Attenzione: arrivano i nuovi


Gau Vinetti (AC-giovani Brescia)

(NPG 1979-10-18)

Campo-scuola Settembre 1978. È una esperienza forte per il gruppo. Parte un nuovo anno di attività. Una settimana insieme: approfondimento dell'amicizia tra i componenti del gruppo, ricerca culturale, cammino di fede: sono tre aree che ci hanno dato modo di vivere una esperienza comunitaria significativa e di concretizzare un programma.
Si sa che i programmi fatti nei campi scuola devono essere sempre scontati. Sono pensati in un clima artificiale e non tengono conto della riduzione di entusiasmo che lo scontro con la realtà puntualmente fa registrare.
Ma un altro fatto quest'anno ha contratto o addirittura ribaltato i programmi messi a punto nel campo-scuola: all'inizio dell'attività di gruppo in città è avvenuta una forte immissione (invasione?) di persone giovanissime e del tutto nuove a una esperienza di gruppo.
Amici, o amici degli amici, gente in cerca di qualcosa di nuovo, con la volontà di continuare ad esperimentare situazioni di amicizia vissute lontano dalla famiglia su qualche spiaggia di questo mondo, tutti press'a poco quattordicenni o quindicenni. La gente nuova arriva al nostro gruppo per tanti motivi diversi: o perché insoddisfatti da una esperienza parrocchiale, o perché alcuni amici hanno loro descritto il gruppo come un ambiente entusiasmante, o perché i responsabili del gruppo fanno proposte articolate e precise.

Il gruppo si apre ai nuovi

All'inizio chi viene per la prima volta sta a guardare, vuol verificare le cose che ha sentito, poi fa una scelta più calibrata, anche se ancora molto emotiva. Alcuni infatti non si fanno più vedere, altri tergiversano, vanno e vengono, poi decidono. I «vecchi» che accolgono non hanno preparato apposta una commissione di accoglienza: fanno festa, un coro di «ciao», presentazioni a non finire, poi magari ciascuno si ferma alle sue vecchie amicizie e chi è nuovo si deve fare largo da solo. Buon per lui se entra in gruppo con qualche amico.
Dopo i primi entusiasmi dell'accoglienza inizia una serie di problemi. Il primo in ordine cronologico per noi è stata l'impostazione nuova che si dovette dare al lavoro di gruppo. Infatti i discorsi e i programmi soliti e collaudati dopo tante discussioni e che erano tagliati sulle perone che già c'erano in gruppo dovettero essere adattati alla situazione nuova. Il gruppo degli animatori si trovò di fronte a un grosso problema: adattare il gruppo ai nuovi, senza che i vecchi si sentissero esclusi.
Non era una cosa facile riuscire a conciliare e a trovare dei discorsi e delle attività che andassero bene per tutti, anche perché la gente stessa aveva rifiutato la proposta di dividere il lavoro per età almeno in alcuni momenti della vita di gruppo. A mano a mano che le «reclute» si mettevano nel clima di gruppo cominciarono a porre sul tavolo i loro problemi e quindi a determinare in maniera sempre più netta la vita del gruppo.

Si dilata la sfera del personale ma si evita il confronto sui contenuti

Inizia così una nuova fase della vita del nostro gruppo.
L'amicizia, lo stare insieme, l'aver rapporti più umani, il personale insomma comincia ad emergere in un gruppo che si era sempre caratterizzato per un certo impegno ecclesiale e politico e che recuperava la dimensione personale non soprattutto nel gruppo, ma nel proprio ambiente o nella realizzazione dell'impegno assunto.
La gente comincia a trovarsi a Palazzo S. Paolo, la nostra sede, tutti i pomeriggi per stare insieme. Il gruppo diventa più di appartenenza che di riferimento. Si arriva ad un culmine: si organizzano addirittura delle «bruciate» in massa (i nostri genitori non leggeranno questa nostra storia!) sempre per potersi incontrare. In questa maniera ci si passa parola all'interno delle classi e vengono coinvolti compagni e compagne di scuola e la proposta si allarga.
I vecchi discorsi vengono rifiutati, il modo stesso di discutere o di fare assemblea nel gruppo cambia perché la gente non la coglie più come un momento di scambio di idee: è il momento delle agende (cioè leggere le proprie confidenze agli amici che si annotano giorno per giorno, ora per ora sulla propria agenda).

I vecchi sentono che si sta sfaldando l'Identità del gruppo

Nello stesso tempo si crea una specie di frattura tra nuovi e vecchi. I vecchi (IV e V superiore) cominciano ad avere una certa reazione nei confronti di questo stato di cose. Forse in nome di una tradizione, di una continuità di intenti e di contenuti cercano di far passare ancora la «vecchia» linea di impegno nel sociale, nel politico, nella Chiesa e nel gruppo. I nuovi fanno l'orecchio del mercante. Sembra che a loro questi discorsi non interessino, anche se non riescono ad esprimerlo in un modo verbale.
Si ha la netta sensazione che chi determina la vita del gruppo sono loro, i nuovi arrivati. Qualche persona delle ultime classi delle superiori non se la sente più di stare nel gruppo ed esce. Ci è apparso molto chiaro un fatto nuovo. L'inserimento di persone nuove nel gruppo oggi non è più un fatto di ordinaria amministrazione, cioè chi viene crea qualche novità, poi si adegua ai modelli e ai leaders seguendone l'impostazione; oggi invece chi entra cambia, mette in crisi, impone i suoi problemi, esige un nuovo assetto.
Si diceva prima che i vecchi avevano subito un contraccolpo. Qualcuno se ne era andato, qualcuno si era fatta nascere la vocazione di animatore di gruppo: sperava di acquisire con lo strumento dell'animazione quel contatto e quella capacità di dialogo che su un piano di parità aveva inutilmente tentato di stabilire.
Negli animatori si acuiva un duplice tendenza: da una parte il desiderio di mantenersi fedeli agli impegni e all'ispirazione del gruppo, dall'altra l'esperimentare attraverso la spontaneità e la serenità dei più giovani, di aver bisogno e diritto a un proprio personale, per tanti anni assorbito nell'impegno.

Fare aggregazione ci sembrava facile...

Per affrontare questa situazione si sono messe in atto alcune iniziative. Dapprima una festa, una giornata sui colli della città a cercar castagne e ad arrostirle al fuoco. Si era programmata perché tutti si potessero conoscere, perché si creassero nuove amicizie, e soprattutto si rompesse la distinzione tra vecchi e nuovi. La giornata era stata motivata con tanto di obiettivi, tappe intermedie, strumenti. Si erano fatti incontri di gruppo precedenti nei quali tutti avevano ravvisato la necessità di una conoscenza più approfondita all'interno del gruppo.
Attorno alle castagne, allungati al sole di ottobre si ricomposero i vecchi gruppetti separati, che si scioglievano solo per rifornirsi di caldarroste ad ogni sfornata. La vita di gruppo però continuò lo stesso.
In un secondo tempo, a Natale, si organizzò un campo-scuola di tre giorni. Un tentativo riuscito per quanto riguarda l'amicizia, lo stare assieme e l'amalgamarsi. Riuscito anche per l'attività dei più giovani. Una cosa però rimaneva chiara: si doveva cambiare modo di lavorare. I lavori di gruppo in un certo senso fallirono perché i giovani e anche gli stessi animatori affrontavano i temi proposti come pedaggio da pagare per potersi poi divertire. Si accettava qualsiasi tipo di discorso, pur di terminarlo in fretta. Gli animatori rimanevano disorientati della docilità che sapeva più di silenzioso boicottaggio che di ascolto riverente delle esperienze degli eroi!

Parlare di presenza nella scuola è diventato tabù

Altro grosso tema che ci ha fatto difficoltà è quello che per noi è sempre stato il campo di battaglia: la presenza del cristiano nella scuola. Quando a suo tempo si era votato per i distretti, il gruppo era stato mobilitato a creare opinione, a fare assemblee, a studiare interventi sia sul versante della scuola che su quello della Chiesa. Ora c'erano le solite elezioni di istituto. Quasi non ce se ne accorgeva se non fosse stato per quella voglia di salvarsi la faccia che tutti i vecchi sentivano. Un leggero coinvolgimento dei giovani: era il canto del cigno. Per tutto l'anno questo tasto doveva diventare tabù. I motivi sono tanti e non tutti interni alla vita di gruppo: la sfiducia per i risultati ottenuti nel passato, il disimpegno generale, ma anche però un nuovo messaggio che ci veniva da questo gruppo di nuovi, un nuovo modo di far politica o di far servizio più concreto, magari di tipo corporativo, ma necessario e meno ideologico.

Si sono allungati i tempi di apprendimento della fede

Riguardo al cammino di fede, si è esperimentata una maggiore capacità di collaborazione, una disinvoltura nei vari temi che poteva far pensare a qualcosa di facile e nuovo. In parte fu vero, ma si dilatarono enormemente i tempi di «apprendimento». Se prima celebrare una Eucaristia era progetto facile e veloce da attuare, oggi il cammino di preparazione è lentissimo, perché è lenta l'interiorizzazione. La Parola di Dio talora sembra scontata, talora completamente incomprensibile: ha sempre bisogno di cammino «antropologico» per essere situata nella vita, per interpellare le varie situazioni.
Il prete corre il rischio di diventare l'enciclopedia, o, da un'altra parte, colui che aspetta il nascere spontaneo delle domande religiose, che se non sono aiutate non affiorano mai.
Il cammino di inserimento è lungo: alla fine di un anno non è ancora compiuto. Un nuovo campo scuola a Pasqua ci ha dato buoni frutti. Approfondiremo in avvenire l'atteggiamento degli animatori e di quelli più anziani: ci sembra che non ci dobbiamo mai stancare di fare proposte e di ascoltare, per cambiare e per annunciare sempre.