Bianca Bianco
(NPG 1977-04-72)
Sono numerosi i tentativi di superare lo stile tradizionale di fare catechismo.
Il necessario coinvolgimento delle famiglie, dei laici, il bisogno di evitare lo stile «scolastico» degli incontri ha dato inizio da alcuni anni ad una serie di esperienze di catechismi domiciliari che attendono ora di essere valutate.
La testimonianza che presentiamo è quella di una insegnante di lettere della scuola media che da parecchi anni ha aperto le porte ai bambini della sua parrocchia, che tra l'altro comprende all'interno dei suoi confini una zona molto popolare.
Fra le tante cose di cui devo rendere grazie a Dio, non ultima è quella di appartenere alla Parrocchia della Risurrezione. Mi si perdoni questo inizio che può sembrare trionfalistico, ma per me ha significato veramente una svolta, il passaggio da un cristianesimo vissuto quasi privatamente ad una partecipazione consapevole alla società cristiana.
Quando il parroco mi chiese di impegnarmi per il Catechismo in casa, non capii subito l'importanza di questa proposta. Era indubbiamente un'innovazione che poteva solleticare, in un certo senso, la vanità. Mi ritenevo abbastanza preparata, essendo ex allieva di un Istituto Salesiano del quale avevo sempre seguito con convinzione gli insegnamenti.
Mi disingannai presto: non ero stata scelta per la mia preparazione ma unicamente per la mia disponibilità.
Il mio stesso incarico l'avevano avuto anche madri e padri di famiglia con meno cultura religiosa di me, ma disposti a collaborare e a prepararsi con serietà ad assolvere il loro impegno.
I motivi di questa scelta
Per non dare una visione errata mi conviene però spiegare i motivi di questa scelta della Parrocchia.
Il principale è forse questo: sensibilizzare i genitori al problema dell'educazione religiosa dei figli. Spingerli a riprendere il catechismo e a studiarlo con loro, in modo che avvenga, da parte dei genitori stessi, una vera e propria «riscoperta» della fede cristiana da trasmettere ai figli, impegnandoli così non solo sul piano dell'insegnamento teorico, ma anche sul piano pratico di un cristianesimo vissuto un po' meno epidermicamente; trasformarli cioè in una forza attiva, trainante, facendoli finalmente uscire dal loro attuale ruolo di coadiutori passivi. Indubbiamente questa può essere ritenuta una previsione ottimale, praticamente irraggiungibile non solo a breve ma anche a medio termine. Si può però ipotizzare un futuro in cui i genitori stessi presentino i figli in comunità maturi per i sacramenti.
Quando un genitore proprio non accetta la proposta per vari motivi, si ricorre allora ai catechisti che tengono gli incontri a casa loro o presso qualcuno che metta la casa a disposizione. Parlerò in seguito dei mezzi per mettere tutti in grado di affrontare questo difficile compito.
Ho già detto il più importante motivo di questa scelta, ma ne seguono alcuni altri da non sottovalutare:
1) (legato strettamente al precedente) abituare i bambini a parlare di religione anche in casa, coi loro familiari, tra le pareti domestiche;
2) rendere l'ora di catechismo quanto più è possibile vicina alla vita quotidiana, come un incontro tra amici, staccandola sempre più dalla forma di lezione che fino a poco fa aveva assunto. A questo proposito va notato che spesso non si tratta di un'ora soltanto perché i bambini arrivano prima dell'ora fissata e qualche volta si attardano dopo, instaurando così un vero rapporto di amicizia col catechista e con i suoi familiari;
3) durante le conversazioni non c'è un docente che impartisce una lezione e i discenti che ascoltano, ma i ragazzi sono stimolati a parlare, esponendo senza timore le loro considerazioni sull'argomento trattato, a meditare il Vangelo e a riflettere sui vari fatti della vita quotidiana. Cade così quell'aspetto di scuola in cui c'è un migliore e un peggiore. Sono tutti ugualmente tenuti in considerazione;
4) l'ambiente stesso: una camera qualsiasi di un modesto alloggio, spesso la cucina, mette i fanciulli a proprio agio e li fa sentire tutti uguali;
5) il numero non molto alto dei partecipanti (da 6 a 10) fa sì che ci si conosca meglio. Si diventa gruppo e ciò favorisce la socializzazione dei ragazzi;
6) il catechista diventa un po' il confidente, a lui si espongono i piccoli e meno piccoli problemi, si chiedono spiegazioni che non si osano chiedere ai genitori o ai maestri;
7) il catechismo fatto da chi «non è del mestiere» come sacerdoti e suore, diventa più credibile, tanto più se la persona che lo fa è del luogo, conosciuta come impegnata non solo in attività parrocchiali.
Per la preparazione dei catechisti si tengono incontri periodici pomeridiani e serali, al fine di dar modo a tutti di parteciparvi. Inoltre, i sacerdoti sono sempre a disposizione di chiunque
li interpelli e presenziano, saltuariamente, alle riunioni di catechismo.
Spesso i genitori dei cresimandi sono invitati a riunirsi nella casa del catechista, per conoscersi tra di loro e discutere eventuali problemi.
Le inevitabili difficoltà
Non nascondo, però, che ci sono anche difficoltà da superare: innanzi tutto, un gruppo di otto-dieci ragazzini che arrivano in una casa portano facilmente un po' di scompiglio, specialmente nei giorni di pioggia; i vicini, poi, non sempre vedono di buon occhio l'invasione periodica di cortili e scale da parte di una masnada vociante, tanto più quando la cosa si ripete due o tre volte la settimana, come accadeva in casa mia quando eravamo impegnati nel catechismo io, mio marito e mia figlia, o come accade a una signora che ha scisso in due il gruppo troppo numeroso. Anche le sedie e i tavoli di casa sono spesso sottoposti a dure prove di resistenza e non sempre ne escono vittoriosi. Per ovviare a questo inconveniente, i giovani spesso adottano la soluzione, che può essere anche divertente, di sedersi tutti in terra, su cuscini, tappeti o moquette.
Ma una difficoltà che si potrebbe chiamare tecnica, che incontro soprattutto quest'anno, è quella di avere nello stesso gruppo ragazzi di V el. e di III media. Molti problemi sentiti a quattordici anni, sono ancora lontani a dieci ed è difficile coinvolgere tutti per una ricerca, o anche solo per una discussione, che non li interessi. Per me questa è una forte limitazione. In quei momenti mi pare che il mio catechismo sia epidermico e mi rendo conto come valori che credevo di aver trasmessi, siano, invece, appena stati recepiti, ma non fatti propri dai più piccoli, proprio perché per essi non è ancora venuto il momento di porsi certe domande. Mi riferisco tanto ai problemi propri dell'età adolescenziale, quanto alle grandi questioni che oggi dividono gli uomini, sia nel campo politico, sia in quello religioso (divorzio, aborto, autorità e così via). Mi ripropongo di sollevare al più presto questa obiezione in una riunione di catechisti.