(NPG 1979-05-13)
Finalmente la comunità ecclesiale italiana ha il «catechismo dei giovani». «Non di solo pane» è il suo titolo, per ricordarci che la sua proposta si inserisce nel cuore delle attese profonde dei nostri giovani. Dove è viva e prorompente la domanda sulla nuova qualità di vita.
«Racconta san Luca nel suo vangelo che un certo Zaccheo, desiderando vedere Gesù che passava, si arrampicò su di un albero, un sicomòro.
Per lui, che era piccolo di statura, non c'era altra possibilità: troppa gente si affollava incuriosita e interessata intorno a Gesù. A Zaccheo capitò non solo di vedere Gesù, ma di averlo ospite e compagno definitivo dell'esistenza.
Oggi troppe cose, troppi avvenimenti, troppe persone e istituzioni si affollano ormai attorno a Gesù.
Sarà ancora possibile vederlo, scoprire i tratti veri del suo volto e rivivere l'avventura felice di Zaccheo?
Gestì svanisce nella vita di molti e rimane nascosto tra la folla che – curiosa, credente, irritata o sorpresa – si accalca attorno a lui.
Eppure quando si decide di andare al di là di noi stessi, al di là dei luoghi comuni, quando si cerca di scavare in profondità per capire il senso della storia che viviamo, ancora oggi si scopre alla fine la sua presenza, si scoprono le tracce della storia che da lui ebbe origine.
Questo libro è ambizioso: vorrebbe essere come la spinta a salire sul sicomòro, un albero a disposizione di tutti, perché dentro di noi, come in Zaccheo, c'è spesso il bisogno di tentare l'impresa.
Come il sicomòro, non è questo un albero maestoso; può invece apparire piuttosto dimesso. Tuttavia arrampicarsi nella lettura fino alla sua conclusione sarà probabilmente faticoso per molti. Ma se davvero si potesse arrivare a vedere il Signore che passa?
Vale la pena di tentare.
Potrebbe accadere anche a noi di scoprire sorpresi che egli ha una parola da dirci». Questo vuole essere il «catechismo».
FATTI
Citando, spesso alla lettera, documenti dell'Ufficio Catechistico Nazionale, presentiamo le «grandi tappe» ,che hanno portato al CdG: dai primi passi, iniziati nel 1967, ad oggi.
Queste indicazioni sono preziose, anche per comprendere lo spirito del CdG e quindi i criteri della sua utilizzazione.
1. Le prime ipotesi di lavoro
L'ipotesi originale di lavoro per la compilazione del nuovo catechismo per l'Italia, elaborata dall'Ufficio Catechistico Nazionale e dal suo Consiglio sulla base di alcune proposte della Commissione Episcopale per la catechesi, discussa e approvata dalla stessa Commissione (4 marzo 1967) e dal Consiglio di Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana (8 marzo 1967), prevedeva la redazione di un «documento base» e di 4 catechismi: il catechismo per l'infanzia; il catechismo per la fanciullezza; il catechismo per l'adolescenza; il catechismo per l'età matura.
Non era pertanto previsto un catechismo per i giovani. Si riteneva infatti che il catechismo per l'età matura (così si chiamava allora l'attuale catechismo per gli adulti) potesse costituire un punto di riferimento sicuro anche per una pastorale del mondo giovanile. Non era previsto nemmeno l'attuale catechismo per i preadolescenti, in quanto si considerava tale arco di età troppo rapido e provvisorio per lo spazio di un catechismo scritto. Si riteneva pertanto che, per la preadolescenza, bastava una adeguata azione pastorale. Era invece previsto un catechismo per l'adolescenza.
Dopo varie e attente consultazioni in ambienti qualificati e su precise insistenze da parte di numerosi operatori ed esperti di pastorale giovanile, si prese atto che anche l'età giovanile aveva un suo spazio peculiare e autonomo di catechesi e quindi esigeva un suo specifico «catechismo». Fin dall'inizio tuttavia si prospettò con chiarezza che i destinatari di detto catechismo erano i giovani compresi nell'arco tra i 15 e i 18 anni circa, anche se l'età anagrafica restava puramente indicativa dovendosi integrare con altri criteri di tipo pedagogico, culturale ed ecclesiale.
Si tratta di un periodo breve e di passaggio. Per questo si intravvedevano alcune precise tappe di ricerca della fede, tra le quali in particolare:
– la cosiddetta «rifondazione» anche culturale (con nuovi strumenti di riflessione e di esperienza ecclesiale) della adesione di fede del giovane;
– la dinamica dei contenuti elaborati in riferimento ad obiettivi di pedagogia della fede necessariamente specifici e parziali. Si riteneva infatti che il catechismo non avrebbe dovuto risolvere tutte le complesse problematiche del mondo giovanile, ma offrire una linea base su cui potessero svilupparsi diversi piani pastorali.
Queste scelte venivano descritte e riassunte in una «Ipotesi di catechismo dei giovani» del 24 maggio 1972, approvata dalla competente Commissione Episcopale.
2. Alla ricerca del genere stesso del catechismo
Dopo diversi tentativi e successive elaborazioni emersero due tendenze di fondo.
La prima, dibattuta a lungo nell'équipe e in diversi ambienti qualificati, consisteva in questo: il catechismo dei giovani non avrebbe dovuto articolarsi come un vero e proprio catechismo, ma prevalentemente come una serie di orientamenti di carattere pedagogico, contenutistico e pastorale per la catechesi al mondo giovanile.
Tale ipotesi, dopo un approfondito esame, venne scartata con serie motivazioni da parte dell'équipe.
La seconda tendenza prospettava l'ipotesi di elaborare il catechismo in tre parti:
– Una proposta assai concisa di carattere contenutistico, quasi a forma di «manifesto», si diceva, che senza esaurire la molteplicità dei contenuti della fede, rinviasse alla Chiesa viva e alla editoria catechistica, per costruire diversi piani pastorali adatti alle situazioni giovanili oggi esistenti nel nostro paese.
– Una proposta guida per sostenere e orientare l'esperienza biblica, liturgica, ecclesiale, catecumenale. Tale proposta consentiva di rendere più operativo il «manifesto».
– Orientamenti di metodologia catechistica per i giovani.
Esistono diversi tentativi interessanti al riguardo. Ma neppure questa linea di lavoro fu accolta e apparve soddisfacente in ordine alla stesura del catechismo.
Anche la Commissione Episcopale insisteva perché il catechismo dei giovani fosse elaborato come un «vero e proprio catechismo».
3. Catechismo dei giovani e catechismo degli adulti
Lungo le diverse fasi di studio si chiariva sempre più il principio che i soggetti dei vari catechismi non sono da considerarsi soltanto in un rapporto singolare e individuale col catechismo loro destinato. In realtà, si affermava che una pastorale giovanile, pur usufruendo in modo privilegiato della base contenutistica e delle linee di fondo sviluppate nel catechismo dei giovani, avrebbe dovuto arricchirsi in modo anche sostanziale e secondo le diverse
situazioni ambientali, del contenuto e delle proposte presenti nel catechismo degli adulti.
4. Un catechismo che sia proposta organica dei contenuti della fede
L'équipe procedette, secondo criteri e indicazioni concertati con l'Ufficio Catechistico Nazionale e d'intesa con la Commissione Episcopale:
– il catechismo avrebbe dovuto sviluppare una precisa proposta catechistica, organica dal punto di vista dei contenuti;
– contestualmente al catechismo si pubblicherebbe un documento riguardante i diversi aspetti dell'esperienza cristiana dei giovani: l'aspetto biblico, liturgico, catecumenale, metodologico...
Su questa linea l'équipe di redazione è pervenuta ad una prima stesura organica del catechismo, datata «1 agosto 1975», frutto di diversi tentativi precedentemente elaborati e costantemente integrati dalle osservazioni di tutta l'équipe. Su tale stesura la Commissione Episcopale espresse le sue osservazioni riassunte in una lettera che il Presidente, Mons. Aldo Del Monte, inviò ai responsabili dell'équipe nel mese di gennaio 1976.
5. Dal 1976 ad oggi
La compilazione del Catechismo dei giovani ha proceduto dal 1976 in avanti, attraverso anche un confronto costante del gruppo di redazione coi tre Vescovi incaricati di seguire più da vicino il lavoro per conto della Commissione.
Sulla base della revisione compiuta su alcuni capitoli, i Vescovi incaricati incoraggiavano a proseguire nel lavoro, raccomandando in particolare:
– di abbreviare e correggere alcune pagine in cui appare più insistente la preoccupazione apologetica;
– sviluppare alcuni punti dottrinali appena accennati e rivedere il linguaggio;
– incrementare i riferimenti all'esperienza dei giovani nella Chiesa;
– inserire nei modi opportuni sintesi e brevi formulazioni;
– completare il testo con una sintesi per la professione di fede.
6. Dal catechismo alla catechesi viva
Che cosa vorrebbe essere dunque un «catechismo» in rapporto alla catechesi viva?
Nella catechesi viva occorre sicuramente muovere dalla conoscenza del mondo giovanile. Ad un catechismo (che non è un testo di catechesi scritta) si domanderà aiuto per interpretare le matrici culturali più profonde di certi atteggiamenti giovanili.
La catechesi viva deve tornare ad essere preoccupazione centrale di sacerdoti, educatori ed animatori dei gruppi parrocchiali e delle comunità, dove non mancano i momenti forti della preghiera comune, il servizio, l'impegno nel sociale, perfino la vita comune e la comunione dei beni. Proprio questi gruppi dovranno sentirsi provocati con un «catechismo» che li impegni nell'approfondimento della fede al di là di ogni suggestione collettiva. Un'ultima parola sia consentita sull'impiego pastorale del catechismo. A differenza di altri catechismi giù pubblicati (che rappresentano una tappa d'obbligo nella vita dei fanciulli o dei ragazzi) questo è più facilmente destinato ad integrarsi con il catechismo degli adulti. D'altra parte esso potrà proporsi alla lettura e alla riflessione anche di quegli adulti nei quali siano vive talune esigenze di rifondazione della fede.
PROSPETTIVE
Non vogliamo presentare il CdG, nel senso materiale del termine. Siamo convinti che ciascuno, leggendolo, può raggiungere immediatamente questa conoscenza, e per di più di prima mano.
Abbiamo invece evidenziato alcuni problemi nodali che attraversano, secondo noi, tutto il catechismo. E abbiamo chiesto a tre esperti che hanno collaborato alla costruzione dei CdG, di farci riflettere. I loro interventi ci introducono al CdG, sollecitandoci verso le scelte pastorali che l'hanno imbastito.
Confrontati con questi orientamenti globali, è più facile leggere il CdG e realizzare un approccio personale, critico e motivato. I punti nodali che abbiamo scelto, sono questi tre:
1. CdG e esistenza cristiana. Il CdG è una proposta per l'esistenza cristiana dei giovani. Ma come? Cosa significa riferirsi a Cristo, come «modello» di esistenza cristiana? Tra il riduzionismo (che mette l'accento nell'autonomia personale nella progettazione di sé) e l'integrismo (che invece pretende di trovare tutte le risposte già belle e confezionate nei documenti della fede), come si colloca la proposta del CdG?
2. Il CdG tra fede e storia. Oggi un dato teologico risulta pacifico: la fede deve incarnarsi nella cultura e nella storia, senza perdere nulla della sua irriducibile trascendenza. Ne abbiamo parlato anche in 1979/1, per prepararci al CdG. Questa costatazione produce due problemi concreti: il rapporto tra «annuncio della fede».. e «interpretazione della vita», da una parte, e, dall'altra, la scelta di quali concrete esperienze privilegiare per incarnare la fede. Il tutto, però, è complicato dall'indice alto di soggettività che sta investendo l'attuale condizione giovanile.
Gli orientamenti del CdG possono suggerire cose preziose, anche sul terreno più ampio della pastorale giovanile.
3. Il linguaggio del CdG. Il CdG ha un suo linguaggio, certo più vicino a quello tradizionale della comunità ecclesiale che a quello dei giovani d'oggi. Il problema non è però insormontabile. Può essere un'occasione da non perdere per rivedere tutto il processo. Il linguaggio ecclesiale deve risultare necessariamente esoterico? possibile una riformulazione globale? Cosa significa «iniziare» i giovani al linguaggio ecclesiale? Che servizio offre il CdG? Che cosa chiede?
Le risposte offerte dai tre studi che seguono ci aiutano ad interpretare il CdG in modo corretto e, nello stesso tempo, ci stimolano a rivedere il nostro modo di fare pastorale giovanile.
PER L'AZIONE
L'accostamento dei giovani al Catechismo necessita di mediazioni.
Non solo perché il linguaggio, lo stile e la stessa lunghezza possono scoraggiare il lettore. Ma anche perché, positivamente, si tratta di trovare lo «spazio» in cui il singolo ed il gruppo possono leggere e interiorizzarne i contenuti.
Il discorso delle mediazioni rimanda quindi ancora una volta il successo del Catechismo alla pastorale di insieme in cui verrà collocato, come momento in cui si accentua la riflessione, attenta e progressiva, sui contenuti della propria e altrui esperienza cristiana.
Una seconda mediazione necessaria è la programmazione dello studio del Catechismo, offrendo delle modalità e delle chiavi di lettura che rispondano alle esigenze concrete, in fatto di fede e in fatto di crescita umana, dei singoli e dei gruppi. Ogni gruppo deve in fondo inventare un suo modo di avvicinare il Catechismo. Un certo taglio con cui leggerlo. Un certo indice con cui scorrere le pagine. Un certo itinerario per arrivare ad una «sintesi» della fede. Le indicazioni che qui vengono date vogliono solo iniziare questo cammino dei gruppi, presentando delle osservazioni per una lettura redditizia, delle modalità di lettura in rapporto alle diverse età, delle tracce per la ricerca in gruppo su alcuni temi.