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    Claudio Bucciarelli

    (NPG 1983-09-23)


    L'aumento di nuove opportunità educative costringe l'istituzione scuola a ripensare il proprio ruolo e la propria identità.

    Se si osservano i comportamenti e gli atteggiamenti che negli anni più recenti hanno avuto i giovani e le famiglie nei confronti della formazione e della cultura, non si può fare a meno di constatare come oggi ci si trovi di fronte ad una situazione ambivalente: da un lato, infatti, assistiamo ad una sfiducia crescente nei confronti della istituzione scolastica formale, sfiducia che è arrivata ad esprimersi in una diminuzione della propensione all'accesso ai livelli superiori di istruzione (calano infatti i tassi di passaggio dalle medie alle scuole secondarie superiori e da queste all'università); dall'altro lato esiste invece una crescita notevole di interesse verso tutte le occasioni «formative» in senso lato, dai corsi privati, alle attività culturali e alle attività editoriali.
    Il fenomeno più significativo, infatti, di questi ultimi anni è senza dubbio costituito dalla crescita di una rete di opportunità educative, direttamente e indirettamente, che si sono affiancate alla scuola, venendo così a costituire quello che ormai viene definito comunemente il sistema formativo allargato. Difatti è a tutti noto come negli ultimi tempi si siano sviluppate una serie di iniziative extrascolastiche a valenza più o meno direttamente formativa, tra cui in particolare si possono ricordare:
    - le cosiddette «scuole non scuole», ovvero quei corsi non scolastici che «insegnano e abilitano» a fare qualcosa (corsi di lingua, di danza, di musica, di ludicità-motoria, di ludicità-sportiva, ecc...);
    - i mass media, ed in particolare la televisione, dopo la nascita ed il consolidamento delle emittenti locali e dei network; è stato calcolato che i bambini arrivano a scuola a sei anni dopo aver seguito circa 3000 ore di televisione;
    - il mercato delle dispense, delle scuole per corrispondenza, della editoria specializzata (sia di tipo scientifico che hobbystico);
    - la moltiplicazione di Viaggi, mostre, spettacoli, hobbies, insomma di tutte le opportunità formative informali;
    - e, infine, non va dimenticata la vastissima potenzialità della telematica, ultima arrivata in ordine di tempo ma certamente destinata a ricoprire un ruolo fondamentale nella diffusione dell'informazione e della formazione.
    In altre parole, mentre diminuisce la partecipazione ai processi educativi formali, si sta assistendo ad un certo aumento riguardante l'accesso ai processi informali di istruzione, che sono spesso considerati, a torto o a ragione, in grado di integrare, se non di sostituire, l'istituzione formale. Le opportunità extrascolastiche, come si è visto, comprendono un gran numero di iniziative diverse: si va da quelle di tipo più tradizionale e consolidato, come i corsi che formano e abilitano per determinate professioni, a quelle più legate a nuove figure professionali o di tipo espressivo.
    Ora, l'emergere di questa nuova realtà non è certamente un fatto privo di problemi. La moltiplicazione delle iniziative e degli stimoli crea un livello di «rumore» così alto che ormai diventa un po' difficile orientarsi, scegliere tra le diverse opportunità quella che più fa al caso proprio, distinguere tra offerta efficace ed offerta precaria.
    Per questa ragione, schematicamente enunciata, anche in un contesto dove tanti «fanno» formazione con maggiori mezzi e maggiore efficacia della scuola, quest'ultima dovrà avere un ruolo centrale rispetto alla costellazione formativa; a meno di cadere in una babele indistinta nella quale ognuno accederà in modo selvaggio alle diverse opportunità, con notevoli penalizzazioni per coloro che sono socialmente e culturalmente svantaggiati, vi è bisogno di un meccanismo regolatore, che metta tutti in condizione di cogliere il massimo dalla realtà esterna.
    Da queste osservazioni, perciò, emerge innanzitutto da una parte l'elevato grado di attesa che si è ormai instaurato da parte dell'utenza verso interventi culturali o formativi che siano però promossi da soggetti nuovi (enti locali, regioni, mass-media); dall'altra l'esigenza di mantenere opportuni collegamenti tra questo tipo di iniziative e quelle più tipicamente scolastiche, in modo da non accentuare la separatezza tra i due sottosistemi che si prefiggono medesimi obiettivi.
    Ci si chiede però se la scuola sia in grado d'esercitare questo nuovo ruolo, se essa sia capace cioè di passare da una concezione scuolacentrica della formazione ad una concezione policentrica, in cui la scuola, lungi dall'essere emarginata ed esautorata, sappia dar vita a percorsi e processi formativi individualizzati, ricchi di esperienze extrascolastiche e lavorative, tesa verso corsi brevi ed aperti a sbocchi professionali reali: una scuola cioè che sappia ritrovare una propria «identità», un proprio «ruolo», un proprio «mercato», un proprio «consenso».
    Sembra essere questa la scommessa del futuro, se il nostro sistema scolastico ne vorrà avere ancora uno.


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