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    Ragazzo: uomo in costruzione


     

    (NPG 1979-02-65)

     

    Ogni educatore, sia egli un padre di famiglia, un professore, un animatore di gruppo, quando compie un intervento educativo, si aspetta dall'educando una determinata reazione. Ciò significa che egli possiede una certa conoscenza dei meccanismi che agiscono nella persona umana. Di solito questa è la risultante dell'intuizione e dell' esperienza personale, oltre che della tradizione e del costume in atto. Ma l'educazione è di tale importanza nel destino dell'individuo e della società che sarebbe alquanto rischioso abbandonarla ad una forma di volontarismo. L'azione dell'educatore sarà tanto più efficace e valida quanto più terrà conto della ragione e delle conclusioni della scienza. il complesso di doti personali dell'educatore (tatto, intuizione, rettitudine morale, esperienza) ne verranno arricchite sensibilmente a vantaggio sostanziale dell'educando per il quale agisce.
    Per l'educatore è importante perciò la conoscenza almeno elementare dei principi delle scienze dell'educazione, come, d'altra parte, per l'educando è necessaria l'opera dell'educatore. Costui sa che il ragazzo ha la capacità di capire se stesso e di risolvere i propri problemi in modo sufficiente, e che ciò non è il risultato né di educazione né di apprendimento, ma fa parte di quelle sue riserve naturali che per una disposizione insita lo portano a conservare e ad arricchire il proprio «io»; ma sa anche che l'attualizzazione di tale disponibilità non è automatica, ma esige nel soggetto certe condizioni che lui, educatore, deve fornire.
    Per questo motivo, servendoci abbondantemente di quanto è contenuto nella prima parte del I vol. di «Ragazzo: uomo in costruzione» (LDC); come pure di alcune definizioni di G. Grasso, tratte da «Educare», vol. Il (PasVerlag); e del «Dizionario enciclopedico di Pedagogia» (SAIE); pensiamo opportuno presentare alcuni elementi fondamentali che caratterizzano lo sviluppo della personalità del preadolescente.

     

    Ragazzo: uomo in costruzione ...
    Lettura rapida

    Per una efficiente opera educativa non basta appoggiarsi ad una forma di volontarismo, ma è di grande utilità la conoscenza dei più elementari principi della scienza dell'educazione.

    Fondamentali principi psicologici
    – Autoattività. Solo l'io può determinare la sua personalità.
    – Autodisciplina. Non ci si forma se non ubbidendo liberamente al compito che ciascuno ha nel mondo.
    – Accordo con ogni altro essere. Giusto rapporto con Dio e con il prossimo.
    – Autorità che guidi la volontà.
    – Singolarità. In ogni persona bisogna sviluppare le singolarità individuali.

    Meccanismi di difesa
    Situazioni di conflitto o di frustrazione tendono ad essere risolte con:
    – Razionalizzazione: l'uva è acerba; la guerra è fonte di progresso.
    – Proiezione: sogno ad occhi aperti.
    – Identificazione: sentendosi una cosa sola con un eroe.
    – Reazione contraria: sadico iperprotettivo.
    – Dissociazione: tics, manierismi, fabulazione eccessiva.
    – Rimozione. A causa della «censura», desideri repressi si stabilirebbero nell'«inconscio» ove riemergerebbero sotto forma di sublimazione o compensazione.

    Abitudine
    È l'inclinazione a porre in una data situazione !a condotta già posta prima nella stessa situazione.
    Principi psicologici per apprendere una abitudine
    – Iniziare immediatamente e risolutamente.
    – Agganciare ogni risoluzione al più gran numero possibile di tendenze e motivi.
    – Non ammettere alcuna eccezione.
    Principi psicologici per distruggere una abitudine
    – Ripetere volontariamente atti contrari all'abitudine.
    – Ridurre gradualmente lo stimolo.
    – Associare uno stimolo piacevole con quello spiacevole.

    Il transfer
    Una abitudine appresa in un dato campo può influire in un altro.

    La personalità cristiana
    – È basata sui valori umani: la Grazia suppone la natura.
    – Si esprime come modo nuovo di vivere il proprio valore personale.
    – Il principio di attività è la Grazia.
    – Amare il prossimo significa realizzare prima il progetto di sé.
    – Essa si costruisce ogni momento.

    Obiettivi dell'educazione
    – Maturità psichica.
    – Inserimento sociale nella comunità umano-cristiana.
    – Presentare una scala di valori.

    Punti di partenza
    – Creare un clima di comprensione.
    – Proporre ideali incarnati.
    – Aprire il ragazzo ad attività altruistiche.
    – Formare alla libertà di scelta.
    – Dare occasione di un confronto alle proprie idee.
    – Con la testimonianza favorire in loro la scoperta dello Spirito.


    FONDAMENTI PSICOLOGICI PER UNA PASTORALE DEL PREADOLESCENTE

    Il fine che ogni educatore deve proporsi è quello di formare degli uomini ( = personalità), ossia far sì che il ragazzo si adegui alla vocazione cui è stato destinato il suo essere fondamentale.

    PRINCIPI

    L'educazione per il raggiungimento di una personalità non è un compito parziale, ma il compito generale dell'educazione, e perciò la pedagogia della personalità è la definizione di tutta la pedagogia, naturalmente in dipendenza dal concetto dominante che di essa se ne può avere. Enumereremo ora i principi più importanti di una pedagogia della personalità cristiana.
    1. La personalità non cresce come un fungo, ma può essere portata allo sviluppo solo per mezzo degli atti dell'io che determina se stesso. Ne deriva che l'educazione alla personalità può raggiungere il suo scopo solo rivolgendosi al libero «io» del preadolescente e incitandolo ad agire. La pedagogia moderna ha visto il principio dell'autoattività come premessa fondamentale di tutta l'educazione. Ma l'esposizione di questo principio non è sempre facile: spesso la pretesa di auto-attività si confonde con la pedagogia naturalistica del lasciar crescere e del lasciar fare. Tale pedagogia si contrappone alla giusta pedagogia della personalità; essa abbandona l'io che agisce liberamente agli impulsi della natura, anziché incitarlo ad innalzarsi sopra di essi e a dominarli.
    2. Come la personalità non si può formare senza la libertà, così non si può formare senza disciplina. La persona umana non si trasforma in personalità per mezzo di atti di autoconformazione dovuti ad una libera creazione, ma – essendo posta nell'ordine della realtà creata da Dio – riconoscendo qual è il suo compito e ubbidendo liberamente. La libera attività dell'io, che provoca lo sviluppo della personalità, ha dunque il carattere dell'autodisciplina. Di conseguenza, l'educazione per il raggiungimento della personalità non può limitarsi ad incitare l'io ad agire liberamente, ma deve anche 'aiutarlo a rivelargli l'ordine impegnativo dell'essere. Una pedagogia della personalità che si volesse astenere dall'assegnargli una direttiva, traviserebbe l'essenza della persona umana creata, e quindi mancherebbe al suo scopo.
    3. Porsi in accordo con ogni altro essere, come già affermava Tommaso d'Aquino, è il presupposto di quell'armonia nella complessità interiore che caratterizza la personalità. La vera educazione alla personalità non deve perciò trascurare nessun campo della realtà nel suo sforzo di rivelare a chi cresce il mondo dell'essere. Ciò vale innanzitutto per l'essere Assoluto, l'essere Divino. Ogni persona umana è legata a Dio per la dipendenza nell'esistenza e nel modo di essere. L'educazione religiosa è da questo punto di vista più di ogni altra una parte necessaria dell'educazione alla personalità. Insieme al rapporto con Dio, anche il giusto rapporto con il prossimo è decisivo per la possibilità di un perfezionamento personale, poiché esiste una relazione di tutte le singole persone fra di loro.
    4. Il compito dell'educazione alla personalità non si esaurisce neppure nella rivelazione del mondo dell'essere e del suo ordine impegnativo. La debolezza della natura umana richiede nell'età dell'immaturità un aiuto più efficace: la guida della volontà per mezzo dell'autorità. La pedagogia della personalità moderna ha visto spesso ingiustamente nell'applicazione dell'autorità educativa una contraddizione al principio dell'autodeterminazione da parte dell'allievo.
    5. La caratteristica essenziale della personalità è la sua singolarità. L'educazione alla personalità ha il compito di favorire lo sviluppo delle particolarità individuali che sono già nascoste in ogni persona. La pedagogia della personalità esige perciò con insistenza il trattamento individuale, e sottolinea che non può esistere un ideale di personalità valido per tutti. Il fatto che ogni persona corrisponda a un ideale individuale della personalità non esclude che esistano delle norme valide per tutti. L'ideale specifico della personalità non si può dedurre neppure dal «carattere empirico», ossia dalla situazione temporale e concreta della persona. È un errore frequente e assai dannoso quello di accettare il carattere acquisito come la norma per lo sviluppo futuro («Sono fatto così»).
    L'ideale della personalità non è altro che la legge il cui disegno esiste già in precedenza nella natura profonda di ogni persona. Esso si svela tuttavia solo a chi rientra in se stesso con seria riflessione. Uno dei compiti principali dell'educazione alla personalità è dunque quello di rendere possibile un serio raccoglimento. Poiché solo da queste esperienze personali può nascere un ideale della personalità genuino e vivo.

    MECCANISMI DI DIFESA

    Sono tipiche reazioni, in gran parte inconsce, dell'individuo incapace di risolvere un conflitto o di uscire dalla frustrazione. Hanno almeno due finalità:
    – positivamente: mantenere o accrescere l'autovalutazione;
    – negativamente: sfuggire all'ansietà. I principali meccanismi di difesa sono:
    1. La razionalizzazione. Essa si verifica quando gli obiettivi inaccessibili vengono svalutati e perdono così la loro attrattiva. È classico l'esempio della favola: l'uva che non può essere raggiunta viene giudicata acerba. La razionalizzazione avviene ancora quando un comportamento socialmente indesiderabile riceve una nuova «definizione» che lo rende accettabile (es. si razionalizza la guerra: è «fonte di progresso», abitua alla lealtà, al coraggio...).
    2. La proiezione. Si pensi ad un individuo che vive completamente in un mondo immaginario, irreale: per causa di una frustrazione, egli fugge dal mondo reale e vive isolato nelle sue «ruminazioni» fantastiche. Si tratta di un pensiero che può diventare pericoloso soprattutto in casi di «ostilità»: il soggetto che evita accuratamente di incontrarsi con il «nemico» e di «spiegarsi» con lui, ha ben poca probabilità di riuscire a liberarsi dal suo stato di opposizione. Le fantasticherie procurano soddisfazioni immaginarie e permettono di superare, idealmente, ostacoli reali. Le conseguenze di tale comportamento possono essere molto gravi: ci può essere dissipazione sul piano immaginativo di ogni sana energia.
    3. L'identificazione. Altra forma di riduzione di tensione in caso di frustrazione può essere quella di identificarsi, cioè immaginarsi e sentirsi una cosa sola con un'altra persona o gruppo di persone, che realizzino qualità che il soggetto non riesce ad avere. Così un ragazzo insicuro può identificarsi con un grande sportivo.
    4. La formazione di reazione contraria. Il soggetto cerca di difendersi da una tendenza, valorizzando al massimo la tendenza opposta. Ad esempio la madre che ansiosa per il senso di colpa di non aver voluto il figlio, tende ad essere iperprotettiva; o il sadico che per sfuggire all'impulso alla crudeltà, si iscrive ad una società per la protezione degli animali.
    5. La dissociazione. Elementi psichici (azioni, emozioni, idee) abitualmente collegati, si separano innaturalmente, provocando reazioni che hanno valore sostitutivo. Dissociazioni tipiche sono: movimenti compulsivi («rituali», tics, manierismi...), teorizzazione e fabulazione eccessive, ecc...
    6. La rimozione. Essa avviene quando i desideri insoddisfatti subiscono l'azione di forze che li rendono inaccessibili alla coscienza. Quando la tradizione, la legge morale o civile interdiscono l'appagamento di certi desideri spontanei, questi passerebbero nell'inconscio, dove però permangono e agiscono, senza che il soggetto ne abbia coscienza.
    I desideri repressi continuerebbero a manifestarsi attraverso vari processi tra cui:
    – La sublimazione. Allorquando la tensione si devierebbe verso nuovi oggetti o attività, apparentemente senza rapporto con quei bisogni, e generalmente accettati dalla società.
    – La compensazione. Un individuo frustrato o impossibilitato a soddisfare desideri inaccettabili, può ridurre la tensione di questo stato dedicandosi ad attività che soddisfano, in modo collaterale o similare, le stesse tendenze. Così il ragazzo che non riesce a scuola può compensarsi con una brillante carriera sportiva. Si parla di supercompensazione, quando un soggetto, per superare il senso di inferiorità che sente di fronte agli altri si fa e dimostra superiore ad essi.

    IN CONCLUSIONE

    I vari processi dinamici ora accennati si possono considerare dei meccanismi di difesa della vita psichica in quanto tendono ad assicurare la stabilità o a ricondurvi l'equilibrio turbato. Essi sono comuni a tutti gli uomini e sono forze fondamentalmente sane, che possono diventare sintomo di anormalità solo quando si manifestino con comportamenti di eccessiva intensità emozionale o in un contesto di apparente irrazionalità. Si tratta sovente dell'unica via aperta per la riduzione dell'ansietà psichica, conseguente a stati di frustrazione.
    Tali meccanismi agiscono in gran parte al di fuori del controllo cosciente del soggetto. Ciò non significa, che non sia possibile un libero intervento della volontà per un controllo indiretto di tali dinamismi spontanei. I meccanismi di difesa sono, nei loro effetti, ambivalenti: possono portare a comportamenti socialmente e moralmente costruttivi o distruttivi. Certe grandi creazioni nel campo sociale, scientifico, religioso... sono legate, all'origine, a situazioni di frustrazione. Una concezione educativa che tendesse a togliere ogni sforzo dalla vita dell'educando, inaridirebbe preziose fonti di energia.

    ABITUDINE: FORMAZIONE E DISTRUZIONE

    Possiamo definire abitudine come automatismo acquisito. Un gesto ripetuto molte volte viene ad assumere caratteristiche nuove. Esse si differiscono dai riflessi perché questi sono automatismi innati, le altre sono invece automatismi acquisiti.
    L'abitudine inclina l'individuo a porre, in una data situazione, la condotta già posta prima nella stessa situazione. Essa semplifica i movimenti e i procedimenti, li rende più rapidi e più accurati e ne diminuisce la fatica (Es: guidare una macchina, suonare uno strumento). Un'azione resa abituale con lungo esercizio, tende a persistere nella stessa forma, anche se l'ambiente che ha evocato le prime reazioni è cambiato radicalmente. Così si spiega la persistenza di abitudini infantili e adolescenziali nell'età adulta.

    – Principi psicologici per acquisire una abitudine
    1. Iniziare immediatamente e risolutamente la formazione dell'abitudine desiderata, non appena se ne sia decisa la necessità. Ciò neutralizza gli effetti paralizzanti del procrastinare (anche l'abitudine del procrastinare si rafforza con l'esercizio!).
    Risulta efficace, a tal fine, utilizzare subito ogni elemento «emotivo» di cui si abbia esperienza, e che spinga nella direzione dell'abitudine da formare.
    2. Fortificare ogni risoluzione, agganciandola al più gran numero possibile di tendenze e di motivi. A ciò possono concorrere circostanze e motivi diversi, come: prendere impegni incompatibili con il vecchio comportamento, compromettersi pubblicamente per il nuovo comportamento, ripromettersi una ricompensa ecc...
    3. Non ammettere alcuna eccezione, assicurando la continuità dell'esercizio, risulta essenziale per la formazione dell'abitudine. Chiamare un ragazzo cinque volte, senza esigere una risposta immediata, concorre a formare in lui l'abitudine della disobbedienza quattro volte più fermamente che l'abitudine dell'obbedienza.

    – Principi psicologici per togliere una abitudine
    Togliere un'abitudine risulta più difficile che acquisirne una nuova, perché bisogna disorganizzarne prima una antica. Il compito di distruggere una abitudine indesiderabile è facilitato se l'attenzione è diretta esclusivamente sul nuovo comportamento, evitando il più possibile di pensare all'antico. Un cambiamento nell'ambiente e la cura di nuovi interessi sono producenti al fine di togliersi dal campo percettivo della «antica vita». La morte di una vecchia abitudine può essere decisa con l'acquisizione, immediata, di una nuova abitudine che la contrasti.
    1. Ripetere volontariamente l'azione abituale, quando non vi è tendenza spontanea a farlo. Dunlap ha condotto una serie di esperienze per provare l'ipotesi che la ripetizione può essere adottata non solo per formare, ma anche per dissolvere gli abiti.
    2. Ridurre gradualmente lo stimolo. Se un bambino è stato abituato a dormire con la luce accesa, si potrà togliergli quel condizionamento diminuendo progressivamente la luce ogni notte.
    3. Associare uno stimolo piacevole con uno spiacevole. Il metodo fu sperimentato da M.C. Jones per togliere a dei bambini la paura dei conigli. Un coniglio veniva mostrato al bambino, mentre questi stava mangiandosi un dolce. La presenza del coniglio diveniva piacevole come il dolce.
    È evidente però che, nella situazione riportata, dovevano essere realizzate alcune condizioni: il bambino doveva essere affamato, il dolce appetitoso, e il coniglio tenuto a debita distanza. Così la reazione piacevole al cibo veniva rinforzata e la reazione di paura gradualmente eliminata.
    Altro esempio è quello ottenuto da una madre che voleva togliere al suo bambino la paura dell'oscurità: fece prima indovinare al bambino cogli occhi bendati quali oggetti vi fossero su ltavolo, facendoglieli esplorare con le dita; poi il gioco fu fatto nell'oscurità, senza che il bambino fosse bendato.

    IL «TRANSFER»

    Una condotta appresa o un'abitudine, una volta formata in un dato campo di attività, può influire su un'altra condotta. Per esempio il ragazzo che impara ad essere onesto in scuola, lo sarà anche in famiglia o nel gioco. Il valore pedagogico del problema del transfer è evidente: l'azione educativa si svolge in determinate situazioni che non si ripeteranno forse mai nella vita in modo identico. Se quanto si apprende nel periodo evolutivo non facilitasse la soluzione dei problemi concreti della vita adulta, l'educazione stessa perderebbe il suo significato.
    Il transfer dipende in buona parte dalle condizioni del soggetto, dall'impiego che esso pone a favorire il transfer. Se questi è abbastanza intelligente e sperimentato da riconoscere i rapporti tra le situazioni, se usa tecniche atte a facilitare la «diffusione» dell'esperienza da un tipo di esperienza a un altro, se fa sforzi espliciti per connettere le varie situazioni alle quali il suo esercizio può essere applicato, il transfer è facilitato. Così fu notato che gli scolari abituati a essere puliti nei loro lavori scolastici, miglioravano anche nella pulizia a casa, quando la pulizia era inculcata come un ideale applicabile a molti casi della vita.
    Così pure un determinato esercizio nel pensiero logico poteva portare un miglioramento nella soluzione di problemi geometrici, quando veniva posto l'accento sul valore dell'apprendere a ragionare logicamente.
    Ponendo la generalizzazione come scopo dell'insegnamento, Judd conclude che lo sviluppo consiste nel fornire all'individuo il potere di pensare astrattamente e di formare idee generali. Quando ciò è raggiunto, il transfer si è stabilito, poiché è proprio della generalizzazione e dell'astrazione diffondersi al di là delle esperienze particolari, da cui han preso origine.

    LA PERSONALITÀ CRISTIANA

    Nulla resta distrutto nel funzionamento della personalità a causa della presenza della Grazia. La Grazia supone come base la natura. Anzi, la perfeziona, la rinnova. Per questo, essere cristiani equivale a una maniera nuova di essere uomini. S. Paolo ci parla di una «nuova creatura» (Ef. 4,24). Questo rinnovamento implica:

    1. Un nuovo modo di percepire e comprendere la realtà. Essa rimarrà investita nella sua totalità (universo, storia, vita, valori, problemi del dolore e del male) dalla luce della rivelazione divina sintetizzata nella persona di Cristo.
    – La realtà totale è frutto dell'amore di Dio: il Padre mediante il Verbo, l'Amore, crea tutte le cose. «Dio, creando e conservando l'universo con la sua parola, offre agli uomini nella creazione una testimonianza perenne di se stesso» (DV 3). «Tutto è creato in Cristo, per mezzo di Cristo, in vista di Cristo. Perciò ogni aspetto di verità, di bellezza, di bontà, di dinamismo, che si trova nelle cose e in tutto l'universo, nelle istituzioni umane, nelle scienze, nelle arti, in tutte le realtà terrene e in particolare nell'uomo e nella storia: tutto questo è segno e via per annunciare il mistero di Cristo» (RdC 118).
    – Per il cristiano la storia dell'umanità coincide pienamente con la storia della salvezza così come è stata progettata e realizzata da Dio.
    – Tanto il mondo delle cose come quello della vita, compresa la vita umana, hanno un unico orientamento ben preciso ed un unico destino comune: essere pienamente realizzati in Cristo (Ef. 1,10).
    – Il quadro umano dei valori viene radicalmente arricchito: l'amore, l'arte, la cultura, la tecnica, sono redenti e rinnovati.

    2. Un nuovo modo di sperimentare e di vivere il proprio valore personale e la propria esistenza come conseguenza del proprio innesto totale in Cristo. Le mie doti, la mia natura, i miei valori, le mie aspirazioni acquistano una nuova dimensione:
    – Natura: persino il corpo diventa «tempio dello Spirito Santo» (1 Cor. 6,19). L'io sociale diventa un io ecclesiale, membro del popolo di Dio.
    – Doti: sono potenziate per il fatto stesso dell'inserimento nel popolo di Dio. Persino la debolezza acquista una valore redentivo grazie alla forza che deriva dal Maestro.
    – Valori: «e perciò prego che la vostra comunità di amore si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento perché possiate distinguere sempre ciò che vale» (Fil. 1,9-10).
    – Aspirazioni: l'ideale di vita cristiana viene interiorizzato in modo tale che tutte le nostre aspirazioni, anche a livello terreno, si orientano verso il meglio.

    3. Un nuovo principio di attività: la Grazia. Sotto l'influsso dello Spirito Santo che opera mediante i sacramenti, la condotta umana si trasforma e si arricchisce con la presenza operante di Cristo. In questa situazione le motivazioni della condotta cambiano radicalmente:
    – il cristiano, consacrato dal battesimo, è cosciente che tutta la sua attività deve riprodurre l'offerta di Cristo al mondo per la gioia del Padre.
    – Il cristiano, irrobustito dalla confermazione, riceve dallo Spirito Santo la capacità di rendere testimonianza a Cristo nel proprio ambiente, e, in modo speciale, in situazioni di difficoltà.
    – Il cristiano, unito abitualmente a Cristo nell'Eucaristia, si sente legato a tutti i fratelli e prende parte alle «gioie e speranze, alle tristezze e angosce» degli uomini (GS 1). Si rende solidale coi loro problemi e la loro ricerca di soluzione.
    – Il cristiano, purificato costantemente con la penitenza, ratifica la sua prima consacrazione battesimale e rinnova con vigore crescente il suo impegno di essere come Cristo luce e lievito nella massa, e si rende sempre più disponibile a comprendere le debolezze del suo prossimo.
    – Il cristiano, impegnato socialmente, è consacrato al servizio dei suoi fratelli con i sacramenti dell'ordine e del matrimonio.
    – Il cristiano malato, identificato con le sofferenze di Cristo, consacra la sua malattia col sacramento dell'unzione degli infermi, collaborando in questa maniera alla purificazione della chiesa.

    4. A livello psicologico, la necessità di amare e di consacrarsi agli altri, come deriva da questa situazione nuova, soprannaturale, si manifesta come progetto personale, come compito cui tenere fede, come presa di contatto del proprio io con il mondo. In questo modo la vita del cristiano si svolge in un clima di costante tensione: lo stare con Cristo esige un impegno perseverante: «crescere fino a raggiungere la statura di Cristo» (Col. 1,28).

    5. Tuttavia questo movimento di crescita non segue una linea ascendente costante, poiché in ogni individuo le tendenze istintuali e le passioni intervengono in modo specifico e personale. D'altra parte i fatti e le situazioni e i comportamenti degli altri influiscono sull'equilibrio personale del singolo. Per questo in ogni momento l'uomo si trova nella possibilità di seguire piani e progetti distinti nel modo di entrare in contatto con il mondo.
    Da tutto questo dinamismo deriva la possibilità creativa di ogni momento, la capacità di autodeterminarsi e di scegliere. L'equilibrio non si raggiungerà una volta per tutte, lo si dovrà conquistare incessantemente. Non è statico ma dinamico.
    Le forze di riorganizzazione e autodirezione non sono sufficienti quando entrano in collisione le divergenze tra la linea di sviluppo umano-naturale e la linea di sviluppo in Cristo. Nella realtà dell'essere cristiano è necessaria la forza che viene da Dio. Col suo concorso l'uomo potrà superare l'egoismo.

    OBIETTIVI DELL'EDUCAZIONE

    Premesse

    1. L'educazione tende ad ottenere che il soggetto acquisti la capacità di agire liberamente, con rettitudine morale, mediante l'acquisizione di abiti morali o virtù.
    2. L'educazione si presenta come un fatto sociale: l'atto educativo, oltre a favorire l'instaurarsi di un perfetto funzionamento della personalità, comunica all'educando un completo quadro di valori che si traducono in ideali, in modelli di comportamenti, in una cultura che un poco alla volta il ragazzo assimilerà.
    3. L'azione educativa deve fare parte della dinamica della personalità perché questa funzioni perfettamente, cioè con libertà interiore orientata abitualmente verso valori etico-cristiani. Di conseguenza gli obiettivi fondamentali da raggiungere in qualsiasi tappa dell'opera educativa sono i seguenti:
    a) Maturità psichica. È

    da notare che le conclusioni scientifiche della psicologia riconoscono che i criteri di un sano equilibrio della personalità coincidono con i criteri richiesti da un orientamento religioso autentico. «La vera educazione cristiana si propone la formazione della persona umana» (GE,1);
    b) Inserimento sociale nella comunità umano-cristiana, attraverso un superamento di se stesso verso glí altri, considerati come membri del popolo di Dio. «Bisogna prepararli a partecipare alla vita sociale in modo che, forniti dei mezzi necessari ed adeguati, possano attivamente inserirsi nelle diverse sfere della umana convivenza, aprirsi al dialogo con gli altri e contribuire di buon grado alla realizzazione del bene comune» (GE, ib);
    c) Scala di valori, che siano come punti di riferimento e mete dello sviluppo e della personalità totale umano-cristiana del ragazzo.
    «Dichiara inoltre il sacro Concilio che i ragazzi e gli adolescenti hanno diritto di essere aiutati a valutare con retta coscienza i valori morali e ad accettarli con decisione personale» (GE, 1c).
    Poiché il discorso sugli obiettivi che stiamo conducendo è fondamentale per l'educazione in senso pastorale, li descriviamo più ampiamente.

    Maturità psichica

    1. Visione adeguata della realtà. Essa richiede:
    – sviluppo e funzionamento armonico delle facoltà sensoriali fino a scoprire e leggere l'impronta di Dio nel mondo delle cose create;
    – maturazione delle facoltà mentali e acquisizione degli abiti intellettuali efficienti e necessari per una comprensione ed accettazione dell'impegno cristiano, favorendo:
    • l'attenzione volontaria,
    • l'osservazione metodica e riflessiva,
    • la capacità di analisi e sintesi,
    • l'inventiva e lo spirito creativo.
    2. Capacità di autocomprensione e autovalorizzazione.
    Essa esige la conoscenza e l'accettazione di sé come persona con caratteristiche proprie, propria realtà e propri limiti, accettati senza pessimismo e con autentico
    • senso dell'umorismo». A questo atteggiamento va aggiunta una profonda fiducia nella forza di Cristo che può supplire con la sua grazia alle nostre debolezze. «Di Lui io mi vanterò! Di me stesso invece non mi vanterò che delle mie debolezze... A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l'allontanasse da me (la tentazione). Ed egli mi ha detto: ti basta la mia grazia; la mia potenza si manifesta infatti pienamente nella debolezza. Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze perché dimori in me la potenza di Cristo» (2 Cor. 12,5 e 8-9).
    3. Tendenza alla realizzazione di se stesso e alla formazione dell'io ideale. Primo compito dell'educazione è rendere possibile la manifestazione di questa tendenza alla autorealizzazione. L'educatore deve guidare il soggetto verso la configurazione di un chiaro ideale di se stesso (io ideale), che abbracci tutti i settori della personalità e tutti i dati della propria esperienza, naturali e soprannaturali. È necessario formare la capacità di proporsi mete a lunga scadenza, condizione indispensabile per l'esercizio della tendenza al superamento (costanza). Il conseguimento di uno stadio di vita a cui si tende non è visto come meta definitiva, ma come un insieme di direzioni possibili di autosviluppo suscettibile di superamento (matrimonio, carriera, professione, ecc...), tenendo sempre presente la meta finale, cioè l'inserimento in Cristo.
    «L'uomo d'oggi procede sulla strada di un più pieno sviluppo della sua personalità... Non c'è nessuna legge umana che possa porre così bene al sicuro la personale dignità e la libertà dell'uomo quanto il vangelo di Cristo... Il vangelo infatti annuncia e proclama la libertà..., onora come sacra la dignità della coscienza e la sua libera decisione» (GS 41).
    4. Capacità di opzione e di riorganizzazione della realtà e della immagine di se stesso.
    Questo aspetto va considerato come lo stadio finale della maturazione, perché suppone i precedenti e rappresenta la nota caratteristica della personalità matura che possiamo chiamare creativa. Essa esprime:
    – capacità di opzione ed elezione libera di fronte ad elementi conflittuali, e di conseguenza, capacità di ricostruire la propria realtà ed il concetto di sé;
    – capacità di assumere la responsabilità delle proprie decisioni, in modo speciale quelle che coinvolgono in qualche maniera il dono di Cristo;
    – raggiungimento di un sufficiente grado di consistenza nella struttura fondamentale della personalità, resistendo al cambio delle proprie realtà e del concetto di sé.

    Inserimento sociale attivo e responsabile

    1. Adeguata visione della realtà.
    Questo inserimento esige che vi sia interesse per la conoscenza e la comprensione dei diversi atteggiamenti dell'uomo, esige ancora una visione della realtà umana come società o comunità orientata verso il bene comune.
    «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo» (GS introduzione).
    2. Capacità di autocomprensione e di autovalorizzazione. Si esprime nella:
    – accettazione della situazione sociale in cui si vive;
    – capacità di assumere i ruoli richiesti dalle diverse situazioni della propria cultura, ognuno dei quali offre un nuovo elemento per la conoscenza di se stesso (ha importanza speciale la adeguata accettazione del proprio ruolo sessuale);
    – coscienza della appartenenza alla Chiesa come membro attivo, e corresponsabilità al momento di assumere doveri e diritti.
    3. Tendenza alla propria realizzazione e alla formazione dell'io ideale. Richiede:
    – capacità ad entrare a fare parte di gruppi sempre più ampi e vari;
    – capacità di assumere funzioni di maggiore responsabilità (es. da subordinato a capo).
    4. Capacità di opzione e di riorganizzazione della realtà e dell'immagine di sé. Si esprime nel superamento dí se stesso e cioè nell'atteggiamento di servizio, mantenendo dinanzi ai problemi ed alle esigenze del processo sociale, un atteggiamento attivo nella propria professione e nella propria azione generale, sviluppata in seno alla comunità umana ed ecclesiale.

    Una scala di valori

    1. Adeguata visione della reatà. Si tratta di abilitare il soggetto a:
    – captare i valori fondamentali contenuti nella cultura in cui è o sarà immerso, nei suoi diversi settori (famiglia, scuola, società, chiesa...);
    – comprendere l'aspetto trascendente di ogni valore (Dio, amore, bellezza, verità, bene, ecc.) nel cinema, nello sport, nel denaro, nelle canzoni moderne...;
    – sviluppare le attività umane in maniera che rendano possibile la visione e la adesione ai valori soprannaturali.
    «È necessario coltivare lo spirito in maniera tale che si sviluppino le facoltà dell'ammirazione, dell'intuizione, della contemplazione, e si diventi capaci di formarsi un giudizio personale, di coltivare il senso religioso, morale, sociale» (GS 59).
    2. Capacità di autocomprensione e autovalorizzazione. Si attua attraverso:
    – la conoscenza e comprensione dei valori culturali e dei valori presenti nei modelli di comportamento;
    – l'adesione e fedeltà a tutto ciò che è valore.
    3. Tendenza alla propria realizzazione e alla formazione dell'io ideale.
    L'io ideale da raggiungersi viene sperimentato come una sintesi di valori che bisogna realizzare e perciò come determinazione di un progetto di vita. Esige in concreto:
    – un impegno costante ed efficace per la realizzazione;
    – la progettazione di un piano di vita, poggiato su valori autentici e su basi realistiche. Saranno perciò da escludersi gli idealismi vaghi, i complessi di inferiorità, ansia di dominio, ricerca di centri di potere...
    4. Capacità di opzione e di riorganizzazione della realtà e dell'immagine di sé. Consiste in:
    – capacità abituale di scelta e ristrutturazione tanto a livello personale che a livello sociale;
    – capacità di tradurre nel pensiero e nell'azione i nuovi valori e le nuove scoperte.

    PUNTI DI PARTENZA PER UNA METODOLOGIA CREATIVA

    La realizzazione degli obiettivi educativi esposti richiede una attenzione pratica altrettanto impegnata. È nel concreto, infatti, che si misura la validità e la serietà delle proprie convinzioni. Diamo con questa prospettiva alcune concrete indicazioni perché gli obiettivi che teoricamente abbiamo presentato siano praticamente raggiungibili.

    Indicazioni pratiche

    1. Creare un clima di comprensione e di accettazione dell'educando in quanto persona. Di qui nasce il dialogo.
    «Il suo elemento caratteristico (della scuola cattolica) è di dare vita ad un ambiente comunitario scolastico permeato dello spirito evangelico di libertà e di carità, di aiutare gli adolescenti perché nello sviluppo della propria personalità crescano insieme secondo quella nuova creatura che in essi ha realizzato il battesimo, e di coordinare infine l'insieme della cultura umana con il messaggio della salvezza» (GS 8).
    2. Proporre valori, ideali, testimonianze, ecc., incarnati in una causa esemplare: Gesù Cristo.
    L'educatore dovrà riprodurre nella sua vita molti di questi valori. Gioverà anche presentare dei leaders, dei capi e dirigenti, alla luce dell'esempio di Cristo, mediante i mezzi di comunicazione sociale: letture, cinema, teatro.
    «Essi dunque (gli educatori-insegnanti) devono prepararsi scrupolosamente per essere forniti della scienza sia profana sia religiosa, attestata dai relativi titoli di studio, e ampiamente esperti nell'arte pedagogica, aggiornata con le scoperte del progresso contemporaneo. Stretti tra loro e con gli alunni dal vincolo della carità e ripieni di spirito apostolico, essi devono dare testimonianza sia con la vita sia con la dottrina all'unico maestro, che è Cristo» (GE 8).
    3. Mettere il ragazzo a contatto con la realtà naturale e soprannaturale, sprovvista assolutamente di elementi soggettivi; aprirlo ad attività altruiste.
    4. Dare gradualmente opportunità di scelta in vista di una formazione della responsabilità e della libertà di scelta. Ciò richiede un clima di attività libera e di libera iniziativa. Gli educatori «stimolino la libertà personale degli alunni» (GE 8).
    5. Ofirire adeguate occasioni di confronto fra i suoi punti di vista e i suoi valori con i punti dí vista e i valori degli altri. Ciò richiede un serio lavoro di gruppo.
    6. Favorire la scoperta della presenza e dell'intervento dello Spirito Santo mediante una testimonianza autenticamente cristiana.
    «Tutti i cristiani – in quanto rigenerati nell'acqua e nello Spirito Santo, sono divenuti una nuova creatura e quindi sono di nome e di fatto figli di Dio –hanno diritto alla educazione cristiana. Essa non comporta solo quella maturità propria della umana persona, di cui si è ora parlato, ma tende soprattutto a far sì che i battezzati, iniziati gradualmente alla conoscenza del mistero della salvezza, prendano sempre maggiore coscienza del dono della fede che hanno ricevuto» (GE 2).

    Atteggiamenti concreti

    1. Atteggiamenti per soddisfare la necessità di sentirsi sicuri:
    – «Tu sei uno di quelli che possono farcela».
    – «Non perdi nulla a fare una prova; non riuscire non è un delitto».
    – Proporre mete semplici, raggiungibili, perché i ragazzi abbiano la possibilità di riuscita. Le mete troppo alte possono mettere in risalto alcuni, ma tagliare fuori altri ed essere quindi occasione di frustrazioni.
    – Esprimere sincera soddisfazione per la buona riuscita e dimostrare fiducia nel ragazzo e nelle sue capacità.
    – Accettare i ragazzi così come sono, in maniera che anch'essi possano giungere ad avere un buon concetto di sé.
    – Garantire certi diritti e certi privilegi (il povero, chi è più lento nell'apprendere va privilegiato...).
    – Convincerli che Dio li conosce e li ama incondizionatamente, in ogni momento ed in ogni luogo in cui si trovano (ma è importante che l'educatore sia egli il segno visibile, il sacramento dell'amore di Dio che annuncia).
    – Dare ai ragazzi la sicurezza che, anche se gli altri uomini sbagliano e vengono meno, Dio non verrà mai meno.
    Per mezzo di questi atteggiamenti il ragazzo capirà che si ha fiducia in lui così come egli è adesso e non come dovrebbe essere. E che nonostante la sua fragilità e i suoi limiti, può contare sulla collaborazione dell'educatore e sulla forza soprannaturale che gli dà la Grazia.
    2. La traduzione pratica di questi atteggiamenti suppone:
    – Essere intimamente convinti della reale bontà del ragazzo, delle sue reali possibilità, per cui è bene impiegato il tempo, lo sforzo e l'interesse per la sua educazione.
    – Riconoscere espressamente le qualità, i meriti, gli esiti ottenuti. L'educatore deve tenere conto che i ragazzi sembrano volere convincere alle volte di non sapere fare di più o di non sapere portare certe responsabilità, ma che essi stupiscono invece appena hanno una reale occasione di realizzare.
    – Comunicare al ragazzo la fiducia che si ha in lui, di modo che si senta capace di raggiungere le mete proposte.
    – Utilizzare il gruppo, in certi momenti più difficili, per ottenere una reazione benefica dell'individuo o un mutamento di condotta.
    – Aiutare a sviluppare le abilità e conoscenze già acquisite in maniera che psicologicamente contribuiscano a raggiungere lo scopo; in questo modo i ragazzi agiscono più efficacemente quando si fanno avanzare passo passo e vengono riconosciuti i singoli sforzi.
    – Riconoscere e mettere a fuoco le qualità positive. Di frequente gli educatori tendono a credere che è loro dovere segnalare gli sbagli. Se le relazioni con i ragazzi sono basate sulla segnalazione degli errori, tali relazioni saranno alquanto povere e mortificate. Un rapporto corretto esige che si concentri l'attenzione soprattutto su ciò che è positivo.


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