Due passi nel buio

 

Incroci vitali /2

Salvatore Ricci

(NPG 2013-02-02)


Una sera d’inverno, mentre mi incamminavo verso casa, all’improvviso mi ritrovai a rallentare il mio passo, nonostante il freddo e il desiderio di un pasto caldo dopo una giornata intensa. Come se volessi vivere fino in fondo la magia di quella sera, che mi avvolgeva con il suo buio, reso più familiare dalle fioche luci delle lanterne poste agli incroci. In quel vicolo deserto non mi sentivo solo perché il silenzio intorno a me, interrotto solo dal rumore dei miei passi, mi dava una sensazione di pace interiore. Mentre il mio sguardo era rapito da quel manto scuro, in me riecheggiava con forza un solo pensiero: la notte. Una parola che evoca tante sensazioni, suggerisce tante immagini e dimensioni, a volte anche l’una l’opposta dell’altra. Una parola che come una musa ha ispirato artisti, poeti di ogni tempo, che attraverso note, colori e poemi hanno incarnato quel sentire nostalgico o di pace interiore, protagonista nel tempo del riposo e della riflessione notturna, dove lo spazio è colmato dalla preziosità del tempo e riusciamo a dare un nome alle emozioni provate durante il giorno, imparando anche che la caduta non ha più il gusto amaro della sconfitta, ma la dolcezza di un passo in più nel cammino dell’esperienza personale.
A volte però la notte è il tempo della paura, perché c’è solo buio e silenzio. Tutto sembra scomparire perché soffocato da un telo che nasconde colori, cose, certezze. Dove la verità si confonde con la menzogna, il tempo della pace cede il posto all’ansia, l’ingenuità della fantasia è cancellata dalla malizia della pianificazione.
Ecco perché la notte non è solo lo spazio di tempo compreso fra il tramonto del sole alla sera e il suo sorgere alla mattina, caratterizzato da un’oscurità più o meno intensa, ma diventa anche il segno di un tempo in cui possiamo ritrovare o smarrire noi stessi.
La notte rivela l’uomo Antoine de Saint Exupéry), nella misura in cui decidiamo di vivere e attraversare quel buio, così come ci ricorda anche il Vangelo secondo Giovanni.
«Vi era tra i farisei un uomo di nome Nicodèmo, uno dei capi dei Giudei. Costui andò da Gesù, di notte» (Gv 3,1-2a).
Di notte. È un richiamo insistente (cfr.19,39) da parte dell’Evangelista che carica di un valore anche simbolico un incontro inseguito certamente non solo per provocare un famoso dialogo e dimostrare tutta la sicurezza di chi conosce la legge.
Ma perché un fariseo, vuole incontrare Gesù di notte? La visita notturna può essere un espediente furtivo «per timore dei giudei» o può riflettere l’usanza rabbinica di stare alzati di notte per studiare la Legge? La notte non è semplicemente un’annotazione di cronaca, così come non lo è in riferimento a Giuda che «preso il boccone, subito uscì. Ed era notte» (Gv 13,30).
Pur avendo incrociato entrambi la strada del Maestro, diverso è stato il loro primo passo. Due passi che hanno segnato cammini di­versi.
Nicodemo decide di rendere feconda quell’oscurità, che diventa la notte di un uomo che cerca, che si interroga, che vuole attraversala per venirne fuori. Esce dalle tenebre per incontrare l’alba di un nuovo percorso che lo porterà, nel tempo, a riconoscere in Cristo quella Verità di cui era tanto assetato.
Giuda, invece, attraversa il buio della notte allontanandosi passo dopo passo dalla Luce per entrare nell’oscurità di Satana, camminando sulla strada del rifiuto. Ha preferito voltare le spalle alla Verità per andare incontro alla menzogna, al male. Una strada che però non lo porterà lontano. Inciamperà presto nel buio del suo dolore, perché ha spento quella Luce in sé. «Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui » (Gv 11,10).
In modi, tempi, contesti diversi, ciascuno di noi prima o poi fa l’esperienza della notte. È la notte dello smarrimento e dell’imprevisto, della sconfitta e del dolore, dell’incomprensione e dello scoraggiamento. A volte ci coglie così all’improvviso e impreparati che restiamo immobili, senza fiato, perché ci sentiamo schiacciati da quel manto pesante che oscura ogni cosa e che nasconde ogni possibile via d’uscita.
È questo il momento del primo passo, del passo decisivo.
Sta a noi decidere cosa farne di quella notte, come viverla, come attraversarla. Se nel nostro cuore si spegne la fiducia in un domani possibile, cedendo spazio alla disperazione, allora il nostro passo seguirà il cammino di Giuda, scegliendo di entrare in quel buio per restarci, inciampando continuamente e nascondendoci al dolore in un ingannevole rifugio.
Ma se in noi è forte il desiderio di crescere e la voglia di ricominciare, nonostante la ferita, allora il nostro passo seguirà il cammino di Nicodemo, scegliendo di uscire da quel buio che non ci spavenat e non ci frena, ma che ci permette di arrivare all’alba del «nuovo».
Solo una fede profonda può scorgere la luce del giorno oltre il buio. Solo chi è assetato di Verità non si stancherà mai di cercare Cristo, luce che illumina anche la notte più scura.
Due passi nella notte ho fatto quella sera d’inverno, lunga è stata la strada percorsa dentro di me…