(NPG 1981-04-3)
L'obiettivo che ogni animatore di pastorale si pone è quello di portare il ragazzo ad avere una mentalità di fede, proporzionata alla sua maturazione psicologica e capace di interpretargli la matrice socio-culturale in cui è inserito.
Questo punto di arrivo segna il criterio di verifica dei metodi utilizzabili. L'intervento dell'educatore non potrà essere.-
- illuministico, preoccupato soltanto di fare passare un certo fascio di contenuti, senza tener conto delle situazioni oggettive della vita e degli ambienti di influsso e di culturalizzazione;
- parziale, in dialogo cioè con un solo settore della vita, prescindendo dalla globalità dei problemi del ragazzo;
- disincarnato, teso a considerare il fatto religioso come indipendente dalle situazioni quotidiane dell'esistenza, senza nessun aggancio con esse, negato a far comprendere che la fede non allontana dalla storia, ma svela in essa le intenzioni di Dio, riversando luce nuova sulla vocazione integrale dell'uomo;
- moralistico, preoccupato solo di trasmettere un insieme di insegnamenti di tipo precettistico, senza inserirli in un continuo processo di cura del sistema motivazionale; - orizzontale, ricco di attenzioni e di proposte di umanizzazione, ma incapace di aprirle e collegarle continuamente al trascendente.
Solo superando questi difetti è possibile parlare di animazione cristiana.
In questo contesto, l'attenzione dell'animatore è diretta a cogliere il ragazzo in tutta la gamma di esperienze che egli fa: la sua esperienza familiare, la sua esperienza di quartiere, quella associativa e parrocchiale, quella scolastica. L'animatore, nel parlare, nell'inserimento esperienziale, nella progettazione di interventi, deve aver sempre presente il ragazzo visto nell'insieme della sua vita.
Ad entrare in questa prospettiva ci aiutano i contributi di studio che qui riportiamo. Paolo Risso ci introduce nel «problema». Le «prospettive» per l'animazione cristiana ci vengono offerte da Roberto Giannatelli e Giacomo Medica.
Un orientamento pratico «per l'azione» ci viene suggerito dagli articoli di Sergio Pier-battisti e Gianni Carrù.
II dossier è stato curato dal «settore preadolescenti».
IL PROBLEMA
Si è anche pensato di imputare questo abbandono ad una formazione catechetica troppo verbale e formalista, che non riesce a interessare in profondità l'animo del fanciullo, ma lo lascia sprovveduto nel momento in cui egli entra a far parte del mondo degli adulti.
Perciò quello di cui abbisognano i ragazzi è una nuova presentazione della dottrina e della vita cristiana, corrispondenti al loro nuovo modo di pensare, al loro recente bisogno di virilità, ai problemi che debbono affrontare ora.
Se saranno aiutati a considerarli da adulti, non avranno l'impressione di essere costretti a restare fanciulli.
Il fatto più rilevante che caratterizza la preadolescenza e i primi anni dell'adolescenza è l'abbandono delle pratiche religiose per cui facilmente i ragazzi di questa età si liberano degli obblighi culturali, sacramentali, a meno che non li subiscano per la pressione dell'ambiente familiare e sociale. In molti la fede è velata e la pratica è abbandonata. È evidente che in questa diserzione un ruolo importante spetta al fattore sociologico, ma a questa età incide fortemente anche il desiderio che il ragazzo prova di imitare gli adulti e di rifiutare tutto ciò che gli sembra puerile o sentimentale. A questa età egli va in cerca di modelli maschili, e se gli uomini del suo ambiente non sono praticanti, egli si sentirà a disagio nel continuare i suoi impegni religiosi. Se vi resterà fedele per una certa pressione, il disagio esprimerà un difetto di convinzione nel compiere un gesto di cui non si sente fiero. La famiglia stessa, in certi ambienti, lascia capire al ragazzo che finite le lezioni di catechismo e fatta la prima comunione, egli farà parte del mondo degli adulti, che non frequenta quasi più le chiese. Perciò gli occorrerebbe un notevole coraggio o il sostegno di un gruppo fervente di compagni della sua età, per continuare a praticare.
PROSPETTIVE
Per presentare delle prospettive di animazione cristiana del preadolescente in particolare, offriamo il contributo di due riflessioni.
La prima di R. Giannatelli presenta gli obiettivi strategici per l'educazione cristiana dei preadolescenti suddividendoli in: fede esplicita, progetto di vita, appartenenza alla Chiesa.
La fede esplicita comporta la conoscenza di Cristo attraverso ad un «insegnamento organico e sistematico» che procede a cerchi concentrici.
Il progetto di vita viene formulato attraverso l'interiorizzazione dei valori, l'assolutizzazione che rende il ragazzo capace di organizzarsi di fronte ad una idea, e la socializzazione che gli permette l'interazione con l'ambiente.
Con l'appartenenza alla Chiesa il ragazzo sceglie la Chiesa come luogo di esercizio della propria libertà e come gruppo che crede nella sua crescita e che si impegna per migliorare il mondo.
La seconda riflessione di G. Medica ci presenta i fondamenti biblici e pastorali della animazione cristiana.
Essa spetta primariamente alla Chiesa locale perché Gesù ha voluto che l'annuncio del suo vangelo avvenisse mediante una comunità. Tale messaggio dovrà essere inviato a tutti. Accogliere il messaggio significherà pertanto un cambiamento di
mentalità in colui che nascerà dalla fede e dal battesimo.
Per realizzare la salvezza occorrerà quindi realizzare tali finalità, essere e formare un gruppo, un corpo di catechisti. Ma è anche vero che la Chiesa opera per mezzo di ciascuno di noi, che ciascuno da Cristo è stato mandato e attraverso i sacramenti è chiamato a continuare l'opera di Cristo.
Il compito di comunicare il mistero di Cristo è di una comunità, ma è anche di ciascuno in ogni occasione in cui come figlio di Dio il cristiano autentico fa sentire agli altri l'amore che il Padre porta nel Cristo e comunica mediante il dono del loro comune Spirito.
PER L'AZIONE
Sono state esposte idee e principi sull'animazione cristiana del ragazzo.
È necessario ora proiettare tali contenuti sulla prassi, farli cioè sfociare in proposte concrete. Questo settore del dossier - per l'azione - assume quindi una importanza fondamentale. Naturalmente però anche i suggerimenti pratici non saranno
totalmente avulsi da un fondamento teorico che dovrà essere richiamato per servire da punto di partenza per orientamenti specifici.
L'articolo sull'animatore del gruppo, a cura di Sergio Pierbattisti, ci parla della necessità della presenza di un animatore. Ci suggerisce il modo di tale presenza, il metodo e infine l'atteggiamento pratico, che non dovrà mai opprimere ma garantirà sempre piena vitalità.
L'articolo di Gianni Carrù ci parla invece dell'Oratorio come ambiente ideale per favorire un'animazione cristiana.
Il catechismo della CEI ripartisce i temi dottrinali secondo questo schema: Gesù Cristo - sua chiamata - nostra risposta. Il ragazzo però è portato di più a discutere sui suoi problemi, rischiando di chiudersi nel suo mondo. Per ovviare a questo rischio occorrerà fare catechesi in un contesto di vita comunitario.
Ciò è esigito dall'essenza stessa del cristianesimo che non è una delle tante ideologie, ma è esperienza di vita vissuta.
Tra Catechesi e Oratorio esiste quindi una precisa complementarietà. La Catechesi trova nell'Oratorio il mezzo per conoscere meglio i problemi concreti ai quali deve rispondere il mistero di Dio. L'Oratorio ha bisogno di Catechesi per conoscere sempre meglio il messaggio di Cristo, onde saper giudicare i fatti alla sua luce.