Una metodologia per presentare ai giovani l'Anno Santo

Inserito in NPG annata 1974.


A cura del CENTRO SALESIANO PASTORALE GIOVANILE

(NPG 1974-04-76)

UN LINGUAGGIO - UN MESSAGGIO - UNA ECCLESIOLOGIA UNICHE

Il mondo giovanile che ruota nell'ambito cristiano è oggi notevolmente composito. Comprende infatti élites di giovani in sofferta crisi di fede e in ricerca di autenticità di vita, fasce giovanili ispirate a modelli correnti di religiosità tradizionale, larghi strati di distratti e indifferenti, in attesa di annuncio.
Nonostante queste diversità i giovani non gradiscono discriminazioni al loro interno, rifiutano etichette e classificazioni. Di qui la necessità di rivolgersi loro con un linguaggio unico, con un messaggio unico, con una unica ecclesiologia.
Un linguaggio e un messaggio unico, come risposta alle aspirazioni di tutti. Più che un linguaggio teologico o clericale, che verrebbe considerato anacronistico, occorre puntare su un linguaggio di profondi valori spirituali aderenti ai problemi e alle attese dei giovani del nostro tempo. E, nel linguaggio tradurre un messaggio che sia profondamente umanizzante, per un uomo «nuovo» e una società «nuova» da costruire con l'impegno di tutti. Un messaggio che promuova la solidarietà dell'impegno concreto, a favore non di una particolare categoria, ma di tutti e, in primo luogo, dei poveri, degli esclusi, degli oppressi, degli emarginati della nostra società. Un messaggio che sia rispettoso della diversità di impegno e disponibilità delle persone, che tenga conto della pluralità delle situazioni locali.
In questo contesto la responsabilità del cristiano non viene diminuita; egli resta il «testimone» del Cristo risorto, da cui attinge un impegno tutto particolare per l'uomo e la sua salvezza.
Una ecclesiologia unica. È nota la scarsa significatività che ha presso i giovani l'istituzione ecclesiastica, riverbero di una più vasta diffidenza nei confronti di ogni istituzione. Ne deriva la necessità di una presentazione graduale del mistero della Chiesa, partendo da una Chiesa non al di sopra o di fronte, ma all'interno del mondo, immersa nel mondo, in atteggiamento di stima e di amore per il mondo. Una Chiesa in dialogo con tutte le forze sinceramente impegnate alla costruzione di un mondo e di una società nuova e più rispettosa dell'uomo, della sua dignità e libertà. Una Chiesa luogo della liberazione globale della umanità, e impegnata concretamente, con tutti gli uomini di buona volontà, nella lotta per la liberazione storica dell'uomo in tutti i settori dell'attività umana.
Questa Chiesa non è una semplice forza sociale di lievitazione; è il mistero della comunione degli uomini in Cristo col Padre, e in questa sua ultima radice trova la sua forza espansiva e fermentatrice dell'umano. Comunione che si realizza storicamente nelle Chiese locali, raccolte nella Chiesa universale, con Pastori preoccupati di servire i fratelli. In questa luce risalta la missione dei Vescovi e del Papa, designati per volontà di Cristo a significare e realizzare l'unità e la comunione dei battezzati, in forme storiche che esigono una continua revisione per non incrostarsi di sedimenti umani che finiscono per travisarle e distorcerle.

UN PLURALISMO DI FORME
RISPETTOSO DELLE SITUAZIONI GIOVANILI

L'unità di linguaggio, di messaggio ed ecclesiologia deve essere contemperata con un pluralismo di forme, aderenti alla sensibilità, alle esperienze, alle esigenze dei giovani nelle diverse regioni e nazioni. Esiste, sì, una cultura giovanile, ma condizionata da numerosi elementi storici; esistono sensibilità diverse, forme diverse di accostarsi al mistero di Cristo e della Chiesa. Ogni regione o nazione esprime una gioventù diversa, in cui confluiscono fasce diversamente culturizzate e sensibili ai problemi e alle istanze.
Occorre quindi che gli appelli e le iniziative siano attente a questo pluralismo di situazioni, e alla gradualità di crescita dei gruppi giovanili: i giovani si trovano in una disponibilità diversa rispetto all'appello di Cristo, sia come individui che come gruppi.
Tener conto del pluralismo delle situazioni significa anche essere attenti a molte iniziative giovanili già affermate al livello internazionale e locale (ad es. Concilio dei giovani a Taizé, incontri, operazioni sociali), che rivelano la loro tensione a superare ogni particolarismo. Prima di creare nuove iniziative, occorre verificare quelle esistenti: se sono veramente vitali, inquadrarle nei grandi fini dell'Anno Santo. Si tratta spesso di iniziative cariche di suggestione proprio per la loro origine spontanea.

STIMOLARE LA PARTECIPAZIONE DEI GIOVANI ALLA FORMULAZIONE DI IMPEGNI E INIZIATIVE

Sarebbe controproducente calare dall'alto direttive e contenuti. I giovani siano incoraggiati a esprimere se stessi, a inventare e progettare iniziative e obiettivi che corrispondono ai valori dell'Anno Santo. Occorre inserirsi nel quadro dei valori giovanili ricorrenti per integrarli e autenticarli.
Per favorire l'esperienza di Chiesa, come assemblea dei credenti, è opportuno rivolgersi ai gruppi anziché ai singoli, invitando i giovani a collegarsi nell'unica comunità della Chiesa locale. La centralità della Chiesa locale in tutto il progetto giovanile è uno degli elementi basilari per il discorso dell'Anno Santo.
Il senso vivo di società dei giovani è attratto da una visione globale dei problemi di tutto l'uomo e di tutti gli uomini. Il giovane del nostro tempo è tanto aperto e «cattolico» da rendere totale il suo impegno per la liberazione dell'uomo dal peccato personale e sociale.

UN LINGUAGGIO GIOVANILE

Il rischio di una iniziativa di profonde radici storiche, come l'Anno Santo, è quello di far apparire l'iniziativa stessa slegata dal tempo presente, ancorata a problemi e sensibilità di secoli passati e quindi senza capacità di incidere nelle problematiche attuali.
Di qui la necessità di sorvegliare attentamente la presentazione dei contenuti, rinunciando con tutta libertà a espressioni e a termini tradizionali che offuscano, anziché rilevare, i valori dell'Anno Santo. Qualche esemplificazione di traduzione in linguaggio giovanile dei valori tradizionali. Si potrà presentare l'«Anno Santo» come anno di solidarietà, di comunione, di speranza, di giustizia, di liberazione, di amore, di fiducia, di riconciliazione, badando a non svuotare questi termini del loro pieno significato cristiano.
«Pellegrinaggio» potrà essere il mettersi tutti insieme, con umiltà e povertà, in stato di ricerca sincera. Sarà «pellegrinaggio» incontrarsi per comunicarsi esperienze, per dialogare, per capirsi, per esprimere la gioia di camminare insieme, insieme tra noi, con il Vescovo, con il Papa, segni di unità. Sarà «pellegrinaggio» il collaborare ad una progettazione di vie nuove per la umanità. Concepiti così, i «pellegrinaggi» che si effettueranno ai santuari locali e a Roma si presenteranno per ciò che sono: un collegamento spirituale con i fedeli di ieri e l'inizio di una «marcia della fede» verso l'avvenire.
«Penitenza» potrà diventare, nella disponibilità a ricevere senza riserve il messaggio di Cristo e ad applicarlo integralmente alla propria pratica di vita, verifica e revisione del cammino dell'umanità e del contributo dei giovani per il suo progresso; coscienza del limite umano, della debolezza, incostanza e incoerenza anche dei giovani; riconoscimento, da parte del singolo, della povertà del suo contributo e delle sue grandi responsabilità verso i fratelli; rifiuto nel gruppo di ogni spirito fazioso e di ogni intolleranza. Sarà conversione verso i poveri, gli anziani, gli emarginati, gli oppressi, non tanto a parole quanto nei fatti e nelle iniziative concrete, pagando di persona. Diverrà accettazione della autorità, riconoscendone il ruolo sociale, amando e rispettando la persona che la esercita. Diverrà, infine, conversione dalla idea di un Dio indifferente e lontano dal dramma dell'uomo al Dio biblico, che si mette alla testa della nostra marcia di liberazione, al Dio Padre che ci ama come figli, a Cristo che ci salva, allo Spirito che è amore e comunione.
«Indulgenze», uno dei termini che meno attirano i giovani e che sono più facilmente mistificabili anche per certe semplificazioni storiche passate, potrà essere presentato come solidarietà spirituale tra gli uomini uniti dall'unico Salvatore; senso di compartecipazione ad una ricchezza comunitaria aperta a tutti senza esclusivismi; fiducia negli altri; accettazione di entrare nella grande circolazione di valori promossi da quanti hanno vissuto il loro cristianesimo più autenticamente; inserzione salvifica nell'universo di Cristo e dei nostri fratelli che ne prolungano il mistero di salvezza; accettazione dell'amore degli altri che ci salva dalla nostra povertà e insufficienza; riconoscimento che questo scambio vitale è stato affidato da Cristo a Pietro che ne attualizza la comunicazione per una più grande solidarietà in tutta la Chiesa.
Si tratta, in breve, di assumere i contenuti propri della cultura giovanile contemporanea, di integrarli e autenticarli, proiettando le istanze e i valori dei giovani sulla dimensione cristiana che li arricchisce e completa: liberazione sì, ma globale; novità sì, ma di vita; autenticità sì, ma profonda; assieme sì, ma per tutti; giustizia sì, ma con amore; lotta sì, ma per la verità; scelta degli «ultimi», ma senza escludere nessuno.

I DUE VALORI DI FONDO: CONVERSIONE E RICONCILIAZIONE

In questa assunzione dei valori della cultura giovanile contemporanea, un posto primario deve essere dato ai due valori fondamentali additati da Paolo VI per l'Anno Santo: la conversione e la riconciliazione. L'Anno Santo, ha detto il Papa, ha come primo scopo «il rinnovamento interiore dell'uomo: dell'uomo che pensa e pensando ha smarrito la certezza nella Verità; dell'uomo che lavora e lavorando ha avvertito di essersi tanto estroflesso da non possedere più abbastanza il proprio personale colloquio; dell'uomo che gode e si diverte e tanto fruisce dei mezzi eccitanti a una sua gaudente esperienza da sentirsene presto annoiato e deluso. Bisogna rifare l'uomo dal di dentro».
È questo uno dei passi più «giovani» del discorso di Paolo VI sull'Anno Santo, immediatamente trasmissibile ai giovani per l'attualità del suo linguaggio. Poiché i giovani si sentono sempre più problematici di fronte alla verità, sempre più svuotati dal di dentro da una civiltà che proietta l'uomo fuori di sé, alla sua superficie; sempre più annoiati e delusi di fronte ai miraggi della nostra società consumistica. Conversione è ritorno alla propria autenticità, ricupero delle dimensioni spirituali dell'essere, messa a fuoco dei valori portati dal Cristo risorto nella vita dell'uomo e della società.
«Abbiamo pure bisogno – ha proseguito Paolo VI, presentando il secondo grande valore di fondo, la riconciliazione – di ristabilire rapporti autentici vitali e felici con Dio, d'essere riconciliati, nell'umiltà e nell'amore con Lui, affinché da questa prima, costituzionale armonia, tutto il mondo della nostra esperienza esprima una esigenza e acquisti una virtù di riconciliazione nella carità e nella giustizia con gli uomini, ai quali subito riconosciamo il titolo innovatore di fratelli. La riconciliazione si svolge su altri piani vastissimi e realissimi: la stessa comunità ecclesiale, la società, la politica, l'ecumenismo, la pace» [1].
Non è sempre facile parlare di riconciliazione ai giovani, portati a radicalizzare tensioni e conflitti. Eppure oggi masse crescenti di giovani si stanno interrogando severamente sulla violenza che sconvolge la società, sul senso dei conflitti che la scuotono, sui valori di amore e di pace che sempre più si mostrano come l'unica via di salvezza dell'uomo dalla spirale della violenza. Organizzazioni e movimenti lavorano in tal senso, a prescindere dalle etichette ideologiche. Su questo terreno i valori biblici di riconciliazione, intesi come rifiuto della violenza, dello sfruttamento, e del «potere» come affermazione dei valori di amore, possono far presa sui giovani e spingerli all'azione.
Conversione e riconciliazione che sono capaci di «far esplodere» quei valori giovanili cui accenna ancora Paolo VI in un suo appello ai giovani, parlando dell'Anno Santo: «Rinasce forse nella nuova generazione giovanile – si chiede il Papa – un atteggiamento positivo verso la verità, la giustizia, l'amore; verso la preghiera e la fede; verso la ricerca innocente di una Chiesa umile e buona, capace di ridare senso e valore alla vita, e di pianificare una pace virile e laboriosa, dai confini universali? Noi avvertiamo queste nuove pulsazioni dell'anima giovanile: noi le ascoltiamo con rispetto e con compiacenza; e noi confidiamo che la sincerità rinnovatrice possa esercitare anche su di esse il suo fascino misterioso e verace [2].

UN CRISTO «GIOVANE» PER UNA NOVITÀ DI VITA

La pluralità di valori da proporre non deve distoglierci dal centrare su Cristo risorto l'attenzione dei giovani, oggi sensibilissimi, per il convergere di fattori innumerevoli, autentici o meno autentici, alla figura di Cristo.
Occorre proporre un Cristo vivente in mezzo a noi, che ci libera dalla menzogna per farci vivere in autenticità di vita. Che ci libera dall'egoismo per una donazione piena di noi stessi ai poveri. Che ci libera dalla solitudine, chiamandoci al calore di una comunità. Che ci libera dalla tentazione delle chiacchiere, facendoci scoprire la sua Parola liberante. Che ci libera dal conformismo, ridonandoci il nostro vero volto d'uomo.
Questo Cristo «giovane» ci impegna a una autentica rivoluzione:

• un nuovo tipo di uomo aperto alla nuova cultura: alla autonomia delle realtà terrestri, al dinamismo della mentalità moderna, alla solidarietà universale, valori tutti richiesti da un più genuino umanesimo;
• un nuovo tipo di cristiano, più testimone della presenza di Cristo, più gioioso della propria realtà divina, più cosciente dei propri impegni di solidarietà verso tutti gli uomini, capace di dare la vita per la libertà del più povero ed emarginato;
• un nuovo tipo di prete, a servizio dell'uomo, meno «clericale» e più sensibile a ogni appello umano, libero da ogni compromissione e attento a ogni sofferenza, esperto nel dialogo con l'uomo e soprattutto nel dialogo con Dio: protagonista sì, ma non per primeggiare; promotore non di discordia ma di pace; unito in Cristo con il presbiterio nella comunità cristiana;
• un nuovo tipo di società strutturata a servizio della persona nella sua crescita individuale e sociale, per un uomo più libero, più responsabile, più riconosciuto nella sua dignità e nei suoi diritti.
• Ecco, io faccio nuove tutte le cose»: è il messaggio dell'Apocalisse (21,5). Di questa novità cosmica in un universo trasfigurato dal Cristo risorto, l'Anno Santo sarà segno e profezia, in germinale anticipazione [3].

NOTE

[1] Osservatore Romano, 10 maggio 1973.
[2] Osservatore Romano, 12 luglio 1973.
[3] Dal documento a cura della Commissione Episcopale per l'Anno Santo.