Movimento Lavoratori di Azione Cattolica di Caltagirone
(NPG 1978-03-73)
Tra i ragazzi in difficoltà, quelli soggetti al «lavoro minorile» meriterebbero un discorso a parte. Essi, specie in alcune zone, sono molto più numerosi di ciò che le statistiche più o meno ufficiali dimostrino. D'altra parte la realtà del lavoro minorile è una di quelle che manca di documentazioni precise. Questo più di altri è uno dei segni eloquenti di quanto le situazioni concrete sfuggano al controllo della società. Le cause del lavoro minorile sano da ricercare tra quelle del disadattamento e della emarginazione. Per tanti ragazzi l'esperienza del lavoro presenta i caratteri della inevitabilità e della necessità, proprio per il tipo di storia in cui sono immersi. Si tratta anche qui di una «selezione sociale» che avviene proprio negli anni più importanti dello sviluppo biologico, intellettuale, sociale dei ragazzi, destinata a fissare nel tempo la situazione di emarginazione in cui si trovano.
Presentiamo l'inchiesta degli amici di Caltagirone con particolare soddisfazione. Anzitutto perché è presentata senza intenti demagogici, che mirano a strumentalizzare i fatti, esagerandone i dati; è in secondo luogo una ricerca attendibile, perché realizzata da giovani che vivono già accanto ai ragazzi; nasce infine in ambiente ecclesiale, e questo è un fatto certamente non nuovo, ma coraggioso, e aperto a prospettive nuove per la Chiesa stessa.
PRESENTAZIONE
Non avremmo mai creduto, partecipando ad una delle nostre consuete riunioni, che potesse scaturire spontanea fra noi l'iniziativa che ci avrebbe permesso di dare un nostro contributo al Convegno della Chiesa calatina su «Evangelizzazione e Promozione umana».
Prendendo spunto dai tanti ragazzini che s'incontrano nei negozi, nei bar, per le strade con ceste di pane od altro, ci è sorta spontanea la domanda: «Perché questi ragazzini lavorano?». Abbiamo deciso allora di portare avanti un'inchiesta per venire a conoscenza dei reali motivi che inducono questi ragazzi a lavorare in un'età in cui non dovrebbero. Ne abbiamo fatto quindi un problema di coscienza che potesse sempre più stimolare il gruppo.
Eccoci quindi all'opera.
L'inchiesta ha avuto due momenti:
1) Abbiamo distribuito un ciclostilato a tutti i membri del movimento e a parecchi amici per sensibilizzarli al problema ed avere da loro un parere.
2) Abbiamo avvicinato tanti ragazzi, e con la massima discrezione abbiamo chiesto i motivi per cui vanno a lavorare, il loro profitto a scuola, e alcune notizie sulle loro famiglie. Molti hanno risposto con molta semplicità, altri un po' stupiti hanno risposto timidamente.
Risultato dell'inchiesta: una piaga terribile nella nostra Caltagirone!
Bimbi disadattati, trascurati dai loro genitori, bisognosi, criticati dai compagni, sfruttati dagli adulti nella maniera più vergognosa ed incivile. Ci fa un'impressione molto penosa il pensare alla tranquillità con cui cerchiamo sempre nuovi conforti, senza che il nostro benessere materiale e spirituale sia in alcun modo intaccato dalla sofferenza che ci circonda.
Siamo socialmente dei grandi irresponsabili e l'inchiesta ce lo dimostra.
Pensiamo veramente che ci si possa chiedere: «Il Cristo da che parte sta?» ci sembra che la risposta non sia delle più difficili. E noi cristiani da che parte stiamo?
Cosa abbiamo concluso con questa inchiesta? Forse di concreto nulla, perché non abbiamo né mezzi né possibilità; ma è stato positivo il fatto che ci siamo responsabilizzati a questa piaga della nostra comunità e l'abbiamo resa nota a chi di competenza, affinché si pongano dei seri rimedi nella ricerca e nella realizzazione di condizioni di vita diverse.
METODOLOGIA
Sappiamo che un'indagine nella sua validità è direttamente proporzionale alla estensione e alla rappresentatività del campione. Ci siamo però trovati dinnanzi alla difficoltà del reperimento dei casi, perché nascosti per paure legali o camuffati per un certo senso di pudore sociale. Abbiamo allora pensato di andare nelle scuole, scegliendo quei plessi scolastici che ospitano bambini provenienti da quartieri prevalentemente abitati da contadini, braccianti, operai, disoccupati e sottoccupati. Abbiamo scelto il plesso delle Scuole Elementari del «Carmine» frequentato da bambini dei quartieri S. Giacomo, Ex Matrice, S. Giorgio, e il plesso scolastico «Acquanuova» per i bambini dei quartieri S. Pietro, Madonna del Ponte, S. Francesco di Paola. Si è tralasciato, volutamente, il plesso «S. Domenico Savio» frequentato da bambini della zona cosiddetta «bene» di Caltagirone. Ci siamo recati ín tutte le 4 e 5 classi maschili e miste, trascurando le pochissime classi solamente femminili.
Le classi intervistate sono state 18 con un numero complessivo di 360 ragazzi.
Ai bambini non abbiamo posto delle domande scritte od orali, ma abbiamo cercato di dialogare con loro, pilotando però il discorso su dei quesiti che noi avevamo scritti, perché temevamo che i ragazzi si insospettissero e quindi non avrebbero risposto.
Teniamo a precisare che questa nostra inchiesta non ha la pretesa della scientificità, ce ne mancavano i mezzi e la capacità. Ci saranno quindi delle lacune e dei limiti, che purtroppo non siamo riusciti a colmare e superare.
RISULTATI
Percentuale dei bambini che lavorano
Su 360 bambini interessati dagli 8 agli 11 anni, la percentuale di coloro che lavorano è del 31,5% in inverno, mentre nel periodo estivo è dell'80% .
Come facilmente si rileva è una percentuale altissima che ci dà la misura della gravità del problema, e non può lasciare insensibile la nostra coscienza cristiana di fronte ad una piaga sociale di così vasta e tragica proporzione.
Motivazioni
1. Mancanza di sani ritrovi per ìl tempo libero
Una grossa percentuale di minori lavorano perché: «i miei genitori non vogliono che stia in mezzo alla strada», «perché nelle ore libere dalla scuola non so dove andare e i miei genitori mi mandano a lavorare perché almeno porto qualcosa a casa, imparo un mestiere, non rovino le scarpe e i vestiti stando fuori a giocare», «perché lavorando non frequento compagni cattivi».
Nel periodo estivo, cioè alla chiusura delle scuole, sono circa l'80% i bambini che vanno a lavorare, perché: «i miei genitori non sanno dove mandarmi...», «mi secca stare a casa e me ne vado a vendere bibite in un cinematografo, così guadagno e anche mi vedo ogni sera il cinema senza pagare» (bambino di 10 anni), «in estate
vado con mio padre a caricare camion di blocchetti per costruzioni». Quanto pesa un blocchetto? risposta del bambino «25 chili» (bambino di 11 anni).
2. Carente situazione economica della famiglia
Altri vanno a lavorare perché: «a casa siamo 9 figli e mio padre non lavora e non sa come mantenerci», «perché mio padre dice che ormai sono grande (10 anni) e debbo pensare io a mantenermi», «mio padre è morto, mia madre non può lavorare ed ha solo la pensione agricola di mio padre (35.000 mensili) e deve mantenere 4 figli di cui il più grande ha 15 anni e tutti lavoriamo, altrimenti come faremo a vivere e a pagare la casa che abbiamo in affitto?», «perché il principale oltre i soldi della settimana mi dà 1 kg' di pane e mio padre è contento perché così non compra pane non avendo molti soldi per mantenerci tutti a casa» (11 anni), «mio padre è disoccupato, le 1.500 settimanali che guadagno le do ai miei genitori perché gli servono» (10 anni), «la mamma mi manda a lavorare per guadagnare qualcosa perché a casa abbiamo bisogno» (11 anni).
Tipo di lavoro
Su 110 ragazzi:
51 lavorano nei bar
3 lavorano nei panifici
6 lavorano nelle autocarrozzerie e meccanici 2 sguatteri nei ristoranti
1 cameriera in famiglia privata
6 muratori
19 commessi nei negozi
2 studio di fotografi
4 laboratori di falegnameria 2 nei pastifici
6 saloni da barba
3 lavaggisti
1 armeria
4 lavori vari
A questi ragazzi abbiamo chiesto:
- QUANTE ORE AL GIORNO LAVORI? Hanno così risposto:
«Lavoro in un panificio e faccio le mafaldine. Inizio a lavorare alle 22 e termino alle 11, alle 11,30 vado a scuola, alle 13 pranzo poi dormo sino alle 18; poi vado a fare le ordinazioni di pane nelle rivendite sino alle 20, poi cerco di fare i compiti...» (11 anni).
«Alle 14,30 vado a lavorare, lavoro in un bar, esco alle 19,30 in inverno, invece in estate esco alle 23 e anche più tardi» (11 anni).
- QUANDO STUDI?
Quasi tutti hanno risposto «non ho tempo per studiare», altri «quando posso». Gli insegnanti ci hanno detto: «il profitto a scuola dei ragazzi che lavorano è quasi zero. Sono svogliati, si applicano poco»; un insegnante ci ha detto: «Spesso alcuni di questi ragazzi li vedo dormire sul banco o mi chiedono il permesso di dormire, e ad essere sincero non oso svegliarli o negare il permesso».
- QUANDO GIOCHI? Hanno risposto:
«Gioco solo la domenica» (11 anni) «gioco quasi mai e invidio gli altri compagni che giocano» (11 anni), «gioco un quarto d'ora al giorno» (11 anni) «se ci fossero degli oratori parrocchiali lascerei tutto e andrei a giocare» (11 anni), «vorrei giocare di più ma non mi è possibile perché non ho tempo» (10 anni).
Retribuzione
La retribuzione media dei ragazzi che lavorano è di L. 2.500 settimanali, con punte massime (pochi casi) di L. 3.000 settimanali, e minime (molti casi) di L. 1.500.
Nessun bambino è assicurato, con Compagnie di assicurazioni private, contro gli infortuni sul lavoro e naturalmente nessun datore di lavoro versa (perché non è previsto dalla legge) contributi previdenziali per questi bambini.
RIMEDI
Il problema esiste ed è macroscopico, ma se ne parla poco e poche sono le iniziative promosse per affrontarlo alla radice. Nel condurre questa inchiesta ci siamo trovati di fronte a casi in cui minore è l'unico sostentamento attivo della famiglia o per lo meno vi contribuisce in maniera determinante.
Queste situazioni non sono per ciascuno di noi un inquietante «caso di coscienza?».
È la società tutta che deve provvedere alla sussistenza in tali situazioni.
Ma se è vero che non si può parlare di crescita umana e cristiana se non facciamo nostri i problemi dei più deboli e dei poveri e se non ci sforziamo di affrontare all'interno della nostra comunità ecclesiale le problematiche che ci toccano da vicino come persone e come cristiani, non possiamo non farci carico della piaga del lavoro minorile che disonora la nostra società e richiede da ciascuno di noi uno sforzo continuo di ricerca per trovare i rimedi capaci a sanarla.
Noi, come Chiesa, non abbiamo gli strumenti per potere intervenire per eliminare queste situazioni di ingiustizia; la nostra è un'azione di denuncia, di educazione, di coinvolgimento.
Per questo il nostro Movimento di Lavoratori di A.C. si sforzerà di interessare persone, istituzioni, enti, affinché vengano compiuti tutti i tentativi per risolvere, o quanto meno attenuare, le conseguenze di tale disumano fenomeno, eliminandone le cause.
Anche la Chiesa diocesana dovrà prendere comunitariamente le sue iniziative.
È quello che ci ripromettiamo che faccia il prossimo Convegno ecclesiale, ed è per questo che noi abbiamo voluto presentare un nostro contributo.
Desideriamo però che il tutto non si riduca ad un comunicato-denuncia che potrebbe sapere di partecipazione affettiva e di paternalismo. Vorremmo che ci rendessimo conto delle cause del fenomeno, e si trovassero, per quanto ci è possibile, delle soluzioni e lavorare su di esse.
Noi giovani del Movimento Lavoratori di Azione Cattolica proponiamo:
1) La riapertura quotidiana degli oratori parrocchiali e delle associazioni di A.C.
2) Sollecitare le autorità scolastiche ad attuare la legge sulla scuola a tempo pieno.
3) La costituzione di una Commissione che abbia come compito lo studio del problema e la sensibilizzazione delle autorità preposte ad evitare lo sfruttamento dei minori.