Editoriale
Alberto Martelli
(NPG 2016-05-02)
Il numero centrale dell’anno di NPG è per tradizione dedicato all’esposizione, da vari punti di vista, di ciò che nella Congregazione Salesiana chiamiamo “la proposta pastorale”.
Si tratta di fatto del tentativo di costruire la base di un sussidio pastorale annuale che possa, nella sua sinteticità e ricchezza, essere punto di riferimento per la elaborazione di itinerari annuali per varie fasce di età e vari ambienti, ma con la pretesa di fare da collante comunitario contro la dispersione dei cammini.
Uno degli slogan che forse meglio riassumono l’onere di un operatore di pastorale giovanile di fronte all’esigenza variegata e complessa della elaborazione di un progetto di pastorale, ci pare che sia il detto: “vedere le cose prima che accadano”.
Esso indica innanzitutto la necessità di uscire dalla falsa semplificazione che ha fatto dei progetti una serie di sussidi scritti o da scrivere: si tratta infatti di costruire e condividere una visione e una missione.
Questo numero di NPG dunque non è affatto la bozza di un sussidio che, se tutto va bene, finisce per far polvere in biblioteca o per non adattarsi mai del tutto alle nostre esigenze quotidiane. Si tratta dell’offerta di una serie di spunti affinché ogni operatore, in maniera non solitaria, possa elaborare un progetto, una visione di insieme.
La elaborazione di un progetto, infatti, non è soltanto scrivere, ma “pensare”, prefigurare e prefigurarsi in un futuro possibile.
Progettare significa infatti sintonizzarsi sui bisogni delle persone, dei gruppi e delle organizzazioni, costruire nuove mappe per leggere i problemi, avviare processi in cui sia possibile avvalersi dell’apporto del maggior numero di persone della comunità per comprendere la realtà e per avviare una presa in carico collettiva, uscire dall’urgenza per costruire percorsi che ragionino sulle priorità, riuscire a “vedere” le risorse e mobilitarle, ecc.
In una sola parola, questo numero di NPG è il tentativo di vedere il prossimo anno prima che accada e in questo modo mettere in moto il cammino pastorale, senza anarchia e senza predeterminismo.
Si tratta di una proposta a più mani, perché l’idea che sia possibile che un’unica persona, per quanto esperta, possa produrre, da sola e a tavolino, un progetto pastorale che incida effettivamente sulla qualità della missione evangelizzatrice, è decisamente una illusione da abbandonare in fretta.
La realtà che ci troviamo ad affrontare è complessa, non solo per il fatto che essa è un composito di molteplici persone, situazioni, motivazioni, storie, che la rendono spesso difficilmente afferrabile da un punto di vista univoco, ma perché nell’atto del progettare lo stesso progettista si trova coinvolto nel lavoro che fa con la sua stessa storia, le sue motivazioni, paure, problemi, risorse, e tale coinvolgimento del punto di vista dell’osservatore all’interno della realtà osservata rende la complessità di diritto inafferrabile dal singolo sguardo.
Soltanto un concorso comunitario può pretendere di prefigurare un futuro possibile che tenga conto delle singolarità in esso messe in gioco.
Progettare in modo partecipato è la conseguenza di una visione della realtà che considera la comunità pastorale nel contempo artefice dei suoi problemi e della ricerca delle vie per superarli. Soltanto l’apporto di un’intera Comunità Educativo-Pastorale può permettere al progetto di diventare luogo in cui ci si immagina il futuro in modo possibile.
La terza pretesa di questo numero è quella poi di cercare un ordine nella complessità.
Il motivo principale per cui ogni anno si elabora una proposta educativa pastorale sta nel fatto di voler rivisitare e riprendere alcuni elementi chiave della vita cristiana e dello spirito salesiano. In altre parole, si intende offrire la possibilità di percorrere un itinerario per un approfondimento della nostra identità, quale specifica ricchezza da offrire ai giovani e, più in generale, alla Chiesa nella quale siamo inseriti. Pertanto, non un’altra proposta, magari in opposizione o in alternativa a quelle promosse dalle Diocesi e/o da altri movimenti o gruppi ecclesiali; al contrario, un’opportunità per approfondire il nostro essere salesiani oggi nella Chiesa.
Ciò comporta alcuni vantaggi, soprattutto quello di non dover ogni anno “inventare” qualcosa di inedito: ciò comporterebbe non poche difficoltà in ordine alla creatività. Inoltre ci sottrae al rischio di entrare in antagonismo con altre offerte presenti in un dato territorio. Certamente sarà necessario perfezionare gli strumenti che favoriscono la ricezione della proposta educativo-pastorale nella sua globalità (categorie teologiche, mediazioni pedagogiche e pastorali, linguaggi, ecc.), per rinnovare la comprensione della nostra identità cristiana e salesiana e il conseguente servizio da offrire alla Chiesa.
Soprattutto nelle realtà in cui è già presente una ricchezza di proposte, è necessario individuare ciò che specificamente ci è richiesto come credenti e Salesiani.
Stiamo costruendo una Chiesa unitaria nella diversità, un’unica opera d’arte composta da più colori e da più mani che insieme concorrono alla creazione di quel capolavoro che sono i giovani secondo il desiderio e la vocazione che Cristo ha in serbo per loro.
Descrivere così una proposta esplicitamente salesiana non è escludere, ma integrare, osiamo dire abbellire la proposta di ogni comunità cristiana con quel colore tipico di un carisma che è proprietà di una parte, ma tesoro per tutti.
Il cammino del prossimo anno ci aiuti in questo modo a trovare quei cammini comunitari che ci conducano a incontrare Cristo, meta sempre attuale e mai del tutto realizzata della nostra santità.