Diventare educatori di coscienze libere

Inserito in NPG annata 1982.

 

Giuseppe Morante

(NPG 1982-09-18)

I contributi precedenti mettono chiaramente in evidenza due tendenze oggi abbastanza collaudate dalla esperienza; da una parte la «buona disponibilità» dei preadolescenti ad essere educati all'esercizio della libertà, soprattutto se sono presi nel verso giusto e se onestamente si entra nei dinamismi della loro crescita; dall'altra emerge una scarsa attenzione educativa da parte di genitori ed educatori dovuta a cause diverse: impreparazione, differenza culturale, difficoltà di ordine esistenziale, ambivalenza dell'età preadolescenziale che non si fa facilmente comprendere ed accettare.

ANZITUTTO COMPRENSIONE E CONFIDENZA NEL RAGAZZO

Eppure, educare cristianamente, nella scuola come nella famiglia, nella parrocchia come nell'associazione, significa mettere al centro della attenzione educativa il ragazzo con tutta la sua realtà in transizione, con tutta l'ambivalenza della sua crescita attuale.
Comprensione e confidenza mi sembrano gli atteggiamenti educativi più autentici per questa età «trascurata», ma pur tanto importante nel processo di crescita verso la maturità.
Comprendere questa età significa, pedagogicamente, conoscere le sue esigenze, i suoi bisogni, le sue caratteristiche: il bisogno di fare esperienza, il bisogno di conquistare l'autonomia.

Accogliere il bisogno di fare esperienza in proprio

Il ragazzo ha bisogno di fare esperienze in proprio; non può più dipendere ciecamente dagli adulti, non può più fare meccanicamente azioni ripetitive comandate e dirette da altri; è ormai al di là della età della «obbedienza passiva». Questa età diventa automaticamente pericolosa se viene vissuta come assuefazione, come ripetitività acritica di iniziative eterodirette.
Lo sviluppo della ragione, la crescita fisiologica con le sue potenti energie, il rapporto con gli altri (coetanei ed adulti) filtrato attraverso una nuova identità personale, richiedono che non vi sia nulla di prefabbricato nel dialogo educativo. Non che tutto debba essere lasciato alla improvvisazione - i ragazzi rimproverano molto l'incoerenza degli educatori - ma in una linea concordata verso obiettivi di liberazione è giusto coinvolgere la coscienza e l'impegno del ragazzo.
In pratica bisogna operare una scelta, anche se per molti educatori è scomoda perché richiede molta fatica: da educazione intesa come adattamento (al nostro modo di vedere, alla realtà ambientale, alla situazione sociale...) ad educazione intesa come sviluppo (verso la conquista dei valori).
Nella nostra esperienza abbiamo trovato molti genitori paurosi e titubanti davanti al bisogno dei propri figli di fare esperienze in proprio; certo non vogliamo dire di lanciarli allo sbaraglio lungo la china delle perversioni; ma al contrario di esserne contenti perché, così facendo, questi ragazzi dimostrano di voler crescere, di superare l'infantilismo; e perciò vanno benevolmente incoraggiati, gioiosamente accompagnati nei primi tentativi di affermazione personale, purché siano tentativi «coscienti» e validi.
Questi ragazzi sono già per conto proprio frastornati dal contrasto esistenziale tra bisogno di esperienze e paura di novità; cadono in un pericoloso scoraggiamento che può tarpare le ali verso nuove conquiste se scoprono i propri educatori non solo non consenzienti ma addirittura minaccianti privazioni e punizioni varie.

Sostenere la conquista dell'autonomia

Il preadolescente sta faticosamente lottando per la conquista della propria autonomia; dobbiamo riconoscere onestamente che non ci può essere esercizio di libertà senza sentirsi interiormente libero e avere uno spazio di autonomia personale.
Diciamo, è vero, che il ragazzo non è ancora adulto, non ha raggiunto ancora una stabilità operativa, non ha un carattere stabile, fa molta fatica ad orientarsi in mezzo alla grande confusione di valori che presenta la nostra società... Proprio per questo ricorre al nostro aiuto, anzi lo pretende dai suoi educatori, anche se esternamente può far apparire il contrario; sono i segni della sua ambivalenza, come presto vedremo.
Gli educatori accorti e comprensivi si mettono generosamente al servizio di questa esigenza creando ambienti adatti, lasciando spazi di scelte concrete, proponendo ideali, indicando obiettivi... da raggiungere. Vale molto di più, in questo caso, una indicazione positiva anche se non molto significativa che tanti comandi e tante proibizioni.
E non è chi non veda come sia importante questo spazio di autonomia da un punto di vista della maturazione morale e religiosa! La pratica religiosa del precetto, nella preadolescenza, o viene riscoperta ed interiorizzata e quindi rivissuta in chia-
ve di scelta e di libertà o viene rifiutata. Questo tipo di rapporto educativo comporta una presenza vigile da parte degli educatori; i genitori devono poter offrire più tempo ai propri figli adolescenti e per far questo devono poter liberarsi dalle tante necessità indotte artificiosamente dalla vita odierna; siamo nell'ordine dei valori e l'educazione dei figli è un valore assoluto rispetto ad altri che, al contrario, assorbono il più del loro tempo. I catechisti parrocchiali dei ragazzi non possono limitarsi alla solita lezioncina settimanale; è tutto il problema pastorale che li deve occupare. Gli insegnanti devono voler condividere di più l'esperienza della crescita rispetto alle discipline scolastiche...

Stimolare a vincere l'ambivalenza

La preadolescenza è l'età della ambivalenza: mentre i ragazzi si cimentano volentieri e liberamente con i primi seri impegni, scoprono però di essere incostanti nello sforzo ed incapaci ad essere fedeli. Pertanto non vanno abbandonati a se stessi, non vanno rimproverati ma incoraggiati e stimolati a riprendere e ritenere l'impresa interrotta.
Facilmente si scoraggiano davanti alle prime difficoltà perché non sono assuefatti a risolvere i problemi; anzi nel loro puro idealismo sono portati a vedere tutto facile, col pericolo di illusioni e di regressioni se sperimentano il contrario.
L'educazione cristiana comporta anche la scelta del sacrificio e molti educatori sono portati a rendere tutto facile.
L'aver fiducia in loro nonostante le contraddizioni della loro ambivalenza, è condizione essenziale per il rinforzo della propria immagine. Confidenza però non significa rinuncia all'autorità ma amore sincero, stima incondizionata, dimostrazione di fiducia.
Chi non vede come queste capacità educative siano la fonte del rinforzo del carattere, il sostegno nelle prime difficili scelte di vita, la fonte delle decisioni impegnative, il coraggio, di guardare avanti, il superamento delle proprie debolezze e dei propri limiti?

COME CONIUGARE AUTORITÀ E LIBERTÀ

La libertà è un valore dell'uomo; l'educazione è un processo intenzionale che porta all'assunzione di valori. Esiste perciò un nesso di interdipendenza tra processo educativo e libertà che esclude automaticamente ogni spontaneismo istintivo come ogni determinismo costrittivo.
Dicono alcuni pedagogisti che l'assoluta autonomia (permissivismo, spontaneismo educativo) come l'assoluta eteronomia (determinismo pedagogico, autoritarismo, dirigismo meccanicistico) sono esattamente il contrario della educazione come della libertà.
L'autonomia come permissivismo, infatti, per un malinteso concetto di libertà del ragazzo, gli lascia fare tutto quello che vuole, come vuole e quando vuole. In realtà l'educando non si rafforzerà nella libertà perché non è aiutato a superare le difficoltà, a riprendere con costanza un cammino interrotto, a saper fare delle rinunce per un bene maggiore. Assecondato - forse più per comodità che per scelta ideologica - in questo spontaneismo, il ragazzo non avrà la possibilità di opporre resistenza ai condizionamenti sempre più aggressivi dell'ambiente, come all'aggressività dei propri impulsi istintivi, proprio perché non ha difese.
È vero che un simile atteggiamento educativo oggi gode notevoli favori come frutto di ideologie libertarie e radicaleggianti; ma gli educatori cristiani non possono rinunciare al proprio ruolo - né per comodo né per ideologia - che li impegna a superare con l'aiuto di Dio i limiti della natura umana che spontaneamente non può mirare al suo massimo bene.
Del resto l'esperienza di oggi ci mostra -nel personale come nel sociale - che questo tipo di educazione porta ad avere ragazzi (ed uomini) capricciosi, insoddisfatti, isolati e molto spesso intolleranti e antisociali.
L'eteronomia educativa assoluta (cioè l'autoritarismo nelle sue varie forme fino a quella più immorale della manipolazione affettiva) è l'opposto del permissivismo
ed è altrettanto dannosa dal punto di vista della educazione cristiana.
In un rapporto educativo dove non c'è spazio di autonomia, dove tutto è predeterminato e stabilito e che deve essere seguito ripetitivamente, dove c'è meticolosità di condotta e di verifica con conseguenti premi o castighi, non ci può essere crescita significativa, vera maturazione, conquista personale della libertà.
Il pensiero, la parola, la decisione, il giudizio, la scelta, l'azione... se sono permessi al ragazzo gli lasciano spazio di autonomia e lo educano alla libertà. Permettere, che non significa necessariamente condividere, specie se si tratta di valori irrinunciabili cristianamente. Ma proprio per questa fiducia si mette in moto un processo di maturazione alla libertà.
Al contrario in un rapporto educativo autoritario si favorisce una crescita di adattamento dove non c'è spazio per la propria autonomia. Le conseguenze? Da una parte porta ad avere ragazzi (e uomini) timidi, incapaci di prendere iniziative ed operare scelte, eccessivamente ansiosi davanti a fatti non prevedibili, sempre eterni dipendenti degli altri, incapaci di valorizzare le proprie qualità e doti, costante rifiuto di responsabilità...
Al contrario, per chi ha la forza di resistere ai condizionamenti autoritari, si scatenano meccanismi di ribellione, di reazione violenta, di fuga ed evasione, di intolleranza, di reazioni compensative.
Una educazione che non porta ad una responsabilizzazione fa confondere la libertà con l'arbitrio personale ed il capriccio, con la licenza sfrenata ed il permissivismo morale, con l'anarchia.

L'ESERCIZIO DELLA LIBERTÀ

L'autorità che educa è quella che mette l'educando a suo agio; e - come persona - sullo stesso piano dell'educatore. E se una differenza fra i due è richiesta, è solo quella di una esperienza soddisfacente, di una maturità equilibrata, di una competenza non saccente da parte dell'educatore.
L'esercizio della libertà è una esigenza della personalità del ragazzo in formazione. Per favorire lo sviluppo normale di questo bisogno gli educatori - ciascuno col proprio ruolo e nel proprio ambiente
- devono favorire diverse linee operative. Le indichiamo a tratti veloci.

Favorire gli orizzonti delle possibilità

Non solo è bene rendere facile l'esercizio degli impegni ordinari dei ragazzi, ma è oltremodo stimolante ed arricchente l'offerta di una vasta gamma di possibili attività (non che le debbano fare tutte!), sia nel settore del tempo libero (letture, sport, attività culturali varie...), sia nel settore ecclesiale-pastorale (iniziative ecclesiali, caritative, sociali, liturgiche...).
È un modo, oltretutto, anche piacevole per incarnare il protagonismo ed esercitarsi nella responsabilità personale e nel rapporto con gli altri.

Allargare le prospettive di vita e di azione

È necessario favorire in ogni modo la liberazione dei ragazzi dalle tante forme di condizionamento ambientale e dalle schiavitù interiori:
- libertà di fruire, alla pari, di beni materiali e di beni culturali e spirituali per non immiserirsi nella materialità;
- libertà per essere di più, per agire ed arricchirsi di valori;
- libertà con gli altri visti come «soggetti» che, realizzando se stessi, aiutano il singolo ad attuarsi nelle aspirazioni più profonde;
- libertà di perseguire ciò che è vero e bello e buono.

Stimolare esperienze significative

Abbiamo già parlato del valore che i ragazzi attribuiscono in questa età alle esperienze personali. Però teniamo presente che la riflessione sui fatti trasforma le cose più o meno anonime in esperienze significative. Ed i nostri ragazzi non sanno ancora riflettere, anche se si cimentano nelle prime conquiste intellettuali.
Perciò un itinerario di riflessione parte dai fatti analizzati nelle loro implicanze per arrivare ai significati più profondi che hanno agganci con la vita e le sue realizzazioni.

Aiutare ad orientarsi, a scegliere

L'autorientamento, nella scuola come nella vita, è un «tirocinio alla libertà per mezzo della libertà» (De Bartolomeis). un tirocinio che non può essere esercitato senza il sostegno, l'incoraggiamento, la presenza amorevole, lo stimolo dell'educatore.
I frutti di questo autogoverno si vedono quando il ragazzo è fuori dell'influsso diretto del suo educatore, quando l'ambiente ed i mezzi di comunicazione portano al conformismo e all'appiattimento del comportamento, quando la realtà socioculturale imprigiona e costringe in un certo modo...

Alimentare la libertà interiore attraverso l'autenticità

L'autenticità (il presentarci semplicemente così come siamo, senza maschere) è l'espressione della libertà interiore e l'esercizio della propria autonomia di comportamento.
C'è libertà quando l'educando non si sente in qualche modo costretto a negare o a deformare le sue opinioni ed i suoi convincimenti intimi per mantenere l'affetto o la stima dei suoi educatori. Questa forma di pressione è una specie di manipolazione indiretta.
Quando al ragazzo mancano le condizioni per una libera espressione della propria esperienza avverte una minaccia che prima blocca l'esteriorizzazione, poi l'esistenza stessa dei suoi sentimenti; in questo modo l'esperienza stessa o i singoli elementi di essa non hanno più libero accesso alla coscienza, con possibili gravi disturbi psicologici: delusioni, dispiaceri, ansia, sfiducia in sé, disorientamento, nervosismo, confusione...
Dice C. Rogers che «essere se stessi, essere autentici, significa essere liberi di una libertà interiore che permetta di avere confidenza in noi stessi, di riconoscere con tranquillità il nostro bene e il nostro male (questo non significa approvarlo!), di prendere la responsabilità di noi stessi, di prendere la direzione della nostra vita, della nostra condotta; di andare avanti, di mutarci, di svilupparci, di crescere».

Favorire in tutti i modi l'impegno cosciente

L'impegno è caratteristica della maturità e segno della libertà. L'impegno è quella tensione che ci aiuta a realizzare qualcosa nella vita; è il sentire l'urgenza, il bisogno di dare un senso alla propria esistenza.
Nelle cose che fa il ragazzo ha bisogno dell'approvazione dei suoi educatori per scoprire il suo valore, per rinforzarsi nei suoi impegni.
L'educatore deve dare responsabilità, lasciare a ciascuno un ambito personale, deve dare da fare...; deve rispettare i sentimenti, le proposte, le iniziative, i progetti, anche quando gli sembrano utopici; deve interessarsi alle realizzazioni dei ragazzi ed apprezzarle, anche quando gli sembrano di poco conto; non deve mai far perdere la fiducia in sé disprezzando risultati banali; non forzare ad un rendimento maggiore di quello che uno può dare...

Educare alla libertà intellettuale

L'autogoverno comporta un equilibrio tra la libertà interiore, intesa come spontaneo volere personale ed i condizionamenti spesso coercitivi dell'ambiente.
Ogni ambiente (scolastico, familiare, ecclesiale, sociale) è educativo se non forza questo equilibrio, se stimola l'intelligenza a mettersi in atteggiamento critico e reattivo, a non accettare passivamente quanto viene comunicato direttamente o indirettamente dall'ambiente stesso, a controllare prima di prendere delle decisioni...
La nostra società, in cui molto spesso sentiamo risuonare in tutti i toni la parola libertà, in realtà se ne serve per manipolare l'uomo, sempre più spinto a rinunciare alle sue naturali funzioni critiche...
I mezzi di comunicazione di massa rivelano un'aggressività che contribuisce a narcotizzare le menti, uniformandole ad un piano di «libertà a buon mercato», portato avanti da astute menti per interessi individuali.

Educare alla libertà civica e politica

Ogni ambiente di vita deve essere per il ragazzo invito alla socialità; cioè alla disponibilità affettiva verso gli altri, a saper vedere-ascoltare-comprendere prima di giudicare e reagire, a saper dialogare con tutti. La mia libertà non deve essere pagata dagli altri.
Gandhi diceva: «Vogliamo la libertà del nostro paese, ma non a costo di sacrificare e sfruttare gli altri, né in modo da degradare altri paesi. Non voglio la libertà dell'India, se essa deve significare l'estinzione dell'Inghilterra o la scomparsa degli Inglesi. Voglio la libertà del mio paese affinché altri paesi possano imparare qualcosa dal mio paese libero, affinché le risorse del mio paese possano essere utilizzate a vantaggio dell'umanità».
La libertà politica è l'unico antidoto alla violenza e alla intolleranza, mali di cui ci lagniamo spesso ai nostri giorni soprattutto per colpa di tanti giovani non educati alla libertà!

Educare alla libertà etica e religiosa

«Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Perché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo i vostri comodi, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri» (Gal 5,13).
Essere al servizio gli uni degli altri nell'amore: è la legge della vita cristiana, è l'esercizio quotidiano della nostra liberazione che comporta l'uscire dal nostro egocentrismo, per assumere responsabilità verso gli altri.
Io sono la verità che libera, ha detto Cristo. Perché? La risposta viene da lui stesso: come ho fatto io, fate anche voi. In Dio-Verità saremo sempre liberi da noi stessi, dagli altri, dal sistema sociale, dai beni materiali. La vera liberazione che conviene è quella che ci àncora alla paternità di Dio ed alla fratellanza universale mediante il Cristo che è il liberatore.