Introduzione a: Quale sbocco per il gruppo giovanile?

 

(NPG 1985-07-3)

Se è vero che un buon animatore si preoccupa anzitutto della vita (e del corretto funzionamento) del suo gruppo, può sembrare strano occuparsi del «dopo»-gruppo.
Quando parliamo di «sbocco» non intendiamo infatti il termine nel senso di un'offerta di attività, cose concrete da fare per i membri del gruppo stesso. In questo caso lo sbocco non sarebbe altro che un sinonimo delle scelte per cui il gruppo si costituisce (e le scelte possono essere la preghiera, la catechesi... attività di volontariato). Qui parliamo di sbocco per indicare la fase finale del cammino di un gruppo.
Si tratta di questo: l'esperienza calda e vitale, che ha accompagnato la crescita del giovane, sta avviandosi a conclusione. Ormai l'irresistibile richiamo della realtà «fuori» diventa pressante, continua. Che fare? Mandare tutti allo sbaraglio, rischiando di buttare all'aria quella che è stata un'esperienza decisiva per i singoli membri? Non è un problema da poco: ha la sua importanza e urgenza, dal momento che può segnare la fine del gruppo stesso, e in ogni caso è un'esperienza nuova per il soggetto.
Abbiamo radunato una quarantina di amici nel nostro convegno annuale di incaricati di pastorale giovanile, e ne abbiamo parlato insieme, sulla base di un documento inviato loro.
Questo dossier ne riporta analisi, esperienze, prospettive.