Tutto il resto (dei giovani) /5
Susanna Bustino
(NPG 2007-07-67)
Stabilire cosa si intenda con il termine valore, o descrivere il quadro valoriale di riferimento delle giovani generazioni, è un compito assai arduo e complesso. Spesso la tendenza è di darne una definizione per difetto: le notizie che passano nei telegiornali dipingono una gioventù priva di valori, senza riferimenti forti. Una sorta di deriva dei buoni principi etici su cui basare scelte e comportamenti. Ma è proprio vero per tutti? Se così non è, quali sono i valori che fondano il credo dei ragazzi del XXI secolo? E soprattutto, che cosa significa credere e agire secondo determinati principi?
Il quadro valoriale dei giovani della ricerca
La ricerca-azione «Tutto il resto» portata avanti dalla GiOC ha provato ad indagare in che cosa credono i giovani di oggi. Il quadro che ne è emerso è alquanto omogeneo. Se dovessimo riassumere la scala delle priorità in uno slogan potremmo dire che c’è grande attenzione alla dimensione delle relazioni sociali e affettive, senza tralasciare la carriera professionale, da un lato, e la qualità della vita, dall’altro.
La famiglia, insieme alle relazioni di amicizia e a quelle più propriamente sentimentali, rappresenta l’elemento a cui i ragazzi intervistati assegnano particolare importanza.
La dimensione professionale è il secondo ambito a cui si guarda con attenzione: di qui discendono l’interesse attribuito in primo luogo al lavoro e, seppure in misura inferiore, alla carriera personale.
Una terza dimensione di grande interesse è costituita dalla qualità della vita: un posto di rilievo è assegnato non solo alla cura della salute, ma pure alla possibilità di godere di una vita confortevole e in cui non manchino le occasioni di divertimento.
La solidarietà rappresenta un’ulteriore dimensione degna di nota: se ne riconosce l’influenza al fine di definire le proprie scelte di comportamento e i propri orientamenti generali. In sostanza, anche in ragione dell’importanza assegnata alla dimensione relazionale, i giovani paiono ben lontani dal concepire la vita come una giungla in cui è necessario farsi strada a tutti i costi, magari a scapito degli altri.
Quanto però solidarietà e bene comune siano vissuti come uno stile in ogni ambito della vita e non come un atto di puro assistenzialismo, è una delle questioni che meriterebbe un approfondimento. A volte infatti essere solidali è un modo per sentirsi migliori, per pulirsi la coscienza, mentre è molto più difficile essere testimoni di una solidarietà disinteressata, in assenza di un ritorno personale.
In questo contesto è sempre più necessario creare spazi di riflessione e formazione tra le diverse generazioni e tra giovani e istituzioni per recuperare il senso di alcuni atti collettivi, per poterli vivere con consapevolezza e solidarietà profonda.
I giovani del «tutto è importante»
Il quadro che emerge è quello di una gioventù che fa fatica a darsi delle priorità: tutto è importante, dagli affetti al successo personale, dal benessere alla solidarietà. Una sorta di «livellamento dei valori»: ma nel dare la stessa importanza a tutte queste dimensioni della vita, si finisce con l’abbassarne il peso relativo di ciascuno.
Inoltre si corre il rischio che questi valori rimangano soltanto dei buoni principi con la conseguenza di non riuscire a vivere concretamente alcuni di questi.
Tra le cause di questa mancanza di riferimenti vi sono sicuramente dei fattori sociali di ampio respiro: il periodo storico in cui viviamo è attraversato da profondi cambiamenti nell’economia, nel lavoro, nella politica che incidono profondamente sullo stare insieme delle persone e sul piano più articolato e complesso dell’agire sociale. Ci troviamo a vivere in un mondo mobile, o come dice Baumann «liquido», in cui i cambiamenti avvengono con tale rapidità che si fatica a stare al passo, a generare abitudini e condivisioni.
La risposta a questo presente così incerto e in continuo cambiamento non è il tacito adeguarsi, conseguenza di un sentimento di rassegnata impotenza; ma è necessario, se non indispensabile, proporre con forza una piattaforma di valori che mettano al centro l’uomo nel rispetto della sua unicità e della sua dignità. Solo in questo quadro valoriale definito è possibile sperimentarsi e scegliere per che cosa e chi spendersi, dando spazio a una realizzazione personale e a una definizione della propria identità che non si basi solo sull’apparire e sul consumo di beni materiali ma su un investimento più profondo e a lungo termine.
Per questo c’è bisogno di luoghi educativi, che aiutino i giovani a definire i criteri valoriali alla base di scelte di vita consapevoli e attente al bene comune. Qui è importante sottolineare il ruolo della famiglia, della scuola ma anche e soprattutto della Chiesa e delle associazioni che si occupano di giovani, perché propongano proposte educative forti e credibili di impegno collettivo e cittadinanza attiva.
Che cosa significa credere in alcuni valori?
Da questa riflessione emerge dunque che i valori rimangono per i giovani dei punti di riferimento che orientano nelle scelte ponendo alla base la solidarietà e il bene comune. Credere in alcuni valori significa sapersi mettere in discussione, accettare le contraddizioni della vita, cercando di portare avanti uno stile coerente anche in quei luoghi in cui si vivono delle ingiustizie e in cui prevale la legge del più forte.
Credere in alcuni valori significa soprattutto fare delle scelte, delle rinunce con l’obiettivo di dare un indirizzo preciso alla propria esistenza. Causa e fine delle nostre azioni, i valori sono ciò per cui spendersi totalmente, incidendo anche sulle relazioni interpersonali; sono lo strumento per distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Infine, perché un valore possa essere definito tale, è necessario che ci sia accordo sulla sua definizione, condividendone significato e senso.
Nell’orizzonte incerto in cui viviamo è compito di tutti e in special modo di chi professa i valori cristiani, riproporre con decisione dei principi forti.
È necessario inoltre dare fiducia ai giovani, dando loro l’occasione di mettersi in gioco, di potersi assumere delle piccole e grandi responsabilità, sperimentando l’incontro con l’altro e con se stessi, riconoscendosi in una comune appartenenza al genere umano e ai figli di Dio.
Solo in questa maniera sarà possibile riscoprire il valore del servizio, del dedicarsi alla collettività con gratuità e con passione, contrastando il modello individualista che sempre di più si sta affermando nella nostra società.