Niky Sardi
(NPG 1982-04-37)
Un manifesto davanti al forno, uno al bar, uno alla banca: «Altroché moda, la droga uccide! Non farti fregare da quei due che la vendono». Firmato: Comunità giovanile San Lorenzo.
Una comunità di gente decisa e anche un po' testarda che ha pensato bene che è ora di cambiare qualcosa. In giro si parla molto di disgregazione, di droga, di solitudine, di disperazione dei giovani,... ma si parla soltanto mentre è giunto il momento di rimboccarsi le maniche e di darsi da fare. E così i ragazzi di San Lorenzo, a Riccione, hanno deciso di mettere in azione le loro capacità, la loro fantasia, la loro vivacità per tentare di creare un'alternativa «all'Uffa Uffa!!!» dei loro amici e coetanei.
La storia inizia nell'anno '79-'80 quando gli ultimi resti della vecchia comunità giovanile e del gruppo medie uniscono le proprie forze per inventare qualcosa di nuovo.
Si tratta di ricominciare da zero, in pochi ed «in una situazione sociale ed umana assolutamente povera di valori», si tratta di superare i pregiudizi e la mentalità della gente che pensa «che chi va dal prete non è un uomo, mentre uomo è chi va al bar».
Ma la testardaggine di pochi ha la meglio; i primi momenti vedono da un lato l'inizio di un cammino di crescita nella fede, e dall'altro un intervento nel sociale, «perché il nostro stare assieme non è per noi, per il nostro gusto o per la nostra consolazione, ma per un migliore servizio agli altri».
I PRIMI PASSI
Si scopre la realtà del quartiere con i suoi bisogni: i bambini handicappati, i mongoloidi, gli anziani, qualche povero, dei giovani soli, e la prima risposta concreta è la nascita del Gruppo di Pronto Intervento che prende contatto con queste situazioni.
Il grande problema con cui ci si scontra è quello della droga. «La portano quelli che studiano fuori, c'è un giro a S. Marino, poi si prendono i contatti con Rimini. Infine c'è un giro autonomo. D'estate è un macello. Prima si parla di «spino», da un po' è arrivato anche il «buco». Il fenomeno non è ampio. Ma già c'è qualcuno che sta male, che deve essere ricoverato in ospedale. Il peggio è che fra i più giovani si crea la mentalità: «quelli sì che...!».
Ci si sente muti spettatori di fronte a problemi che sembrano andare al di là delle proprie forze, incapaci di qualsiasi risposta. Ma a poco a poco qualcosa pare maturare: la voglia di agire e di rompere con un clima di omertà e di complicità mista a paura che sta prendendo i giovani.
Ne sono la prova alcuni volantini di denuncia e di accusa nei confronti di coloro che sanno ma non s'interessano, di coloro «che cadono sempre dalle nuvole» e che hanno fatto del «chi se ne frega» la propria parola d'ordine.
La nostra droga si chiama fraternità
Il primo momento forte del gruppo è però il campeggio di Monte Argentario del settembre '80, che segna la nascita definitiva della comunità.
«Per dieci giorni ci siamo organizzati la vita, abbiamo fatto da mangiare, siamo andati al mare, abbiamo giocato, chiacchierato... Abbiamo scoperto che si può essere fratelli e che ci si può aiutare. Che soli siamo deboli, ma insieme siamo una forza. Abbiamo parlato di noi e del nostro quartiere. Ci siamo stancati di una vita piena di noia e di menefreghismo. In una parola abbiamo scoperto che si può essere amici (ma davvero!) e l'abbiamo vissuto!».
Si rafforzano dunque i rapporti umani, ci si accorge che insieme si sta bene, che si è una realtà che conta. Il clima creato al campeggio è quasi indescrivibile e qualcuno confessa che al momento della partenza «ha provato qualcosa dentro». Al ritorno si ritrovano i vecchi problemi, ma lo spirito con cui si affrontano ora è radicalmente diverso, convinti che ciò che si era vissuto al campeggio si può e si deve vivere tutti i giorni: «eccoci qua con il nostro bagaglio di sogni e utopie. Ma se non possiamo sognare le cose belle, le cose giuste, la vita che senso ha? converrebbe davvero farsi un buco, almeno avremmo cinque minuti in pace... La nostra droga invece si chiama fraternità. Noi cerchiamo di viverla. Ma tutti i problemi nostri e vostri potremo risolverli se stiamo assieme, se ci aiutiamo, se ci stiamo tutti».
Il comitato antidroga
E poiché tutti ci stanno si passa subito all'azione. A Sassualo muore una ragazza di quattordici anni per droga. La notte dopo il quartiere si trova tappezzato di manifesti «Di droga si muore». Quindici giorni dopo due ragazzi riccionesi vengono arrestati, sempre per droga. Altre quindici famiglie vengono «avvertite» dai carabinieri. La comunità esce con un volantino «Non possiamo sempre far finta di niente» dal quale nasce un Comitato Antidroga che mette insieme i giovani, i loro genitori e pian piano anche altre comunità e gruppi della zona.
Il teatro della Carriola
Ma la questione di fondo è quella dell'aggregazione dei giovani intorno a dei poli d'interesse concreti. Si organizzano così alcune attività che vogliono essere un valido aiuto per uscire dalla routine quotidiana che spesso ha solamente nel motorino o nella vespa il perno fisso attorno a cui ruotare.
Nascono il laboratorio fotografico Cinefoto Clic e il Teatro della Carriola, il quale più che un gruppo teatrale comico «è una banda semiseria di ragazzotti e ragazzotte».
«Tutto è cominciato quando Giovanni con il fucile puntato ha gentilmente invitato la Evi e la Fabiana a partecipare ad un seminario sulla mimica del clown, organizzato dal Comune... Ne sono tornate col naso rosso, la lingua lunga, capriole e mossette di ogni genere. Il fatto è che facevano " sté cose per strada. Sarà meglio metterle su un palco, ci siamo detti". E così è nato il gruppo.
Alcuni spettacoli alle spalle, alla festa dei bambini di S. Lorenzo, alle scuole elementari di Rivazzorra, al carnevale dei bambini, e soprattutto moltissime prospettive; anche perché pare «che la gente si sia rotta le scatole di passare il tempo a non fare niente seduti su un motorino ad aspettare la sera... È forse l'alba di un nuovo giorno nel quale ognuno vuol dire ciò che ha dentro, facendo una pernacchia a tutti i conformismi e alla paura degli altri!».
Radio Icaro
Ma fondamentalmente nasce radio Icaro, una piccolissima radio di soli 25 Watt di potenza, generata dalla voglia di fare qualcosa per i giovani e con i giovani. Il nome è già tutto un programma: Icaro, da I care, «mi interessa» alla don Milani. E tutto ciò che accade interessa gli organizzatori: la fatica, il pianto, la speranza, la gioia, la voglia di vivere di tutti i giovani. Di quelli che non hanno niente da fare e che si annoiano, di quelli che lavorano e studiano, di quelli che si bucano e di quelli che sono contenti di vivere. «Una Radio per parlare dei nostri problemi, per aiutarci, organizzarci, avere una voce, fare valere le nostre idee, sentire un po' di bella musica, trovarsi insieme e vincere la solitudine».
È costata tutto quanto c'era nelle casse del gruppo ed anche un po' di più! Viene coordinata da un obiettore di coscienza in servizio civile e soprattutto è uno spazio aperto a tutti quelli che vogliono dire qualche cosa. Il livello delle trasmissioni non è certo dei migliori, ma l'attenzione di fondo è rivolta più a chi va a trasmettere che non a che cosa o a come trasmette, con la costante preoccupazione di creare un ambiente accogliente per la gente che viene.
Radio Icaro non è una radio cattolica, ma una radio giovanile nel senso che ognuno può esprimere ciò che ha dentro; svolgendo in tal modo una notevole funzione aggregativa fra i ragazzi del quartiere che la gestiscono totalmente con l'obiettivo di farne una radio «non convenzionale, ma con una certa musica, con dei dibattiti... cioè una radio impegnata che vuole dire qualcosa a chi l'ascolta».
IL CIRCOLO CULTURALE: UN SERVIZIO ALLA CREATIVITÀ
All'inizio dell'81 giunge a piena maturazione la vecchia idea di coordinare queste ed altre possibili attività in un circolo culturale, che vuole essere un'alternativa concreta per i giovani al bar e alla discoteca, «non tanto perché ce l'abbiamo con
queste cose, quanto perché ci sembrano realtà che non aiutano l'individuo a c scere, ma ne fanno una pecora, ull numero nella massa».
L'analisi della realtà in cui questa nuova struttura andrebbe ad inserirsi, e dei I che essa si pone, è molto lucida:«Nei giovani c'è una forte domanda di socializ zione e di stare insieme. Si tratta di aiutarci a far sì che il nostro stare insieme n sia massa anonima ed alienata come avviene nei bar e nelle discoteche. L'obie vo è quello di stare insieme aiutandosi ed aiutando, prendendo coscienza df propria identità, dei propri limiti, delle proprie responsabilità, nel segno della lidarietà e del servizio. Noi - dicono i ragazzi di San Lorenzo - intendiamo sere protagonisti della nostra storia, vogliamo che tutti i giovani siano protago sti della loro storia».
A partire dalla considerazione che dentro ad ogni uomo c'è qualcosa di unici che bisogna creare la possibilità perché questi «numeri» vengano fuori, possa esprimersi e diventare patrimonio di tutti, il Circolo si pone come un «servizio la creatività», uno spazio libero di espressione, un momento di crescita comuni ria.
Il programma è chiaro e sintetico: «Il Circolo vuole:
^ Coprire un vuoto di proposta educativa e di spazi giovani esistente nel nosi quartiere ed in tutta Riccione.
^ Stimolare in maniera permanente la creatività dei giovani. In ognuno di noi (n suno escluso) Dio ha posto la sua forza creatrice, capacità e doni, di cui fo neanche noi siamo a conoscenza. Normalmente, nella società in cui viviamo, qi ste capacità sono represse, o perché non funzionali al profitto, o perché alla fi sarebbe troppo «pericoloso» metterle in moto per la stabilità del sistema. Libe. re l'intelligenza e la creatività è anche un po' liberare l'uomo.
^ Essere un servizio di tutte quelle realtà che hanno già una loro «produzion culturale, ma non hanno i «canali» per comunicare agli altri le scoperte fatte. esempio: gruppi che preparano recitals, gente che compone canzoni, poesie, c sa fare foto... ma che non ha occasione di far «sentire» agli altri ciò che prov. ciò che sa fare.
^ Essere momento d'aggregazione e di incontro. Il circolo ha una sua sede c vuole facilitare l'incontro fra le persone, anche senza nessuno altro scopo, c non sia quello di stare insieme, senza dover comunque fare delle cose.
^ Responsabilizzare i giovani ad autogestirsi. Gestiremo il circolo, la sede, ma prattutto il nostro tempo libero. Non esiste il «tuttoconfezionato» del bar o de discoteca. Non al tempo consumato a gettoni!
^ Favorire il collegamento ed il dialogo fra gli adulti ed i giovani. Molto più quanto non si pensi anche il modo degli adulti soffre di quella disgregazione apatia di cui soffrono i giovani. Incontrarsi serve per comprendersi di più ed a che per aiutarsi.
^ Essere un momento propositivo di contenuti, attraverso i canali che si darà e attività che verranno portate avanti».
I valori che si pongono a fondamento sono di ispirazione cristiana, ma si riconoscono come profondamente umani: solidarietà, attenzione al povero, amore, non violenza, rispetto del fratello e del nemico, capacità di dialogo e di ascolto. Le idee concrete sono tante, tantissime; oltre al circolo fotografico, al teatro ed alla radio, che rimane sempre il polo di aggregazione principale, sono in programma cineforum, gite, dibattiti, feste, concerti, biblioteca con sala di lettura, momenti d'incontro fra giovani ed adulti... e chi più ne ha più ne metta.
LA COOPERATIVA
«Siamo molto giovani, oggi siamo forti, sentiamo di avere delle cose da dire; ma tra un anno sarà così, fra due anni sarà ancora così?» si sono chiesti i ragazzi della comunità giovanile.
La risposta a queste domande è la nascita nel Luglio '81 della Cooperativa Culturale Comunità Aperta per volontà di un gruppo di giovani e adulti con lo scopo di creare una presenza attiva nell'ambiente giovanile del quartiere di San Lorenzo in Riccione.
Elemento importante è il coinvolgimento degli adulti che si pongono in tal modo in prima persona il problema dell'effettiva situazione delle nuove generazioni. «Quello della disaggregazione dei giovani, della loro emarginazione e auto-emarginazione dalla vita pubblica e sociale, è un fenomeno presente anche nel nostro quartiere. In questa situazione in cui si trovano giovani demotivati ed alla ricerca, spesso vana, di una propria identità, affiorano e dilagano fenomeni preoccupanti quali la droga, come tentativo di fuga da sé stessi e dalla realtà, piccole bande vissute come tentativo di affermazione di se stessi.
In tale contesto le nostre iniziative rivolte ai giovani, e per quanto possibile gestite da loro stessi, mirano ad avviare un dialogo, che speriamo costruttivo, coi giovani e fra i giovani, teso a ridare ad essi il gusto della vita, la bellezza dell'amicizia e della solidarietà».
Mentre infatti la Cooperativa si occupa essenzialmente dell'aspetto economico delle attività gestendo «i soldi ed i probabili debiti» grazie anche ai sovvenziona-menti degli enti pubblici, è il circolo con i suoi soci che, soprattutto per quanto riguarda la radio, sceglie le attività concrete che di volta in volta si propongono. E di attività non si può certo dire che ne manchino: il programma per l'anno '81-'82 prevede, fra le altre cose, alcuni concerti con gruppi locali e la partecipazione di qualche big, una serie di incontri con personaggi di spicco della cultura italiana, cattolica e non, quali L. Ciotti, C. Carretto, E. Balducci, G. Cassola, P. Levi; corsi vari di fotografia, di giornalismo, di chitarra e di ballo, nonché l'organizzazione di feste in San Lorenzo e in Riccione.
I TRE CERCHI
Il Circolo Culturale, nella sua realtà polivalente, è ormai divenuto un circolo di vita, un punto fermo del momento aggregativo giovanile all'interno del quartiere di San Lorenzo, uno spazio aperto a tutti ed al quale tutti possono partecipare a seconda dei propri interessi e delle proprie disponibilità. La presenza di giovani al suo interno non è infatti omogenea e indifferenziata, ma è possibile individuare tre grandi aree di aggregazione strettamente connesse tra loro e nello stesso tempo fortemente caratterizzate da alcune differenze notevoli.
Il tipo di appartenenza alla comunità e il proprio ruolo in questa sono infatti definiti dall'inserimento in uno dei cosiddetti tre cerchi in cui è organizzata la struttu ra informale del gruppo.
Il primo cerchio
Il primo cerchio, primo non per importanza, è costituito da coloro che da alcuni anni cercano di fare «una certa esperienza di vita cristiana». Scelta che si esplicita attraverso riferimenti concreti quali la messa settimanale, la preghiera e la revisione di vita.
Il ruolo dei ragazzi, o meglio dal momento che si tratta di una realtà quasi del tutto femminile, delle ragazze di quest'area è quello di una animazione diffusa i mezzo agli altri, di un costante lanciare degli stimoli, cosciente che «la fede e la vita sono doni che Dio ha posto in loro, ma non per loro».
La conquista più bella di questi ultimi due anni è stata infatti la coscienza che vi vere la fede è una cosa bella, una cosa ricca che riempie la vita e che fa uscire eh proprio guscio di tranquillità, di sicurezze e di comodità, per andare incontro al l'altro, chiunque esso sia, perché «la nostra fede è diventata pubblica; come cristiani abbiamo qualcosa da dire agli altri giovani, alla città, all'amministrazione comunale, a...».
L'obiettivo è quello di essere veramente una comunità, cioè non una massa informe di persone, ma una scelta libera e gratuita di uomini che mettono assieme 1 propria vita assumendosi la responsabilità di essere strumenti di Cristo per la liberazione degli uomini.
«Con questa gente - dice Don Giovanni, il sacerdote responsabile - io soni molto duro, molto preciso perché, dico, tu hai scelto di vivere in un certo modo quindi devi essere coerente con le cose che dici. Un metodo - continua Don Giovanni - che abbiamo scelto insieme è quello di non perdonarci niente, o meglio di perdonarci tutto però di non fare passare niente».
Infatti il gruppo è sempre in continua contestazione interna e le scelte persona] vengono discusse in comune in un dialogo che, il più delle volte, riesce ad accetta re l'intervento critico, anche molto duro e deciso, dell'altro.
Il secondo e terzo cerchio
Il primo si trova all'interno di un secondo cerchio «che è il grande gruppo d quelli che vengono in radio, al circolo, che alla sera si trovano a chiacchierare parlare, giocare a carte».
È gente che si è avvicinata alle attività concrete che venivano proposte, che adesso sta bene insieme e cerca di affrontare in uno sforzo comune i problemi di amici zia, di solitudine, di rapporti umani soddisfacenti che vadano al di là di quelli ch caratterizzano il bar o la discoteca. «Sono quelli che non vanno in chiesa, che noi gliene frega niente e che forse non si pongono neanche il problema».
A loro non si impone nessuna condizione, per la partecipazione alla vita del cir colo, riguardante la sfera della fede e del religioso, anche se tutta una serie di sti moli in questa direzione vengono lanciati dalle ragazze del primo cerchio e d, Don Giovanni, pur nel rispetto della libertà delle scelte personali.
Infine un terzo cerchio, ancora più ampio e senza alcun confine preciso e delimi tato, «è quello di tutti giovani che vivono qui; di quelli che non vengono, di quell che si bucano, di quelli che criticano magari tutto perché c'è un prete dietro» per i quali la porta rimane sempre aperta.
Naturalmente queste distinzioni non sono individuabili in elementi concreti bei precisi, ma passano attraverso tutti quanti gli aspetti di questa realtà estrema
mente movimentata e ricca di idee e di intuizioni, che è la comunità giovanile di San Lorenzo.
I problemi che riguardano infatti i ragazzi del terzo cerchio, sono anche i problemi di quelli del primo, pur se vissuti in modo totalmente diverso; le attività di quelli del secondo vedono la partecipazione di tutti gli altri mentre non è affatto escluso che qualcuno del secondo o terzo cerchio decida di passare al primo.
LA NOSTRA IN FONDO È UNA SCOMMESSA
«Di idee pazze ne abbiamo un mucchio» si diceva un paio di anni fa, e senza dubbio molte di queste si sono realizzate o si stanno realizzando. Basti pensare al successo ottenuto con la serie di concerti di gruppi musicali giovanili della zona, all'insegna del «tu sai suonare, produci canzoni, ebbene ti diamo la possibilità di cantare davanti a parecchia gente», o della rassegna cinematografica di films musicali che si sono presentati come notevole punto di aggregazione, perché «non si trattava tanto di andare a vedere un film, quanto di andare a vedere un film con gli altri».
Ma questo successo non è un fiore spuntato dal nulla, è il frutto del lavoro e della fatica di alcuni che hanno deciso di passare all'azione. «Quando si affacciano nuovi problemi le reazioni della gente sono molto diverse. C'è chi sostiene che non esistono ed infila la testa nella sabbia come fa lo struzzo. C'è poi chi piange e si dispera, ma non muove un dito. C'è ancora chi fa analisi erudite sul perché e sul per come, ma sa di appartenere ad un altro mondo. C'è infine chi semplicemente si rimbocca le maniche e si mette a lavorare».
Ed i ragazzi di San Lorenzo hanno scelto di fare parte di quest'ultima categoria. Loro hanno fatto poco, però si sono mossi. Le piccole cose che hanno realizzato sono subito diventate pubbliche. Si sono accorti che nel loro piccolo possono incidere nel sociale.
E soprattutto hanno fatto un cammino assieme con la coscienza, pur fra tutte le contraddizioni, che «i giovani del nostro quartiere stanno piano piano maturando qualcosa»; un qualcosa che forse non è molto ma che ha un suo notevole significato in una prospettiva di speranza per il futuro, perché «la nostra più che altro è una scommessa. Siamo matti, ma se guardi intorno come vanno le cose dovrai pure rischiare».
E per tutti coloro che sentono un briciolo di pazzia aggirarsi nelle pieghe del proprio cervello e che pensano che in fondo vale la pena di scommettere qualcosetta sul futuro, proprio e degli altri, l'invito è sempre valido: «Sei giovane, non sei giovane, ti interessano i giovani; vuoi darci una mano? Piacciono anche a te i sogni? Piace anche a te fare qualcosa? Fatti vivo!».
Comunità giovanile San Lorenzo Parrocchia - Via S. Lorenzo 14 47036 Riccione