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    Giovani e bibbia. Un’analisi critica delle esperienze in atto in Italia



    Cesare Bissoli

    (NPG 2007-07-04)


    L’accesso dei giovani alla Bibbia non richiede un’altra Bibbia, ma la Bibbia di tutti, «incarnata» per il giovane secondo la sua evoluzione soggettiva di personalità e la sua condizione nel contesto di vita attuale, con i suoi bisogni personali e secondo le istanze culturali influenti.

    OSSERVAZIONI GENERALI

    Ciò che si dice essere specifico sul rapporto giovani e Bibbia – come ad esempio il marcato accento sulla questione del senso – in realtà vale per tutti, ma diventa peculiare per i giovani, con tratti da elaborare per loro. In sintesi, i giovani sono portatori di una specificità antropologica e quindi pedagogica strettamente connessa e determinata dalla situazione in cui vivono.
    Tra giovani e Bibbia si stabilisce il classico circolo ermeneutico. Si tratta di «leggere» la Bibbia dal punto di vista dei giovani: cosa chiedono, cosa accettano, di cosa hanno bisogno…; e «leggere» i giovani dal punto di vista della Bibbia: ciò che essa pensa di loro, ciò che può donare a loro, cosa chiede loro. La proposta biblica perviene a quel livello di maturazione che corrisponde alla maturazione cui perviene la domanda o attesa dei giovani.
    In verità il circolo ermeneutico vede interagire un terzo fattore, che è l’animatore (educatore).
    Bibbia e giovani si interpretano reciprocamente nella mediazione tanto inevitabile quanto necessaria di questo. La figura dell’animatore giovanile assume un rilievo in certo modo con-causativo con l’agire di Dio (vedi sotto: gli animatori).

    Alcuni criteri

    Dall’esperienza sembra si possa concludere che il dare la Bibbia ai giovani vale nella misura che riesce a realizzare «esperienza umana», a dare cioè risposta a questioni vitali di senso, e di qui arrivare alla pur necessaria trascendenza.
    Questo criterio ha dei risvolti peculiari che proponiamo:
    - la dimensione antropologica o del senso per capire e accettare la Bibbia pare essere oggi un passaggio ineludibile. A questo proposito non dovrebbe essere dimenticato che la Bibbia è sostanzialmente un’antropologia rivelata, un Dio per l’uomo;
    - non è così corretto, né teologicamente né pedagogicamente, affermare strettamente un incontro di giovani, cioè delle persone vive, con un libro per quanto sacro. Dovrà stare in primo luogo l’incontro con persone vive, almeno a tre livelli: l’animatore credibile, la stessa Bibbia riscoperta dal punto di vista delle persone che la popolano – Gesù su tutti –, il riferimento ad altre persone di credenti che in nome della Bibbia si manifestano credibili e convincenti;
    - alla dimensione antropologica si connette il contesto comunicativo quanto mai influente (vedi i new media, il mondo della canzone…), che quindi va considerato nel circolo ermeneutico;
    - nessuno è incapace di Bibbia, se si riesce a coinvolgerlo e si dona la Bibbia di cui avverte il bisogno.

    Il rapporto giovani e Bibbia è delicato, proprio per questo marcato coinvolgimento antropologico, maggiore che per altre categorie: almeno così sembra dall’esperienza e da certe teorizzazioni metodologiche. Nasce doverosa la domanda: come fare senza penalizzare la Bibbia con riduzionismi di ogni tipo (di contenuti, di metodo, di scelta dei testi, di spiegazione del senso letterale…), non trascurando le esigenze esegetiche o oscurando la dimensione di trascendenza? Come riportare l’attenzione sull’oggettività del testo, senza che l’attenzione a questa (concretamente l’esegesi) appaia astratta, non significativa, estranea?
    Ne sortiscono effetti inevitabili di polarità che non si devono lasciar correre a sé stanti, ma farne dialogo: tra attenzione al soggetto (senso antropologico) e attenzione al testo (senso biblico teologico), tra contenuto e metodo, tra sensibilità di biblisti e sensibilità di pastori, tra Bibbia e catechesi, tra proposta biblica intesa come aggancio del giovane e come sviluppo formativo, tra incontro occasionale e sistematico, tra Bibbia intesa come libro, Bibbia vista negli animatori che ne parlano, Bibbia coperta da ampia testimonianza credente e non credente…

    Indicatori concreti

    Alcuni altri indicatori specifici cui badare, colti con maggior insistenza, atti a determinare ulteriormente il profilo di una Bibbia ai giovani, sono:
    - argomenti e termini come «Parola di Dio», «Vangelo»… non attirano né allontanano: semplicemente non stupiscono più;
    - il discorso biblico con i giovani risente del loro essere «in situazione» più che in ogni altro momento della vita. Ciò determina una «occasionalità» di approccio, da educare ad una certa sistematicità e continuità;
    - in certi incontri giovanili in ambito credente, la Bibbia viene fatta funzionare come fattore in certo modo terapeutico, tramite le forme di psicodramma, processi di autocomprensione e correzione… Sono forme che hanno effetti positivi, pur prescindendo dal testo biblico nella sua qualità di Parola di Dio. Quale valutazione dare in un contesto di fede?
    - si insiste su un processo metodologico di tipo «esodale», ossia – in forza dell’incontro biblico – si mira a far passare il soggetto da una situazione esistenziale «meno» ad una «più», ad esempio dal sapere tecnico funzionale al fascino del mistero, dall’incertezza sul proprio destino all’annuncio di una promessa;
    - forte, e addirittura esclusiva, è la concentrazione cristologica «materiale» della Bibbia: ossia i Vangeli sono il testo pressoché unico di riferimento. Il che ha valore ambivalente;
    - infine non si dovrebbe dimenticare di valorizzare l’occasionalità delle situazioni favorevoli (ad esempio un momento di attesa, di sofferenza, di ricerca…), per mettervi il seme della Parola di Dio.

    I GIOVANI

    Domande e punti fermi si intrecciano.
    In linea generale si ritiene – alla luce di esperienze pastorali – che la Bibbia è capace di parlare e interessare un giovane. E dal punto di vista della fede non si può annunciare la visione cristiana senza riferimento alla Bibbia, sia indirettamente o in forme equivalenti, sia direttamente (e si tende oggi ad aggiungere: soprattutto). D’altra parte i dati di realtà parlano di contatto biblico per una esigua minoranza e di effettive difficoltà di realizzare tale aggancio in modo soddisfacente per tutti. Sgorga una riflessione che riguarda sia il senso che la metodologia concreta operativa di questo «incontro».

    Quali giovani?

    * Nel fissare il tipo di giovane, le esperienze che più si conoscono mostrano una partecipazione di giovani e giovani adulti, non di adolescenti, tra i 14 e i 18-19 anni (stadio preuniversitario). Il che non vuol dire che manchino iniziative per loro, ma quelle proposte hanno il profilo sostanzialmente comune agli adulti, pur con specifiche caratterizzazioni. Per gli adolescenti un contatto biblico è possibile, tramite l’IRC (insegnamento della religione cattolica), al quale aderisce la maggioranza, mentre si deve constatare un piccolo numero per quanti aderiscono ai gruppi parrocchiali.
    Considerando l’elemento giovanile nella fase preadolescenziale (bambini, fanciulli, ragazzi), sapendo che per essi è in atto il processo di iniziazione cristiana, si sottolinea il grande vantaggio se alla Bibbia fossero iniziati fin da piccoli, mettendo perciò in rilievo tale compito nella formazione dei catechisti e dei genitori. Significativa è la tradizione delle comunità valdesi e protestanti in generale.
    * Nell’analisi di esperienze relative a giovani e Bibbia emergono diversi punti da chiarire:
    - alla Bibbia viene dato un ruolo diversificato, di aggancio o di sviluppo, secondo il tipo di giovane cui ci si riferisce (in un primo impatto o nel cammino programmato di fede). Quindi la Bibbia assume un ruolo di avvio e di presenza stabilizzata. Come valutarlo?
    - se e come la Bibbia per i lontani? Per i giovani in condizione di disagio? In ambiti laici come la scuola? Non si dovrebbe parlare di più di una Bibbia «estroversa», in ottica missionaria?
    - vi sono giovani che un eventuale interesse per la Bibbia lo collegano con interessi di altro tipo, con interrogativi sia culturali (rapporto Bibbia e scienza), sia «affettivi» (il senso gratificante di risposta alle tante domande);
    - si avverte forte la difficoltà di coinvolgere i giovani alla Bibbia: parliamo di analfabetismo religioso, mancanza di familiarità con la parola di Dio intesa come evento esperienziale, ma prima ancora nel suo lessico e linguaggio; vi è pure la fatica dei giovani di accogliere il vangelo in quanto la proposta e impostazione sono viste come imposizione ecclesiastica;
    - si richiama il rischio di una biblicizzazione giovanile di tipo intimistico, spiritualista e privatista, ignorando sia il necessario senso comunitario, sia la formazione a quella apertura sociale (politica), di cui proprio la Bibbia (dall’Esodo a Gesù) è prima testimonianza.
    * Nel Seminario è rimbalzato spesso il motivo della dimensione emotiva del giovane come via di comprensione. Anche in misura maggiore rispetto alla generazioni precedenti, gran parte dei giovani attuali sono molto presi dalla dimensione emotiva della loro vita; per loro i sentimenti sono più centrali, le gioie più grandi, le fatiche più sofferte.
    Se questo è vero, per tutti gli animatori risulta anche un invito a scoprire meglio che la stessa Bibbia si colloca in una rete di sentimenti. Quindi chi fa da mediatore tra i giovani e la Bibbia deve saper vedere quella sua dimensione e deve essere capace di indicarla con bella chiarezza.

    Una prima riflessione
    Per la Bibbia, gli stessi inizi della vicenda umana sono avvolti in una rete di sentimenti: entusiasmo, dubbio, paura, umiliazione, solitudine… In un clima analogo si svolgono tutte le grandi tappe successive ai tempi dei padri: dall’attesa, al coraggio, alla speranza, alla gratitudine, al bisogno di invocazione, alla fiducia, all’istinto di ribellione, al desiderio di riconciliazione…
    La Bibbia mostra come in ogni tempo lo Spirito e la Parola di Dio incontri persone che già hanno dei loro sentimenti (desideri, o sicurezze, o sospetti, o autosufficienze, o pregiudizi, o disponibilità…) e provoca le persone: ora le consola, ora le sfida, ora le chiama, ora le precede… Così suscita in loro nuovi sentimenti (slanci, o perplessità, o duri rifiuti, o fragile ma decisa amicizia …).

    Una seconda riflessione
    Gli operatori della Pastorale Giovanile dovrebbero essere più capaci di offrire dei momenti e dei modi di iniziazione all’incontro con la Bibbia che siano più attenti alla dimensione emotiva. Quindi, non fermarsi soltanto a vari «pacchetti» di informazioni (date, luoghi, forme letterarie, concetti …), quanto piuttosto aprirsi anche a esercizi di questo tipo: chiarire anzitutto quali sono i sentimenti di partenza dell’animatore; poi, vedere quali sono i sentimenti che si muovono in alcune pagine della Bibbia (ad esempio prestando molta attenzione al gioco dei sentimenti dei protagonisti); infine, confrontare i sentimenti per decidere dove andare.
    Ai giovani la Bibbia passa in modo più efficace se dei giovani la comunicano ad altri giovani, e comunque diventano interlocutori nelle comunità. Essi dispongono di una soggettività più omogenea. Interlocutori «giovanili» da valorizzare sono le coppie di fidanzati e i genitori dei giovani stessi. In sintesi l’incontro con la Bibbia è incontro bilaterale: del soggetto con la Bibbia e della Bibbia con il soggetto. Se nel primo caso vanno tenute presenti le condizioni di partecipazione (quale giovane), nel secondo, le condizioni di entrata (quale Bibbia).

    GLI ANIMATORI

    Diventa sempre più urgente e pressante una duplice esigenza: la necessità di animatori e la formazione degli animatori. Questo pare il lato debole di tutta l’impresa: si afferma sovente che non esistono animatori capaci, sia sul versante biblico che su quello giovanile. Però l’esperienza documentabile in tante parti d’Italia, nelle forme associate (associazioni, movimenti…) e parrocchiali, dice che ve ne sono, anche se pochi, e quindi che vi possono essere, e di più.
    Tenuto conto dello stretto legame, reciprocamente condizionantesi, di giovani e Bibbia, nel senso detto in precedenza, va detto sinteticamente che gli animatori devono realizzare in stessi (cervello, cuore, mani) una sintesi sempre più armonica tra Bibbia e giovane, rispecchiando veracemente e vitalmente la prima e il secondo. La Bibbia va servita dagli animatori in modo competente secondo la sua identità nella fides ecclesiae; e insieme devono corrispondere al mondo giovanile.
    Educazione e formazione, competenza e abilità in Bibbia e antropologia e nelle diverse forme di comunicazione (LD, gruppi di ascolto, dialogo spirituale), saper dire e saper fare… sono fattori necessari. La competenza si qualifica in relazione al tipo di servizio biblico. Attenzione speciale merita l’animatore per la LD. Oggi si è piuttosto interessati all’animatore dei gruppi di ascolto. Ma in tali gruppi è difficile trovare dei giovani.
    Chi possono essere animatori biblici per giovani? Abbiamo già indicato le qualità: adulti che accettano di avere con loro una relazione interpersonale educativa in clima di reciprocità. Dovrebbero rientrarvi le figure classiche, debitamente «convertite», del presbitero (e quindi, in prospettiva, del seminarista), del catechista, dell’animatore di PG. Vanno considerate le figure che hanno un rapporto con i giovani nel vissuto, come gli insegnanti (di religione), i genitori. Esperienze attestano del peculiare influsso di figure carismatiche (fondatori di movimenti incentrati sulla Bibbia – LD...).

    I CONTENUTI

    Inevitabilmente e giustamente l’attenzione si sposta sui contenuti da trasmettere. Ma qui osserviamo che l’attenzione al come, alle modalità di trasmissione – tenuto conto della condizione specifica dei destinatari – sembrano prevalere, rispetto all’attenzione da porre sul che cosa trasmettere e sul come la stessa Bibbia comunica quello che dice.

    La persona di Gesù

    In tale prospettiva così incentrata sul metodo, stando alle esperienze, contenuto biblico per eccellenza è la persona di Gesù Cristo, attestata nei Vangeli. Se ne intuiscono le ragioni: non di un libro si parla, ma con una persona si fa incontro: un personaggio di tale rilevanza esistenziale ed insieme storica e culturale, carica di umanità accogliente e radicale, circondato da testimoni eccellenti, in primis l’animatore stesso (se vi si impegna).
    In effetti sono elaborati dei percorsi di valore, sia per un primo impatto sia per un cammino successivo. Compaiono egregie pubblicazioni su «Gesù e i giovani», in ambito catechistico, o in funzione della LD, o per altre vie formative (campi scuola, adorazione, spiritualità…). Viene richiamato il buon servizio che può dare il Catechismo dei giovani 2 (Venite e vedrete, cc.1-4)
    Su Gesù si mostra un punto di convergenza universalmente accolto e ovviamente pienamente legittimato dalla fides ecclesiae. Ma emergono anche dei nodi da approfondire.
    Eccone alcuni:
    - come incontrare il resto della Bibbia, che non è Gesù, ma che esprime la totalità della Parola di Dio?
    - e specificamente l’AT, patria «teologica» e culturale di Gesù e del suo mondo? Non rischia di restare emarginato?
    - il vangelo o i vangeli per dire Gesù? È sufficiente il richiamo al vangelo globalmente pensato, o si deve fare al vangelo nelle quattro forme o vangeli, come di fatto esistono?
    - cosa comporta incontrare Gesù come centro della Bibbia? Come leggere da cristiani la prima alleanza?

    La storia della salvezza e la sua comunicazione

    In forza del circolo ermeneutico che vede la Bibbia commisurata sul giovane, vi è pure da considerare come la Bibbia commisura il giovane su di sé, come questi cioè sia provocato ad aprirsi ad orizzonti nuovi, quelli biblici.
    Ha pienamente senso allora chiedersi che cosa può dare la Bibbia al cammino di fede dei giovani: e dunque è la domanda da fare apertamente. Chiaramente la riposta non dice altro che ciò che va detto per ogni interlocutore grande o piccolo, in sintesi per ogni persona umana, ma necessariamente rimodulato sulla condizione giovanile sopra esposta.
    Ci si dovrebbe richiamare alla teologia biblica dei due Testamenti, secondo due livelli: il livello del contenuto materiale, ad esempio la storia della salvezza, il motivo dell’alleanza, del Regno di Dio, del mistero di Dio e dell’uomo, di Gesù e della comunità…; e il livello della comunicazione, ad esempio la dinamica della memoria, il ricorso alla narrazione e al linguaggio del simbolo, il pluralismo di voci pur sullo stesso argomento, il fenomeno delle riletture e della storia degli effetti…
    Da responsabili di PG viene proposta una via che scandisce i contenuti biblici (Gesù) da proporre secondo la condizione spirituale del soggetto. Se n’è fatto cenno più sopra. Le riviste specializzate di PG se ne fanno carico. Interessante è il modello avanzato per i giovani del Québec (NPG, gennaio 2007). Per ogni categoria determinata dal rapporto con la fede (e qui le articolazioni sono tante), dall’assenza alla presenza piena, la Bibbia svolgerebbe un proprio ruolo. Dove vi è assenza di adesione alla fede, la Bibbia potrebbe valere con citazioni frammentate per suscitare domande. Dove vi è apertura alla spiritualità, la Bibbia colta in certi testi potrebbe affascinare. Dove è esplicito il riferimento a Dio, la Bibbia potrebbe aiutare a dare quella significatività che fa crescere. Dove la fede in Gesù è discreta, la Bibbia aiuterebbe a dare sistematicità e rafforzamento della fede. Dove i giovani sono apertamente cristiani, la Bibbia diventa il nutrimento capitale della fede e impegno all’estroversione missionaria.
    Una situazione comune chiama la Bibbia ad un certo tipo di presenza: la ferialità, la quotidianità, anche per evitare che la Parola di Dio sia in certo modo bloccata soltanto sui grandi eventi (GMG e altro).
    Il contesto di pluralismo culturale richiede di non dare una Bibbia «isolata», cioè fuori contesto, ma collegandola a contenuti come la letteratura, l’arte, la scienza, la storia, che da essa sovente dipendono (storia degli effetti) o con essa mostrano una qualche prossimità, magari dialettica, nell’ordine dei valori (ad esempio il rapporto con la scienza). È infatti in questo contesto che i giovani vivono e crescono, da cui attingono domande, obiezioni e conferme. La Bibbia oggi deve andare oltre il perimetro cattolico, essendo tale la condizione di tanti giovani (anche se materialmente dentro la chiesa).

    INDICAZIONI DI PEDAGOGIA E DI METODO

    Dalle riflessioni precedenti si è arguito che il problema del metodo e della mediazione comunicativa (il come trasmettere) è sentito in primo piano. Lo si comprende in riferimento al non facile rapporto tra giovani e Bibbia. Curarsene con attenzione è impegno necessario, senza però stravolgere l’ortodossia dei contenuti. E sopra abbiamo segnalato diversi aspetti. La pedagogia non può sostituirsi alla teologia, ma questa ha certamente bisogno di quella per esprimersi efficacemente. Sempre in ascolto dell’esperienza, evidenziamo alcuni elementi.
    La questione madre è la seguente: come realizzare una proposta biblica che possa essere tanto intimamente sentita e coinvolgente quanto recepita come Parola di Dio, cioè con le sue esigenze di apertura al trascendente e di ascolto fedele della genuina parola del testo? Come conciliare l’aspetto dell’ascolto oggettivo e quello della receptio esistenziale?
    Evidenziamo anzitutto la fondamentale portata della componente pedagogica, avanti ogni determinazione metodologica. Incontrare la Bibbia in se stessa comporta cogliere non solo un messaggio, ma anche una pedagogia di Dio nell’atto di consegnare il messaggio, componente pedagogica, che dovrebbe fare sintesi con la pedagogia umana
    La base di tale pedagogia intrabiblica sta nel fatto che la Bibbia, proponendo la Parola di Dio, rivela (manifesta e vuole) una relazione di Dio con l’uomo, anzi una relazione di Dio per l’uomo, perché l’umanità dell’uomo possa essere genuina. Questa antropologia rivelata, divina, diventa il substrato di ogni intervento educativo con le caratteristiche della pedagogia divina di cui parla il Direttorio Generale per la Catechesi: «La pedagogia di Dio (di Cristo, della Chiesa) fonte e modello della pedagogia della fede» (nn. 139ss). In tale quadro di riferimento, proprio in rapporto giovani, merita di approfondire e valorizzare il binomio eros-agape così centrale nella Bibbia e nel vissuto giovanile.
    Sempre in ottica pedagogica, si dovrà presentare la Bibbia facendo appoggio sulle risorse del giovane e non coartarle in strettoie esegetiste o in affermazioni dottrinali astratte. Sopra abbiamo accennato a esperienze di partecipazione intensa, con il linguaggio del corpo, con l’apertura al confronto con mondi culturali (scienza, valori etici…) di segno diverso, anche contrario alla fede, con l’attenzione alla valenza emotiva, anzi terapeutica del dato biblico, di Gesù del vangelo... diventando tale partecipazione soggettiva un fecondo criterio interpretativo. Il che evidentemente ancora di più richiede l’equilibrio nei confronti del significato oggettivo del testo secondo la fides ecclesiae. In questa affermazione si esprime il criterio di verifica dell’uso della Bibbia in chiave terapeutica sopra nominata.
    Una buona impostazione metodologica che presiede al programma di incontri biblici giovanili richiede di chiarire la specificità dell’obiettivo, a sua volta in relazione al soggetto, rispondendo a interrogativi, del tipo: per quale scopo si vuole che questi giovani incontrino la Bibbia? Per aiutarli ad essere cristiani, per una necessità di studio (leggere un’opera di arte), per…? Quale relazione hanno con essa (quale conoscenza, quale attrazione, quale disagio)? Quali bisogni oggettivi dimostrano e potenziali punti di coinvolgimento?
    Sempre ascoltando l’esperienza di animatori, si avverte, almeno come dato di fatto, la preferenza ad un procedimento caratterizzato da certe qualità.
    - una è la preferenza ad una dinamica dialettica (ad es. il processo esodale: da … a, v. sopra). Altri aspetti:
    - il passaggio dal «generico» biblico al «particolare biblico», dal racconto del testo all’esistenza che ne deriva, dalla cattura soggettiva all’ascolto della Parola nella sua autonomia obiettiva;
    - uno schema di lavoro assai diffuso è quello dei tre passi: proiettivo (o lasciarsi interrogare dal testo), analitico (cogliere il senso del testo), appropriativo (reagire al testo);
    - dall’approccio mediante una «lezione» frontale al workshop, o laboratorio, non dando percorsi biblici prefabbricati, ma saperli cogliere con i giovani, stimolando e accogliendo l’ispirazione creativa di cui sono capaci.
    Il fattore comunicativo sopravviene come fattore nuovo e per tanti spiazzante a riguardo dell’abituale modo di rapportare giovani e bibbia, e insieme fattore irreversibile per realizzare una relazione che funzioni efficacemente nel trinomio bibbia, giovane, animatore. Ciò richiede un duplice passo: prendere coscienza che i nuovi media, tramite cui avviene oggi tanta parte della comunicazione, non sono solo strumenti tecnici di questa, ma creatori di nuovi linguaggi e forgiatori, nel bene o nel male, di una nuova antropologia; occorre dunque rendersene competenti sia a riguardo dell’impatto nel mondo giovanile (il loro linguaggio) sia nell’applicazione al codice Bibbia.
    Diciamo umilmente che molti di noi animatori dovremmo andare a scuola.
    Astenendoci da un discorso più approfondito, raccogliamo alcuni stimoli provenienti da esperienze: calo di interesse per la lettura, mentre forte è il linguaggio musicale, per cui un incontro con la Bibbia, almeno in fase di aggancio, viene contestualizzata musicalmente (Gaber, De André); preferenza alla forma della narrazione; la proposta biblica con l’uso delle immagini per «vedere» in certo modo ciò che viene ascoltato; il confronto del dato biblico con autori che i giovani ritengono significativi; Bibbia e grandi eventi cosmici (ad esempio lo tsunami), civili (es. la guerra in Iraq), religiosi (ad esempio la GMG); potenziamento del momento del silenzio, per la meditazione e contemplazione… Fino all’uso del sito web e della chat…
    Una proposta ritenuta centrale, raccomandata da Benedetto XVI, riguarda la pratica della Lectio Divina da parte dei giovani. Vi sono esperienze in atto (specie nell’AC), ma è forte il bisogno di un ripensamento su misura giovanile, pensando tipologie, modi e il nome stesso da dare, e avendo presente che la LD non è fine a se stessa ma per aderire a Cristo. Tra i problemi che si trovano, ne diciamo due: il buon legame da stabilire tra LD e problemi di vita dei ragazzi; l’educazione a fare un incontro con il testo come Parola di Dio, come Dio che parla, senza la fretta di immediate e gratificanti risposte. Il metodo perciò va ridefinito in base certamente ai giovani (non si pensi ad una automatica e facile accoglienza giovanile), ma anche agli animatori e alla loro capacità. Si chiede a costoro di mostrare passione in tale servizio e di proporre una LD vivace (immagini, drammatizzazione...) dove, preservando l’atmosfera di preghiera, e quindi il silenzio, non si trascura né la collatio (le risonanze della Parola) né l’actio (un impegno concreto). Si è proposto un percorso secondo la triplice fractio verbi, panis, vitae. Alla scuola del Card. Martini, proposto in questo dal Papa come buon maestro, si profila il compito di saldare LD e giovani, ma anche un adattamento intelligente e, se occorre, graduale, dove resta al centro l’esperienza di fede nel mistero della Parola di Dio, ma si inventano percorsi secondo la capacità dei giovani stessi qui e ora.
    Il rapporto giovani e bibbia non può restare un segmento isolato, ma fa parte di un processo formativo o di iniziazione cristiana, inteso come iniziazione anche al Libro Sacro. Si avvia con i bambini in famiglia (storia sacra), si affronta con una certa sistematicità nel cammino di prima comunione e confermazione, si riapre con sensibilità nuova, per i giovani, secondo le indicazioni fin qui date. Catechisticamente parlando, siamo operatori in ambito mistagogico del dopocresima. Il cammino biblico non dovrebbe finire, ma diventare pratica abituale personale (una pagina della Bibbia al giorno) e comunitaria (gruppo di ascolto) in ogni parrocchia e comunità.
    Si riconosce il bisogno di sinergia a livelli diversi: tra le differenti sensibilità di esegeti e pastori, eppure chiamati ad integrarsi. Non dovrebbe il responsabile di PG trascurare le esigenze esegetiche e teologiche per facilitare il percorso caricandolo di stimoli emotivi, attivistici, inevitabilmente orizzontali (autorealizzazione, solidarietà con i poveri…). Ma anche il biblista non dovrebbe arroccarsi sull’interpretazione scientifica del testo, dimenticando i bisogni e anche la disponibilità all’ascolto, che è così scarsa, da parte dei giovani. Ed insieme – come abbiamo accennato – va superato il rischio di una lettura intimistica, spiritualista, per aprire il giovane (chi se no?) alla comprensione della Parola (di Gesù) nella storia, l’impatto sociale di liberazione, giustizia e pace. La Bibbia dovrebbe generare, ispirare e rafforzare il volontariato sia della carità che della testimonianza missionaria.
    Un altro livello riguarda il dialogo fra diverse agenzie pastorali, segnatamente il servizio nazionale e diocesano di apostolato biblico e quello di PG (ma anche quello della famiglia, della scuola…). Solo così la comunità appare come soggetto responsabile della comunicazione della Parola di Dio.

    SUSSIDI E STRUMENTI

    Si dubita che sussidi prefabbricati dall’a alla z, possano servire, essendo ineludibile il compito dell’adattamento, tenuto conto di quanto si è fin qui venuti dicendo.
    D’altra parte occorre dare una mano concreta con testi e strumenti di cui il centro diocesano (di PG e di catechesi o apostolato biblico) deve farsi carico, conoscendo la situazione concreta del mondo giovanile e stimolando la domanda degli operatori a questo scopo
    Merita raccogliere certi tipi di «prodotto»: libri (libretti) pubblicati per giovani (in particolare circa la LD), farne una lettura «critica» e farli conoscere; valorizzare – come abbiamo accennato – la via biblica proposta dal CdG2, Venite e vedrete; radunare organicamente le esperienze maggiori e migliori di incontro giovani e bibbia esistenti nella nostra chiesa italiana; attuare convenientemente la componente biblica tematizzata nei progetti di pastorale giovanile che la chiesa locale promuove.
    Ascoltando esperienze si nota la varietà di modelli che qui riportiamo a modo di esempio, sia per certificare la legittimità di varietà, ma anche per porre la domanda sulla loro validità, che domanda quindi prima dell’assunzione una valutazione critica

    - Il modello Agesci, collaudato da 35 anni di campi Bibbia per responsabili (capi). È tutto un processo quanto mai incisivo, data la congruenza tra lettura della Bibbia e mondo di segni ed esperienze, proprio dello scoutismo.
    - Il mondo dei Focolarini si allena con la Parola di vita, secondo una scadenza periodica (per lo più un mese), in una maniera semplice, ma quanto mai efficace, anche se evidentemente con un approccio «frammentato» alla Bibbia.
    - Dai Gesuiti di Torino ci arriva questo modello di piano triennale:
    * I anno: personaggi biblici;
    * II anno: rapporti Bibbia e cosmo;
    * III anno: la Bibbia per servire.
    Ora, più che leggere l’AT verso i vangeli, è meglio leggere l’AT dentro il NT. In una polarità ellittica su due poli: Esodo e Atti degli Apostoli. Esodo come prima grande esperienza di salvezza e liberazione, Atti come sintesi del Vangelo sulla bocca di Pietro (in Atti 2). I vangeli come testimonianza primaria del centro delle Scritture, Gesù Cristo. Altri libri specificano quanto detto. I Sapienziali indicano la mediazione perché l’altezza della fede diventi esperienza di vita nella concretezza del pluralismo; Gn 1-3: l’essere uomo e donna a partire dalle radici.
    - A Fano in una parrocchia si svolge un articolato interessamento biblico detto «Le 12 tribù» che vede un buon coinvolgimento giovanile: l’AC giovani a Padova ha elaborato un coinvolgente modello Zaccheo; a Venezia si dà un posto speciale alla lettura drammatica del testo.
    - Una formula per un seminario di studio su giovani e bibbia potrebbe comprendere un momento fondativo che analizzi la relazione dei giovani vs Bibbia, e viceversa Bibbia vs giovani, ossia ciò che essa può offrire per la loro crescita; la mediazione comunicativa; un compito centrale: la LD su misura dei giovani; il racconto di esperienze dal vivo; implicanze pastorali conclusive.


    Strumenti di lavoro potrebbero essere: la realizzazione di una «Bibbia-per-loro» (o Bibbia giovanile); la consegna della Bibbia (Vangelo) nel cammino di fede…
    Mezzi di comunicazione: internet, cellulari, ecc.


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