Don Tonelli e NPG
Un direttore “sapiente” e coraggioso
Giancarlo De Nicolò
Le pagine che seguono non sono – come gli interventi precedenti – nella forma di un studio o di un saggio , bensì una testimonianza, un atto di omaggio verso colui che a diritto può essere considerato il “padre e fondatore” di NPG: colui che dall’inizio l’ha ideata (anche se non formalmente “fondata”) e condotta negli anni/decenni) fino a farla diventare una rivista conosciuta e apprezzata non solo in ambito ecclesiale ma anche in ambito laico, sui temi dei giovani e della loro educazione: uno spazio di dibattito, di innovazione educativa e pastorale, di pensiero e di azione verso il soggetto “giovani” che rientra come “soggetto-destinatario” privilegiato nel carisma di don Bosco (e del salesiano d. Riccardo Tonelli) ma anche come nuovo soggetto sociale e culturale soprattutto verso la fine degli anni Sessanta in Italia e nel mondo, e dove esso comincia anche ad essere cura e “preoccupazione” specifica della Chiesa.
Tali pagine dunque non hanno nulla di “scientifico” propriamente detto (accurato studio e citazioni delle fonti...), ma si presentano come un racconto empatico (tanto più con l’avvenuta morte di d. Tonelli il 1 ottobre 2013, mentre questi appunti venivano redatti, procurando sconcerto e il senso di un grande vuoto, ancora più in chi scrive queste note), fatto più a colpi di memorie e di sentimenti, di un amico e collaboratore che quasi dagli inizi (dal 1978, poi più direttamente dal 1987) ha lavorato, condiviso, progettato con d. Tonelli, in una collaborazione franca e rispettosa, che – almeno per me – mi ha fatto crescere nella comprensIone sempre più viva della progettualità salesiana che si chiama pastorale giovanile (almeno, confido), pur conservando un certo spirito “critico” perché proveniente da altri riferimenti teorici e studi accademici. Non si tratta dunque di una smaccata “laudatio” del “capo”, quanto di un racconto dal punto di vista “interno” di un amico, collaboratore, estimatore, che ha redazionalmente gestito la rivista da ormai 25 anni.
Queste note (e certamente il volume in cui esse sono inserite) intendono dunque riconoscere la costante presenza dell’intelligenza e del cuore di d. Tonelli nella quasi cinquantennale vita stessa della rivista, una presenza tanto forte quanto discreta e “riconoscente” del contributo di tanti “amici” che insieme hanno pensato e ripensato la pastorale giovanile (quando ancora non era strutturata e formalizzata, ma unicamente praticata e abbozzata), e l’hanno proposta alla Chiesa italiana (e anche – attraverso studenti dei corsi universitari – all’estero, soprattutto in America Latina), così da fare di NPG una sigla e un marchio di qualità pastorale, attorno ad alcuni cardini teologici che ne hanno consolidato la tenuta e l’accettazione.
È ovvio che l’elaborazione della pastorale giovanile di d. Tonelli non si limita alla produzione della rivista stessa (ci sono tutti i corsi e attività accademica e i libri e le conferenze e i convegni che devono essere citati di diritto per “dire” il pensiero di PG di d. Tonelli), ma certamente la rivista è stata il laboratorio o cassa di risonanza di un pensiero innovatore e propositore, e – come si dice – non un pensiero a tavolino, ma un pensiero che nasce dall’interrogarsi sull’esperienza pastorale (di oratorio, dice d. Tonelli, di frequentazione dei giovani e delle comunità di educatori), dalla passione nata da una scelta vocazionale, dall’immersione nell’esperienza di Chiesa in un tempo fecondo come quello dell’immediato postconcilio, dal confronto con il pensiero di amici che condividevano la stessa passione: e dunque dalla scelta di campo dei giovani e dell’attenzione e cura per la loro vita, e della fiducia nella possibilità di crescita, secondo la formidabile espressione di don Bosco che in tutti i giovani, anche quelli segnati da esperienze negative, esiste un punto di bene da cui è possibile ricostruire un tessuto positivo di vita.
Per questa ragione, quando mi sono accinto ad allestire un sito [1] dove la proposta di NPG diventasse un “archivio” ragionato e progettuale, non un ammasso caotico e indiscriminato di riflessioni e materiali di ogni tipo (come succede in genere per gli archivi di siti web), una quasi immediata esigenza fu non solo di raggruppare quanto prodotto nel tempo da NPG sotto le varie annate e per le varie rubriche e dossier, ma anche di allestire – nel menu di ricerca – tutti gli articoli prodotti nel tempo da d. Tonelli, con un link che rimandasse all’articolo (o al dossier) stesso, così da mostrare non solo possibili utili materiali per gli operatori ma anche lo sviluppo storico del pensiero di d. Tonelli, quasi un dono al lettore (o all’eventuale ricercatore o studioso o studente) perché non si perdesse nello scorrere degli indici dei vari numeri per le varie annate.[2]
Da questa idea ne seguì un’altra, che intendeva riconoscere la presenza e i contributi preziosi (che hanno arricchito il quadro della PG e con cui d. Tonelli si è sempre confrontato) di tanti altri amici che hanno reso NPG una rivista insieme unitaria e propositiva (di sintesi), e luogo di confronto (di analisi).[3]
Il senso di questo contributo
In alcuni articoli (richiamati nel menu del sito, sotto: «I “gloriosi” inizi di NPG e altri frammenti di memoria»[4]) abbiamo richiamato sinteticamente alcuni passaggi della storia di NPG, almeno quella che risulta nell’elenco dei responsabili di direzione e redazione, e alcuni “ricordi” di d. Tonelli circa gli inizi. Intendiamo: “Uno sguardo ai sogni per interpretare le realizzazioni” [5] e “La struttura redazionale di NPG come modello di riflessione pastorale”[6].
Per quanto vogliamo fare in queste pagine, questi ci risultano preziosi. E così pure, ovviamente, l’articolo “Ripensando quarant'anni di servizio alla pastorale giovanile”[7].
Si tratta della “memoria” delle intenzioni degli inizi e della verifica di queste intenzioni e dell’effettiva realizzazione.
Questa intenzione ci risulta cara e preziosa. Anche come procedimento di questo lavoro di memoria.
Dal momento che il pensiero e l’azione di d. Tonelli saranno riproposti a più riprese sia genericamente che specificamente dagli altri contributori di questo volume, a me interessa mettere in mostra alcuni aspetti non così palesi, ma non per questo secondari: le intuizioni iniziali e qualcosa del loro sviluppo, come risposta ad un’esigenza di fondo: il desiderio di essere presenti e vicini – come chiesa, come educatori – al mondo dei giovani perché si potesse attivare una circolazione reciproca di doni, e questo nella prospettiva carismatica dell’appartenenza religiosa di d. Tonelli, la figura di don Bosco, e lo stile di questa presenza e vicinanza, naturalmente non sulla base di simpatia o empatia o semplice amicizia, ma proprio nello stile in cui si rende presente l’evento cristiano, in Gesù, nella sua “incarnazione” e dunque presenza radicale e radicalmente “buona”.
E così lo scopo di queste pagine è indicato: ripercorrere il cammino di d. Tonelli riandando soprattutto agli inizi, in una specie di disanima storica, “genetica”, per vedere i temi iniziali, le risposte alle richieste del tempo e via via l’elaborazione di una teoria pastorale completa organica (ma mai con il senso dell’essere “compiuta” in sé) e viva.
E poi lo “stile” di questa presenza.
A dire il vero ci sarebbe anche la possibilità di indicare la rete concettuale che si è consolidata e chiarita nel tempo, magari costruendola attorno alle idee chiave di un “progetto pastorale” (è questo lo scopo finale dei vari studi di pastorale giovanile, aiutare l’operatore a “progettare” la sua azione, non ovviamente da solo, in maniera che essa sia sufficientemente critica e organica, non strumentale per giustificare singole esperienze pastorali, ma capace di dare orizzonte culturale e progettativo, all’interno del grande progetto ecclesiale che via via i Vescovi nel loro insieme o come singoli pastori delle loro diocesi hanno inteso per restituire ai giovani il senso dell’essere chiesa e soggetti della riappropriazione della fede). Ma questo avrebbe per così dire appiattito le differenze, mettendole tutte senza risalto sulla stessa parete del tempo, tradendo così il carattere storico che permette di capire come il dialogo con il giovane (e con le scienze, anche le teologia) avviene in un contesto preciso di spazio-tempo, in un determinato momento socio-culturale.
La scorsa “storica” dei vari contributi su NPG di d. Tonelli permette di intravedere sia la continuità che le differenze: un’idea-intuizione (una serie di idee e intuizioni) che funge da coordinate essenziali, i continui aggiustamenti e arricchimenti che vengono dall’essere immersi in una realtà culturale e sociale (e sociologica) mai statica.
Lo stile
Lo stile non è il piacevole contorno di una proposta, di una presenza. Parafrasando McLuhan, lo stile è il messaggio, è il contenuto stesso della proposta, il senso della presenza. E questo – se funziona anche a livello accademico – vale ancor più per il mondo dei giovani (e indirettamente dei loro “educatori”) dove a volte (molte volte) è (stato) proprio lo “stile” della presenza o vicinanza che ha “allontanato”, non ha fatto comprendere il presupposto “messaggio” di Gesù e del suo vangelo, quando proprio Gesù e il suo vangelo (amore gratuito, proposta nella libertà, aiuto e sostegno nella sequela, esempio e testimonianza, proposta di un messaggio che riesce consono ai desideri profondi del giovani... pur non rinnegando la struttura della libertà e la possibilità del rifiuto...) sono il modo della presenza di Dio tra la gente.
In una parola, il criterio dell’Incarnazione, che prima di diventare criterio di scelta dei contenuti da presentare diventa criterio di accoglienza e di vicinanza, sua modalità promovente e accogliente.
Ma lo stile non sta solo nella scelta della vicinanza radicale (in Gesù all’uomo, dunque anche al giovane, e dunque anche della chiesa al mondo giovanile).
Sta anche nel modo di “fare pastorale giovanile”. Diventa criteri e scelte concrete, nulla di trascendentale ma operatività congruente.
Stile è anche la modalità soggettiva in cui ci si autocomprende.
Lo stile personale di d. Tonelli – lo abbiamo constatato quasi quotidianamente – è l’ottimismo, la fiducia e la speranza: che sono le parole che tornano più sovente, e non in forma consolatoria o parenetica).
Sembra strano, ma in tanti articoli (e capitoli dei suoi libri) l’incipit che dà il tono alle riflessioni che seguiranno è praticamente sempre: “Viviamo un tempo felice per la pastorale giovanile”.
Questo non nasconde ovviamente le difficoltà, le crisi, i cambi di paradigma, la comprensione delle dinamiche sociali ed esistenziali che toccano e a volte sconvolgono il mondo dei giovani... ma il tempo (per la pastorale giovanile) è “felice”: felice perché esprime fiducia nei giovani, nei loro educatori, nella forza travolgente di un carisma e di figure di testimoni, anche l’intelligenza della comprensione della situazione, la vicinanza ai giovani e il desiderio di accompagnarli fuori dalle secche.
Questo tempo felice è certamente anche quello della possibilità di pensare a una forma condivisa e progettuale di pastorale giovanile, di nuova pastorale giovanile, se si tiene conto di quando essa è iniziata (parliamo ovviamente della rivista), nel passaggio (non solo salesiano) da una forma associativa di vita e proposta dei e ai giovani, a nuovi modelli in cui essi diventano sempre meno “imbuti” di proposte certamente sane ma confezionate secondo modelli di chiesa e di spiritualità che andavano sempre più stridendo: era l’avventura di un pensiero nuovo, che veniva accolto, messo in opera, verificato in sempre maggiori zone di chiesa.
Questo il clima in cui nasceva NPG e il lavoro di d. Tonelli.
Ecco una sua diretta testimonianza, relativamente al nome della rivista stessa:
Un problema è stato affrontato in fase di progettazione: il titolo della rivista. Perché “Note di pastorale giovanile”?
Ogni tanto, in qualche editoriale o nella presentazione di qualche articolo, la risposta è affiorata, commentando i tre indicatori del titolo.
“Giovanile” significa attenzione esplicita al mondo dei giovani. La scelta di campo è stata molto precisa: la rivista non vuole essere “giovanilista”, perché è una rivista per educatori, sollecitati a pensare, accettando proprio la fatica del riflettere. Sceglie l’attenzione ai giovani come categoria da privilegiare per assicurare un servizio di maturazione piena a tutte le categorie sociali e culturali. Ritorna il carisma salesiano: la scelta dei giovani per la trasformazione collettiva.
Il sostantivo “pastorale” viene dal Concilio. Abbiamo imparato a definire “pastorale” l’insieme delle tante azioni (di tipo educativo o squisitamente evangelizzatore) attraverso cui la comunità ecclesiale realizza il suo servizio per la costruzione del regno di Dio nella storia di tutti. NPG si è collocata, da subito, in una esplicita ottica ecclesiale. Crede all’educazione e lavora nel suo ambito, rilancia l’urgenza dei processi educativi… ma lo fa sempre in funzione di quella qualità matura di vita che deve caratterizzare il figlio di Dio. Per la vita e la speranza annuncia il nome di Gesù e si impegna in ogni frontiera dove ci sia di mezzo veramente la qualità della vita. Ci ha ispirato una affermazione formidabile de “Il rinnovamento della catechesi”, a cui NPG deve moltissimo nei suoi orientamenti, teorici e pratici: “Per chi è figlio di Dio, non dovrebbe trascorrere giorno, senza che in qualche modo sia stato annunciato il suo amore per tutti gli uomini in Gesù Cristo. E una trama che va tessuta quotidianamente. E la fitta e misteriosa trama entro cui si incontrano Dio, che si rivela e l’uomo, che lo va cercando per varie strade” (RdC 199).
Il sostantivo “Note”, che fa da riferimento all’altro sostantivo qualificante “pastorale”, vuole solo ridimensionare ogni pretesa. Vuole dire: di cose se ne potrebbero dire molte… noi tentiamo, fraternamente, di suggerire qualcosa. Sotto sotto però stava una scelta più impegnativa. NPG non vuole sostituirsi alla fatica dell’operatore impegnato sul campo. Gli dà strumenti e delinea prospettive. La fatica di scegliere, organizzare, produrre… è tutta sulle sue spalle. Una battuta era diventata comune a livello redazionale: NPG pubblica sussidi… ma lavora molto per evitare che qualcuno li possa utilizzare senza fare lui una grossa fatica redazionale.
Chi guarda al passato, come ho fatto io in queste righe, se manovra realtà che fanno parte della sua vita, corre il rischio di interpretare al di là dei fatti reali e di rileggere il vissuto più dalla parte dei sogni che delle realizzazioni.[8]
Un altro appunto iniziale (di metodo e di stile) riguarda il lavoro fatto come pioniere ma non da solo, bensì con tante persone che fin dagli inizi hanno apprezzato il cambio di prospettiva e le proposte che via via venivano emergendo. D. Tonelli non si è mai preso il merito di lavoratore solitario. Ha sempre riconosciuto la presenza viva e attiva di tanti, fino a comprendere questo come un modello stesso per fare pastorale giovanile, teorizzando (epistemologicamente) tre livelli necessari nella ricerca e nella proposta (e verifica):
- la fase del confronto con la base (gli operatori impegnati sul campo, che conoscono i giovani e le sfide che affrontano e provocano):
“All'inizio di ogni anno sociale NPG ha cercato l'occasione per consultarli, ascoltandoli con molta disponibilità. Non solo chiedevamo una verifica del lavoro fatto; soprattutto ci interessava cogliere il polso della realtà, le linee di tendenza, i problemi più inquietanti, le realizzazioni più significative. Erano preziosi momenti di ascolto. L'abbiamo fatto qua e là per l'Italia, convocando i lettori o organizzando tempi di condivisione con i responsabili diocesani. Ripensandoci, è stato un momento felice. Ci ha arricchito d’informazioni di prima mano, costringendoci spesso a cambiare piani di lavoro. Negli ultimi anni purtroppo li abbiamo sospesi... per motivi di bilancio economico e per evitare di fare concorrenza con le istituzioni che avevano iniziato a produrre esperienze di questo tipo”.
- il gruppo redazionale (la comprensione e rilettura delle sfide in un procedimento interdisciplinare per ripensare il quadro di comprensione, la (nuova) prospettiva in cui collocarsi per avviare a proposte operative: quasi un triplice grado di progressione: i fatti, la loro ri-comprensione, verso una nuova azione):
“Un momento specialissimo del lavoro redazionale di NPG è stato costituito dagli incontri di studio con esperti, invitati a costituire un reale "gruppo di studio" permanente. La scelta dei membri di questo gruppo redazionale è stata orientata dalla preoccupazione di rispettare il criterio della competenza e della multidisciplinarità”.
- l’operatività concreta:
“Certo, questa responsabilità ricade sempre sulle spalle degli operatori diretti e delle comunità educative ed ecclesiale. Il lavoro redazionale ha la funzione di sollecitazione e di appoggio... certo non di sostituzione. Questa consapevolezza ci ha sempre spinto ad un lavoro di incoraggiamento e di orientamento. Non abbiamo mai voluto dire cose e dare materiali che potessero giustificare l'utilizzazione diretta e, di conseguenza, il disimpegno di chi ha sempre fretta e cerca soluzioni pronte all'uso!
All’interno di questi riconoscimenti il lavoro è proceduto, creando uno stile di serietà, di condivisione, di passione. Un approccio che diventa anche metodo di progettazione e di azione:
“un approccio sul livello delle tre prospettive ricordate poco sopra (prospettiva critica, normativa, strategica) e come in ciascuna di esse si stato tentato un approccio interdisciplinare orientato a interpretazioni e suggerimenti (di sapienza e di prassi) transdisciplinare. [9]
Le “colonne”
Senza voler indagare in questioni tecniche che non competono eccessivamente a un lettore affezionato, e dunque senza voler approfondire questioni meramente epistemologiche (che permettono uno sguardo “speciale” sul reale e dunque indirizzano i contenuti e il metodo), vorrei indicare qui di seguito alcuni punti di riferimento all’interno del quale (a mio parere) ruota il pensiero di d. Tonelli e ne ha costantemente guidato l’impostazione, gli aggiustamenti e le modifiche.
Come detto all’inizio, questo “racconto” non ha nessuna pretesa scientifica di ricostruzione genetica del pensiero di d. Tonelli, ma è solo una rammemorazione, una “percezione” personale anche se non penso campata per aria, e anche se raccontata non con il linguaggio tecnico e preciso che si attende dagli specialisti, ma con quello dell’amicizia e del coinvolgimento che non si concentra sull’esattezza formale. In altre parole, qui esprimo con parole mie la mia comprensione personale e quanto si è sedimentato nei lunghi anni di collaborazione: dunque non con l’orecchio di un teologo ma di un amico.
Possiamo dire che l’edificio della pastorale giovanile pensato e progettato da d. Tonelli si basa su quattro “pietre” angolari”.
La prima “pietra angolare” determinante è il criterio dell’Incarnazione (“il fondamento teologico”).
Su questo d. Tonelli è sempre rimasto fermo, solidamente fondato, a partire da una recognizione dei vari modelli di pastorali presenti nella chiesa per operare la sua scelta, sulla base della nuova sensibilità aperta dal Vaticano II e dal prezioso documento di base base RdC del 1970. Nell’intervista fattagli per i 40 anni di lavoro in NPG quasi come approdo del suo cammino, d. Tonelli torna insistentemente su di essa come criterio e luce che ne ha guidato i passi e il pensiero, come punto irrinunciabile della costruzione di qualunque progetto di pastorale giovanile, anche di fronte a fraintendimenti e critiche.
“un poco alla volta, il cammino di elaborazione di un progetto di pastorale giovanile, sul piano teologico e su quello pratico, ha avuto l’evento dell’Incarnazione come criterio fondamentale. Non tutti erano d’accordo… e non lo sono neppure oggi”.[10]
Nel racconto che d. Tonelli fa nella ricostruzione del suo pensiero, afferma di aver rivolto al Vangelo le domande che interpellano ogni uomo e ogni operatore pastorale: sul “senso” di Dio per l’uomo e sul senso dell’uomo per Dio, e di averne ricevuto risposta sorprendenti:
“Tre eventi sconvolgenti mi hanno colpito: Gesù è la rivelazione definitiva di Dio (Dio, chi sei?) e dell’uomo (io, chi sono?) nella grazia della sua umanità (l’umanità come rivelazione: la logica dell’Incarnazione)”.[11]
Ecco dunque il senso pieno del “mistero” e del criterio dell’Incarnazione:
- il volto umano di Dio in Gesù di Nazaret (non in maniera estrinseca e strumentale): dunque tutta la vicenda di Gesù come luogo visibile della divinità e del mistero ineffabile di Dio che trova in Gesù parola rivelata la sua manifestazione umana, dunque fragile ma autentica e unica possibile;
- la rivelazione piena della sconfinata grandezza dell’uomo “figlio nel Figlio”, e dunque di Gesà non solo come modello di umanità, ma pienezza unica dell’umanità creata e redenta, e unica possibilità per l’uomo di essere salvato, felice, realizzato;
- l’umanità (di Gesù e nostra) dunque come unico luogo di manifestazione di Dio e di dono della sua salvezza.[12]
Ovviamente lo scopo non è quello di “ridurre” (se così si può dire) tutto l’evento Gesù all’incarnazione; e sarebbe persino sciocco pensare a una interpretazione “puntuale” di esso, come un fatto, un “episodio” – seppure temporalmente e teologicamente iniziale, fondante – (per esempio dimenticando la pasqua e nell’insieme il mistero pasquale), quanto di cogliere la modalità dell’azione di Dio in Gesù, la sua logica che a questo punto diventa la logica dell’agire salvifico (presente in tutto l’agire di Gesù, dai miracoli, alle parole, agli inviti alla conversione e alla sequela, al dono di sé sulla Croce, alla resurrezione... alla Chiesa): è nell’umanità di Gesù che la salvezza di Dio viene offerta, è nell’umanità di Gesù e nostra che questa “avviene”: viene accolta come dono, viene vissuta come dono, viene donata come dono. [13]
Certo, sono possibili altre prospettive, altri “punti di vista” da cui è possibile osservare l’evento Gesù e il dono della salvezza di Dio in Gesù... ma la logica, la modalità, il criterio dell’Incarnazione risulta determinante in ciascuno di essi. Su questo – e in riferimento alle “critiche” rivoltegli – d. Tonelli diventa insistente, persino per così dire intransigente, quasi la difesa dell’ultimo baluardo, come il fondamento su cui tutto l’impianto di d. Tonelli si regge e si propone. Nella citata intervista dei “40 anni”, la riproposizione di questo principio-criterio, la sua “spiegazione”, il suo desiderio di essere compreso a fondo si impongono e resistono a tutte le insistenze, e occupano gran parte dell’intervista stessa.
Le ragioni della scelta operata da d. Tonelli (oltre alla “buona compagnia” di fior di teologi e soprattutto alla lettura attenta di GS e di RdC) vengono da lui indicate nella presenza nel suo progetto di un altro criterio fondante, di un’altra “pietra angolare”: quello del giovane, soprattutto del “più povero” (dunque un criterio del “carisma salesiano” di don Bosco): ovviamente una povertà, che viene letta ultimamente attraverso filtri culturali ed esistenziali che permettono di leggere la loro condizione (anche “normale”) come esposta a rischi o a minori risorse, a fragilità quando non a esclusione. L’analisi della condizione giovanile è sempre – per d. Tonelli – un punto di partenza per un approdo educativo e pastorale. Diremo che non è semplicemente una lettura dall’esterno, sociologica, quasi uno sguardo imparziale, ma è sempre una lettura educativa, che parte dall’empatia dell’educatore che sa cogliere cosa impedisce o permette al giovani di crescere nella sua umanità come luogo di annuncio e proposta del “di più” cristiano. Una categoria che verrà utilizzata sarà quella della lontananza, ma non in chiave moralistica o di nostalgia, bensì in quella di “reciproca lontananza” (in senso ampio “comunicativa”, che non è solo linguaggio ma offerta significativa di ragioni di vita e di speranza: il chiodo fisso di d. Tonelli).[14]
Il giovane può fare esperienza di Dio (e dunque dell’apertura alla pienezza della sua vita, della “felicità” e del senso) soprattutto e a partire dall’accoglienza della sua vita e delle sue domande e bisogni, che diventano il luogo e il linguaggio dell’incontro di Dio con lui e di lui con Dio. E il luogo e il linguaggio del dialogo con l’educatore che lo accompagna (o lo può accompagnare) in questo cammino.
“Per il nostro progetto di pastorale giovanile, nel carisma salesiano, la scelta era obbligatoria: tutti i giovani, soprattutto i più poveri tra essi, per far toccare con mano, in modo esperienziale, la bontà e la vicinanza di Dio. Proprio questa esigenza sollecitava verso quell’amore sincero e fiducioso alla vita e, nello stesso tempo, l’assunzione piena e impegnata della forza trasformatrice dell’educazione…”.[15]
Esigenze dunque anche prettamente pratiche, appunto pastorali.
Per un buon progetto di pastorale giovanile (che non è una summa teologica) che sia attento e rispettoso della duplice realtà che entra in gioco: Dio nel suo mistero di amore e di dono di salvezza e il soggetto-destinatario (i giovani soprattutto i più poveri), questo criterio e approccio diventa il più promettente, il più “possibile” educativamente, il più vicino al soggetto stesso e quello anche che rispecchia la “pedagogia di Dio”: l’umanità del giovane, la vita del giovane come luogo dove – in Gesù – si incontra Dio e la salvezza che dona; e Gesù (la sua umanità) come trasparenza del mistero e come fonte-ponte verso Dio.
“Se la parola di Dio e gli eventi fondamentali della nostra fede sono sempre «detti» dentro modelli culturali (quelli dell’umanità storica dell’uomo in cui sono espressi), non possiamo cercare né formulazioni perfette e assolute (come se fossero esenti dagli irrinunciabili condizionamenti culturali), né formulazioni immodificabili (come se una espressione culturale fosse l’unica adatta per esprimere il mistero)”.[16]
La terza “pietra angolare” possiamo coglierla nell’incrocio tra i due primi dati, e cioè la necessità-urgenza di “conoscere” bene, con tutta la strumentazione di “scienza e sapienza” l’umanità dell’uomo (del giovane) perché possa essere accogliente-trasparente del dono di Dio in Gesù.
Parliamo dell’importanza – in ogni progetto pastorale ma prima ancora in ogni “pensiero” pastorale – dell’utilizzo delle scienze che indagano l’uomo e ne avvicinano il mistero.
Su questo d. Tonelli è sempre stato particolarmente attento e insistente.
D’altra parte questo è esigito da una chiara percezione del “fatto” storico dell’umanità di Gesù in cui si incarna il Verbo di Dio per la salvezza dell’uomo: e che deve essere compreso anche nella “storicità” e nella concretezza dell’umanità dell’uomo e del giovane di oggi, appunto per non “astrarla” eccessivamente.
In altre parole, se è vero che l’uomo, il giovane nella sua essenza umana e religiosa è sempre messo a confronto con le esigenze del Vangelo e dell’incontro fondamentale con Gesù, è altrettanto vero che la sua comprensione storica ed esistenziale è di molto aiutata dalle scienze umane (sociologia e psicologia, anzitutto, ma anche antropologia e filosofia) che ne indagano l’esistenza concreta e le domande-bisogni sempre cangianti, la concreta vita e vita quotidiana come trama della sua esistenza, dei suoi rapporti, delle sue speranze.
D. Tonelli fa buon uso delle “scienze dell’uomo”; non esaltandole come unico riferimento per la progettazione pastorale (non è progettazione sociale!), ma nemmeno piegandole alle “superiori” esigenze teologiche, considerandole “ancillae” o unicamente strumentali: esse (nemmeno l’educazione) non vengono considerate importanti solo perché “utili allo scopo” e se non servissero sarebbero accantonate: esse sono seriamente prese nella loro importanza e relatività; e insieme sono assunte (anche la teologia) in uno sguardo di sintesi, un nuovo sguardo, che è appunto quello pastorale, di sapienza e arte pastorale.[17]
Si tratta ovviamente di definire il chiaro rapporto tra una lettura pastorale e una lettura “scientifica” (a volta anche solo “sociologica”) della realtà in cui la proposta di fede viene offerta. La soluzione non è quella di contrapporle, ma di integrarle, in un disegno di “multi- e interdisciplinarità” di cui d. Tonelli sente l’importanza e la necessità, per giungere alla “sfide” di fronte a cui la pastorale giovanile è posta in ordine di un vero autentico servizio alla vita del giovane e alle istanze del “regno di Dio”.
“La differenza fra una lettura pastorale e una lettura sociologica si colloca perciò nella sostanza delle cose, e non solo nelle intenzioni di chi fa questa lettura. Questa constatazione sottolinea la funzione speciale della teologia nella lettura e nella progettazione pastorale. Una lettura della realtà che non faccia spazio in modo esplicito e formale alla teologia, non potrà mai essere utilizzata per la costruzione di un progetto di pastorale giovanile.
Attraverso questo sguardo, che si spinge fino alle soglie del mistero, la pastorale cerca di raggiungere anche la definizione delle «sfide», la ricerca cioè delle preoccupazioni prioritarie e specifiche...
Questo è il punto a cui è giunta la mia riflessione in ordine alla pastorale giovanile. Esso giustifica da una parte l’importanza di un ascolto della realtà attraverso l’utilizzazione delle discipline competenti, ma assicura dall’altra la qualità di un ascolto che permetta davvero di dire qualcosa di consistente per chi ha intenzione di fare progetti di pastorale giovanile”.[18]
Nell’incrocio di queste istanze, si colloca la visione educativa della pastorale giovanile (quarta pietra angolare), come fedeltà al mistero di Dio che si umanizza in un continuo processo e all’umanità del giovane che si sviluppa e cresce secondo le dinamiche della vita (o del “seme”, con un’immagine cara a d. Tonelli). Per questo la pastorale giovanile assume una forma e una modalità educativa per dirsi in verità (secondo la verità di Dio e dell’uomo).
L’educazione è dunque la modalità tipica della PG di d. Tonelli, perché la fede – se è pur un dono che si gioca nell’intimo rapporto di Dio e dell’uomo, nella mediazione della Chiesa – deve poter essere detta, proposta e accolta secondo le modalità dell’umano, che è la storicità, la progressione, lo sviluppo successivo, e perché l’umanità – se pur “capax Dei” – ha bisogno di accoglienza, preparazione, purificazione, coinvolgimento, proposta...[19]
Tipico di d. Tonelli è la formulazione e formalizzazione in “educazione indiretta della fede”, e l’assunzione di una modalità interpretativa-propositiva dell’animazione come stile-antropologia-pedagogia-metodo del lavoro educativo verso i giovani, anche nell’ambito della fede, assumendo la cultura, la relazione, il gruppo come temi chiave della proposta stessa, in un’accoglienza incondizionata e propositiva (come d’altronde nel sistema educativo di don Bosco).[20]
In questo contesto di attenzione all’umano e ai processi e dinamismi della crescita si inserisce anche tutto il discorso sugli itinerari di educazione alla fede, che concretamente riassumono principi ed esigenze della fede e delle esigenze del giovane, e tutto quanto attiene alla metodologia educativa dell’animazione (ambiente, cultura, relazione con l’adulto, gruppo, esperienze, narrazione... verifica del cammino).[21] Tutti temi che l’indice degli articoli di d. Tonelli che qui esamino mostrano in abbondanza.
“La pastorale giovanile, in quanto educazione alla fede, non coincide con nessun processo educativo: non è riducibile ad esso, né può essere elaborata solo a partire da indicazioni di ordine metodologico e pedagogico. Essa riconosce che ogni persona con cui dialoga è spontaneamente aperta verso il mistero di Dio, perché è già avvolta dal suo amore che chiama e salva. Sa di possedere mezzi educativi (la parola, i sacramenti, l’esperienza salvifica della comunità), la cui efficacia sfugge alla misurazione delle scienze umane. Impegna tutte le sue risorse, in modo esplicito, al servizio di questo orientamento trascendente.
Eppure, la pastorale è consapevole che questa responsabilità originale non la sottrae affatto ai compiti e alle logiche comuni ad ogni processo educativo. La costruzione di una maturità di fede e l’utilizzazione di strumenti in cui operare la salvezza costringono, infatti, chi fa azione pastorale a misurarsi con processi e dinamiche, segnate da una chiara autonomia educativa. La pastorale giovanile s’interroga sul tipo d’uomo verso cui orientare il suo servizio; e in questo si scontra con l’antropologia che offre una rassegna di progetti d’uomo, elaborati nell’ambito culturale di sua competenza. Essa inoltre non è l’unica agenzia educativa, né tanto meno è quella dotata di maggiore influsso. Esistono altre proposte (scuola, famiglia, società complessiva, mezzi di comunicazione sociale, subculture giovanili e ideologiche...) che emettono in continuazione valori e modelli di comportamento.
Anche nell’esercizio specifico della sua funzione, sceglie e utilizza metodi, modelli, strumentazioni non direttamente deducibili dalla fede, ma di natura educativa e culturale”.[22]
Dall’insieme di questi quattro elementi fondanti, che ho chiamato “pietre angolari” dell’edificio della pastorale giovanile, emerge un corollario che è un “chiodo fisso” e caratteristico di don Tonelli, chiaramente indicato dal titolo di vari articoli e libri: “per la vita e la speranza” (dei giovani), altrove declinato anche come felicità.
La vita intesa sia come “luogo” dell’incontro tra l’umanità di Gesù e quella del giovane, sia come fiducia ottimistica che attraverso esso, nonostante le difficoltà e i vari pessimismi, vita e pienezza di vita possano essere raggiunti.
Ovviamente proprio nel senso non soggettivistico, autorealizzativo e autocelebrante di certa cultura contemporanea, ma nel senso “ireneano” (s. Ireneo di Lione) in cui viene utilizzata una delle citazioni più amate da d. Tonelli: “l'uomo vivente è gloria di Dio e vita dell'uomo è la visione di Dio”.[23]
I temi iniziali e alcuni filoni
Passiamo ora a una parte più di documentazione, di disanima dei vari temi che d. Tonelli ha sviluppato nel corso del suo servizio a NPG, una specie di rassegna “genealogica”, sia per vedere l’evolvere di un pensiero fino a diventare completo e organico, sia per l’esigenza stessa dell’attitudine pastorale che – pur in un progetto chiaro – affronta le sfide a mano a mano che emergono. Uno sguardo di sintesi (e delle molteplici dimensioni della riflessione e dell’atto pastorale) invece è possibile (o molto più facile) nell’analisi dei suoi libri (che sono citati nella bibliografia generale).
In questo passaggio ovviamente abbiamo la “materia prima” degli articoli (quasi tutti linkati e rimandanti al sito della rivista, molti di essi appartenenti a rubriche o dossier) di d. Tonelli, così come riportati nel sito di NPG: ad essi daremo uno sguardo attento e “storico”.
Per poter ritrovare i vari filoni che si sviluppano e individuarne la trama e le preoccupazioni che esprimono o le sfide che intendono affrontare, ci serviamo di due ampi studi fatti: l’uno in occasione del 20 anni di NPG [24], l’altro come sintesi [25] (in vista di una pubblicazione come dossier per i 40 anni di rivista, ma mai pubblicato se non sul sito) di un lavoro di dottorato proprio sui primi 20 anni della rivista (1967-1988), cioè praticamente dagli inizi fino al centenario della morte di don Bosco, quasi una cornice di riferimento carismastico di cui d. Tonelli intendeva farsi promotore e interprete ermeneutico della stessa passione del santo dei giovani.[26]
Sullo sfondo teniamo sempre il prezioso studio di Cesare Bissoli sulla storia della PG in Italia (pubblicato in NPG nel numero 4 del 1986) [27], e gli studi sulla storia della pastorale giovanile raccolti nel “Dizionario di pastorale giovanile” a cura dello stesso d. Tonelli e M. Midali.[28]
I primi articoli su cui compare il nome di Tonelli in NPG (già a partire dal 1968, cioè il secondo anno di vita della rivista, e che costituiscono il filone del primo tempo, sono articoli di tipo metodologico pratico pratico, cioè sussidiazione sui “temi” richiesti dagli educatori, nel tempo in cui si passava dal sistema delle Compagnie e quelle dell’associazionismo per gruppi cosiddetti formativi (o “impegnati”, per non far passare l’idea che gli altri non fossero “formativi”) o di tempo libero. Si trattava dunque di offrire nuovi (ripensati) materiali ad esempio circa i ritiri (e i temi dei ritiri, con riflessioni e strumentazioni tra le più varie, diapositiva, filmine, canzoni, cinema, brani di letteratura, racconti...), gli esercizi spirituali, sussidi per la quaresima o l’avvento, celebrazioni penitenziali, schede per la revisione di vita, sussidi missionari o mariani, organizzazione di gruppi strutturati (ad esempio i CGS)...[29]
Non si pensi che fossero solo materiali grezzi: dietro e dentro c’erano sempre principi guida, indicazioni metodologiche; più tracce di approfondimento che sviluppi completi... così che potessero diventare un’esperienza “pastorale”, programmata, guidata, diretta verso un preciso obiettivo.
Il giovane Tonelli si sperimentava in quanto era soprattutto richiesto dall’ambiente educativo e dagli educatori, ma mai soltanto per offrire materiale utile, quanto per “far pensare”, per lasciare lo spazio della riflessione e della creatività agli operatori stessi.
Per questo pian piano lascia questo tipo di contributi e diventa più “metodologico”: come creare gruppi, come vivere le esperienze, come impostare un camposcuola, come pensare un oratorio “nuovo” casa per tutti, come programmare... [30]
Emerge l’attenzione (di passaggio dal pratico al teorico) per la dinamica di gruppo, per la verifica, per la “pastoralità”.[31]
Già negli anni successivi (il 1970 risulta di passaggio, o meglio di “elaborazione silenziosa”) d. Tonelli inizia quella che sr Siboldi denominerà “impostazione di una «nuova» mentalità pastorale (1967-1977)”.
Compaiono lungo tutto il 1971, gli “Appunti di pastorale giovanile”, in cinque corpose puntate (Decidiamo di partire dall’uomo quotidiano; Una linea di sviluppo del metodo pastorale; Riflessioni sul metodo pastorale; Dal dono della fede-speranza-carità agli atti salvifici; Le opzioni della nostra pastorale giovanile), e poi l’anno successivo viene esplicitato l’intreccio tra pastorale e dinamica di gruppo, in tre parti.
Emergono le prime elaborazioni delle intuizioni e punti fermi di d. Tonelli con il principio cardine dell’incarnazione; che impone il criterio della fedeltà a Dio e all’uomo (al giovane), individua la necessità di passare dagli atti agli atteggiamenti, le tre grandi dimensioni della vita teologale, che possono essere (indirettamente) educati e formano la mediazione concreta e umana dell’educazione alla fede; la riflessione sulla salvezza in chiave teologale ed ermeneuticamente dell’uomo e giovanile, la Chiesa come primigenio ambito comunitario della comunicazione pastorale.
Questi elementi dovranno maturare ed assodarsi, confrontarsi, diffondersi e venire “sfidati”. Il suo lavoro di dottorato in effetti (e il suo famoso primo libro “Pastorale giovanile oggi. Ricerca teologica e orientamenti metodologici” (LAS 1977) frutto maturo di una lunga elaborazione a confronto con i documenti ecclesiali, altre scuole di pastorale giovanile e il pensiero di teologi come Rahner, Roqueplo, che in diverse edizioni rimane sostanzialmente invariato nei suoi presupposti e principi (con l’aggiunta poi del tema della narrazione), pur con una concentrazione, essenzializzazione e semplificazione del testo stesso.[32]
Gli anni successivi sulla rivista saranno la ripresa e approfondimento di tali temi, e la loro applicazione in diversi contesti, anche istituzionali: l’oratorio, la scuola, il gruppo, il territorio, l’impegno sociopolitico (tema questo molto fresco, allora, per il tempo della contestazione... e che per alcuni anni ha per così dire “connotato” NPG, a detta di alcuni votata eccessivamente al politico.
Nel frattempo ovviamente emergeva sempre più forte l’impegno di pensare la Chiesa come l’ambito dove “avviene” o viene donata la “salvezza” per i giovani e come soggetto che ha il compito essenziale di “mediare” tra Gesù e i giovani stessi, e non solo in termini comunicativi di “verità” da conferire o “sacramenti” da amministrare, quanto come luogo del possibile incontro e soggetto-luogo educante attraverso la parola, i sacramenti, i ministri e i testimoni.
Lo studio del gruppo come esperienza di Chiesa è uno dei momenti più acuti e interessanti della riflessione e proposta di Tonelli, questo già fin dall’inizio.[33]
Dal 1978 in poi (per sr Siboldi il tempo della “elaborazione di un modello pastorale”), tempo in cui il lavoro di Tonelli diventa più continuativo e finalizzato, riemergono in maniera più consistente e “solida” gli elementi che definiscono e qualificano un progetto di PG: il tema dell’incarnazione, dell’educazione (indiretta) alla fede, degli atteggiamenti, della spiritualità, dell’annuncio, dello stretto rapporto educazione-evangelizzazione, la domanda religiosa verso l’invocazione, le mediazioni educative (e sacramentali), l’itinerario di educazione alla fede, l’obiettivo della PG individuato nella formula “integrazione fede-vita” che poi via via diventa “la passione o l’amore per la vita” dove Cristo è il Signore (il punto di riferimento determinante) e il modello attraverso la sua vita, la sua parola, il suo dono di sé.[34]
Diventa sempre più preciso (anche se in genere affrontato nei suoi libri, e poco sulla rivista) il “modello” anche e soprattutto nei suoi aspetti epistemologici, cioè la precisa determinazione della PG rispetto al complesso delle discipline teologiche, alla stessa “generica” pastorale, allo specifico di essa, al rapporto con tutto l’aspetto legato alle discipline che investigano l’uomo, il giovane, sia da un punto di vista sociologico e psicologico, che progettuale-pedagogico. Il modello si definisce non solo rispetto alle discipline teologiche ma anche a quello progettuali-pedagogiche e filosofiche, proponendosi come uno “sguardo” diverso, di sintesi sapienziale, che ha lo sguardo del “pastore” (con particolare cura dei “perduti”: ma non in senso moralistico bensì di cura vigile verso i soggetti più deboli, i giovani).[35]
Fondamentale a questo riguardo è una analisi dei vari modelli di pastorale giovanile circolanti e attivi “sul mercato” delle proposte ecclesiali, sia attraverso i documenti dei vescovi che quelli di associazioni o proposte editoriali: soltanto in un confronto di modelli si può attivare una precisa scelta che abbia a monte dei criteri (appunto, Incarnazione – e dunque fedeltà a Dio e all’uomo – e giovani “poveri” – e dunque amore alla vita in tutte le sue forme e manifestazioni, e processi educativi per ridestare alla voglia di diventare sempre più persone).[36]
Emerge sempre di più la peculiarità di una lettura “educativa e pastorale” della situazione (socioculturale, giovanile, ecclesiale...) come punto di partenza di un’analisi che non si limita al sociologico ma punta al confronto con il patrimonio e la tradizione che – nella chiesa – intende rendere il Vangelo notizia sempre fresca e viva, interpellante, perché propone l’unica via (l’incontro con Gesù nella comunità ecclesiale e nei tesitmoni) della vera vita piena e felicità, della possibile mai infranta speranza.
La pastorale giovanile viene dunque sempre più qualificandosi come “la pastorale del soggetto (d. Vecchi, in riferimento a NPG).[37]
Diventa anche sempre più preciso il riferimento carismatico (don Bosco, il sistema preventivo come spiritualità, pedagogia, metodologia)[38], da cui derivano sia lo sguardo pastorale sul mondo dei giovani (la salvezza delle anime) in una intensa “passione” per loro ed empatia per il loro mondo, sia la comprensione della via educativa (e delle risorse a cui attingere, le dimensioni profonde da ridestare, da sollecitare, da valorizzare, come acutamente nota d. Vecchi):
«l'esperienza di Don Bosco è segnata da un'intuizione, non certamente nuova nella chiesa, ma colta ed espressa con originalità: in ogni giovane esistono e interagiscono in forma sorgiva tre energie, spinte o pulsioni: la ragione, il senso religioso, l'amore. Non sono le classiche «facoltà» e nemmeno quelli che oggi vengono chiamati «bisogni» giovanili. Sono caratteristiche strutturali dell'esistenza umana. Esprimono allo stesso tempo un'urgenza, una domanda, un'energia, e un'apertura dell'essere».[39]
Qualificando la pastorale come “pastorale del soggetto”, non si intende solo individuare come fulcro della proposta quelli che una volta erano intesi come destinatari (e comunque già così operando un cambio epocale), ma correndo il rischio di operare un processo di soggettivizzazione, quasi un’operazione a rovescio (dalla priorità dei contenuti oggettivi – la verità della fede – a quella dei giovani), ma qui vengono chiamati in causa soprattutto il “soggetto ecclesiale” che vive e opera la pastorale giovanile: tutti coloro che – nel nome di Gesù, nella Chiesa (la compagnia dei credenti) – si adoperano per i giovani (come lo è stato d. Bosco): la comunità ecclesiale che “agisce” nel suo interno e media la salvezza ai giovani.
Il tema della comunità ecclesiale (della chiesa) e degli operatori pastorali (soprattutto quando sanno “narrare” il vangelo: cioè “educatori credenti”)[40] è una dimensione chiave del pensiero di d. Tonelli: una chiesa che si assume in proprio con tutta la sua passione per il Signore e per i giovani (nella figura della speranza) il compito non delegabile della “comunicazione” per la vita.
La stessa proposta ai giovani “si carica” di una più vasta considerazione ecclesiale, come ad esempio la sollecitazione a “fare esperienza di chiesa, nel passaggio dal gruppo all’appartenenza ecclesiale e poi negli anni seguenti con la terza “tappa” dell’itinerario di fede [41] (ma qui il discorso dovrebbe essere precisato per non lasciar intendere l’idea di una tappa progressiva... quando invece è propro l’esperienza ecclesiale l’ambito vitale dove i giovani vengono accolti e trovano una proposta, un progetto, degli aiuti che li fanno crescere nella fede e nella loro stessa vita).[42]
Nello sguardo “storico” che abbiamo assunto per una lettura del lavoro di d. Tonelli attraverso la rivista, possiamo ritrovare (soprattutto nel corso degli anni 80), la maturazione di un’altra intuizione (maturata insieme con altri collaboratori, ma la cui idea originaria e spinta propulsiva è dovuta a Mario Pollo): che non solo i processi della fede si intrecciano indistricabilmente con quelli dell’educazione (non solo per il mondo giovanile, ma per il mondo dell’uomo, anche se maggiormente significativi e pregnanti per i giovani, data la loro prevalente dimensione di futuro e dunque di maturazione nel tempo), ma che i processi e momenti educativi (e istituzioni educative) non sono generici e neutrali, “strumentali”, bensì implicano-propongono una visione dell’uomo e dei processi della sua crescita, così che risultano connotati in modo che favoriscono o impediscono la maturazione nella libertà, nell’inserimento-assunzione della cultura.
Parliamo dell’animazione (culturale) che ha contrassegnato il progetto pastorale in maniera che ne risulta chiara la visione di “sintesi” e coimplicanza tra processi veramente pastorali e processi veramente umanizzanti-educativi, in orizzonte giovanile.
Così d. Vecchi in una sguardo di sintesi:
«L'animazione rappresenta una lunga stagione nella vita della rivista. All'inizio fu soltanto un'intuizione. Venne poi l'approfondimento dei suoi fondamenti teologici, antropologici e pedagogici; poi ancora la ricomprensione all'interno dell'educazione e della pastorale. A mano a mano appariva non come un processo o contenuto particolare, ma come una qualità di “molte azioni umane connesse col dare, conservare e sviluppare la vita individuale e sociale, biologica e spirituale, umana e divina” («Animazione», Pollo M.- Tonelli R., in Progetto educativo-pastorale, a cura di Vecchi-Prellezo).
È stato il segno che i termini «giovanile» ed «educazione» venivano presi sul serio quanto la natura umana in Gesù Cristo. È stata anche la via per tradurre il modello dell'incarnazione nell'esperienza di fede dei giovani».[43]
Gli anni 80 raffinano le intuizioni degli anni precedenti, portano d. Tonelli a una riflessione epistemologica più approfondita e puntuale, anche in risposta alle varie “difficoltà” e critiche di chi riteneva un abbassamento delle prospettive e del lavoro pastorale giocarsi nel processi e dinamiche dell’animazione (culturale) nell’ambito dell’educazione alla fede. [44]
Ricordiamo che sono di quel decennio i vari dossier e numeri unici sull’animazione, le scuole di animazione e di formazione degli animatori, i “Quaderni dell’animatore” (“il frutto più avanzato di ricomprensione pastorale dei processi propri della animazione culturale”: d. Bissoli), i numerosi convegni che hanno segnato forse l’apice della diffusione della rivista, quando in tutta Italia è sorta una specie di “febbre” dell’animazione per la possibilità offerta di competenze (e modalità di essere) spendibili nel campo dei ragazzi e adolescenti: come educatori, come “evangelizzatori!” o “narratori dell’evangelo” (come preferiva dire d. Tonelli).
Una sintesi di tutto questo fervore creativo si può dire viene realizzata nella produzione del “Dizionario di pastorale giovanile” (1989), ripreso e “spezzettato” in tanti articoli e rubriche di NPG.[45]
Procedendo velocemente nel corso dell’analisi dei “decenni”, possiamo considerare alcune tematiche che diventano coagulo non solo di nuovo pensiero ma anche capaci di ripensare i temi “storici” e classici di d. Tonelli e della PG: anzitutto la narrazione, poi la nuova evangelizzazione, l’interiorità-spiritualità, il tema dei diritti umani, la ripresa dell’attenzione alla dimensione politica dell’educazione dei giovani, e uno sguardo di attenzione ad eventi ecclesiali di grande rilevanza come le GMG... con la bellezza che esprimono e i rischi che sottendono, soprattutto in termini di “vera esperienza pastorale”.[46] E di rapporto tra eventi e quotidianità, tra eccezionalità e continuità.
Che il tema della comunicazione (tra cultura-società-adulti-tradizione-chiesa e giovani) fosse un nodo di tutta la pastorale giovanile era già elemento di analisi e di “preoccupazione“ fin dagli inizi: una comunicazione disturbata, distorta, difficile. Per riattivare questa comunicazione “di vita” e di “ragioni di vita” si era mossa la proposta di d. Tonelli, sia sul piano del soggetto-destinatario (conoscenza approfondita e costante del mondo giovanile attraverso una lettura educativa dedi bisogno e delle domande, maturazione delle domande fino all’invocazione) e dalla parte della proposta (una pastorale per la vita e la speranza). Ma tra i due elementi c’è sempre la mediazione delle persone (chiesa, comunità, adulti testimoni) che rende possibile l’incontrarsi e la circolazione delle istanze e delle richieste reciproche. Questa possibilità e “realizzazione” è depositata nella narrazione, nella capacità narrativa dell’educatore, del testimone, che apprende a “narrare” il vangelo come una storia che coinvolge a tre livelli lo stesso narratore, il giovane e la storia di Gesù con la sua passione per il Regno e per gli ultimi.
In questa visione (che non è solo di metodo) si ricapitolano tutte le attenzioni che hanno impegnato d. Tonelli nella sua riflessione pastorale: Gesù il volto del Padre e il Signore della vita; il giovane nel suo desiderio-bisogno di felicità e di vita; l’educatore che sa mediarne, provocarne, accompagnarne l’incontro.
Il 1992 è l’anno in cui le tematiche “comunicative” sviluppate negli anni precedenti (come nodo del rapporto chiesa-giovani, ma anche cultura/tradizione/valori- giovani) diventano esplicitate e riprese dal modello della narrazione,[47] seguito poi da una serie di rubriche dove questa nuova impostazione viene praticata ed esemplificata, potremmo dire fino alla morte.[48]
Come dicevamo, questa prospettiva permette di riprendere i temi usuali di d. Tonelli: perché sia vera ed efficace, la narrazione deve sempre (ri)definirsi.
Per questo vi è una ripresa delle analisi sulla condizione giovanile – o meglio, una rilettura dei dati offerte da varie ricerche sociologiche come quelle dello IARD o sull’esperienza religiosa dei giovani), dove l’intervento di d. Tonelli si qualifica come lettura nel profondo dell’ansia di vita e di senso;[49] una ridefinizione (o meglio specificazione) degli obiettivi del lavoro pastorale: la spiritualità, la vocazione, gli sbocchi (il “cristiano adulto” come identikit “finale” del giovane cristiano)...[50]
Il tema della fede occupa un posto centrale soprattutto nell’ultimo periodo (non per nulla l’ultima rubrica e l’ultimo libro sono appunto sulla fede), dove in forma narrativa e a tratti autobiografica viene ancora esplicitata la passione per la vita di Gesù, e la forma della fede che diventa accoglienza di Gesù “Signore della vita” come principio di felicità e di speranza.
E la croce?
A volte “accusato” di eccessivo ottimismo incarnazionistico, d. Tonelli mostra la pregnanza del tema e del mistero della croce, ma soprattutto vivendo e testimoniando la serietà e la sfida della fede anche nei momenti duri della sua malattia e di quelli finali, accogliendo la sofferenza e pregando “per i giovani e per gli operatori della pastorale giovanile” (come nella testimonianza di chi lo assistette alla fine), sempre nella fiducia e nella speranza.[51]
Negli ultimi anni d. Tonelli avverte sia nella congregazione salesiana che in altri contesti una specie di mutamento di paradigma, di “critica” di alcune sue posizioni, forse il bisogno di maggior radicamento teologico nella pastorale, di un maggior coraggio nell’“annuncio” e concentrazione sul Cristo, la necessità di un approfondimento del tema dei sacramenti per uscire dall’equivocità o ambiguità di certe formulazioni,[52] di una rilettura vocazionale della pastorale giovanile,[53] e l’utilizzo (che dicevamo spregiudicato e in termini strumentali dovuto a radicale incomprensione) dell’animazione nell’educazione alla fede.
Indirettamente egli risponde con la ripresa di vari temi e ripensamenti, di evidenziazione di sfide, di sogni e speranze sulla PG,[54] e direttamente con la lunga citata intervista sui quarant’anni di lavoro a NPG.
Egli ha la consapevolezza di tempi nuovi, di nuove sottolineature o tematizzazioni, di necessità di approfondimenti, anche di nuovi punti di vista.[55] Accetta dunque volentieri di riprendere i suoi temi chiave e di accettare le critiche o meglio le osservazioni, le richieste di ulteriori approfondimenti o allargamenti di prospettive, anche se con forza ripropone il criterio fondamento di tutto, il principio dell’Incarnazione, come chiave di volta di tutta la costruzione teorica dell’impianto di pastorale giovanile. E così accetta con garbo ed eleganza (mossa criticata da colleghi dell’UPS) la pubblicazione sulla rivista di un articolo di colui che sarà il suo successore nella cattedra all’UPS, d. Rossano Sala, che in un meditato studio ripropone le linee di un necessario approfondimento, pur riconoscendo la validità di una proposta che ha avuto i suoi frutti e posto le basi per una autentica considerazione e legittimità (non da tutti ovviamente riconosciute) della pastorale giovanile nell’ambito teologico.[5]
Gli ultimi anni d. Tonelli ritorna su un suo tema chiave, “Ti racconto Gesù”, per dire ai giovani (e a se stesso) la bellezza e la fecondità di questo incontro: la fede come chiave dell’esistenza e di una vita nuova e felice, e per così dire termina così anche la sua vita, in un racconto e testimonianza di vita, oltre che di pensiero, lasciato in eredità e che NPG intende conservare.[57]
Terminiamo questa carrellata, fatta più a sprazzi che dopo uno studio approfondito (lasciamo tempo e spazio a future possibili tesi e licenze o dottorati, che certamente non mancheranno e che individueranno ambiti e linee storiche più precise), con quello che negli ultimi tempi era diventata anche linguaggio fortemente simbolico utilizzato da d. Tonelli (un “sogno” sulla pastorale giovanile; pastorale giovanile “tra memoria e profezia”): appunto, il sogno.
In un inedito (una serie di appunti di schemi per sue conferenze, anche in Europa) egli traccia acutamente le linee per il futuro – il sogno – di una PG davvero ambito di un nuovo dialogo fecondo e apportatore di vita tra chiesa e giovani.
Le riportiamo qui con impegno di proseguire su questa strada:
«Oggi e domani: qualche suggerimenti di prospettiva
Ciascuno di noi ha i suoi sogni: facciamo memoria per sognare in modo realistico, ma non ci lasciamo imprigionare dall’esistente, per ritrovare il coraggio di guardare in avanti senza rassegnazione.
Per questo, ancorati alla realtà, immaginiamo alcune linee di prospettiva cercando di cogliere le preoccupazioni più vere e le linee di intervento più efficaci.
Non ci piace essere come quel personaggio strano che… invitato a precipitarsi in una scialuppa di salvataggio si preoccupa di verificare fino a che punto la cravatta che ha indossato va d’accordo con il colore della giacca.
Questa impresa è affidata al lavoro di gruppo… per assicurare meglio concretezza e realismo.
Io suggerisco alcuni temi prioritari e uno stile globale di ricerca e di progettazione.
I temi
Si possono fare lunghi elenchi di temi e quando si è finalmente giunti ad un quadro che può apparire preciso, qualcuno ricorda che manca ancora qualcosa.
Una via di soluzione, per non restare prigionieri della complessità: individuare temi “generatori”.
Io immagino i seguenti “nodi” attorno cui mi piacerebbe ripensare la pastorale giovanile oggi e impegnare le comunità ecclesiali:
- Ridefinire la figura di giovane cristiano
- L’appartenenza alla Chiesa e le sue conseguenze pratiche
- Ripensare la dimensione “missionaria”
- La santità… anche in questo tempo?
- La grande sfida: narrare la speranza».
Siamo certi che queste sono state anche (in una visione retrospettiva) le sfide e le linee che lo hanno guidato... e su cui d. Tonelli ha ben teologicamente costruito e testimoniato o narrato.
Sempre, appunto, per la vita e la speranza (dei giovani).
NOTE
[1] www.notedipastoralegiovanile.it
[2] Questo il link attuale, che probabilmente cambierà nel momento in cui il sito sarà aggiornato a più recenti versioni del programma utilizzato Joomla! e templates: http://notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2587&Itemid=234
[3] Per il momento, abbiamo raggruppato gli articoli degli Autori “storici”:
http://notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4144&Itemid=251 : Mario Pollo, Cesare Bissoli, Luis Gallo, Franco Garelli, Franco Floris, Mario Delpiano, Domenico Sigalini, Giancarlo De Nicolò e ne sono in programmi altri, come Mario Comoglio, Antonio Martinelli, Carlo Molari, Giannino Piana, Franco Garelli, Carmine Di Sante... e poi sarà la volta dei collaboratori più recenti.
[5] http://notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2844:uno-sguardo-ai-sogni-per-interpretare-le-realizzazioni&catid=352:gli-inizi-racconti-e-testimonianze&Itemid=63
[6] http://notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2845:la-struttura-redazionale-di-npg-come-modello-di-riflessione-pastorale&catid=352:gli-inizi-racconti-e-testimonianze&Itemid=63
[7] http://notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4803:ripensando-quarantanni-di-servizio-alla-pastorale-giovanile&catid=155:le-interviste-pg-e&Itemid=63
[8] http://notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2844:uno-sguardo-ai-sogni-per-interpretare-le-realizzazioni&catid=352:gli-inizi-racconti-e-testimonianze&Itemid=63
[9] http://notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2845:la-struttura-redazionale-di-npg-come-modello-di-riflessione-pastorale&catid=352:gli-inizi-racconti-e-testimonianze&Itemid=63
[10] http://notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4803:ripensando-quarantanni-di-servizio-alla-pastorale-giovanile&catid=155:le-interviste-pg-e&Itemid=63
Le citazioni che via via faremo, dal momento che lavoriamo sul database dell’archivio storico di NPG, hanno la peculiarietà di non citare esattamente la pagina della rivista, ma essa può facilmente essere rintracciata con le usuali funzioni di ricerca del computer stesso).
[11] Ib.
[12] Per limitarci solo agli articoli più significativi e prospettici.
Nei primi studi:
- Appunti di pastorale giovanile. Prima parte: Decidiamo di partire dall'uomo quotidiano (3/1971, pp. 4-13) (“Decidiamo di partire dall’uomo quotidiano per essere fedeli all’Incarnazione”, i continui riferimenti al RdC);
- Appunti di pastorale giovanile. Seconda parte: Una linea di sviluppo del metodo pastorale (4/1971, pp. 4-17) (con una interessante annotazione: “La presenza dell'educatore non è mai una presenza acritica, l'incarnazione è per la morte-risurrezione”);
- Appunti di pastorale giovanile. Terza parte: Riflessioni sul metodo pastorale (10/1971, pp. 2-13) (per comprendere il tipo di coordinamento tra naturale e soprannaturale”);
- Appunti di pastorale giovanile. Quinta parte: Le opzioni della nostra pastorale giovanile (12/1971, pp. 3-18) (per la definizione delle opzioni per la pastorale giovanile).
Successivamente:
- Il «principio dell'Incarnazione» nella pastorale giovanile (6/1978, pp. 5-16)
- Per una spiritualità dell'incarnazione (5/1983, pp. 5-25)
- L'Incarnazione come criterio della pastorale (8/1986, pp. 3-14)
- A confronto con l'evento dell'Incarnazione (2/2000, pp. 5-25).
Oltre naturalmente ai tanti richiami di riferimento nel corso di tanti articoli.
[13] Una rigorosa formulazione teologica l’abbiamo trovata in alcune riflessioni di Carlo Molari che, tra l’altro, per tanti anni è stato presente nelle redazioni di NPG.
«Il termine incarnazione vuole descrivere il senso dell'esistenza terrena di Gesù Cristo. Il modello dell'incarnazione del Verbo per spiegare l'avventura di Gesù si trova oltre che nel Prologo del quarto Vangelo, anche nella prima lettera di Giovanni (1,1: "ciò che abbiamo toccato del Verbo della vita") e nella Apocalisse ("il suo nome è Verbo di Dio" Ap. 19,13: parola che giudica cfr. 20, 11-12). Il termine 'incarnazione', raro nei primi secoli è divenuto poi tradizionale ed ora è di uso comune per indicare l'avventura di Gesù...
È necessario ricordare che l'incarnazione non è un evento istantaneo, bensì un processo, che culmina nella Pasqua, solo allora Gesù è stato "costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti" (Rom. 1,4), e così è divenuto "causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono" (Eb 5,9). Nella morte/risurrezione Egli ha raggiunto, nella sua natura umana, l'identità compiuta di Figlio di Dio e ha realizzato la rivelazione suprema dell'amore divino, portando a termine la fase storica della sua missione salvifica.
Come l'esistenza di Gesù si svolge sotto la continua influenza di Dio, anche la missione prosegue nei suoi discepoli attraverso l'effusione dello Spirito Santo...
Il termine incarnazione in questa prospettiva non indica, come ha fantasticato lo gnosticismo, la discesa di un essere celeste in terra, ma la rivelazione della perfezione divina nella carne umana, la risonanza della sua Parola in forme umane...
In questa prospettiva l'incarnazione non è solo un evento realizzatosi in Cristo, ma è anche un paradigma costante dell'azione salvifica di Dio e quindi una legge essenziale dell'esistenza redenta. La legge della incarnazione vuole indicare che la Parola divina diventa udibile sulla terra quando è resa parola umana; che l'amore di Dio diventa efficace per gli uomini quando si traduce in gesti di amore umano; la misericordia del Padre si esprime nella storia umana quando giunge a diventare perdono di uomini. Questo processo richiede la stessa accoglienza e fedeltà che Gesù ha esercitato” (Carlo Molari, Teologia del puralismo religioso, Pazzini 2013, pp. 133 ss.
[14] Una pastorale giovanile per i «lontani» o una pastorale giovanile perché non ci siano «lontani»? (10/1986, pp. 12-24).
[15] Intervista dei “40 anni”, cit.
[16] Ib.
[17] Per una lettura pastorale della ricerca su «giovani e riconciliazione» (2-3/1984, pp. 26-32); Le sfide dei giovani alla comunità ecclesiale: nodi problematici per l'azione pastorale (7/1982, pp. 6-16); - Una domanda religiosa «dentro» una forte domanda di relazione (3/1986, pp. 21-29); Una domanda religiosa «dentro» una forte domanda di relazione (3/1986, pp. 21-29).
[18] Ib.
[19] Educare alla fede nell'umanizzazione: un metodo di pastorale giovanile (6/1974, pp. 5-27);
Le mete di un concreto processo di educazione alla fede (7-8/1974, pp. 70-91); Sintesi originale e attuale tra educazione e educazione alla fede (5/1988, pp. 22-35); Educazione e pastorale (6/2000, pp. 43-48); Itinerari di educazione alla fede. Un confronto interdisciplinare: orizzonti e linguaggi. Intervista «collettiva» (8/2005, pp. 5-24); La «scommessa» sull'educazione: un modo di essere Chiesa (2/2011, pp. 22-36).
[20] Su questo, vedi di seguito.
[21] Vedi soprattutto: Un itinerario per educare alla fede i giovani d'oggi (2/1981, pp. 3-63); Q8. Un itinerario di educazione dei giovani alla fede (8/1984, pp. 57-88); Utilizzare gli itinerari con mentalità da itinerario (10/1991, pp. 70-80).
[22] Ib.
[23] La non chiusura in sé del tema della soggettività e identità (con il corollario della “ricerca di senso” e della felicità, e anche del possibile rischio di pensare l’obiettivo pastorale unicametne in termini di “integrazione” – personale – di fede e vita, nella redazione è costantemente tenuto aperto dalla presenza di amici che sollecitano al tema dell’alterità e del terzo mondo (la visione “non occidentale” della vita). Cf La soggettivizzazione (giovanile e oltre): da problema a risorsa (8/1998, pp. 53-64); Evangelizzazione e ricerca di senso (3/2006, pp. 16-19).
[24] http://notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=145:npg-una-pastorale-giovanile-attenta-ai-processi-educativi-&catid=51:testi-sulla-pastorale-giovanile&Itemid=82
L’autore, d. Juan E. Vecchi, con cui d. Tonelli ha sempre collaborato con piena condivisione e stima reciproca, all’epoca era Consigliere Mondiale della Pastorale Giovanile della Congregazione Salesiana, e divenne poi Rettor Maggiore.
[25] http://notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=973:uno-studio-sui-primi-20-anni-di-npg-1967-1988&catid=51:testi-sulla-pastorale-giovanile&Itemid=82
L’Autrice è sr. Rosangela Siboldi, FMA, docente di pastorale giovanile all’Auxilium di Roma.
[26] Educazione e evangelizzazione nel sistema educativo di don Bosco (9/1979, pp. 3-19); Con don Bosco crediamo nell'educazione (1-2/1988, pp. 20-34); Sintesi originale e attuale tra educazione e educazione alla fede (5/1988, pp. 22-35).
[27] http://notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=143:ventanni-di-storia-della-pastorale-giovanile&catid=118:storia-della-pg
D. Bissoli qualifica il lavoro del CSPG e di NPG come una “proposta esemplare”, che offre “certamente oggi in Italia l'interessamento più avanzato ed organicamente elaborato nel confronto dei giovani”, e cita in particolare le proposte di d. Tonelli. Eccome una prima testimonianza: “Nel 1968 Tonelli, nella funzione di segretario della rivista, scrive con parole indubbiamente audaci quello che sarà l'intuizione teologica sostanziale, la verità dell'Incarnazione: «Tutto ciò che è umanamente valido è cristiano. Contro una visione disumanizzante del cristianesimo. Una pastorale valida deve necessariamente partire da queste premesse»”
Importanti sono anche i seguenti articoli di Tonelli:
1/1979: “Un progetto di pastorale giovanile per i giovani d’oggi”; 5/1982: “L’obiettivo della pastorale giovanile in un tempo di nichilismo: dire la fede nella passione per la vita”; 1/1986: “Vent’anni di pastorale giovanile: una proposta che continua”; 1/1990: “Verso una nuova evangelizzazione: problemi e prospettive”; 1/1991: “Educatori della fede”; 8/2003: “Una pastorale giovanile alle prese con problemi nuovi”; 5/2009: “Ripensando quarant’anni di servizio alla pastorale giovanile. Intervista”; fino all’ultimo contributo di inizio 2013 (n. 1: “Organizzare una PG per la vita e la speranza dei giovani”).
[28] Dizionario di pastorale giovanile, Elledici, Torino-Leumann 1989; II ed. 1992. I saggi che ci interessano sono anche riportati nel sito di NPG. Vedi: http://notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=941:storia-della-pastorale-giovanile-4-leta-contemporanea&catid=118:storia-della-pg
[29] Evitiamo di citare puntualmente, le note sovrabbonderebbero. Il lettore può facilmente constatare e riferirsi alla bibliografia acclusa.
[30] Per una comprensione di cosa voglia dire “fare esperienza”, si veda: Itinerari metodologici per fare «esperienza» (2/1977, pp. 48-54); Esperienza (2/2001, pp. 71-75). E il dossier (a più voci): Far fare esperienza a questi nostri ragazzi, 33 (1999), n. 09, pp. 11-48. E poi tutti i vari “itinerari”: Educare a... (alla partecipazione, alla politica, ai valori umani, al territorio, all’esperienza religiosa; all’eucaristia...
[31] Come ad esempio in “Appunti per una pastorale giovanile nella chiesa d’oggi”: 1/1969 e “Dal gruppo alla pastorale del gruppo: 12/1969): i primi studi più sistematici che già raccoglievano temi e riflessioni che d. Tonelli – partendo dalla sua stessa esperienza di incaricato dell’oratorio a Sesto S. Giovanni, come giovane prete – andava organizzando come problemi e intuizioni per un lavoro più organico di studio e di ricerca.
[32] Già la sua seconda edizione, pubblicata nel 1979, otteneva il prestigioso premio Paola Malipiero per la ricerca teologica (all’unanimità, tra 51 opere esaminate). La terza edizione si presenta come “sostanzialmente nuova” rispetto alle precedenti, e ha come titolo “Pastorale giovanile. Dire la fede in Gesù Cristo nella vita quotidiana”, LAS 1982. La quarta edizione (1987) si presenta come “riveduta e aggiornata” e introduce nella premessa una dicitura che poi diventerà usuale ed esplicita chiaramente l’intenzione di tutta la pastorale giovanile: “Per la vita e la speranza”, citando Puebla 1205. La quinta edizione (1996) si presenta come “totalmente riscritta e aggiornata” e ha come titolo: “Per la vita e la speranza. Un progetto di pastorale giovanile”. L’ultima edizione, del 2011, assieme a Stefano Pinna, ha come titolo “Una pastorale giovanile per la vita e la speranza. Radicati sul cammino percorso per guardare meglio verso il futuro”, quasi una storia e un progetto consegnato ai lettori “un libro che nonè da leggere ma da riscrivere” (p. 9), .
[33] Dal gruppo alla pastorale del gruppo (12/1969, pp. 26-35); “Pastorale e dinamica di gruppo” (in vari articoli nel corso del 1972); Fare esperienza di Chiesa. Dal gruppo all'appartenenza ecclesiale (3/1976, pp. 19-24); Il gruppo ecclesiale in un tempo di crisi culturale e di frammentazione personale (4/1982, pp. 3-26); - Q9. Il gruppo giovanile come esperienza di Chiesa (9/1983, pp. 57-88); Lo sbocco nella vita dei gruppi giovanili ecclesiali (7/1985, pp. 11-23), ecc.
[34] Citiamo solo, in maniera esemplificativa: Il «principio dell'Incarnazione» nella pastorale giovanile (6/1978, pp. 5-16); Un progetto di pastorale giovanile per i giovani d'oggi (1/1979, pp. 3-21); Educare la «domanda religiosa» (9/1980, pp. 3-19); Un itinerario per educare alla fede i giovani d'oggi (2/1981, pp. 3-63); Una prospettiva globale per la pastorale giovanile (5/1981, pp. 16-28); L'obiettivo della pastorale giovanile in un tempo di nichilismo: dire la fede nella passione per la vita (5/1982, pp. 28-38); Le sfide dei giovani alla comunità ecclesiale: nodi problematici per l'azione pastorale (7/1982, pp. 6-16); Per una spiritualità dell'incarnazione (5/1983, pp. 5-25); e p oi nel corso del 1983-4 i vari “Quaderni per la formazione degli animatori”, dove questi temi vengono consolidati, sintetizzati e presentati ai giovani animatori.
[35] Ad esempio: Q7. La scelta dell'animazione nell'educazione alla fede (6/1983, pp. 57-88)
[36] Si veda a questo proposito la studio dei modelli, ad esempio 4/76 e anche la revisione del modello di liberazione dell’America Latina, che al tempo andava per la maggiore (e che lascia comunque un segno nel prosieguo della rivista: 11/1976).
[37] «L'attenzione va alle persone, alla loro vita, intesa come ricerca, aspirazione e possibilità. All'interno di questa realtà va riletta per loro la Parola, va scoperta la verità. Ad alcuni questo cammino sembra di passo lento e percorso lungo. Sarebbe meglio prendere la scorciatoia della “parola” già formulata per sé efficace, consegnandola alla memoria dopo una accettazione basata sulla autorevolezza della Parola stessa o di chi la pronuncia.
“Note” si fa carico di questa tensione e risponde approfondendo una questione: che cosa è la fede e come «avviene» nella persona? Cosa significa per un giovane di oggi “vivere di fede”? (d. Vecchi, art. cit.).
[38] Cf Con don Bosco crediamo nell'educazione (1-2/1988, pp. 20-34); Sintesi originale e attuale tra educazione e educazione alla fede (5/1988, pp. 22-35).
[39] Juan E. Vecchi, art. cit.
[40] L'educatore credente come narratore dell'evangelo (6/1989, pp. 109-119). Anche: Criteri per un corretto annuncio di Cristo ai giovani (4/1980, pp. 2-16); Come nel «Catechismo dei giovani», evangelizzare Gesù Cristo «narrando» una storia interpellante (6/1980, pp. 3-14).
[41] Un itinerario per educare alla fede i giovani d'oggi (2/1981, pp. 3-63).
[42] Fare esperienza di Chiesa. Dal gruppo all'appartenenza ecclesiale (3/1976, pp. 19-24); Q9. Il gruppo giovanile come esperienza di Chiesa (9/1983, pp. 57-88) Identificarsi in una comunità che narra la sua passione per la vita (9/1983, pp. 15.20); Gruppo e esperienza di Chiesa (8/1984, pp. 14-20); Verso la compagnia dei credenti: la Chiesa (5/1989, pp. 5-18); La responsabilità della comunità cristiana verso i giovani (6/1998, pp. 7-25)
[43] Vecchi, cit.
[44] Qui il discorso si fa molto delicato e serio. È certamente un punto cardine del pensiero di d. Tonelli, in quanto capace di tradurre in atto la concezione di “educazione indiretta della fede”, di fare da fulcro tra l’antropologico, il teologico, il pedagogico. Un tema trattato certamente nei suoi libri, ma anche tante volte negli articoli della rivista, e diventando poi una degli elementi caratterizzanti di NPG “all’esterno”, soprattutto nella sua utilizzazione concreta nei vari convegni e corsi di “scuola di animazione” o “scuola per animatori”. Ma dobbiamo anche notare che la “cattiva” comprensione e utilizzazione dell’animazione (rispetto per esempio al termine più generale di educazione) e la pratica sbarazzina di giovani animatori non seriamente preparati ha portato a un grande equivoco e confusione (e tradimento): il pensare che l’animazione si riducesse ai “giochi di animazione” o di interazione (cf i giochi di Vopel) o a una certa pratica di dinamica di gruppo, estenuando così una delle intuizioni e pratiche più feconde della pastorale giovanile (di d. Tonelli) ed esponendola a critiche ingenerose.
Tant’è vero che lo stesso Mario Pollo, in una sua lunga intervista a NPG, ne mette in evidenza il rischio e la deriva subita, e nei suoi libri più recenti sostituisce la dizione “animazione culturale” con “pedagogia dell’anima”, per metterne subito in risalto il senso e il centro ispirante.
A questo proposito vedi: “Trent'anni di animazione culturale. Un bilancio. Intervista a Mario Pollo”, 8/2012, pp. 5-46. Per un’analisi critica del suo uso nella pastorale giovanile: Alessandro Amapani, Animazione: introduzione alla fede?, Viverein 2011. Per una veloce e “poetica” comprensione del senso e dei contenuti dell’animazione, vedi: “Il credo dell’animatore” (1/1983, pp. 57-59). Una ampia sintesi in: “Q20. Animazione dei giovani. Proposta e metodo” (1/1985, pp. 57-80. E ovviamente i libri (e articoli in NPG) di Mario Pollo (vedi nel sito la sua bibliografia).
[45] Il «Dizionario di pastorale giovanile» come strumento per fare progetti (4/1990, pp. 70-79).
[46] Qualche suggerimento per riflettere sulla GMG un prospettiva pastorale (8/2011, pp. 37-43); e prima ancora su un altro grande evento della Chiesa, il giubileo: Il giubileo per una qualità nuova di vita quotidiana (4/2000, pp. 18-28); Oltre la Porta Santa... Il giubileo ritorna alla vita quotidiana (8/2000, pp. II-VIII); e per l’esperienza della GMG a Santiago: Il pellegrinaggio come scuola di vita cristiana (6/1995, pp. 22-31).
[47] Vedi: 3/1992: “E se provassimo con la narrazione?”; 4/1992: “Per diventare buoni narratori”; e più tardi 1/1994: “Evangelizzazione e comunicazione”; 5/2006: “Modelli comunicativi a confronto”; 8/2006: “Un annuncio narrativo”.
[48] Come indicato nella bibliografia, citiamo soprattutto “Atti (degli Apostoli) e PG”; “Narrare per la speranza”; “S. Paolo e i giovani” (come commento e materiali di lavoro per i giovani su tempi paolini sviluppati da altri autori nella stessa rivista; “Ti racconto Gesù”, terminata postuma.
[49] Ad esempio, tra gli ultimi articoli: Sono «religiosi» i giovani oggi? (3/2009, pp. 54-61).
[50] Per uno sguardo d’insieme, nella difficoltà di citare gli articoli corrispondenti: Organizzare una pastorale giovanile per la vita e la speranza dei giovani (1/2013, pp. 6-20). Per lo sbocco di “cristiano adulto”, uno dei temi-problemi a cui d. Tonelli prestò attenzione nelle ultima “sfide”: In cammino per diventare «cristiani adulti» (1/1995, pp. 9-32).
[51] Spiritualità tra amore alla vita e croce (3/1987, pp. 44-50), e il suo Ritratto di un giovane cristiano (8/1989, pp. 1-67); A confronto con la morte (dalla prospettiva dell'amore alla vita), (2/1995, pp. 75-85).
[52] Educare ai sacramenti (6/1996, pp. 7-32).
[53] La vita come vocazione: movimenti per un itinerario educativo (3/1989, pp. 5-16) e inoltre gli articoli citati alla nota seguente.
[54] Cf ad esempio Questioni aperte di pastorale giovanile (1/2008, pp. 22-28); Qualche sfida alla pastorale giovanile (1/2007, pp. 27-38).
[55] Ad esempio: La fede giovane dei giovani. Il dialogo tra il papa e i giovani (1/1999, pp. 42-54).
[56] R. Sala, “Per un rinnovamento della pastorale giovanile” (3/2011, pp. 4-13); “L’alfabeto dell’umano. Riflessioni sul «luogo privilegiato dell’evangelizzazione» (7/2013, pp. 4-34).
[57] Vedi la bibliografia acclusa, nella parte “Rubriche”.