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    E voi chi dite che io sia? (Mc 8,27-30)



    Quarto itinerario

    Lectio divina sull’identità di Gesù

    Cesare Bissoli

    (NPG 2007-09-37)

     

    LECTIO DIVINA GIOVANILE

    Benedetto XVI in occasione della GMG 2006 ha invitato i giovani a fare Lectio Divina.
    Vi corrispondiamo volentieri offrendo agli animatori questo sussidio.
    In esso proseguiamo la serie di LD iniziata nell’anno 2005, incentrate sulle domande che Gesù fa alle persone che incontra (nel 2002 presso la Elledici era uscito il volumetto, Maestro, dove abiti?, con le LD imperniate sulle domande che la gente faceva a Gesù).
    È un itinerario che si apre con una preghiera di ricerca e si chiude con una di riconoscimento e di grazie. Si articola in tre parti: testo evangelico per cogliere il senso genuino della Parola di Dio; attenzione alla vita perché la Parola sia un seme di luce e di forza; attenzione alla coscienza per ingenerare conversione e condivisione. Una citazione finale di autore sottolinea il valore del messaggio.
    Per i primi tre itinerari della nuova serie, cf 3/2005, 4/2005, 9/2005.

    * Preghiera
    Signore, ci colpisce questa tua domanda sulla tua identità. Ci pare di sentire in essa toni diversi: tu stesso ti mostri «curioso», anzi interessato, di ciò che noi pensiamo di te; ma riveli anche il bisogno che ci sia chiarezza: se certe persone lungo la tua missione ti hanno beffeggiato e contrastato, molta gente ti seguiva, anzi ti ha battuto le mani, ma adesso tu vuoi sapere cosa pensa veramente; e alla fine, nel tuo rivolgerti agli amici più stretti, non ci sfugge un certo tono di trepidazione: «ma sì, proprio voi, che mi siete vicini da sempre, chi sono io secondo voi? anzi, chi sono io per voi?». Ti confessiamo, Signore, che ci destabilizzi, ci coinvolgi e ci provochi a rispondere. Ma come?

    PRIMO MOMENTO: LA LETTURA DEL TESTO

    * Leggere ad alta voce Mc 8,27-30.

    Uno sguardo di insieme

    Siamo in un passaggio cruciale della vita di Gesù, quando egli stesso provoca un bilancio sulla sua missione. È chiamata tradizionalmente la «Confessione di Pietro» (così la chiama Benedetto XVI nel suo libro su Gesù di Nazaret, p. 333). Avviene a Cesarea di Filippo, nell’alta Galilea, dove Gesù interroga i discepoli perché dicano sinceramente, abbiano a «confessare», che cosa pensa la gente di Lui, e poi loro stessi.
    Dopodiché Gesù risponderà dicendo che cosa pensa Lui della sua vita e dei suoi discepoli (8, 31-38).
    È importante ricordare il contesto remoto o globale: questa «confessione» ha dietro di sé circa due anni di missione intensissima, dal battesimo al Giordano, alla predicazione nella Galilea con i miracoli, le parabole, le dispute con i capi del popolo, preludio di conflitti sempre più gravi. Gesù non si è mai tirato indietro: ha parlato ed ha operato, ha annunciato il Regno di Dio e ne ha dato segni potenti e concreti con le guarigioni ed altri prodigi…
    Va detto anche che la gente gli corre dietro, e sono non poche persone, ma folle intere da tutte le parti di Palestina (cf Mc 3, 7-12), con un consenso in verità piuttosto ambiguo: vogliono i miracoli di Gesù o il Gesù dei miracoli?
    Questa ambivalenza – che ingloba anche i discepoli del Maestro – appare nitida nel contesto prossimo, quando dopo aver moltiplicato i pani e i pesci, la gente viene per farlo re (cf Giov 6,14-15) e i discepoli non capiscono il significato del gesto di Gesù di proporsi come Lui stesso pane di vita, e non i farisei (cf Mc 7,14-21; Giov 6).
    E in questo contesto denso di eventi, che domanda chiarezza, Gesù provoca il bilancio su di sé.
    Ci troviamo di fronte ad un testo-cerniera, così viene chiamato dagli studiosi, in quanto i primi otto capitoli convergono su questo esame collettivo circa l’identità di Gesù, e da qui partono gli altri otto capitoli in cui si ha come lo svelamento della sua realtà profonda da parte di Gesù stesso. Da adesso in poi infatti non parlerà più di Regno né farà miracoli, ma parlerà di sé come Figlio dell’uomo votato alla croce e alla risurrezione. E di questo egli non tratterà con la folla, che da ora in poi appare sullo sfondo, ma con i discepoli chiamati a condividere il suo stesso destino.

    La dinamica della vicenda

    Riconosciamo nel testo la triplice dinamica del tempo, del luogo, dell’evento.
    Per dinamica del tempo intendiamo la collocazione nel contesto della missione che abbiamo appena descritto: non è un’interrogazione tipo quiz televisivo, di «perditempo», ma un «interrogatorio» tanto conciso quanto diretto e serrato, tenuto conto delle tante esperienze intense, alcune drammatiche, passate insieme. Vi è del decisivo in questo confronto! E infatti ci sarà una svolta che porta agli eventi pasquali.
    Con dinamica del luogo intendiamo sottolineare che il dialogo avviene durante uno spostamento, anzi «per via», mentre stanno camminando. Non vi è nessun contatto di Gesù con la gente: «Il suo unico proposito pare che sia quello di stare con i suoi discepoli fuori del territorio ebraico, lontano dalla pressione ideologica dell’ebraismo (farisei) e degli altri seguaci di Erode (erodiani); non vuole che gli uni o gli altri siano ostacoli per la comprensione della sua persona» (J.Mateos – F. Camacho). Indice ulteriore dell’importanza del fatto.
    La dinamica del testo viene espressa dalla sua struttura che qui va considerata nella sua forma esplicita e implicita o contestuale.
    * In termini espliciti, il testo comprende: la situazione di partenza (8,27a); la prima domanda di Gesù ai discepoli e la loro risposta (8,27b-28); la seconda domanda di Gesù al gruppo e la risposta di Pietro (8,29); la proibizione di Gesù di parlarne (8,30).
    * Ma l’episodio manda il discorso in avanti. Subito dopo, strettamente collegate vengono due importanti iniziative di Gesù: esprime chiaramente il primo annunzio della sua passione (Mc 8, 31-33); cui fa seguire precise condizioni per seguirlo ed essere discepoli veraci (Mc 8,34-38).
    Queste precisazioni servono a confermare la portata cruciale dell’interrogatorio di Cesarea.

    I personaggi

    Sono: Gesù, i discepoli, tra cui Pietro, e sullo sfondo gli «uomini», la gente.

    La gente
    Essa viene interpretata dai discepoli, non interrogata personalmente, segnale non piccolo della responsabilità di chi è pastore, animatore del popolo di Dio.
    L’opinione su Gesù è di valutarlo come un profeta, non di più, pur della grandezza di Battista ed Elia (8,28).
    Come sempre, anche qui la gente vive una relazione confusa con Gesù. Ha bisogno di essere istruita e introdotta al mistero della vera identità di Gesù e del cristiano.
    Da qui parte l’insegnamento successivo di Gesù per riconoscere la verità delle cose (8,34).

    I discepoli
    A differenza dalla folla giungono, attraverso Pietro, a cogliere la verità di Gesù come Messia (Cristo), ma devono compiere un percorso di maturazione per essere veri discepoli (riconoscere la croce), come appare dalla parole successive.

    Pietro
    È il rappresentante genuino dei discepoli nel bene e nel male: confessa la verità di Gesù, è il Messia (8,30); però è anche colui che smentisce il Maestro quando rivela il suo destino di sofferenza («rimproverò Gesù»), sicché Gesù deve riprenderlo severamente («Satana») e richiamarlo all’ubbidienza (8,30-31).
    In ogni caso Gesù vuole che la sua verità passi attraverso la persona di Pietro.
    Anche questo è assai significativo, se viene letto nell’insieme dei vangeli.

    Gesù
    È il personaggio fondamentale intorno a cui tutto ruota. Considerando il nostro brano collegato a quanto immediatamente segue (Mc 8, 31-38), notiamo che Egli rivela fondamentali verità («parlava apertamente»), ma lo fa come un buon educatore che conduce i discepoli in un cammino di maturazione, con un’azione di illuminazione e correzione.
    – Fa una domanda chiave ai discepoli sulla sua identità obbligandoli a rispondere.
    – Pone sotto comando di silenzio la risposta pur vera di Pietro, come fosse ancora troppo acerba, mal compresa (di quale Messia si tratta: nazionalista o spirituale?).
    – Insegna apertamente il suo destino legato al mistero di Pasqua (passione e risurrezione).
    – Corregge ancora una volta Pietro che si oppone al disegno di Dio, come farebbe Satana.
    – Convoca un’assemblea di folla e discepoli e proclama che soltanto nel mistero della croce si delinea l’identità del vero discepolo, così come lo è per Lui.

    Il messaggio

    Lo cogliamo commentando prima i singoli versetti e poi facendo sintesi del pensiero.

    Un commento

    * «Chi dice la gente che io sia?… Battista, Elia, uno dei profeti» (8,27-28).
    Non si può negare che la risposta è positiva: sono nominate due figure prestigiose: Elia e il Battista, che Gesù stesso aveva elogiato (cf Mc 9,12-13; Mt 11,11-13). Non si può però dimenticare che vi erano altri che erano giunti a dire di Gesù: «È un mangione, beone, amico dei pubblicani e dei peccatori» (Mt 11,19). In ogni caso quella della gente è una risposta bloccata sul passato, incapace di cogliere la novità di Gesù.
    * «E voi, chi dite che io sia? Pietro gli rispose: Tu sei il Cristo» (8,29).
    Pietro parla a nome di tutti e dice la fede di tutti: «Tu sei il Messia (Christòs)» promesso.
    Vi è dentro una proclamazione di verità, ed anche un grande atto di fiducia in Gesù, grazie alla quale Egli può innestare la sua drammatica rivelazione ulteriore di «Figlio dell’uomo sofferente».
    Conosciamo la formula più solenne ancora di Matteo: «Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio» (16,16).
    La confessione di Pietro è fondamentalmente giusta, ma si avverte però una connotazione ambigua: quale Messia? Dall’insieme il titolo rinvia al concetto messianico della tradizione ebraica, al Messia nazionalista, al Figlio di David (Mc 10, 47-48; 12,35).
    * «Impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno» (8,30).
    Il verbo adoperato («impose severamente», epitimao) è lo stesso che Gesù usa per far tacere gli spiriti immondi (Mc 1,25; 3,12;9,25).
    Viene detto «segreto messianico», perché Gesù proibisce qui ed altrove di dire la sua identità come se temesse di non essere ben compreso prima che fosse compiuta la sua passione e risurrezione (cf Mc 1,25.34.44; 5,43; 7,36; 8,26; 8,30; 9,9).

    Sintesi

    Gesù pone la sua domanda nel territorio di Cesarea di Filippo, una città costruita in onore dell’imperatore di Roma, da parte di un figlio di Erode, quindi dentro un’area pagana, nell’estremo nord della Palestina. È da lì che Gesù ha voluto iniziare il suo cammino verso Gerusalemme, verso la Pasqua, coinvolgendo così tutti, pagani ed ebrei, nella ricerca sulla identità della sua persona e nella partecipazione del dono di salvezza.
    L’uomo da solo, messo a confronto con Gesù, giunge a cogliere di Gesù aspetti positivi (un grande profeta come Elia e Battista), però non riesce ad afferrare ed affermare la novità più che umana di Gesù, la peculiarità del suo essere Messia, anzi Figlio di Dio. Purtroppo sono possibili incomprensioni gravi, che giungono ad abusi ed offese («mangione, beone», manovrato da Beelzebul).
    Solo Gesù può dire veramente chi è Gesù. È quello che fa lungo tutta la sua vita e porta a compimento con la Pasqua. Ma intanto chi ha fede in Lui – e Pietro lo manifesta a nome degli Apostoli – percepisce di Lui lineamenti veri, arriva a riconoscere che è Messia (Mc, Lc), anzi figlio del Dio vivente (Mt), ma deve superare rigidità nazionalistiche, inevitabilmente mondane, e restare aperto che la verità su Gesù sia continuamente alimentata da Gesù. L’evento di Pasqua con il dono dello Spirito, segnerà una svolta fondamentale.
    * Una seconda lettura del testo conclude questa prima fase del cammino.

    SECONDO MOMENTO: IL RIFERIMENTO ALLA VITA

    Esiste anche il Gesù delle domande. Nei Vangeli ne fa tante e ne riceve tante. Non è un espediente retorico. Ma è il suo modo di fine pedagogo che vuol superare ovvietà, stereotipi, certezze consolidate e mai verificate… intorno a quelli che sono i grandi interrogativi della vita, e quindi delle persone, dei valori che contano…
    Interrogandoci, Gesù vuol farci uscire da noi per renderci liberi, aperti alla verità, stupiti se occorre, ma attenti alle sue parole come fosse la prima volta.
    È interessante come la religione biblica sia religione delle domande prima ancora che delle risposte, proprio perché queste appaiano tali e quindi veramente attese ed apprezzate.
    E una domanda, la domanda-regina, non poteva non ricadere su di Lui, sulla sua persona: «Cosa dicono gli uomini, cosa dite voi che io sia?».
    Meraviglia forse, ma non più di tanto, piuttosto addolora, che non vi sia consenso unanime e una comprensione totale, ma si va dal disprezzo puro al riconoscimento giusto, anche se fragile.
    Riteniamo che questo pluralismo di risposte non debba essere inevitabile, almeno per quanto concerne la risposta negativa. È possibile ed è auspicabile una risposta positiva, che si manifesta come atteggiamento di fede, intesa come apertura onesta verso Gesù e disponibilità a lasciarsi guidare da Dio.
    Ma ancora di più. Chi legge oggi l’episodio del vangelo, è in certo modo esistenzialmente coinvolto e la domanda di Gesù diventa diretta: «E voi, proprio voi (così si esprime il testo greco), tu, proprio tu, chi dici che io sia?».
    Non si può arrivare ad avere risposte da Gesù se non si risponde prima a domande su di Lui, se non si mette in chiaro chi è Lui per noi, se non dichiariamo la nostra disponibilità ad accogliere la sua rivelazione. Si potrebbe dire che Gesù è colui che tu vuoi che egli sia per te. Ma chiaramente si raccomanda che la scelta soggettiva sia corretta, corrispondente alla realtà dei fatti!
    Ma il racconto della confessione di Pietro non è fatto di sole domande, vi sono delle affermazioni positive chiare, che integrate con il contesto immediato successivo si riconducono a tre fondamentali certezze: Gesù di Nazaret è più di un profeta, è il Messia di Dio con la grandezza trascendente che gli attribuiscono le Scritture; la comprensione della qualità messianica di Gesù si ottiene pienamente alla luce della Pasqua, per cui fuori di questa si professa un «Gesù parziale», si dovrebbe «tacere» per non tradirlo; discepolo autentico di Gesù è di chi confessa e assume l’identità autentica di Gesù.
    Gesù a Cesarea imposta una rivelazione molto importante, che fissa da una parte chi è veramente Gesù e dall’altra apre su chi è veramente il discepolo e può dirsi tale.
    In entrambi i casi l’identità è data da una luce sconcertante, ma vittoriosa: è la Croce. Il che vuol dire alla fine una cosa: soltanto un amore così totale di Gesù per gli uomini e degli uomini per Gesù svelano la verità di entrambi.

    TERZO MOMENTO: PER LA CONDIVISIONE

    Gesù arriva alla grande rivelazione del mistero pasquale di morte e risurrezione, dunque della sua identità profonda e genuina, attraverso un dialogo che metta in luce la posizione dei suoi interlocutori.
    Si possono raccogliere le «risposte», aperte o tacite o equivalenti che la gente di oggi (i giovani, gli amici di scuola e di pub) dona su Gesù? Vi è interesse? Come si manifesta? Le eventuali risposte scorrette a cosa si possono imputare?
    Vi sono interi libri che trattano di ciò. Una trilogia prestigiosa è offerta da F. Castelli della Civiltà Cattolica, Volti di Gesù nella letteratura moderna, San Paolo 1995.
    Ma Gesù non si limita a trattare i suoi discepoli come agenti di inchieste sugli altri. Egli interpella direttamente i suoi discepoli prima di svelarsi a loro, per vedere quanta fiducia gli concedono.
    Proviamo a chiederci se Gesù riesce a suscitare delle domande anche in noi, se sappiamo dargli le risposte che si attende, o se ci passa accanto come un amico fin troppo conosciuto. Torniamo a domandarci su Gesù per riscoprire Gesù. Come Gesù entra nel bilancio della tua vita: entra a bilancio come un fattore esterno, transitorio, poco seriamente assunto? Per quali canali un giovane oggi può incontrare Cristo?
    Gesù si presenta come uno che è sì Messia e Salvatore, ma non nel senso errato di Messia temporale, umano, trionfatore del male a poco prezzo, miracolisticamente. Solo attraverso il sacrificio della croce, Egli manifesta la sua vera identità.
    Diventa necessario rivedere le nostre idee su Gesù, scoprire cosa significa per lui portare la croce per salvarci, ripassare tutta la sua vita e vedere come Gesù per amare ha pagato di persona, ha fatto dei sacrifici. La Pasqua è la memoria di tutto ciò. Ma la Pasqua è per noi un rito, o una lezione di vita? Gesù se sentisse le nostre risposte direbbe: «Continua», o esclamerebbe gemendo: «Per carità, taci!»? Per quali motivi egli direbbe il suo sì al nostro modo di pensare Gesù? E per quali motivi, no?
    Pietro dice a Gesù con coraggio e schiettezza: Tu sei il Messia. Affermazione profondamente vera, pur nella limitatezza della comprensione e che equivale a quella riportata da Matteo: Tu sei il Figlio del Dio vivente (Mt 16,16). Vi sta dentro un valore doppio: la verità oggettiva del contenuto e un atteggiamento soggettivo di fiducia. Su ciò Gesù continua e rafforza la sua relazione con Pietro, che diventa, con gli apostoli, la guida di tutta la Chiesa nella professione della fede cristiana.
    Ti sei fabbricato un Gesù su tua misura? Che vestito gli stai mettendo addosso?
    Hai mai pensato quale ruolo sostanziale abbia il Papa, successore di Pietro, e i Vescovi con lui, per dirci chi è veramente Gesù? Hai potuto prendere in mano il libro Gesù di Nazaret del Papa attuale?
    * Un’ultima lettura del testo può fare sintesi dei tanti aspetti fin qui raccolti.
    * Una preghiera finale, cui si possono aggiungere libere intenzioni, conclude l’itinerario di fede.
    * Gesù, tu ci chiedi schiettamente cosa pensiamo di te, noi giovani del 21° secolo, credenti e non credenti! È una domanda-sfida che butta all’aria altre domande, altri interessi che apparentemente ci occupano di più, e ci obbliga a darti e darci una risposta. È quanto desideriamo fare. Il nostro sì non sarà né facile né rapido, ma almeno aperto, senza pregiudizi, sorretto da un sentimento di amicizia e di stima. Grazie del tuo aiuto paziente, espresso dalle parole solide dei nostri Papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, e reso credibile dalle testimonianze coraggiose e liete di tanti uomini e donne del nostro tempo.
    «È presente anche oggi con molta chiarezza l’opinione della gente che ha conosciuto Cristo in qualche modo, che magari l’ha persino studiato scientificamente, ma che non l’ha incontrato di persona nella sua specificità e nella sua totale alterità. Karl Jaspers ha affiancato Gesù a Socrate, Buddha e Confucio come uno dei quattro uomini determinanti, riconoscendogli con ciò un significato fondamentale per la ricerca del giusto essere uomini, ma Gesù in questo modo risulta uno tra gli altri all’interno di una categoria comune, a partire dalla quale essi possono essere spiegati ma anche limitati… Con questa opinione uno può amare senz’altro Gesù, anzi può sceglierlo come guida della propria vita… Alla fine il criterio rimane l’uomo stesso, il singolo soggetto: il singolo decide che cosa accettare delle varie ‘esperienze’, che cosa lo aiuta o gli è estraneo. Non vi è in questo un impegno definitivo» (J. Ratzinger – Benedetto XVI, Gesù di Nazareth, pp. 339-340).


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