Guardare in faccia il nichilismo

Mario Pollo

(NPG 2008-02-02)

Nel suo ultimo libro (L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani) Galimberti affronta l’interpretazione del mondo giovanile muovendo da una considerazione di Heidegger, fondata sulla definizione di nichilismo offerta nei frammenti postumi da Nietzsche, sulla presenza nella nostra realtà sociale e culturale «del più inquietante tra tutti gli ospiti», ovvero del nichilismo. Il ricorso al nichilismo come chiave interpretativa di alcuni fenomeni di disagio presenti nel mondo giovanile è, indubbiamente, oltre che interessante, fecondo. Tuttavia per poter pienamente cogliere questa chiave interpretativa è necessario riandare alla riflessione originaria di Nietzsche.
Secondo Nietzsche questo ospite, «in quanto stato psicologico», è stato invitato da tre cause. La prima costituita dalla delusione prodotta dalla «consapevolezza dell’inadeguatezza di tutte le ipotesi sul fine fin qui formulate, che concerne l’intero sviluppo» («l’uomo non è più cooperatore, per non dire centro, del divenire). La seconda è costituita dalla perdita della «totalità, una sistematicità e perfino un’organizzazione in tutto l’accadere e a fondamento di ogni accadere», che conduce l’uomo alla perdita della fede nel proprio valore, dato che la totalità non agisce più attraverso di lui. La terza causa, infine, è l’incredulità per un mondo metafisico, che si vieta di credere in un mondo vero. In questo modo si riconosce come unica realtà la realtà del divenire, ci si vieta ogni genere di via traversa per retromondi e false divinità, ma «non si sopporta questo mondo che pure si vuole negare…».
L’ospite inquietante, traendo fuori il fine, il senso dell’agire umano, l’unità e la sistematicità del mondo in cui questo si svolge e, infine, la negazione dell’essere, con la conseguente espulsione del divino dall’orizzonte della vita dell’uomo, ha fatto sì che il mondo appaia senza valore e che le nuove generazioni che vi si affacciano siano condannate a sperimentare una sorta di spaesamento.
Se si osservano con attenzione molte forme di disagio o, più semplicemente, di spaesamento presenti nel mondo giovanile, esse possono essere facilmente ricondotte alle tre cause ipotizzate da Nietzsche. Basti pensare alle trasformazioni della temporalità, con l’evidente oscuramento sia del futuro che del passato, alla perdita dei valori che hanno retto per secoli, se non per millenni, il cammino dell’uomo nella storia e, quindi, allo svuotamento di senso dell’agire umano nel mondo, tra cui in particolare del lavoro. Per non parlare della rimozione della morte e la fuga di molte persone in una illusoria eterna giovinezza, della perdita della concezione dell’assoluta alterità di Dio, così come della sua onnipotenza e onniscienza, con la conseguente creazione di un’immagine di Dio troppo umana, consolatoria e priva di trascendenza.
A fronte di queste e di altre forme di spaesamento, che non vi è qui lo spazio di citare, non resta al mondo adulto, in particolare a coloro che hanno responsabilità educative, che raccogliere la sfida del nichilismo, non ignorandolo ma guardandolo in faccia. L’unico sguardo che consente di guardare in faccia il nichilismo senza rimanerne svuotati è quello di un progetto educativo che aiuti il giovane a scoprire la propria irripetibile unicità che, potendo essere svelata solo nello sguardo dell’altro, lo conduca all’agire sociale e alla scoperta che il suo impegno e il suo lavoro nel mondo hanno un senso nella costruzione del Regno. E, infine, che l’assoluta Trascendenza e Alterità divina si è rivelata all’uomo nella vicinanza fraterna di Gesù.
Tutto questo comporta, tra l’altro, anche l’educare i giovani ad accettare la propria finitudine e, quindi, il mistero che grava sulla loro vita e sul mondo, con però la speranza consapevole che essa è la porta stretta che consente alla grazia di condurli alla pienezza del loro essere.