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    Chiesa e giovani

    Carlo Molari

    (NPG 1984-01-25)

    In un recente documento della CEI i vescovi riesprimono l'impegno della chiesa per le nuove generazioni attraverso la scuola cattolica e il suo progetto educativo.

    Un recente documento della CEI ha richiamato l'attenzione pubblica sul significato ed i problemi della scuola cattolica (La scuola cattolica oggi in Italia, Regno Doc. 28/1983, n. 19, pp. 574-588). I riferimenti che hanno suscitato maggiore interesse nella stampa sono stati quelli relativi alla richiesta di un trattamento economico e normativo paritario rispetto alle scuole pubbliche. Ma questi sono aspetti molto marginali.
    Il valore principale del documento dei Vescovi italiani sta nell'analisi della natura, dei caratteri e della missione di una scuola cattolica.
    In questa prospettiva il documento può essere letto come l'espressione di un impegno costante della comunità ecclesiale per le nuove generazioni e quindi come un momento di riflessione sulle scelte pastorali da compiere, e sulle modalità della socializzazione nella fede oggi.
    L'attenzione dei Vescovi per la scuola cattolica è motivata da «due ordini di riflessioni: il primo riguarda il rapporto della scuola cattolica con la missione della chiesa; il secondo considera la scuola cattolica come espressione del diritto-dovere dei cittadini alla libertà dell'educazione» (n. 10).
    La prima serie di motivazioni è quella maggiormente sviluppata e corrisponde all'aspetto più interessante per una valutazione globale della scuola cattolica. È innegabile, infatti, che la scuola rappresenti uno dei luoghi privilegiati per il confronto tra i diversi ideali di vita, e per la proposta di quello che una comunità adulta considera come il più rispondente alla propria condizione storica.
    L'educazione delle nuove generazioni non può certo prescindere da un orizzonte di valori, da un complesso cioè di ideali, che sono stati verificati come validi e significativi in una lunga serie di esperienze storiche e costituiscono, perciò, la ricchezza di un popolo o di un gruppo sociale. Offrendo la vita occorre anche indicarne le ragioni, suggerire motivazioni di scelte e criteri di significato. Di fatto ogni dinamica vitale comprende sempre questi elementi ideali.
    Non c'è scuola, per quanto «laica» si voglia configurare, che non offra ideali di vita in modo implicito od esplicito. Quando non sono coscienti o deliberatamente scelti, i valori offerti sono quelli correnti, quelli cioè dei gruppi al potere.
    La scuola cattolica, invece, si caratterizza per la proposta cosciente e dichiarata di un «preciso e coerente» progetto educativo (n. 15).
    Tale progetto, notano i Vescovi, «non va confuso con il regolamento interno o con la programmazione didattica, o con una generica presentazione di intenzioni» (ib).
    Esso è l'esplicitazione dei valori evangelici cui la comunità ecclesiale si ispira, l'indicazione degli obiettivi che persegue e la loro traduzione in termini operativi. In altre parole «è il criterio ispiratore e unificatore di tutte le scelte e di tutti gli interventi (programmazione scolastica, scelte degli insegnanti, dei libri di testo, piani didattici, criteri e metodi di valutazione ecc.)» (ib). L'aspetto più delicato ed anche più difficile di un progetto educativo ecclesiale sta nella esigenza di «tradursi in una proposta, rispettosa e significativa, di fronte alla varietà di posizioni culturali e religiose espresse da coloro che chiedono il suo servizio» (n. 7).
    Il pluralismo culturale della nostra società, che a volte è anche pluralismo religioso, esige dalla scuola cattolica un'offerta duttile, adattata alla diversità delle condizioni, e rispettosa delle caratteristiche peculiari dei giovani.
    Per questo essa deve educare prima di tutto al dialogo e al confronto. Solo così porgerà cultura autentica, quella cultura cioè che «evidenzia, con accurata analisi critica, la relatività di tutte le soluzioni storicamente contingenti, e stimola un dialogo senza preconcetti con le diverse posizioni, nello sforzo di ricerca di ciò che è vero, giusto e buono» (ib). Questa capacità di educare al pluralismo è oggi una condizione imprescindibile per un'azione efficace nei confronti delle nuove generazioni, e soprattutto per essere in grado di prepararli adeguatamente all'inserimento nella società.
    Non è pensabile infatti che si possa oggi educare con presupposti assolutisti, nella convinzione cioè che vi siano uomini possessori di verità integrali e che l'umanità possa essere divisa tra buoni e cattivi, giusti e ingiusti in modo netto e definitivo. La coscienza storica, acquisizione culturale imprenscindibile dei tempi moderni, ha reso consapevoli che "la verità non è possesso esclusivo di nessun uomo, ma si rivela al pensiero umano, quando esso si apra all'incontro con la realtà, soprattutto se la sua indagine è capace di confronto e di condivisione» (ib).
    Ciò non significa che tutte le posizioni debbono essere considerate identiche o che sia indifferente prendere partito per una o per l'altra prospettiva ideale.
    Vi sono certamente nella storia del pensiero punti di vista devianti, come errori di valutazione. Ma essi non possono essere individuati che attraverso il confronto e la riflessione critica e non per semplice richiamo alla tradizione storica o all'autorità dei predecessori.
    D'altra parte per un'autentica educazione al pluralismo la comunità educante non può rinunciare al proprio orizzonte di valori, ma anzi lo deve valorizzare pienamente come servizio, non solo alle giovani generazioni, ma anche alle altre comunità del proprio ambiente sociale. In questo senso è esatto dire che «il pluralismo delle istituzioni è condizione per lo stesso formarsi del pluralismo (ib).
    La scuola perciò come luogo di educazione non può essere «pluralista» nel senso di «ideologicamente neutrale» come se presumesse di presentare tutti gli ideali di vita posti al medesimo livello e di lasciare la scelta ai giovani stessi. Non si può infatti educare alla scelta se non compiendola e testimoniandone il valore per la vita.
    D'altra parte una scuola di questo tipo, se esistesse, sarebbe già una scuola ideologicamente ben qualificata perchè anche l'agnosticismo è un orizzonte di vita e può essere più assoluto e intransigente di molti altri.
    Il pluralismo perciò non è indifferentismo, ma dialogo, confronto, rispetto e cammino comune con gli altri. Tutto ciò è fecondo e vantaggioso solo quando è compiuto nella fedeltà senza riserve alla propria tradizione culturale. In questo senso la scuola cattolica è l'espressione di una comunità ecclesiale che, scoprendo nelle proprie scelte la validità delle proposte evangeliche, si impegna a creare un luogo di verifica culturale e di riflessione così da indurre altri alla gioiosa esperienza della fede.
    Nessuno può negare il diritto alla comunità ecclesiale di compiere questo sforzo a beneficio dell'intera società. Ma perché esso sia efficace è necessario che l'autenticità dell'offerta sia senza incrinature e la fedeltà agli ideali evangelici senza incertezze.


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