Da scribi a discepoli


Editoriale

Rossano Sala

(NPG 2016-07-2)


«Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli,
è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche»
(Mt 13,52)

Con timore e tremore vi rivolgo la parola, cari lettori della Rivista. Vi saluto cordialmente uno ad uno, con il desiderio vivo di poter percorrere insieme con voi un cammino incoraggiante ed entusiasmante, ricco di sfide da affrontare e di opportunità da cogliere.
Mi sono subito chiesto, dopo questa nomina a direttore di una rivista che sta entrando nel suo cinquantesimo anno di esistenza (1967-2017): Da dove partiamo per continuare il nostro cammino insieme per il bene dei giovani?
E immediatamente mi sono venute alla mente le parole del caro Riccardo Tonelli, il quale a proposito del quarantennale cammino a servizio della pastorale giovanile, nel 2009 scriveva: «Posso dire sinceramente che tutto il progetto di pastorale giovanile è stato attraversato dalla preoccupazione di risultare una buona notizia, concreta, sperimentabile, per i giovani di oggi: di questo sono felice e non me la sento di ritornare indietro»[1].
Questo vuole essere per me non solo un punto di non ritorno, ma un rinnovato punto di partenza: non nuovo certamente, perché affonda le radici nell’evangelo stesso, che è “buona/bella notizia”, ma ancora una volta da riscoprire nella sua freschezza e novità in un tempo certamente non facile da affrontare.
Ultimamente, almeno in Italia, sia a livello civile che ecclesiale, non siamo stati particolarmente generosi e fiduciosi verso i giovani: tendenzialmente ne abbiamo parlato, nell’insieme, in forma poco speranzosa. I titoli di alcuni testi che stanno facendo scuola e stanno determinando l’immaginario sociale condiviso a proposito delle giovani generazioni non paiono proprio incoraggianti, anche se al loro interno non mancano segnali e agganci di grande valore: “Il nichilismo e i giovani”, “La prima generazione incredula”, “Fuori dal recinto”, “Dio a modo mio”, “Piccoli atei crescono”[2]. Un’aria all’apparenza pesante, che rischia di avvilirci, che non pare aprire spazi positivi di manovra.
Ecco qui il rinnovato compito della rivista, sempre antico e sempre nuovo: offrire speranza fondata per coloro che agiscono con e per i giovani, aprendo spiragli e opportunità inedite; passare attraverso le ferite del nostro tempo, perché possano diventare feritoie percorribili per ridare vita; lasciarci di nuovo toccare dalle domande e dai desideri dei giovani d’oggi, per vivere con loro nuove avventure apostoliche; creare comunione, condivisione e corresponsabilità intorno ad alcuni punti fermi e irrinunciabili per pensare e agire da credenti attenti alla cultura nella quale siamo immersi.
Ma per offrire autentica speranza bisogna entrare nel ritmo dell’evangelo: detto in maniera semplice, è sempre necessario passare sempre più dall’essere scriba al divenire discepolo. Cosa mai scontata per nessuno!
Lo scriba osserva con freddezza i dati, offre letture logiche e sociologiche, giudica con superiorità ciò che accade, offre soluzioni che vengono da una fedeltà ripetitiva, agisce in forma ineccepibile, ma burocratica. Allo scriba interessa molto di più l’osservanza della legge che la salvezza della persona: per questo nel vangelo Gesù è molto duro con gli scribi, e a loro rivolge tutta una serie di “guai a voi…”.
Il discepolo si lascia invece formare e anche correggere dal suo Signore: cerca di sentire l’altro come Gesù lo sente, condividendo la fatica del suo cammino, la sofferenza delle sue ferite, la gioia delle sue conquiste; cerca di trovare il punto accessibile per fare camminare l’altro come sempre Gesù fa con tutti coloro che incontra, attendendo con pazienza, cercando con fiducia e sfruttando con intelligenza ogni piccolo varco disponibile per portare luce, gioia e calore in ogni anima.
Il discepolo è fiducioso non perché è superficiale o ingenuo, ma perché è diventato profondo e geniale. Soprattutto perché si è accorto che Gesù ha agito proprio così nella sua vita: Gesù ha cercato un varco in me, è entrato attraverso le mie ferite, mi ha dato vita e speranza, mi ha fatto entrare nel ritmo del discepolato, chiedendomi addirittura di essere suo apostolo! Fidandosi di me, peccatore continuamente perdonato.
La differenza tra uno scriba e un discepolo è, per dirla in sintesi, quella che c’è tra un freddo funzionario e un inquieto innamorato! Il discepolo è un innamorato: del suo Signore, della Chiesa in cui vive, delle persone a cui è mandato. Egli è completamente decentrato, si sente “servo inutile” perché non cerca il proprio utile, ma quello di coloro ai quali è mandato; non lavora per la propria autorealizzazione narcisistica, ma si spende con generosità perché l’altro sia preso per mano e sollevato amorevolmente, riscoprendo la sua dignità di figlio amato.
La Rivista vuole porsi al servizio, con rinnovata passione, di questa causa. Con tenerezza e decisione, come ha fatto Gesù, che è la buona notizia sempre di nuovo presente in mezzo a noi. Nient’altro che questo, perché è ciò che ogni giovane, in fondo, desidera.

NOTE

[1] R. Tonelli, Ripensando quarant’anni di servizio alla Pastorale Giovanile, Note di Pastorale Giovanile 5 (2009) 11-65, 49.
[2] Cfr. U. Galimberti, L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, Feltrinelli, Milano 142010; A. Matteo, La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giovani e la fede, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2010; A. Castegnaro (con G. Dal Piaz e E. Biemmi), Fuori dal recinto. Giovani, fede, Chiesa: uno sguardo diverso, Ancora, Milano 2013; R. Bichi - P. Bignardi (ed.), Dio a modo mio. Giovani e fede in Italia, Vita & Pensiero, Milano 2015; F. Garelli, Piccoli atei crescono. Davvero una generazione senza Dio?, Il mulino, Bologna 2016.