ROBERT BRESSON
Le peripezie della grazia
A cura di Paolo Perrone - Acec/Ancci
Il cinema di Bresson è in sé un oggetto enigmatico.
È dominato fin dall’inizio da un’urgenza teorica che non deflette mai, che negli anni si affina, si ostina, si fa blocco. Richiede una disposizione intellettuale e antisentimentale (cioè, al cinema: innaturale). Non permette di accomodarsi nella dolcezza di un’immagine, mai. Ma allo stesso tempo, in mille nervature segrete, è anche capace di produrre una risonanza emotiva che non avevamo previsto, che ci coglie impreparati, e perciò tanto più profondamente scava. Concretezza, trascendenza, crudeltà, condizione umana? “Se solo mia madre mi vedesse”, chiude Un condannato a morte è fuggito. Una Note: “Non correre dietro alla poesia.
S’infila da sola nelle giunture”. Le mystère Bresson.