Incroci vitali /5
Salvatore Ricci
(NPG 2013-07-16)
– «Vieni a giocare con me…», le propose il Piccolo Principe.
– «Non posso giocare con te», disse la volpe, «non sono addomesticata».
– «Che cosa vuol dire addomesticare?».
– «È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire ‘creare dei legami’ (…) Se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al modo, e io per te unica al mondo (…) Se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo mi farà uscire dalla tana, come una musica (…) Non si conoscono che le cose che si addomesticano (…) Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla (…). Bisogna essere molto pazienti… ci vogliono i riti».
– «Che cos’è un rito?» disse il Piccolo Principe.
– «È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore».
Una volpe e un Piccolo Principe: due personaggi davvero singolari e originali, nati dalla penna di Antoine De Saint-Exupèry autore de «Il Piccolo Principe», protagonisti di uno dei dialoghi più noti e profondi capace di esprimere con semplicità l’incontenibile gioia che può nascere da un incontro, inaspettato o cercato che sia.
I Vangeli ci offrono tantissime icone bibliche dalle quali emerge come l’incontro con Gesù è sempre fonte di gioia, ma sicuramente, per restare nell’ambito di «piccoli protagonisti», quella più rappresentativa è l’incontro con Zaccheo, il capo dei pubblicani (Lc 19,1-10).
«Cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là».
Cosa spinge il piccolo Zaccheo ad andare incontro a Gesù? Si fa spazio tra la folla, corre, si arrampica sul Sicomoro per semplice curiosità? Non credo. Ciò che lo motiva a correre e precedere il «personaggio del momento» è la fama del Nazareno: un uomo capace di parlare al cuore, capace di andare oltre le apparenze, che accoglie tutti, al di là della scomoda etichetta gratuitamente attaccata dai «giusti».
A tutti i costi, vuole incrociare la strada del Maestro perché è certo che avrà una parola buona anche per lui, che riuscirà ad attirare per un po’ della sua l’attenzione, nonostante a tanti sia indifferente, e non certo per via della sua bassa statura fisica.
Più sale sull’albero, più scende nel profondo del proprio animo, scoprendo dentro di sé come colmare quel desiderio di gioia piena che invano e altrove aveva cercato di appagare.
La fatica della salita viene cancellata dalla speranza di incontrare Colui che potrebbe cambiargli la vita, così come è già accaduto per tanti altri prima di lui. Vite liberate dalle catene di una esistenza schiacciata dalle proprie paure e segnate da un passato scomodo, vite rigenerate da una fiducia incondizionata, vite arricchite da un amore misericordioso che sana anche le profonde ferite dei propri peccati.
Il ricco pubblicano sente che è giunto il momento di dare una svolta anche alla sua vita: venire fuori dal buio del suo vivere comodo, ma insignificante; slegarsi da un ingannevole benessere che veniva ripagato con l’indifferenza altrui; uscire dall’anonimato per ritrovare se stesso.
«Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».
Qualcuno lo ha notato, qualcuno lo ha chiamato. Non si sente più uno dei tanti tra la folla, non è più il piccolo pubblicano evitato, ma diventa il grande amico cercato. Quell’invito inatteso, ma sperato, lo riempie di gioia. Una gioia che lo trascina fuori dalla «sua tana», perché l’essere riconosciuto tra i tanti e la contentezza del sentirsi chiamato per nome gli permettono di aprirsi con fiducia a un nuovo legame, riconoscendo in quell’invito l’inizio di una nuova storia.
«In fretta scese…».
Una fretta scandita dal battito di un cuore emozionato che ripeteva a se stesso «ha cercato proprio me, capo dei pubblicani, il ricco che nessuno del popolo vorrebbe per amico».
«E lo accolse pieno di gioia».
Con gioia indescrivibile apre la sua casa a Colui che lo ha riconosciuto e gli ha restituito la sua dignità di uomo, la sua identità di essere figlio di Abramo. Quella casa che fino ad allora era da tutti evitata, ora diventa lo scrigno di un incontro prezioso che genera l’inizio di una nuova vita, non più vissuta a bassa quota, ma desiderosa di risalire e di volare oltre i baratri degli errori passati. Vive una gioia così grande e incontenibile che travalica e travolge ogni timore e schema del «ben pensare».
Ma forse ciò che maggiormente sorprende il piccolo Zaccheo è l’aver scoperto che la fonte della propria gioia nell’accogliere Gesù, è il sentirsi cercato, accolto, amato; è il rendersi conto che quell’incontro prima ancora che essere frutto di un suo impegno, è volontà del Maestro che attraversa le strade della nostra città per incrociare lo sguardo di ogni uomo e riversare nei «vuoti» delle nostre storie la sua gioia.
Come Zaccheo, la buona notizia che il Signore è entrato nella città ci dà slancio e ci spinge a uscire per le strade (Papa Francesco).
Non perdiamo l’occasione di incrociare la gioia…