituiscono quotidianamente in noi» [60].
Testimoni dell'attività pastorale del Cardinale notano come proprio questo sia lo stile della sua azione. A proposito della Scuola della Parola: «I giovani sono venuti sempre più numerosi: si sono sentiti capiti, interpellati, aiutati, amati, e così tornavano ogni primo giovedì del mese... La parola familiare, profonda dell'Arcivescovo li faceva riflettere e dal testo della Scrittura li guidava alla preghiera adorante, al silenzio, all'Eucaristia... Poco a poco i giovani trovano le risposte che avevano cercato e che non cercavano più. Gli incontri del giovedì sono stati in più occasioni lo spunto per dire a compagni di scuola, di lavoro, delusi o scettici: Vieni in Duomo e vedrai!». [61]
E a commento di un corso di Esercizi Spirituali predicati a ragazzi delle medie: «È sorprendente come l'Arcivescovo sia riuscito a spezzare la Parola calandola (e calandosi) nell'esperienza e nella psicologia dei ragazzi in un modo che ci sembra esemplare. Viene alla mente l'espressione evangelica: «Gesù, fissatolo, lo amò» (Mc 10,20ss.). Essa sta all'origine di ogni vera comunicazione. Per poter accogliere, capire, ascoltare i ragazzi, per poterli aiutare ed avere affinità con le aperture del loro cuore, per saper vedere ciò che muove i loro desideri, occorre averli fissati a lungo con l'amore di Gesù» [62].
Per quanto riguarda la situazione del mondo giovanile, troviamo sintetizzate le convinzioni dell'Arcivescovo in un articolato intervento dal titolo significativo: Chiesa e giovani, un incontro possibile [63]. Sono conclusioni che egli trae, lo dice esplicitamente, dalla sua esperienza di pastore. La ricerca dei giovani si può condensare in queste quattro esigenze:
* i giovani vogliono incontrare la figura autentica di Gesù, che è ancor oggi capace di parlare al loro cuore e di dare significato alla loro vita;
* i giovani vogliono imparare il silenzio e la preghiera; tutto congiura ad impedire loro la creazione di questo clima, ma è solo così che essi possono trovare la verità di se stessi, l'unità interiore e la pace;
* i giovani vogliono un'esperienza di chiesa autentica e familiare, non una teoria sulla chiesa, ma un'esperienza; se s'imbattono in espressioni di comunione ecclesiale semplici e familiari sono disposti a vivere la chiesa anche come magistero, come tradizione, come disciplina;
* i giovani vogliono vivere un'esperienza semplice di amicizia, un'amicizia che a poco a poco si apre ad orizzonti più larghi, pur restando autentica amicizia.
Da questo elenco di esigenze, il Card. Martini trae una serie di indicazioni e di prospettive:
- introdurre ad esperienze autentiche, perché un'esperienza autentica fa saltare in aria un castello di obiezioni e di difficoltà;
- far sentire ai giovani la loro responsabilità di fronte al futuro della storia, del mondo, della chiesa, sapendo mettere in conto anche rinunce e sacrifici;
- alternare, nelle proposte giovanili, preghiera, dialogo, impegno caritativo, impegno sociale; offrire cioè proposte differenziate e saperle bilanciare in modo da garantire un equilibrio, un'armonia di fondo.
In questo compito immagine di intuizione delle esigenze vere dei giovani, di risposta intelligente e tempestiva, di vicinanza affettuosa e solida, il Cardinale indica ancora una volta come risorsa sperimentata e inesauribile il ricorso alla parola di Dio. «Se ogni educatore tenesse sul proprio tavolino la Scrittura, per aprirla e lasciarsi confortare nei momenti difficili, e se lasciasse come tesoro, a coloro che educa, l'amore per la Scrittura, credo che avrebbe già compiuto un meraviglioso compito educativo. Non c'è infatti realtà più bella che quella di saper trasmettere l'amore per la parola di Dio scritta, e la capacità di gustarla, il desiderio di penetrarla. Da tanti anni ormai leggo la Scrittura, e vi confesso che tutte le volte che mi ritrovo davanti a una pagina dell'Antico Testamento, a un brano dei Vangeli, vivo la sorpresa di qualche cosa che mi viene rivelata di me, della situazione che ho intorno, dei problemi che mi sto ponendo.
E tutte le volte sono aiutato e incoraggiato nel cammino. La Bibbia è, in questo punto, davvero inesauribile e l'intelligenza dei cammini dell'uomo, che ci può dare, è una forza formidabile, per la vita di chi la legge» [64].
CONCLUSIONE
Cosa concludere da questa lunga analisi corredata, a ragion veduta, di continue citazioni dirette?
Intanto c'è da tener conto del dato di fatto (e il dato di fatto ha già sempre in quanto tale una sua eloquenza!) di una massa non indifferente di giovani che ha aderito alla proposta seria ed impegnativa del Cardinale. E questo ha costituito certamente un fattore positivo per la pastorale giovanile della diocesi, unificando iniziative sparse, scuotendo situazioni impigrite e stagnanti, offrendo indicazioni di percorso autorevoli e chiare.
Se adesso ci chiediamo le ragioni di questo risultato, mi pare di poter esplicitare questi motivi:
1. Una buona percentuale del successo ottenuto è attribuibile alla ricca e poliedrica personalità del Card. Martini, a cominciare dal suo profilo umano, equilibrato ed armonico, fino alla finezza della sua formazione culturale, vasta e profonda, e alla sua statura religiosa e spirituale.
Mi pare di dover accentuare però l'aspetto dell'uomo di fede che accetta incondizionatamente il primato di Dio nella sua vita - il passaggio dal «fare al lasciarsi fare» - e nella storia. Questo gli consente una grande libertà di movimento ed una grande creatività, che è alla fin fine docilità allo Spirito del Signore, sempre inedito e sorprendente.
2. La consapevolezza del primato di Dio nella propria vita e nella storia si esplicita e si concretizza nell'effettivo primato dato alla parola di Dio nella propria azione pastorale.
In pratica questo significa: fede nella forza misteriosa della parola di Dio che ha una sua dinamica e dei tempi di maturazione difficilmente conteggiatili e verificabili; impegno prioritario e fiducia nell'attività di annuncio della Parola, «a tempo e fuori tempo», senza pretendere di constatarne i frutti a scadenza prefissata [65]; un annuncio chiaro e netto per quanto riguarda i contenuti, propositivo e mite per quanto concerne i tempi e i modi di recezione e di assimilazione.
3. Accostamento semplice e sincero alla propria gente e fiducia nella sua capacità radicale, nativa, di sintonizzarsi sulla parola di Dio. Per cui il suo annuncio è certamente un dire coraggioso perché egli sa di proporre la Parola a qualcuno che da questa Parola è stato plasmato, ma insieme è un «dire ascoltante» perché egli sa che ogni uomo è unico e irripetibile, ha in sé qualcosa di originale e di tipico che costituisce sovente il punto d'accesso privilegiato per un'evangelizzazione profonda della sua vita.
Un interrogativo critico riguarda però l'efficacia in profondità e durata dell'iniziativa dell'Arcivescovo; non risulta infatti dall'analisi che siano state pensate e messe in atto nelle realtà parrocchiali e associative delle strutture educative capaci di assicurare l'assimilazione e la maturazione dei contenuti biblici ed evangelici proposti dal Cardinale.
NOTE
1) Martini, Un anno da Loreto, in Martini, Farsi prossimo nella città, ed. Dehoniane (Bologna 1987) 205-206.
2) Martini, L'uso pastorale della «lectio divina», in Comunicare nella Chiesa e nella società 642.
3) Cfr Martini, Pregare la Bibbia, in Per una santità di popolo 435-436.
Il Cardinale riconosce come serio ed oggettivo soprattutto il secondo rischio, quello di una lettura della Bibbia di tipo «extraecclesiale» o «antiecclesiale». Su questo punto nel postconcilio si sono verificate delle deviazioni, né ci sono ancora delle soluzioni collaudate e sicure; nemmeno il Concilio le ha elaborate chiaramente. Comunque il superamento delle difficoltà va cercato nella linea di un riferimento e di un docilità sempre più grande alla Scrittura da parte dell'intera chiesa: pastori e fedeli. «Così non ci sarà più da una parte la chiesa e dall'altra il fedele che va a leggersi la Scrittura, ma la lettura della Scrittura sarà uno dei momenti mediante il quale la chiesa porge ai fedeli i tesori della parola di Dio e del corpo di Cristo» (Martini, Pregare la Bibbia, in Per una santità di popolo 448).
4) Cfr Martini, Pregare la Bibbia in Per una santità di popolo 440-442.
5) Cfr Martini, L'uso pastorale della «lectio divina», in Comunicare nella Chiesa e nella società 635-643. Il Cardinale sintetizza così l'insegnamento del Concilio per quanto riguarda il nostro tema: «Tutti i fedeli debbono avere accesso anche diretto alla Scrittura; devono leggerla frequentemente e volentieri; devono imparare a pregare a partire dalla lettura diretta della Bibbia; tutto questo al fine di conoscere Cristo Gesù, perché non lo si può conoscere al di fuori delle Scritture, e di conoscerlo in maniera eminente» (Martini, L'uso pastorale della «lectio divina», in Comunicare nella chiesa e nella società 636).
6) Martini, Dio educa il suo popolo, in Programmi pastorali 440.
7) Martini, Educazione personale e pastorale dei presbiteri, in Interiorità e futuro 508.
8) Martini, In principio la Parola, in Programmi pastorali 74.
9) Martini, Perché Gesù parlava in parabole, ed. Dehoniane/EMI (Bologna 1985) 108.
10) Martini, Popolo in cammino, ed. Ancora (Milano 1983) 13-14.
11) Cfr Martini, «Lectio divina» e pastorale, in Farsi prossimo nella città 564-565.
12) Per la descrizione di queste varie tappe, cfr Martini, La «lectio divina», in Un popolo, una terra, una chiesa 400-404; Martini, «Lectio divina» e pastorale, in Farsi prossimo nella città 565-567; Martini, Popolo in cammino, ed. Ancora (Milano 1983) 14-17; Martini, Uomini di pace e di riconciliazione, ed. Borla (Roma 1985) 34-40; Martini, Perché Gesù parlava in parabole, ed. Dehoniane/ EMI (Bologna 1985) 108-115; Martini, La gioia del Vangelo, ed. Centro Ambrosiano/Piemme (Milano/Casale 1988) 12-15.
13) «È un'urgenza dell'ora presente; è stato il Vaticano II... ad affermare la necessità che tutti pratichino la «lectio divina». Nelle visite pastorali insisto molto su questo punto e ripeto ai giovani di abituarsi a farla ogni giorno; anzi regalo a ciascun giovane una copia del Vangelo che si legge nel ciclo dell'anno liturgico, in una edizione tascabile per la quale ho fatto una prefazione indicando come imparare a pregare. Alla copia del Vangelo aggiungo una penna dove c'è scritto: sottolinea il Vangelo. Sono infatti convinto che con la penna in mano è assai più facile per un giovane leggere il vangelo cominciando a sottolineare le parole-chiave, facendo quasi un'analisi del brano, per poi entrare nella meditazione» (Martini, Formazione e azione in Azione Cattolica, in Farsi prossimo nella città 364-365).
14) Questa tappa sovente negli interventi del Cardinale è inglobata nella «meditatio» e nella «contemplatio».
15) Questo processo ha evidentemente un'importanza tutta particolare per i sacerdoti incaricati di spezzare la parola di Dio al popolo. «La domanda iniziale di chi intende prepararsi alla predicazione dev'essere formulata in modo corretto: essa non è primariamente «che cosa dirò», ma «che cosa questa Parola dice». Anziché lasciarci polarizzare immediatamente dal problema del discorso da fare, percorriamo dapprima il sentiero più lungo, ma più fecondo e vero dell'ascolto. Risulta più evidente in questa luce, che quanto ci si deve preparare a dire non è un qualsiasi «dicibile», ma il «dicendum», «ciò che va detto» qui e adesso, a questa assemblea, in questa celebrazione, sotto l'influsso dello Spirito Santo che ora si muove a parlare... L'ambiente vitale dal quale può scaturire la pre- dicazione come evento salvifico per noi e per gli altri è la lectio divina'» (Martini, Predicate il Vangelo, in Sia pace sulle tue mura 134).
16) In realtà già alcuni autori antichi, e fra questi spicca Ugo da S. Vittore, andavano oltre il momento della «contemplatio» e facevano sboccare l'itinerario della «lectio» nell'ambito operativo. (Cfr ad es. Masini M., Iniziazione alla «Lectio divina», ed. Messaggero (Padova 1988) 115-116.
17) Martini, Itinerari educativi, in Programmi pastorali 522.
18) Cfr Martini, «Lectio divina» e pastorale, in Farsi prossimo nella città 568-569.
19) Martini, Perché Gesù parlava in parabole, ed. Dehoniane/EMI (Bologna 1985) 114.
20) Martini, Dio educa il suo popolo, in Programmi pastorali 440-441.
21) Martini, Itinerari educativi, in Programmi pastorali 521. Cfr pure Martini, Itinerari degli intellettuali, in Pace, giustizia, Europa 94; Martini, In principio la Parola, in Programmi pastorali 78-81, 88-89; Melesi L., Prefazione, in Per una santità di popolo 17.
22) Martini, Pregare la Bibbia, in Per una santità di popolo 444. Cfr pure Martini, «Lectio divina» e pastorale, in Farsi prossimo nella città 566-267; Martini, Popolo in cammino, ed. Ancora (Milano 1983) 20-23; Martini, Perché Gesù parlava in parabole, ed. Dehoniane/EMI (Bologna 1985) 114-115.
23) Martini, Essere nelle cose del Padre. Riflessioni sulla scelta vocazionale, ed. Centro Ambrosiano/Piemme (Milano/Casale 1991) 106.
24) Martini, Il segno del cuore trafitto di Cristo, in Pace, giustizia, Europa 356.
25) Martini, Che cos'è l'uomo perché te ne curi? Pregare con i Salmi, ed. LDC (Leumann-Torino/Ristampa 1990) 7-8.
26) Cfr Martini, Chiesa e giovani un incontro possibile, in Etica, politica, conversione 380-383; Martini, L'uso pastorale della «lectio divina», in Comunicare nella chiesa e nella società 643-644.
27) Martini, Itinerario di preghiera con l'evangelista Luca, ed. Paoline (Roma 1982).
28) Martini, Che cosa è l'uomo perché te ne curi? Pregare con i Salmi, ed. LDC (Torino – Ristampa 1990).
29) Martini, Mi fu rivolta la Parola. Sei storie di vocazione, ed. Paoline (Roma 1983).
30) Martini, La scuola della Parola, Riflessioni sul salmo Miserere, ed. Mondadori (Milano 1985).
31) Martini, La donna della riconciliazione, ed. Centro Ambrosiano (Milano 1985).
32) A dire il vero risulta un tantino difficile dalla documentazione a disposizione chiarificare con precisione il ruolo che il Cardinale continua ad avere.
Da una parte risulta che dall'autunno 1985 la Scuola della Parola non si tiene più in Duomo: «Io non terrò più il primo giovedì del mese per i giovani, ma sarà necessario che ogni unità pastorale (parrocchia, oratorio, gruppo) preveda nel suo programma formativo almeno un incontro mensile, del tipo della Scuola della Parola, approfittando soprattutto del trapianto zonale delle scuole tenute in duomo gli scorsi anni e che ho chiesto ai giovani che vi hanno partecipato di trapiantare appunto nelle singole zone» (Martini, Il torrente della carità divina, in Per una santità di popolo 429; cfr anche Martini, Conversazione del Cardinale Arcivescovo ai Decani della Diocesi, in Rivista Diocesana Milanese (Giugno-Luglio 1990) 791-792).
Ci sono però altre due pubblicazioni che documentano un intervento più continuato e diretto del Cardinale anche in questa seconda fase: Martini, Il pane per un popolo, ed Centro Ambrosiano/Piemme (Milano – Casale 1987), in cui a p. 5 si legge «presentiamo le meditazioni della Scuola della Parola, che il Cardinale Arcivescovo di Milano ha tenuto in Duomo i primi giovedì dei mesi da gennaio a giugno 1987, soprattutto per i membri dei Consigli pastorali parrocchiali; Martini, La gioia del Vangelo. Meditazioni ai giovani, ed. Centro Ambrosiano/Piemme (Milano-Casale 1988), che comprende due raccolte di meditazioni sulla parola di Dio dell'Arcivescovo ai giovani: «la prima raccolta è costituita dal corso di Esercizi Spirituali serali proposti nella Quaresima '88 per ricordare il centenario della morte di S. Giovanni Bosco» (p. 5); «la seconda riporta le meditazioni dell'Arcivescovo ad alcuni degli appuntamenti mensili della «Scuola della Parola» che ormai da qualche anno vengono dati ai giovani della diocesi nelle diverse zone pastorali» (p. 6).
Registro qui altre due iniziative che rientrano nell'obiettivo di portare la «lectio divina» a livello popolare, anche se non collegate direttamente all'ambito giovanile.
– Gli Esercizi serali biblici nelle parrocchie: oltre che in duomo, questa iniziativa si è svolta in centinaia di parrocchie per sei sere consecutive, sempre con la formula della «lectio» di un brano biblico.
– Un corso di Esercizi Spirituali, via radio, tenuto dal Cardinale, sempre sul modello della «lectio»; collegate erano le 17 comunità di vita claustrale della diocesi, a cui si sono aggiunte numerose altre comunità religiose di tutta Italia, con esito molto positivo (Cfr Martini, L'uso pastorale della «lectio divina», in Comunicare nella chiesa e nella società 644-645).
33) Cfr Martini, «Lectio divina» e pastorale, in Farsi prossimo nella città 563.
34) Cfr Martini, Che cosa è un uomo perché te ne curi?; Martini, La donna della riconciliazione, 58; Martini, Il pane per un popolo 25.27-28; Martini, La gioia del Vangelo 77-78.
35) Martini, Avete ricevuto uno Spirito da figli. Sussidio per le celebrazioni della Scuola della Parola 1990-91, Pro manuscripto (Milano 1990) 5-6.
36) Cfr Martini, Chiesa e giovani un incontro possibile, in Etica, politica, conversione 380-382; Martini, L'uso pastorale della «lectio divina», in Comunicare nella Chiesa e nella società 643-644.
37) Martini, L'uso pastorale della «lectio divina», in Comunicare nella Chiesa e nella società 644.
38) Martini, L'umanesimo della carità, in Interiorità e futuro 174.
39) Corti R., Premessa, in Martini, Volgere lo sguardo al Signore della Chiesa, ed. Cooperativa in dialogo/Ancora (Milano 1986) 7.
40) Cfr Martini, Che cosa è l'uomo perché te ne curi? 26-29; Martini, La gioia del Vangelo 124-125.
41) Nelle Scuole della Parola «decentrate» sono i giovani stessi a proporre un determinato tipo di «actio» da realizzare (Cfr Avete ricevuto uno spirito da figli 25ss.).
42) Cfr ad es., Martini, Tu solo hai parole di vita eterna, in Sia la pace sulle tue mura 111-117.
43) Cfr Martini, La gioia del Vangelo 125-126.
44) Martini, Evangelizzare essendo noi stessi Vangelo, in Comunicare nella chiesa e nella società 329. Questa lettera stampata in migliaia e migliaia di esemplari, in una veste tipografica smagliante, rappresenta un autentico capolavoro di sensibilità pastorale, di comprensione dell'animo giovanile e di serietà di proposta.
45) Molte di queste preghiere sono state raccolte in un libro dal titolo significativo: Martini, All'alba ti cercherò. La scuola della preghiera, ed. Centro Ambrosiano/Piemme (Milano-Casale 1990). A titolo esemplificativo riporto la preghiera preparata dall'Arcivescovo per la Scuola della Parola 1990-91, in quanto riassume bene gli elementi portanti di questa esperienza: «Signore Gesù, ti ringraziamo perché anche questa sera ci rivolgi con amicizia la tua Parola e raduni intorno a te fratelli che sono per noi segno vivo della Chiesa che ti ascolta. Crediamo con tutto il cuore che questa tua Parola è il dono di tutto te stesso che il Padre, tuo e nostro, instancabilmente ci offre per la forza del tuo Spirito. Sappiamo nella profondità che questa tua Parola ci è data in dono perché ciò che tu sei riveli e plasmi in noi l'immagine nuova di uomini chiamati ad essere figli. Signore Gesù, ti chiediamo con fiducia che si avveri il prodigio, che il nostro orecchio ascolti, che i nostri occhi vedano, che la memoria custodisca, che l'intelletto sorprenda la tua fedele presenza che ci fa figli del Padre e tuoi fratelli. Ti chiediamo ancora che il nostro cuore consolato, rinnovato dall'incontro con te, diventi fonte di parole semplici e forti per la vita di tutti. Amen» (Avete ricevuto uno Spirito da figli 26).
46) Martini, Una città dalle porte aperte, in Farsi prossimo nella città 378. Fra l'altro l'incontro sistematico con la Parola libera dal rischio di appiattire la verità sulle proprie sensazioni soggettive, sul proprio vissuto emotivo: «Spesso capita di sentir dire: E vero, perché io lo sento vero. Quante persone legano le loro scelte, anche religiose, a uno stato d'animo, al fatto di «sentirsi...». Così si finisce per considerare vero solo ciò che è filtrato attraverso il proprio vissuto soggettivo ed emotivo. Non poche esperienze religiose più recenti si affidano più al «contagio» emotivo di gruppo, alla vibrazione sensibile, che alla forza obiettiva e persuasiva della Parola. Perciò in questi anni è stato chiesto, particolarmente ai giovani, di mettersi alla Scuola della Parola. Guai a chi trascura la forza creativa e formativa della Parola» (Martini, Il lembo del mantello 35-36).
47) Martini, Quale risposta alla domanda religiosa del nostro tempo?, in Farsi prossimo nella città 436-437. Cfr pure Martini, In principio la Parola, in Programmi pastorali 94.98.
48) Cfr Martini, Itinerario di preghiera con l'evangelista Luca 96-97.
49) Martini, Il cammino dei giovani nella diocesi, in Per una santità di popolo 176.
50) Martini, Effatà/Apriti, Lettera per il programma pastorale «Comunicare», ed. Centro Ambrosiano (Milano 1990) 78.
51) Cfr Martini, Quale risposta alla domanda religiosa del nostro tempo?, in Farsi prossimo nella città 437; Martini, La donna della riconciliazione 20.42-43; Martini, I giovani tra Sichem e Ninive, in Comunicare nella Chiesa e nella società 40-41.
52) Cfr Martini, L'unità planetaria, in Per una santità di popolo 285-286.
53) Martini, Itinerari educativi, in Programmi pastorali 623.
54) Martini, La donna della riconciliazione 58.
55) Martini, Evangelizzare essendo noi stessi Vangelo, in Comunicare nella Chiesa e nella società 327-328.
56) Cfr Martini, Chiesa e giovani un incontro possibile, in Etica, politica, conversione 382.
57) Martini, Itinerari educativi, in Programmi pastorali 604-605.
58) Cfr Martini, Scegliamo di servire il Signore e di proclamarlo, in Pace, giustizia, Europa 247-253; Martini, I giovani tra Sichem e Ninive, in AA.VV., Educare i giovani alla fede, ed. Ancora (Milano 1991) 11-12.
Proprio in questo ultimo testo citato, in fase di consuntivo, l'arcivescovo non si nasconde il gravissimo problema che tutte queste iniziative hanno coinvolto soltanto uno su dieci giovani tra i 17 e i 25 anni viventi in diocesi e esorta tutti i cristiani ad impegnarsi nei confronti di tutta questa massa di fratelli sbandati, svogliati, smarriti, la «Ninive» di oggi, non con la fiacchezza e la riluttanza di Giona, ma con il fervore e lo zelo di Giosuè.
59) Conversazione del Cardinale Arcivescovo Carlo Maria Martini ai Decani della Diocesi, in Rivista Diocesana Milanese (Giugno-Luglio 1990) 792-793. Cfr anche Martini, Educare ancora, in Programmi pastorali 655-656; Martini, La vita spirituale del prete di fronte alle sfide dell'oggi, in Pace, giustizia, Europa 476; Martini, Gli orizzonti nuovi del compito storico, in Comunicare nella Chiesa e nella società 80.
Per incoraggiare la pastorale vocazionale femminile il Cardinale ha dettato un corso di Esercizi Spirituali a Triuggio (19-25 agosto 1990) alle adolescenti e alle giovani aperte ad una scelta di consacrazione religiosa. Cfr Martini, Essere nelle cose del Padre. Riflessioni sulla scelta vocazionale, ed. Centro Ambrosiano/Piemme (Milano-Casale 1991).
Segnalo, per completezza, un'altra iniziativa del Cardinale, che ha avuto grande risonanza, anche se non concerne direttamente il mondo giovanile: la Cattedra dei non credenti. Anch'essa si è svolta in Duomo ed è durata due anni. Nel primo anno è stata data voce a tre non credenti: un filosofo, uno storico, uno psicologo, perché esponessero le ragioni del loro non-credere; nel secondo anno altri tre interventi, questa volta di credenti: il Cardinale stesso, un pastore protestante, un teologo, sui temi essenziali della fede nel loro valore di vissuto (Cfr Martini, Rendiamo ragione della nostra speranza, in Comunicare nella chiesa e nella società 80-81. 343-346; Martini, L'uso pastorale della «lectio divina», in Comunicare nella Chiesa e nella società 645-646; Incontro del Cardinale Arcivescovo con i parroci di Milano, in Rivista Diocesana Milanese (Marzo 1990) 301-303.
60) Martini, Amare i giovani con l'amore di Cristo, in Per una santità di popolo 181-182.
61) Martini, Mi fu rivolta la Parola. Premessa 6-7.
62) Martini, Tu mi scruti e mi conosci. Premessa, ed. Ancora (Milano 1986) 5.
63) Cfr Martini, Chiesa e giovani un incontro possibile, in Etica, politica, conversione 383-390. Cfr pure Martini, In ascolto del mondo giovanile, in La parola che ci fa chiesa 152-161.
64) Martini, Semplicissime riflessioni su di una lettera pastorale nel centenario di D. Giovanni Bosco, in Etica, politica, conversione 107.
65) «Vivere sotto la parola di Dio è confessare che è il Signore a condurci e che lui sa di che cosa abbiamo bisogno. La vita della chiesa e del cristiano non è lo svolgimento di un programma iscritto in un computer. E il lasciarsi portare nel mondo del Signore per poter riversare la sua carità su tutti gli uomini» (Martini, «Lectio divina» e pastorale, in Farsi prossimo nella città 570).
IL RUOLO DELLA PAROLA DI DIO NEL PROGRAMMA PASTORALE
Oltre a mettere in luce l'importanza che la parola di Dio ha effettivamente nel programma pastorale del Card. Martini, interessa registrare pure il suo giudizio circa il ruolo che essa deve giocare in ogni programma pastorale.
Che la parola di Dio abbia un rilievo fondamentale nell'impostazione pastorale del Cardinale risulta chiarissimo da quanto scritto fin'ora. Una sua pagina luminosa dedicata alla riflessione sulla «Dei Verbum» ne sintetizza mirabilmente la portata.
Il punto di partenza è ancora una volta l'iniziativa di Dio, la sua volontà di comunicarsi all'uomo.
«La Parola è la parte di Dio, Dio che fa la sua parte, si rivela, si dona, si dice, invita, promette, giudica, comanda, esorta.
La fede è la parte dell'uomo, la risposta che l'uomo dà a Dio. L'uomo ascolta, riceve, accoglie, obbedisce, si lascia illuminare, attrarre, incoraggiare, consolare, confortare, entusiasmare dalla Parola con cui Dio gli comunica il suo mistero di amore chiamandolo a diventare suo figlio, a diventare partecipe del suo mistero per sempre. Al primato della Parola corrisponde dunque la fede.
Se la Parola non trova rispondenza nella fede risuona nell'aria, non ha efficacia. Quando la Parola viene invece ricevuta nell'uomo mediante l'atteggiamento della fede, esercita la sua efficacia. L'efficacia che la Parola, accolta nella fede dell'uomo, esercita è la carità. Il seme è la Parola; la fede è il grembo, la terra dell'uomo che accoglie il seme; la carità è il frutto che nasce dal seme.
Da questa semplicissima struttura del processo salvifico, possiamo trarre conseguenze molto importanti per la nostra vita pastorale. Vogliamo crescere nella carità? Dilatiamoci le radici della fede aprendoci all'ascolto della Parola. Sarebbe vano pretendere che nella comunità ci sia più carità se non c'è crescita di fede, ed è vano pretendere più fede se non c'è un profondo ascolto della Parola. Il processo – Parola, fede, carità – costituisce la realtà organica di tutta la pastorale»[1].
Questo brano documenta eloquentemente come per il Card. Martini teologia, spiritualità e pastorale siano intimamente connesse fra di loro.
Ma l'arcivescovo ha affermazioni ancora più categoriche. Non esita ad asserire che «la Bibbia è il manuale pastorale fondamentale di ogni chiesa particolare e di tutto il cristianesimo»[2]; che «per rifondare pastoralmente la fede e la morale occorre lasciarsi guidare dalla Bibbia»[3]; che «educare all'ascolto della Parola è la priorità delle priorità, perché è la Parola che educa, che giudica e libera»[4]; che «i programmi pastorali sono l'applicazione al cammino di una diocesi della divina Parola, che rivela il mistero indicibile della Trinità e lo traduce nelle contingenze storiche quotidiane»[5]; che «il vero protagonista dell'azione pastorale è la Parola: tutta la storia del cammino pastorale di una comunità è la storia non tanto delle sue realizzazioni esteriori, dei suoi raduni, dei suoi congressi, delle sue processioni o delle sue iniziative; ma quella della semina abbondante e ripetuta della Parola, e della cura perché questa Parola trovi le condizioni per essere accolta»[6].
Non per nulla gli itinerari educativi.fondamentali verso la santità, collaudati dalla Chiesa lungo i secoli, sono l'itinerario sacramentale e l'itinerario dell'anno liturgico, entrambi sostanziati di continui riferimenti biblici [7].
In realtà – lamenta l'arcivescovo – nell'elaborazione dei progetti pastorali c'è ancora troppo spesso un uso formale o strumentale della Scrittura. Essa non può essere ridotta ad una funzione semplicemente decorativa, scenografica; esige al contrario un processo di affiatamento, di acclimatamento tale da incidere sul quadro di criteri e di valori in base a cui si valuta, si programma e si decide. «Ci si accorge che i progetti talora sono biblici più per le citazioni che per l'ispirazione; essi cioè non sono nati da un ascolto incondizionato e indifeso di quella Parola che cambia l'esistenza»[8].
Resta da chiarificare un problema di terminologia. Si rischia talvolta di identificare automaticamente parola di Dio e Sacra Scrittura. Il Cardinale distingue sapientemente senza separare. Per parola di Dio s'intende fondamentalmente l'atto di rivelarsi, di comunicarsi di Dio all'uomo, il che avviene con eventi e con parole attraverso la mediazione degli uomini chiamati da Dio lungo la storia: patriarchi, profeti, ecc. Il culmine di questa rivelazione si realizza in Cristo, Parola definitiva del Padre. Questa parola si cristallizza e confluisce poi nella Sacra Scrittura, che è il libro in cui per iniziativa divina, mediante gli scrittori ispirati, la parola di Dio è stata registrata e conservata. Ma la Bibbia non è soltanto la registrazione autentica della Parola; strappata alla sua astrazione libresca, proclamata nella chiesa, in particolare nell'ambito liturgico, essa ridiventa Parola viva e rivelante, rivelazione in atto nella forza dello Spirito che l'ha ispirata e la fa proclamare nella chiesa [9].
NOTE
1) Martini, Parole sulla Chiesa. Meditazioni sul Vaticano II per i laici dei Consigli Pastorali, ed. Centro Ambrosiano (Milano 1986) 38. Cfr pure Martini, L'uomo di fede secondo la parola di Dio, in Per una santità di popolo 476-486.
2) Martini, Significato di un centenario, in Comunicare nella Chiesa e nella società 501.
3) Martini, Lettera a S. Carlo, in Città senza mura 291.
4) Martini, Ripartire da Emmaus 105.
5) Martini, Il pane per un popolo, ed. Centro Ambrosiano/Piemme (Milano – Casale 1987) 28. Cfr anche Martini, In principio la Parola, in Programmi pastorali 42.44-45.
6) Martini, Cento parole di comunione, in Interiorità e futuro 98.
7) Cfr Martini, Itinerari educativi, in Programmi pastorali 500-510.
Fra l'altro il Cardinale dimostra un'avvincente capacità non soltanto di riferirsi ai testi scritturistici, ma anche di valorizzare personaggi biblici (interi corsi di Esercizi Spirituali sono costruiti attorno alle figure di Abramo, Giacobbe, Mosè, Samuele, Davide, Elia, Giobbe, Maria, Stefano, Paolo), luoghi e «icone» bibliche (Sichem=alleanza; Ninive=smarrimento; Babele=non comunicazione; Effatà=comunicazione; Emmaus=conversione e missione; buon Samaritano=carità) per spiegare e interpretare la situazione d'oggi.
8) Martini, L'uso pastorale della «lectio divina» in Comunicare nella Chiesa e nella società 639. Cfr anche Martini, In religioso ascolto della parola di Dio, in Per una santità di popolo 612-613; Martini, In principio la Parola, in Programmi pastorali 90.
Il Cardinale dimostra di conoscere molto bene gli usi distorti o insufficienti della Bibbia fatti nel periodo postconciliare; cfr Martini, In religioso ascolto della parola di Dio, in Per una santità di popolo 612-615; Martini, In principio la Parola, in Programmi pastorali 54-56.
9) Cfr Martini, Parole sulla chiesa, ed. Centro Ambrosiano (Milano 1986) 36-40; L'uomo di fede secondo la parola di Dio, in Per una santità di popolo 485-488; Costa M., Gli Esercizi Spirituali del Card. Martini, in La Civiltà Cattolica (15 luglio 1989) 144-145.